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Autore: reggina    20/02/2017    0 recensioni
Il difficile periodo post-operatorio, in un reparto neurochirurgico, sviscera i sentimenti più reconditi di due genitori, una giovane fidanzata, un amico, una sorella e un piccolo eroe che ce l'ha fatta di nuovo. Un caleidoscopio di emozioni in cui vorticano speranze, paure, passato e futuro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Amy Abbott, Bright Abbott
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Casa. Una parola così piccola per un'emozione così grande da accelerargli il battito e ripagarlo di ogni singolo istante di incertezza degli ultimi mesi.

Colin ha avuto quasi paura di non ritrovarla come la ricordava, di sentirla estranea, invece è come se fosse uscito dal portone con il vetro sabbiato soltanto pochi minuti prima. A metterlo a suo agio sono stati, soprattutto, l'accortezza e lo spirito pratico di Laynie.

Sua sorella ha sgobbato gli ultimi due giorni a rendere gli spazi comodi e confortevoli e a profumare l'ambiente con un pot-pourri di fiori secchi, scorze di agrumi, erbe essiccate e spezie.

È un uragano di impazienza e gioia, però, quando si fionda verso Colin, delicato come un guscio d'uovo, che copre la distanza tra l'utilitaria di famiglia e la casa con circospezione, quasi stesse attraversando un ponte di sabbia. L'abbraccio travolgente di Laynie lo sostiene mentre si riappropria di pavimenti, pareti, soffitti, di odori familiari, di conforto, sicurezza e affetti. Di casa sua.

"Ti ho registrato le migliori sit-com. Dieci minuti per episodio!"

Lui non obietta a quelle premure incalzanti, precisando che leggere gli è ancora impossibile e che anche le trame di film già visti e rivisti gli sembrano insensate.

"Apprezzo il pensiero, sorellina! Ma, al momento, la mia capacità di attenzione è pari a quella di un pesce rosso."

Ridono in sincrono e, finalmente, Colin crede che tornare a casa sia bello, per quanto impegnativo.

Tornare è un po' come cercare di finire un puzzle con un pezzettino più grande del buco. Va limato, e limati tutti gli altri pezzi che gli stanno intorno.


C'è anche un lato difficile, però, che non aveva previsto: l'uscita dall'ambiente protetto dell'ospedale lo mette, brutalmente, difronte ai suoi limiti fisici.

Star male in ospedale è normale. Adesso, invece, i dolori, la debolezza e le difficoltà di movimento risultano molto più pesanti e difficili da accettare.

Si è dovuto mettere in ginocchio e tirarsi su goffamente, appoggiandosi al muro. Più tardi, quando ha tentato di salire le scale, ha dovuto fare i gradini uno alla volta, caricando il peso sulla gamba sinistra e appoggiandosi pesantemente al corrimano.


La notte è la parte che teme di più. Nei lunghi giorni di ricovero è diventata nemica: problemi d'insonnia, improvvisi risvegli notturni, ore passate a fissare il buio fuori dalla finestra. E quando, finalmente, si appisolava, le medicine disturbavano il sonno con vertigini e sogni inquietanti, al confine con le allucinazioni. E poi la nausea, il letto scomodo, la difficoltà nel trovare una posizione che non fosse dolorosa, i rumori del reparto.

Le notti in ospedale non finivano mai aspettando che il cielo impallidisse nell'alba.

Adesso, mentre si infila sotto le lenzuola fresche che profumano di sapone di Marsiglia, si rende conto di aver paura. Paura di non dormire, di dormire male, di svegliarsi mille volte, di non trovare una posizione comoda, di provare dolore...

Alla fine le ansie e la stanchezza lo stordiscono, come sotto l'effetto di un potente sedativo, lentamente abbassa le palpebre che si fanno sempre più pesanti e cade in un sonno intriso di incubi.

Si sveglia di colpo, sudato e ansante, tremante e stremato e ci mette qualche minuto ad accertarsi che il tum tum di una palla che rimbalza nello spiazzale davanti casa non è una rifrazione di un momento nostalgico o uno strascico delle sue inquietudini.


Si affaccia alla notte dalla brezza gentile dopo la calura, sotto un cielo stellato e un profumo corposo di mughetto e gardenie.

Lei, la sua fata dell'estate è di un fascino semplice e disarmante mentre palleggia e lancia la palla verso di lui.

Colin la schiva, come una palla avvelenata.

"Hai deciso di creare un Great Western Forum in miniatura per me?"

Amy gli si avvicina, con il suo sorriso leggiadro e il movimento pieno di grazia, e allora Colin si accorge che è sempre bella come una bambola di porcellana ma ha qualcosa in più: la grinta e l'ostinazione di una valchiria preraffaellita.

Si ritrova a disagio, imbarazzato e affascinato da quell'imprevedibile soffio di vita, dalla pura innocenza di lei.

"Mia cara Pazienza..."

Le sussurra, attirandosela tra le braccia come se fosse il suo unico bene. Amy cerca di vincere l'emozione.

Da quando il dramma si è ripresentato nelle loro vite, lo ha sillabato per digerirlo meglio ma restava sempre una camionata in faccia. Uno di quegli scossoni che prima ti stordiscono e poi, quando la consapevolezza riaffiora, ti lasciano appiccicati addosso strati di paure, quasi una seconda pelle.

Si è inventata interessi per restare a galla negli ultimi tempi, ha intensificato i corsi di danza, si è aggrappata ai suoi grandi amori, alla sua famiglia prima di tutto.

Si siedono insieme sulla panchina in ghisa, nell'angolo che profuma di marzapane, ed Amy posa lentamente la testa sul cuore palpitante di lui.

"Allora Ulisse com'è tornare a casa?"


Colin non risponde. Si porta una mano alla bocca, cercando di soffocare un singhiozzo e con i palmi tenta di coprirsi il volto, mentre il naso inizia a pungere, e le lacrime scendono inarrestabili.

Amy non è troppo sconvolta sentendo il torace di lui scuotersi sotto di lei, anzi, ne è quasi sollevata: sono lacrime che guariscono.

Colin è fragile e quando si è fragili è come essere senza pelle. Le parole e i gesti risuonano come nelle casse enormi di un concerto. Amplificati e assordanti.

"Sono felicissimo di essere tornato a casa, davvero. Però non credevo che sarebbe stato così difficile."

Attacca con voce rotta.

"Ho difficoltà a chinarmi e a sollevare da terra qualcosa che pesi di più di un fazzoletto. Non riesco a stare in piedi, né seduto su una sedia rigida per più di dieci minuti. Mi stanco subito...Non resisto, Amy!"

La ragazza, però, ha imparato a guardare oltre la malattia e quei momenti di abbattimento e ha imparato che si può continuare a sperare, a sorridere alla vita anche nei momenti bui.

Gli leva dalle guance le lacrime che l'aria calda non è riuscito ad asciugare ed ha impresso quel sorriso effimero, confuso e contagioso, impregnato ancora dall'anestesia, con cui Colin l'ha accolta in Terapia Intensiva.

Un sorriso che le è rimasto appiccicato addosso. Ed è a quel sorriso che sente il bisogno di restituire la vita.

"Nessuno arriva al traguardo da solo, Colin! Piano piano metteremo all'angolo i fantasmi. Ogni tanto li tireremo fuori, uno alla volta, ma solo per metterli al tappeto. È vero, le nostre vite sono cambiate per sempre. Ma non è detto che sia in peggio!"

Per la prima volta il futuro appare più concreto a Colin e quando la sua fata promette di combattere al suo posto quando proprio non ce la farà, scuote energeticamente il capo.

"Non combattere al posto mio, combatti al mio fianco!"

E la loro promessa, tenera e coraggiosa, vibra tra il canto delle cicale e l'ombra dei balconi aperti.

   
 
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