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Autore: kounchan    21/02/2017    2 recensioni
“La storia partecipa al contest indetto da E.Comper sul sito, ‘Perché anche le fate, si sa, festeggiano il natale!’”
*Era seduta in un bar, la potevo vedere attraverso la vetrina, mentre passavo di lì.
Bellissima, con la sua cascata di cielo e la fascetta che indossava più spesso, quella arancione.
Penso amasse l’arancione.
Quel giorno era seduta sola, senza i suoi due compagni di team. Il team Shadow gear, quello che avevo preso di mira durante il nostro attacco a Fairy Tail. Ma che dico? Nostro? Loro, al massimo.
Io facevo parte di Fairy Tail ormai.*
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Levy McGarden
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Nick Efp = kounchan
Nick Forum = KounChan
Titolo = Perdona te stesso
Generi = introspettivo
Avvertimento = 
Pacchetto ed elementi scelti = pacchetto n°1, tutti gli elementi
Eventuali Nda =
 mi scuso se Gajil sembra OOC, ma secondo me non lo è, perché anche lui ha un cuore, e penso che avrebbe potuto dire e pensare quelle parole.
Comunque, la storia è ambientata poco dopo la battaglia contro Laxus ( la parte della vigilia di Natale ) e durante la battaglia contro Alvarez.
Per il resto, spero sarà di tuo gradimento ;) , bacionissimi, kounchan.

 
 
Era seduta in un bar, la potevo vedere attraverso la vetrina, mentre passavo di lì.
Bellissima, con la sua cascata di cielo e la fascetta che indossava più spesso, quella arancione.
Penso amasse l’arancione.
Quel giorno era seduta sola, senza i suoi due compagni di team. Il team Shadow gear, quello che avevo preso di mira durante il nostro attacco a Fairy Tail. Ma che dico? Nostro? Loro, al massimo.
Io facevo parte di Fairy Tail ormai.
Ma i sensi di colpa mi tormentavano.
In gilda facevo finta di nulla, fingevo di stare bene, di partecipare alle scazzottate dei miei compagni.
In realtà, odiavo doverli guardare negli occhi tutti i giorni.
Lo odiavo.
O meglio, odiavo me stesso anche solo per aver provato a fare del male a quelle persone splendide.
A lei, che bellissima e saggia mi aveva perdonato.
Ogni notte, seduto sul ramo più spesso dell’albero davanti a casa mia, piangevo.
Piangevo come un bambino.
Quel giorno, davanti a quel bar, capii che scappare da lei, dai suoi occhi d’ambra, dai suoi capelli color del cielo, dal suo profumo di libri, carta vecchia e inchiostro, dalle sue risa, che sentivo spesso quando chiacchierava con le sue amiche, in gilda, sarebbe stato inutile.
Un giorno avrei dovuto affrontare tutto il mio dolore, e, forse, quel giorno era giunto.
Entrai in quel bar e mi resi conto che tutto era addobbato di rosso. Festoni, ghirlande, un peluche di Babbo Natale sul bancone, tutto sui toni del verde e del rosso, qualche spruzzata di bianco qua e là.
Trasmetteva una sensazione di calore.
Mi ricordai che era la vigilia di Natale.
Ma non aveva importanza, dovevo parlarle.
<< Non hai mai visto addobbi natalizi? >> ridacchiò una vocina sottile e bassa.
Abbassai lo sguardo e la vidi.
Piccola, notai. Così piccola che potrei toccarla e spezzarla, pensai.
E mi diedi dello stupido. L’hai già spezzata, mi dissi, e ora lei ha paura di te, aggiunsi.
E anche in quel momento aveva avuto paura, perché aveva sussurrato, guardando in basso.
<< Certo che li ho visti, ma ero sovrappensiero. Pensi di essere l’unica con un cervello qui? >> borbottai.
Pessimo approccio, mi rimproverai.
Lei alzò lo sguardo e lessi astio nei suoi occhi.
Dannazione.
Una frase e avevo rovinato tutto.
Ma quello ero io.
Prese la sua borsa a tracolla traboccante di libri da terra, e uscì, sbattendo la porta.
Senza pensare, la rincorsi.
Poche falcate e l’avevo raggiunta, afferrandole il polso e fermandola.
Non si voltò neanche, e forse fu meglio così, perchè presi a parlare, come un fiume, io che non parlavo mai.
<< Scusami. >> avevo esordito.
<< So che dici di avermi perdonato, ma hai ancora paura di me, lo so, lo vedo. Ma ti devo dire delle cose. So quanto possa sembrare minaccioso, cattivo, e un tempo lo ero e ne andavo fiero. Ma ora, ora sto provando ad essere parte di una famiglia che non ho mai avuto. Però, il rimorso per ciò che ho fatto, per tutto quello che è successo, mi divora ogni giorno. Non ce la faccio più, Levy. Non riesco ad andare tutti i giorni in gilda e guardare negli occhi te, il tuo team, Lucy…è dannatamente difficile. Probabilmente, non avrei mai dovuto accettare l’offerta del nonnetto. >> avevo finito il discorso, lasciandole il polso e allontanandomi, voltato di spalle.
Non l’avevo sentita avvicinarsi, piano, e afferrarmi un lembo del mantello nero che portavo tutti i giorni.
<< Io ti ho davvero perdonato, Gajil. E piano piano supererò anche il timore che provo nei tuoi confronti. Ma non dire di aver sbagliato a diventare parte della mia famiglia, perché non è così. Cerca di perdonarti tu stesso. Non fai più parte di Phantom Lord, ma di Fairy Tail. Ricordalo. >> poi si era allontanata, ed io ero rimasto a fissare il punto in cui stava sparendo lentamente.
Il giorno dopo era Natale. Avevamo festeggiato in grande, come sempre.
Erano tutti vestiti di rosso, stranamente anche io.
Mi era piaciuto, mi ero divertito facendo qualche rissa, una gara di mangiate, una gara di bevute, delle quali una era stata vinta da me e una da Cana.
Avevo fatto un regalo a Juvia e uno a Levy.
E loro ne avevano fatto uno a me.
Quello di Levy glielo avevo lasciato in segreto nella sua stanza al Fairy Hills, entrando di nascosto da Erza. Levy però mi aveva beccato e io ero scappato, ma lei mi aveva seguito, lasciandomi un pacchettino nella mano e fuggendo a sua volta.
Sorrisi, avevo visto le sue guance rosse.
Aprii a casa quel regalo.
Era un piccolo libro, rilegato di rosso. Quando lo avevo aperto, avevo trovato una lettera, e poi delle foto, di tutti quei mesi passati a Fairy Tail, della battaglia contro Laxus, delle missioni che avevo affrontato insieme al suo team, e mi chiesi come avevo fatto a pensare che lei non mi aveva perdonato.
La lettera recitava solo poche parole: “ Fai parte di una famiglia, ora, e in una famiglia si perdonano gli errori, si danno nuove possibilità.
Buon Natale, Gajil.
                                                                                                          Levy  
Ci era caduta una lacrima sopra. L’ultima che avevo versato a causa del mio rimorso.
 
Ora, quasi nove anni dopo quel natale, contando i sette passati a Tenroujima, stavamo combattendo la battaglia per la nostra vita. Forse l’ultima che avremmo mai combattuto tutti insieme.
E sicuramente l’ultima mia battaglia.
Mentre parlavo a Levy, mentre lei si dimenava per venire a salvarmi, avevo pensato a quel Natale, quando, finalmente, il mio rimorso aveva smesso di divorarmi.
La vedevo piangere, mentre il rosso e il nero della morte mi avvolgeva.
Ricordavo che il rosso, quel Natale, era stato caldo, accogliente, ma ora quel rosso era freddo, amaro.
Piansi di nuovo, in quella guerra iniziata con Tartaros.
Dopo aver confessato a Levy i miei sentimenti, quando anche i miei occhi erano scomparsi alla sua vista, le sorrisi.
Non vidi il suo sguardo, non udii il suo urlo, perché tutto intorno a me era freddo e silenzio.
Il mio ultimo pensiero andò a lei, alla mia fata dai capelli color del cielo.
Poi, tutto tornò a farsi vedere. Ero in un altro luogo, vivo.
Forse, il destino, mi aveva dato una seconda possibilità, così come aveva fatto Levy.
   
 
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