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Autore: Chiccagraph    20/02/2017    1 recensioni
[...] I loro occhi rimasero bassi; entrambi con la paura di guardarsi negli occhi e con il timore di rompere l’incantesimo sotto il quale erano caduti, ma al contempo avvicinandosi quasi impercettibilmente l’uno all'altro. Poteva sentire l’odore dei fiocchi bagnati sul suo capotto come lei poteva sentire il lieve calore che emanava il suo corpo. Sollevò la testa con cautela, guardandolo. Lui non si mosse. Non fece nessun tentativo per incontrare il suo sguardo, ma la gentile pressione delle sue dita sul palmo della mano le disse, senza bisogno di ulteriori parole, che sapeva che lo stava fissando. [...]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Addison Montgomery Sheperd, Alex Karev, Derek Sheperd
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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A LACK OF COLOUR
 
 


Seattle era immobile. La città era letteralmente paralizzata nella morsa di una feroce bufera di neve. Un inusuale silenzio pervadeva le sue strade. La neve si era infiltrata in ogni angolo e ogni anfratto. Solo le scintillanti luci di Natale che brillavano di un colore vivace sulle finestre di ogni casa, sembravano essere sfuggite alla sterile desolazione che la neve aveva inflitto alle strade della città. Gli alberi di Natale, adornati maestosamente, posavano davanti alle finestre delle case del quartiere, a malapena visibili dalla strada, coperti parzialmente dalle tende tirate per mantenere l’ambiente al caldo.
 
Camminava lungo le strade poco battute per raggiungere l’ospedale. Il vento le mordeva la pelle e le fischiava nelle orecchie, costringendola a contemplare più di una volta l’idea di tornare nuovamente al calore della sua stanza. Il freddo era insopportabile, ma la prospettiva di tornare indietro sembrava altrettanto estenuate quanto quella di continuare a camminare verso l’ospedale. In ogni caso, ragionò, era assolutamente necessaria in ospedale; la sua presenza era indispensabile in questa giornata. Ci volevano più di un paio di piedi di neve per sospendere la nascita dei bambini.
L’ospedale era gravemente a corto di personale. La bufera aveva reso le strade impraticabili e la neve, il fango e il ghiaccio avevano reso ogni percorso insidioso. Le macchine erano state abbandonate sui pendii delle strade in salita, troppo ripide per permettere alle persone di salire a bordo e guidare nella pesante neve. Quasi la metà del personale ospedaliero aveva chiamato per segnalare lo stesso problema: il mal tempo aveva reso il tragitto impossibile da percorrere. L’altra metà dello staff o era già in ospedale, avendo appena finito un turno di diciotto ore, oppure non era ancora stata in grado di contattare la struttura poiché le linee telefoniche di alcuni distretti erano state danneggiate dalla pesante nevicata. 
 
Mentre si avvicinava all’ospedale notò che tutto sembrava stranamente tranquillo. Le autovettura nel parcheggio erano indistintamente coperte da mucchi di neve e le panchine nascoste sotto una coperta imbiancata, si confondevano completamente con l’ambiente circostante. 
Il sentiero che conduceva all’ospedale portava i segni di un tentativo fallito di spalare via la neve. Molti pazienti avevano cancellato i loro interventi e i traumi in arrivo in quella giornata erano stati deviati verso nord-ovest, dove le strade erano state continuamente spalate già dalle prime luci dell’alba. Tutti i pazienti, tranne quelli arrivati nei giorni precedenti, erano stati spostati in altre strutture; in pochi ancora affollavano i vari reparti dell’ospedale, e per rimanere lontani dal freddo, sfruttavano la grande vetrata all’ingresso della struttura come se fosse una serra in estate.
 
Era seduto su una panca in un angolo della spaziosa reception quando lei arrivò. Le guance erano così arrossate che la tonalità quasi si fondeva con quella del colore dei suoi capelli. Nell’osservarla fu colpito da quanto fosse bella; il rosso intenso della sua chioma era in netto contrasto con il paesaggio incolore all’esterno.
Gli sorrise non appena lo riconobbe, sorpresa di vedere qualcuno seduto nella hall.
 
«Ciao» le disse, debolmente. Era esausto dopo il suo ultimo turno di lavoro e il suo corpo protestava al solo pensiero di doverne iniziare presto un altro.
 
La guardò mentre tirava via i guanti dalle dita e si strofinava le mani insieme in un vano tentativo di riscaldarle. Posò sul tavolo al suo fianco la tazza di caffè che stava stringendo tra le mani e si incamminò verso di lei. Le si fermò di fronte, a pochi passi di distanza, aspettando pazientemente che alzasse lo sguardo verso l’alto. Lo guardò con curiosità, stupita dalla sua vicinanza, cercando nel suo volto la risposta per quella domanda che non era sicura di essere davvero pronta a porre. Né a lui né a sé stessa. Esitò per un momento, improvvisamente insicuro di sé a causa della loro imminente vicinanza. «Sono contento che non sei rimasta bloccata nella neve»
 
«Anch’io» disse, notando l’improvviso cambiamento del suo comportamento. «È orribile lì fuori. Non credo che tornerò mai a sentire caldo di nuovo.»
 
L'uomo le sorrise, prima di allungare con esitazione un braccio e spazzolarle via dai capelli un fiocco di neve randagio. Le infilò teneramente una ciocca errante, sfuggita dal fermaglio, dietro l'orecchio, accarezzando nel processo la pelle della guancia con la punta delle dita. Al suo tocco si voltò istintivamente; le palpebre si chiusero svolazzanti al contatto con la sua mano, alla sensazione della sua pelle sulla sua. Il calore delle dita rispetto alla sua pelle fredda era irresistibile. La guardò incantato, attratto dai lineamenti perfetti del suo volto e dalle labbra appena dischiuse, mentre si crogiolava nel suo semplice tocco. Addison poteva sentire il suo respiro caldo sul collo, una sospensione allettante dal freddo paralizzante di dicembre. Le sfiorò con il pollice l’arco dello zigomo, osservando le piccole reazioni che il suo tocco aveva riprodotto sul suo viso. E quando non spostò la mano dal suo volto, la donna aprì gli occhi e lo guardò. «Mi devo ricredere» sussurrò.
 
Sollevò la mano per toccare la sua, che stava ancora sfiorando il suo volto teneramente. Alex inalò bruscamente all’inaspettata freddezza del suo tocco, indietreggiando leggermente prima di chiudere le mani gelide nelle sue. Le massaggiò, frizionandole velocemente per riscaldarle, tenendole strette tra le sue, prima di tracciare dolcemente dei lenti cerchi astratti sul dorso e lungo le dita.
 
I loro occhi rimasero bassi; entrambi con la paura di guardarsi negli occhi e con il timore di rompere l’incantesimo sotto il quale erano caduti, ma al contempo avvicinandosi quasi impercettibilmente l’uno all’altro. Poteva sentire l’odore dei fiocchi bagnati sul suo capotto come lei poteva sentire il lieve calore che emanava il suo corpo. Sollevò la testa con cautela, guardandolo. Lui non si mosse. Non fece nessun tentativo per incontrare il suo sguardo, ma la gentile pressione delle sue dita sul palmo della mano le disse, senza bisogno di ulteriori parole, che sapeva che lo stava fissando. «Alex» disse, lusingandolo ulteriormente.
 
Amava il modo in cui pronunciava il suo nome; era un grande cambiamento per lei chiamarlo con un nomignolo diverso da “Karev” o “Dottor Karev” oppure “lo specializzando irritante” come lei lo aveva definito più e più volte parlando con la Bailey.
 
Intrecciò le dita tra le sue, facendo un passo in avanti in modo che il suo corpo si trovasse a quasi un soffio da quello dell’uomo. Era ancora troppo fragile e debole per via dell’imminente divorzio, e inoltre era avvolta nel suo complicato rapporto con Mark, ma nonostante tutto le era ampiamente chiaro di quanto volesse Alex già da un paio di settimane. Era stanca di fingere di non essere interessata a lui, di fingere di non guardarlo quando pensava che qualcuno altro la stesse osservando, di fingere di non pensare a lui così spesso.
 
Era così vicina eppure poteva a malapena sentirla. Era solamente consapevole dell’umidità del suo cappotto e dello squisito rossore dei suoi capelli e della sensazione delle sue mani tra le sue. Era tanto e non abbastanza al tempo stesso. Sentiva il suo pollice accarezzargli fermamente il dorso della mano e la dolce innocenza di quel gesto lo portò ad alzare lo sguardo verso di lei. Era stato un gesto inaspettato e non chiedeva nient’altro che una possibilità. Vide l’ombra di un sorriso sulle sue labbra e una punta di incertezza nei suoi occhi mentre la guardava. Immaginò che lei potesse vedere la stessa espressione riflessa sul suo volto.   
Slacciò le loro mani, le toccò nuovamente la guancia, dubbioso, e, trovando la risposta che cercava, si mosse verso di lei. Lei aprì la bocca per parlare, ma la sensazione delle sue labbra che sfioravano lievemente le sue era così dolorosamente dolce che frenò tutti i suoi pensieri. La baciò così attentamente, così profondamente, che lei non poteva far altro che assecondare i suoi gesti; pur volendo non avrebbe potuto urlargli contro a causa della miriade di sensazioni che le scorrevano nelle vene al solo contatto. Aveva perso la capacità di pensare, lasciando che le frasi coerenti si formassero solo nella sua mente; così fece tutto quello che poteva, che in quel momento, mentre lui stava così dolcemente succhiando il suo labbro inferiore, era respirare.
 
Le avvolse le braccia intorno la vita, tirandola saldamente e con insistenza verso di sé. Il cappotto era umido e freddo a contatto con il suo camice, ma lo notò a malapena, non appena allacciò il suo corpo al suo, approfondendo contemporaneamente il bacio. Il suo abbandonarsi completamente a lui lo fece impazzire e gemere rumorosamente come gli separò le labbra con la lingua. Amava quanto fosse sensibile al suo tocco, come fosse ipersensibile al suo calore, alle sue mani, alla sua lingua.
 
Fece scivolare le mani lungo la schiena, percorrendo interamente il suo corpo nascosto sotto gli strati dei vestiti invernali, per poi afferrarle la chioma di velluto con entrambe le mani e stringerle i capelli nei pugni.
Rispose a quel gesto baciandolo profondamente, catturando le sue labbra in un bacio umido e feroce.
Quando infine si divisero, rimasero vicini, incapaci di separarsi.
Le fronti appoggiate l’una sull’altra mentre cercavano di stabilizzare il loro respiro.
Le sue labbra erano gonfie e le guance arrossate, il suo aspetto assomigliava nuovamente a quello di poco fa; non appena era entrata all’interno dall’ospedale per sfuggire dal freddo. Non pensava che potesse sembrare ancora più bella. Sebbene i suoi occhi fossero chiusi mentre cercava di concentrarsi solo sullo starle così vicino, poteva sentire il sorriso sulle labbra di Addison. Era quello stesso sorriso che lui ben conosceva, affiorava sul suo viso ogni qual volta che lo guardava e non pensava di essere vista. Lo avvertiva.
 
Strofinò le mani lungo i suoi avambracci, cercando di rimanere a contatto sebbene lei si stesse slegando dalla sua presa.
Sorrise quando gli disse: «Non mi fido di me stessa ad esserti così vicina e non fare qualcosa che possa successivamente aggravare la mia cattiva reputazione» detto questo sospirò in uno strano miscuglio di esasperazione e contentezza. La tensione era palpabile tra di loro, su di loro.
 
Tuttavia, tutti i pensieri sul razionalizzare ciò che era appena accaduto si arrestarono bruscamente al suono dei passi regolari provenienti dal corridoio al piano superiore. Si separarono in fretta, mettendo ben cinque piedi di distanza tra loro. Alex stava per fare una battuta riguardo la loro ritrovata distanza fisica, se questa fosse abbastanza per lei, ma fu interrotto nel suo intento dal suono della voce di Derek mentre altezzosamente scendeva le scale.
 
«Addison» disse, strascicando le parole sdolcinatamente. «è carino da parte tua unirti a noi. Il capo stava per inviare un gruppo di ricerca. Era preoccupato che avessi avuto qualche sfortunato incidente nella neve.» Addison poteva solo alzare gli occhi al cielo come risposta al suo commento.
 
Derek continuò a scendere le scale, fermandosi sul pianerottolo ad alcuni piedi di distanza da Alex e dalla testa di Addison per guardare la neve che scendeva lenta nella tenue luce del pomeriggio. «Deve far davvero freddo fuori» disse, indicando verso le vetrate, «non ti ho mai vista così arrossata prima d’ora».
   
 
 



Nda  
Hola! I’m back!
Ma quanto tempo è passato dall’ultima volta che ho pubblicato una storiella?!
Troppo, decisamente troppo.
Ho deciso di pubblicare qualcosa di diverso nella sezione di Grey’s Anatomy– affetta da Calliofobia dilagante – e scrivere di altri personaggi. Ammetto che loro due mi sono sempre piaciuti insieme, anche se non come una vera e propria coppia, perché il mio cuore batte e batterà sempre per un solo e unico uomo: che è Derek Shepherd. Ma a forza di leggere belle storie su di loro mi sto appassionando anch’io agli Addex.
Nelle puntate della terza stagione quei pochi attimi che hanno condiviso insieme sono stati davvero belli, e penso che meritino per questo anche loro un po’ di spazio. Purtroppo, e lo dico davvero con dispiacere, per leggere qualcosa di diverso da Callie e Arizona bisogna per forza scovare storie in inglese… e per quanto io apprezzi leggerle in lingua, in italiano è tutta un’altra cosa. Ho deciso per questo di tradurre un’altra storia in cui mi sono imbattuta solo pochi giorni fa.
Mentre la leggevo mi è subito tornata alla mente la complicità di Alex e Addison verso gli ultimi episodi della terza stagione, e pensando a loro come non ricordarsi della frase storica “io lo noterei. Se tu sparissi, io me ne accorgerei”, del latte alla vaniglia e di tutte le volte in cui si fermavano a guardarsi con desiderio e paura?!
 
Se avete piacere di leggere la storia in inglese la trovate nel link che incollo qui sotto.
La traduzione non può essere paragonata mai all’originale, però se si vuole fare una lettura meno impegnativa, è decisamente meglio.
 
https://www.fanfiction.net/s/3306223/1/A-Lack-of-Colour
 
Come al solito ho cambiato qualcosina inserendo o omettendo parole, non è facile rimanere federe al cento per cento al testo e secondo me è pur giusto che il traduttore metta un pizzico di suo nella storia. Si parla di paroline o di una disposizione diversa della punteggiatura… cose da poco conto.
Insomma, credo di aver detto tutto, e spero davvero che la storia vi sia piaciuta e che abbia fatto venire a qualcun altro la voglia di scrivere di diverse OTP.
Che non me ne voglia Callie ma non ce la faccio più a ritrovarla alle prese con Arizona in tutti i modi, in tutti i luoghi e in tutti i laghi.
 
Come direbbe Valeriona: Baci stellari
 
   
 
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