Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |       
Autore: ___Page    21/02/2017    4 recensioni
"Nessuno di loro se ne accorse. Nessuno di loro lo vide entrare.
Seppero di essere nella merda solo quando riconobbero la sua voce.
«Portuguese, Monkey, Trafalgar e Surebo.» mormorò Vergo, calmo e atono. «Punizione.»"
*Fan Fiction partecipante al Sfigaship&Crack's Day indetto dal Forum FairyPiece-fanfiction&images*
______________________________________________________
Starring: Cora-san, Hannyabal, Koala, Nefertari Bibi, Portuguese D. Ace, Perona, Sabo, Trafalgar Law, Vergo.
Con la partecipazione straordinaria di: Monkey D. Rufy.
______________________________________________________
ATTENZIONE: Storia contenente coppie strane. Il Forum consiglia la lettura a un pubblico con alto tasso di sospensione dell'incredulità. Può presentare tracce di latte e frutto a guscio.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Koala, Perona, Portuguese D. Ace, Sabo, Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Raftel High School - Le Cronache'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic







Raftel High School – Secondo piano – Corridoio Est
Ore 13.01
 
Trafalgar Law era un tipo poco socievole e questo lo sapevano tutti.
A differenza di quello che però si poteva pensare, e di fatto in molti pensavano, Law non era un emo senza ciuffo, non era un serial killer e nemmeno un misantropo.
Semplicemente era un ragazzo riservato, con pochi amici ma buoni e una mastodontica interrogazione alle porte. Doveva studiare.
Non aveva importanza quanto si fosse ammazzato già nei giorni precedenti. Fino a venerdì doveva studiare come se il mondo dovesse finire quel giorno e la sola cosa che potesse salvarlo fosse assimilare tutto lo scibile umano sulla chimica. Doveva studiare anche se in quel momento sarebbe dovuto essere in mensa a mangiare insieme a Pen, Shachi, Bepo e Jean Bart. Doveva studiare come se il destino dell’universo dipendesse dal voto che Vergo gli avrebbe dato.
E Law sapeva che Vergo lo avrebbe fatto penare per una sufficienza. Anche quando la sua preparazione risultava ben più che sufficiente Vergo trovava il modo di farlo apparire ignorante e abbassargli la media. Ma non questa volta. Questa volta Law era fermamente e radicalmente deciso a non dare a Vergo la soddisfazione di umiliarlo, tanto che stava studiando su un testo universitario, ogni istante libero della propria giornata. Compresa la pausa pranzo.
Il punto era trovare un luogo silenzioso per concentrarsi e abbastanza isolato perché quel ficcanaso di Hannyabal non lo scoprisse e lo obbligasse ad andare in mensa insieme a tutti gli altri.
Socchiuse la porta e sbirciò all’interno. Ironia del destino, sembrava veramente quello il luogo perfetto. La giusta penombra per nasconderlo a una sbirciata indiscreta, se si metteva abbastanza in fondo alla stanza, ma non troppa per impedirgli di studiare, nessun rumore molesto e la garanzia che Hannyabal non sarebbe mai entrato lì a pulire perché aveva il terrore di bruciarsi la faccia con qualcosa. 
Perfetto.
Sogghignò soddisfatto e sgusciò dentro al laboratorio, dirigendosi a passi lenti al più lontano dei lunghi tavoli, quello su cui era posato il distillatore. Con delicatezza estrasse il tomo e lo posò sul tavolo facendo tintinnare le ampolle appese in precario equilibrio sui loro appositi ganci, per poi avvicinare uno sgabello e immergersi nella lettura. Era molto più materiale e molto più complesso di ciò che sarebbe stato tenuto a sapere ma ne valeva la pena. Per fregare Vergo e come investimento futuro. Tanto al primo anno di medicina avrebbe dovuto studiare comunque tutta quella roba.
Roteò il collo per scioglierlo un po’ e stappò una lattina di RedBull che aveva introdotto a scuola di straforo, pronto ad affrontare il capitolo sugli attacchi nucleofilo/elettrofilo.
Questa volta l’avrebbe avuta vinta lui.
 

§


Raftel High School – Secondo piano – Corridoio Est
Ore 13.13
 
Si guardò intorno per assicurarsi che il corridoio fosse sgombro. Non che a quell’ora ci fosse il rischio di trovare qualcuno in giro, a meno che qualche professore non avesse dimenticato il registro in qualche classe o che altri studenti stessero vagando per la scuola durante la pausa pranzo, proprio come lui.
Di incontrare Hannyabal non c’era rischio, non da quelle parti, visto che il bidello aveva un sacro terrore del laboratorio di chimica e ci stava lontano almeno quanto gli studenti a Magellan quando il vicepreside aveva una delle sue crisi da colica intestinale.
Furtivo, scivolò dentro la stanza e si guardò intorno alla ricerca di suo fratello. Okay, lui e Ace non erano fratelli di sangue ma questo aveva poca importanza per Sabo. E qualunque cosa fosse successa, ovunque si trovassero, sapeva che l’uno sarebbe accorso sempre e comunque quando l’altro avesse chiamato. In fondo era proprio quello il motivo per cui Sabo si trovava lì in quel momento.
«Ehi! Psss! Sabo!»
Il biondo si voltò, richiamato dalla voce sussurrata di Ace, intento a maneggiare qualcosa vicino a uno dei grandi tavoli.
«Ohi! Che succede?» domandò con lo stesso tono di voce, mentre si avvicinava in fretta. «Quando ho visto il tuo messaggio pensavo fossi rimasto chiuso qui dentro.»
«Che?!» Ace sollevò per un attimo la testa per guardarlo. «Ma va! Nessuno si preoccupa mai di chiudere il laboratorio.» lo liquidò, tornando a trafficare sul tavolo. Gli lanciò un’occhiata di striscio, sorridendo cospiratore. «Devo farti vedere una cosa.» mormorò, esaltato.
«Sai, immaginavo che non mi avessi chiamato qui solo per fare due chiacchiere.» lo schernì Sabo.
«No, infatti credevi che fossi rimasto chiuso dentro. Comunque, stanotte non riuscivo a dormire, mi sono messo a cazzeggiare su internet e ho scoperto come fare una cosa fighissima.»
«Ovvero?»
Ace si girò verso di lui con un palmo rivolto verso il soffitto, vi accostò un accendino, lo accese e sulla sua mano le fiamme presero a divampare come se Ace fosse in gradi di maneggiare il fuoco senza scottarsi.
Sabo sgranò gli occhi incredulo. «Porco Roger! Che figata!» esclamò, curandosi sempre di mantenere il tono basso. Ace sorrise soddisfatto e soffiò per spegnere le fiamme. «Come hai fatto?!»
Ace gli fece segno di avvicinarsi. «Polvere di mica. È isolante.» spiegò, indicando una scodellina contenente una polvere tra l’ocra e il rosato, dall’aspetto brillante, posata accanto a delle lamelle di materiale solido dello stesso colore. «Ne metti uno strato sulla mano poi ci spremi sopra un po’ di gel igienizzante per le mani che è infiammabile, gli dai fuoco e il gioco è fatto!»
Sabo lo fissò per un attimo con tanto d’occhi. Per essere un cazzeggiatore della peggior specie, era incredibilmente bravo ad applicarsi in certe cose. «Dai dai, fa provare!» esclamò, avvicinandosi di più alla postazione. Fu solo in quel momento che si accorse che c’era qualcun altro nel laboratorio oltre a loro due. Seduto al tavolo sul fondo della stanza, una lattina di RedBull posata davanti a un libro troppo grande per essere uno qualunque dei loro manuali di testo, talmente immerso nella lettura da non dare alcun segno di essere consapevole della loro presenza. «E lui?» chiese cauto, indicandolo con un cenno del capo.
Ace seguì la traiettoria indicata e si strinse nelle spalle. «Era già qui quando sono arrivato. Sta studiando e non ho voluto disturbarlo. Tanto non lo dice a nessuno, lo sai che non parla.» 
Sabo spostò lo sguardo da Law a Ace un paio di volte prima di posarlo definitivamente su suo fratello. «Anche secondo te è muto?» 
«Beh io non solo non l’ho mai sentito parlare ma non l’ho mai nemmeno visto aprire fisicamente la bocca.» ribatté Ace, sbriciolando un altro po’ di mica per Sabo. «Perché? Tu cosa pensi?»
«Non lo so.» ammise Sabo, tornando a guardare Law con una punta di curiosità. «Non ho mai avuto corsi con lui però è uno degli studenti migliori dell’istituto. Se non parla come fa con le interrogazioni?»
«Secondo me usa il linguaggio dei segni.» annuì convinto Ace, prima di girarsi verso di lui con un sorriso complice. «Ecco qua! È pronto!»
Anche Sabo sorrise, gli occhi che brillavano di eccitazione. Permise a Ace di mettergli un misurino di polvere sul palmo e poi agitò appena la mano per sparpagliarla un po’, aggiunse una spruzzata di gel e prese l’accendino che suo fratello gli stava tendendo.  Cauto ma senza esitare lo accostò alla mano, fece scattare la rotella e voilà! Piccole fiamme divamparono sul suo palmo, scoppiettando allegre e lambendogli la pelle senza scottarla.
«Ace sei un genio!» affermò, lo sguardo rapito dal fuoco. Il meccanismo era geniale perché la mica si fondeva facilmente con il colore della pelle e il gel era trasparente e difficile da rilevare, soprattutto una volta incendiato. «Rufy impazzirà quando lo vedrà!»
«Impazzirà perché vorrà sapere come facciamo e provare a farlo anche lui.» precisò Ace, ridacchiando.
«Ripensandoci, non so se è una buona idea farglielo vedere.» considerò Sabo.
«Non avevo comunque intenzione di dirglielo. Non subito almeno.» 
«Lo sai che sarebbe capace di darsi fuoco alla mano pur di provarci, vero?»
«Basterà distrarlo con del cibo e se lo dimenticherà dopo cinque minuti. Comunque anche tu ti dai fuoco alla mano se lo tieni troppo, pugno di fuoco.» lo avvisò Ace e Sabo si riscosse dalle proprie riflessioni riguardo loro fratello minore. 
Agitò la mano nell’aria per spegnere le fiamme e rimase qualche minuto in contemplazione del proprio palmo, valutando un paio di idee che gli frullavano in testa. «Potremmo passarcelo di mano in mano.» disse, senza guardare la reazione di Ace che, però, aveva un’idea anche migliore.
«Potremmo anche lanciarcelo.» ghignò il moro, attirando l’attenzione di Sabo.
«Come?!» chiese, più perplesso che mai.
«Mettiamo tutti e due la mica sul palmo, pressandola così si fissa, il gel e poi io accendo il fuoco sulla mia mano e afferro un pallina di un materiale infiammabile che brucia relativamente in fretta. Ti lancio la pallina che durante il volo si consuma, tu la afferri e quella finisce di bruciare nella tua mano che si accende eeeee… ci siamo lanciati il fuoco!» concluse trionfante.
L’espressione di Sabo virò rapidamente dal perplesso all’esaltato e un sorriso per niente rassicurante si dipinse sui volti di entrambi.
«Allora? Che ne dici?» insistette Ace, con una faccia che era tutto in programma perché in cuor suo sapeva benissimo cosa Sabo avrebbe risposto.
E dovette attendere solo un paio di millisecondi per averne conferma.
«Dico che è l’idea più brillante che tu abbia mai avuto, fratello!»

 
***
 
 
Raftel High School – Tra il primo e il secondo piano – Scale
Ore 13.21
 
Salì gli ultimi gradini senza preoccuparsi di controllare che non ci fosse in giro nessuno. A quell’ora erano tutti in mensa, i prof. in aula professori e l’unica persona che rappresentava un concreto rischio era Hannyabal che stava ben lontano dal laboratorio di chimica.
Ora, perché stesse andando al laboratorio di chimica, Koala non lo sapeva. O meglio, sapeva che ci stava andando per parlare con Sabo ma cosa Sabo ci facesse nel laboratorio di chimica era un mistero.
D’altronde non era come se Sabo le avesse detto di raggiungerlo lì. Lui si era limitato rispondere al suo “Dove sei?” con “Sto andando al laboratorio di chimica”, probabilmente anche sovrappensiero, e Koala avrebbe anche potuto aspettare la fine della pausa pranzo per discutere con lui di quel piccolo ma potenzialmente rognoso problema, che rischiava di ritardare la pubblicazione del successivo numero del One Piece. Ma per quel pomeriggio aveva bisogno della lista completa degli articoli e quella non era questione che potessero risolvere in cinque minuti prima delle attività extracurriculari, che quel giorno li vedeva separati. Ergo, era meglio parlarne subito.
Tornando al laboratorio di chimica, Koala cominciava a essere anche curiosa. Era nella sua natura esserlo, amava indagare ciò che non comprendeva e approfondire ciò che già rientrava nella sua sfera di conoscenza.
Grazie a questa sua attitudine era diventata caporedattrice del giornalino scolastico e Sabo, essendo il più anziano della redazione oltre a lei, le faceva da vice e braccio destro. Il che significava che praticamente faceva tutto da sola ma la cosa non le pesava. Era una persona organizzata, aveva metodo e comunque Sabo era più che disponibile quando c’erano da discutere questioni importanti, come l’argomento dell’editoriale, l’organizzazione di un numero speciale, l’etica di un articolo troppo di parte. E sì, era vero, consegnava i suoi articoli sempre all’ultimo minuto e sul filo del rasoio ma i suoi pezzi non avevano mai bisogno di grosse correzioni.
Perciò, insomma, andava bene così.
Ora quello che voleva scoprire era cosa stesse facendo Sabo nel laboratorio di chimica durante la pausa pranzo. Che stesse studiando era impossibile, neppure nei suoi sogni più reconditi e fantasiosi Sabo avrebbe aperto un libro a stomaco vuoto. La possibilità che stesse scappando da Hannyabal era già più concreta ma difficilmente in quel caso le avrebbe risposto al messaggio.  Si augurò che non stesse preparando quell’intruglio puzzolente con cui, un mese prima, aveva appestato tutto il secondo piano pur di far saltare la lezione di calcolo, quel giorno che proprio non aveva voglia.
Nessuno lo aveva scoperto, tutti avevano dato la colpa a Magellan e che lui fosse il vero colpevole lo sapevano solo lei, Ace, Marco e Caesar, l’assistete di laboratorio del professor Vergo, che lo aveva trovato estremamente divertente. Se lo augurava più che altro perché ormai era a pochi passi dalla porta del laboratorio e avrebbe preferito evitare che i suoi vestiti continuassero a puzzare di uovo marcio fino al quarto lavaggio in lavatrice.
Annusò l’aria e, constatato che di odori strani non ce n’erano, afferrò la maniglia e tirò verso di sé. Non capì esattamente cosa fosse successo. Riconobbe Ace e Sabo, vide qualcosa volare nell’aria e poi un rinculo micidiale la rispedì all’indietro nel corridoio mentre un boato riecheggiava per tutto il piano.
Scarmigliata come se una tromba d’aria l’avesse appena investita, Koala si rimise in piedi e si precipitò di nuovo verso la porta del laboratorio di chimica, prima ancora di aver pienamente realizzato cos’era appena accaduto. Spalancò la porta e, appurato che nulla era in fiamme, entrò decisa calpestando schegge di vetro e di legno che ricoprivano il pavimento su cui era riverso ciò che restava di tavoli, ampolle, fogli di carta, nonché liquidi e polveri di ogni sorta.
Era esploso. Il laboratorio di chimica era esploso. Il laboratorio di chimica era esploso con dentro Sabo e Ace!
Merda!
«Sabo?! Ace?!» chiamò, agitata, ma non dovette nemmeno aspettare di ricevere una risposta. Quando il fumo si diradò Koala riuscì finalmente a vedere che solo metà della stanza era saltata in aria e che, per fortuna, Sabo e Ace si trovavano nell’altra metà, scarmigliati quanto lei ma illesi.
Non fece nemmeno in tempo a provare sollievo sopraffatta dall’assurdità della scena che stava osservando. Metà del laboratorio era ridotto in poltiglia, l’altra metà presentava gli stessi segni del passaggio di un esercito unno, anche se gli oggetti che erano stati investiti dall’onda d’urto avevano ancora una forma definita e vagamente riconoscibile, Sabo e Ace guardavano verso dove l’esplosione aveva avuto origine, non sconvolti e nemmeno spaventati ma semplicemente sorpresi, e, seduto su uno sgabello all’unico tavolo che non si era ribaltato, con una lattina di RedBull in mano, i capelli in aria e l’espressione impassibile, Trafalgar Law guardava verso Sabo e Ace.
Come tutti quei pezzi si incastrassero tra loro era troppo persino per la sua fervida immaginazione, soprattutto quando arrivava a Law che sorseggiava la RedBull, ma una cosa Koala la sapeva con certezza. Era più che legittimo dubitare che l’esplosione fosse stata accidentale.
Ma siccome si era spaventata e due dei suoi più cari amici avevano appena rischiato la vita, tutto ciò che Koala si limitò a dire fu: «Ma che diavolo è successo?!»
E fu tutto ciò che Koala si limitò a dire perché prima che uno chiunque dei presenti potesse rispondere la porta, che per un qualche strano fenomeno fisico difficilmente spiegabile era rimasta intatta e incardinata, si aprì di nuovo.
Nessuno di loro se ne accorse. Nessuno di loro lo vide entrare.
Seppero di essere nella merda solo quando riconobbero la sua voce.
«Portuguese, Monkey, Trafalgar e Surebo.» mormorò Vergo, calmo e atono. «Punizione.»
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: ___Page