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Autore: AvversarioCasuale    22/02/2017    0 recensioni
In un mondo in cui la tua anima gemella è già stata decisa per te, hai possibilità di scegliere o l'unica cosa che ti rimane da fare è piegarti e accettare?
Francis non è mai stato così sicuro dei suoi sentimenti e di ciò che vuole ma lo stesso vale per chi è intorno a lui? E, soprattutto, vale per l'unica persona al mondo che abbia mai amato veramente?
E, infine, se la persona che ami non è quella che è stata scelta per te, ha senso lottare e opporsi al destino stesso pur di stare insieme?
Soulmate!Au e HumanNames!Used.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Svezia/Berwald Oxenstierna, Un po' tutti, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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-Arthur! Arthur!- Francis sgomitava tra la folla che si accalcava nel corridoio, tentando in vano di sovrastare il rumore con la sua voce. Arthur camminava pochi metri più avanti, assorto nei suoi pensieri, e sembrava diretto verso la mensa come da programma. Francis allora smise di affannarsi, sicuro che lo avrebbe raggiunto quando la maggior parte dei ragazzi fossero entrati nelle loro aule. Antonio lottava per rimanere vicino a lui, mentre di Gilbert e Lovino non ne vedeva traccia. I due avrebbero potuto rimanere a casa, visto che per il loro anno non erano previste lezioni quel giorno, ma erano venuti lo stesso per stare con loro e i rispettivi fratelli minori.
-Chi stai rincorrendo, Francis? Non riesco a starti dietro- si lamentò Antonio. Il ragazzo scosse la testa -Nessuno- rispose stringendosi nelle spalle, pensando tra sé e sé che il fatto che non riuscisse a tenere il suo passo era proprio quello che Francis voleva.
-Io ti ho sentito urlare Arthur !  Arthur amore mio, aspettami!- disse il castano ghignando. Come aveva fatto a sentire le sue parole in mezzo a tutto quel chiasso?
-Non sono sicuro che quelle fossero le mie esatte parole- sottolineò lui -e Arthur è un ragazzo che viene in classe con me. Devo restituirli il libro di matematica-
Antonio annuì, a quanto pare soddisfatto della risposta. Perché Francis non avesse mai parlato ai suoi amici di Arthur non lo sapeva bene: all'inizio voleva vedere come le cose si sarebbero evolute e poi, con il passare del tempo, sembrava troppo strano introdurre l'argomento. E poi, non aveva motivo di parlarli di un suo nuovo amico, giusto? Arthur si era trasferito in città da un anno e non aveva molti amici: al dire il vero ne aveva solo uno di nome Alfred, ma sembravano essere più vecchie conoscenze che amici. Litigavano ogni volta che si incontravano, sempre a bisticciare su qualche evento passato. Proprio dopo uno di quei litigi, Arthur era stato convocato dal preside per discutere della sua condotta, e fu dove incontrò Francis. Il primo a parlare fu il francese, curioso di sapere perché non lo avesse mai visto in giro. Scoprì che si era trasferito da poco e, anche se ad una prima occhiata non si sarebbe detto, non era nuovo a rimproveri del genere e a finire nei guai.
Francis raccontò a sua volta che si era trasferito dalla Francia molti anni prima e, mosso da un'empatia verso il ragazzo nuovo che gli ricordava tanto se stesso i primi tempi, quando non aveva ancora conosciuto Antonio, Gilbert e Lovino, gli propose di incontrarsi quel pomeriggio, per fargli conoscere la città. Da quel momento erano diventati grandi amici, anche se non mancavano mai di stuzzicarsi e litigare per ogni piccola cosa. A Francis non ci vollero che un paio di giorni per capire che si era innamorato del nuovo arrivato: un tipo dalla compostezza inglese, ma che se solo si lasciava andare lasciava trasparire la sua vera personalità tutt'altro che composta. Lui riusciva sempre a rendere le sue giornate interessanti, forse perché la pensavano sempre in modo opposto o forse perché adorava la sua espressione quando si arrabbiava. Non sapeva il motivo che lo aveva fatto innamorare, e non sapeva neppure il motivo che lo aveva spinto a tenerlo nascosto perfino ai suoi più stretti amici, cosa che non capitava mai. Solitamente tutti sapevano quando Francis si innamorava: che fosse per il suo fervore nel conquistare la fiamma di turno o la disperazione per l'essere stato rifiutato (accadeva troppo spesso per un ragazzo bello, divertente e carismatico come lui), nessuno ne poteva rimanere all'oscuro. Ma questa volta Francis sentiva qualcosa di diverso: non aveva voglia di lasciare che nessuno lo sapesse, né i suoi amici né Arthur. Lui stesso doveva ancora accettare a pieno i suoi sentimenti.

Stare seduto al tavolo della mensa gli metteva appetito anche se erano solo le otto di mattina. La sala non era molto affollata, essendoci solo un quinto degli studenti che avrebbe potuto ospitare, e in aggiunta i ragazzi erano anche più silenziosi del solito riempendo l'aria dei bisbigli dei pochi che invece non avevano problemi a chiacchierare. Arrivato nella sala non era riuscito a scorgere Arthur e, prima che potesse cimentarsi in un'indagine più approfondita, si era sentito chiamare da Antonio che non lo aveva lasciato di vista per un minuto in tutto il tragitto per i corridoi. Si era lasciato trascinare al tavolo lanciando un'ultima occhiata alla folla e infine rinunciando alla sua ricerca. Si piegò in avanti, appoggiando i gomiti sulla superficie piana di fronte a lui, fissando lo schermo del suo telefono cellulare.
Più che ansioso si sentiva annoiato: a quanto pare si erano verificati dei problemi con i macchinari e i test non avrebbero avuto luogo prima di trenta minuti e, anche una volta iniziati, avrebbe dovuto attendere un po' per il suo turno. E, oltre a ciò, aveva voglia di parlare con Arthur: non ci aveva fatto molto caso il giorno precedente, ma sembrava che qualcosa lo stesse preoccupando e non era certo che si trattasse solamente di una normale ansia pre-test.
Per coronare il tutto e far sentire Francis ancora più smanioso di alzarsi di lì Antonio e Lovino non facevano altro che bisbigliare, persi nel loro mondo privato: i due non erano una di quelle coppie smielate e romantiche (Lovino sembrava proprio odiare quel genere di cose), ma in momenti come questo erano così uniti che niente sembrava poter entrare nella loro piccola bolla. Quindi era rimasto in compagnia di Gilbert il quale però sembrava molto più interessato a urlare a suo fratello, seduto ad un tavolo vicino, quelli che potevano essere incoraggiamenti o prese in giro, il francese non riusciva a capirlo. Capiva però che, col silenzio che gravava nella stanza, i due erano diventati il centro dell'attenzione e il fratello, un ragazzo biondo di nome Ludwig, sembrava poter evaporare all'istante pur di togliersi gli sguardi di dosso, tanto era arrossito.
Francis scrutò i ragazzi radunati attorno a lui, cercando per lo meno di trovare qualche soggetto interessante. Vide l'amico di Arthur, Alfred, che nonostante l'ora stava divorando un cheeseburger in compagnia del fratello che Francis personalmente apprezzava molto di più, per quel poco che avevano parlato: Matthew aveva trascorso del tempo come studente in Canada e aveva imparato il francese quindi si era divertito un po' ad aiutarlo a fare pratica.  Non lo conosceva bene ma gli dispiaceva quasi per lui e per il modo in cui il fratello lo trattava, non degnandolo mai di uno sguardo. In qualche modo fu felice di constatare che Arthur non si trovava con loro.
La sua attenzione fu attratta da un gridolino stridulo proveniente dall'altro lato della stanza: Łukasiewicz, uno dei ragazzi più eccentrici della scuola, se ne stava nascosto dietro ad un altro ragazzo che, dal suo sguardo stupefatto, sembrava star passando di lì per caso. Lo sguardo del francese cercò la causa di quello spavento, che non tardò ad essere identificata: di fronte a lui si trovava Ivan Braginsky, sorridente ma in qualche modo più intimidatorio del solito e, di fianco, un tremante Toris, il leader della squadra di calcio di Francis. Li vide scambiarsi delle battute e separarsi in gran fretta. Si domandò di cosa avessero discusso ed era anche sul punto di alzarsi e andare da Toris  quando qualcosa di più vicino a lui attirò la sua attenzione.
Si voltò per vedere che Gilbert, nella sua discussione con Ludwig che non stava più ascoltando da un pezzo, aveva inavvertitamente colpito con la mano una ragazza che si trovava imprudentemente a passare di là, gettando a terra i libri che portava tra le braccia. Il suo amico si era limitato a fare spallucce e continuare a parlare senza nemmeno scusarsi (nulla di strano, ovviamente, non per Gilbert). Fu a quel punto che un amico della ragazza, che sembrava essere rimasto indietro, sopraggiunse.
-Che è successo?- chiese, chinandosi per raccogliere dei fogli che erano volati via dalle pagine -Tieni, Elizaveta- disse, passandole ciò che aveva messo insieme da sotto il tavolino. Prima che lei potesse replicare però Gilbert intervenne, d'un tratto interessato a ciò che stava accadendo intorno a lui. 
-Permettimi di aiutarti- si offrì, in un comportamento che non era affatto da lui. Raccolte le ultime cose e consegnate alla proprietaria esibì un largo sorriso -Quale era il tuo nome? Elizaveta, mi sbaglio?-
Sul suo volto si dipinse un'espressione interrogativa. -Si, perché lo chiedi?- Tra la confusione che trapelava nella voce una sottile nota di dubbio si iniziava a far strada, un'idea che la ragazza sembrava rifiutare con forza.
-Lo trovo un nome interessante- replicò lui. Lei si strinse nelle spalle, ricominciando a camminare -Sì, presumo tu abbia ragione- Lui mosse un passo verso di lei per bloccarle la strada.
-Io mi chiamo Gilbert. Gilbert Beilschmidt- disse lui di fretta -nel caso ti serva in futuro-
Lei non disse niente, ma da suo sguardo Francis poteva capire che dubitava -o sperava ardentemente- che una tale eventualità si potesse manifestare. Lo spinse di lato e se ne andò, seguita dal suo amico occhialuto.
Gilbert tornò a sedersi, il sorriso ancora stampato sul volto.
-Hai fatto una bella prima impressione- disse Antonio.
-Sicuramente l'ha colpita- aggiunse Lovino sogghignando. Lui gli lanciò un'occhiata truce.
-Almeno si ricorderà di me e saprà chi cercare- disse lui -non ci sono dubbi che sia lei questa Elizabeta- disse indicando il palmo della sua mano, dove il tatuaggio era comparso. -Lo avete visto anche voi no? Il modo in cui  mi guardava, è già pazza di me. E come non potrebbe, sono così eccezionale...vero Francis? Non sei d'accordo con me? Anzi, visto che non ci sono dubbi che risulterò essere la sua anima gemella, sarà meglio che vada da lei e che organizzi un appuntamento per stasera. Mi spiace ragazzi ma dovrò cancellare i nos...-
La bocca di Gilbert, da cui fino ad ora era uscito un fiume ininterrotto di parole rimase aperta e silenziosa, gli occhi sgranati erano fissi sulla ragazza, che avevano continuato a seguire per tutta la stanza fino al posto in cui si era seduta, e dove adesso si stava baciando con quello che, evidentemente, non era solo il suo inutile amico occhialuto.

◇◇◇◇◇

Seduto di fianco a Lukas, Tino non aveva idea di cosa dire.
Qualche metro più in là un ragazzo con i capelli così chiari da sembrare bianchi stava ridendo rumorosamente e ne fu grato perché l'attenzione dei due ragazzi si poteva soffermare su di lui senza troppo imbarazzo per il silenzio prolungato. Prese il cellulare dalla tasca dei pantaloni, desideroso di vedere un nuovo messaggio ma, come realisticamente si era aspettato, non ne erano arrivati. Aprì l'applicazione e scorse in basso la rubrica in una rapida ricerca fino a raggiungere la lettera B. Cliccò sul nome di Berwald e le parole Inserire un messaggio lampeggiarono sullo schermo. Tino pigiò con il pollice così da far comparire al loro posto un cursore verticale che aspettava l'immissione di caratteri che non arrivava. Poteva raccontare agli altri che voleva mandargli un messaggio perché si stava annoiando, ma quella scusa non reggeva anche con se stesso: se avesse solo voluto impiegare il tempo avrebbe potuto iniziare una discussione con Lukas in qualsiasi momento. Nemmeno lui era certo di cosa volesse chiedere a Berwald, o di cosa volesse sentirsi dire. L'unica cosa che sapeva con sicurezza era che aveva voglia di parlare con lui, stare con lui e farsi rassicurare ma allo stesso tempo aveva paura di farlo.
Lo schermo del telefono intanto si era oscurato, lasciandolo a osservare il proprio riflesso. Vide nei suoi stessi occhi l'angoscia che sentiva dentro di lui e si sforzò, con molta fatica, di mascherarla con un sorriso. Alzando gli occhi vide che il volto di Lukas, al contrario, era come sempre una maschera imperscrutabile. Lui lo guardò a sua volta, inarcando le sopracciglia in modo interrogativo.
-Qualcosa non va, Tino?-
In modo del tutto irrazionale sentì un'ondata di odio per il ragazzo di fronte a sé. Forse lui era così tranquillo perché era sicuro che questa giornata per lui sarebbe finita bene? Di cosa doveva preoccuparsi? Poteva contare sull'amore di Mathias e, se era sicuro dei suoi stessi sentimenti per l'altro, non aveva che un lieto fine per questa giornata.
Al contrario Tino non vedeva una via di uscita accettabile. Ne aveva parlato a lungo con Berwald il giorno precedente, ma tutti i suoi ammirevoli sforzi non erano bastati a rassicurarlo neanche un po': quello che veramente avrebbe voluto sentire da Berwald fin da due anni prima, ma che sapeva non era possibile che lui dicesse, era che si era verificato uno sbaglio con il suo test, che il nome di Mathias era stato solo uno sfortunato errore che accade una volta ogni mille soggetti, e che l'anima gemella di Berwald era proprio Tino.
Si ritrovò a sospirare e ad appoggiare la schiena contro la sedia, ritrovandosi ad rimpiangere i tempi in cui loro cinque erano legati da un'amicizia che non sembrava essere possibile spezzare e i loro cuori non erano ancora stati infranti.
-Sì, tutto bene- rispose, riuscendo a sfoggiare il suo miglior sorriso. Il momento di rabbia immotivato era svanito e ora riusciva a vedere Lukas per ciò che era: uno dei suoi più vecchi amici, un ragazzo che forse era stato più fortunato di lui ma che sicuramente non ne aveva alcuna colpa e uno che, con le sue teorie assurde su troll e strane creature raccontate con la sua seria espressione di sempre, riusciva sempre a tirarti su di morale, a suo malgrado.
Tino si voltò quando sentì un gridolino acuto provenire da dietro di lui. Vide un ragazzo biondo, che conosceva solo di vista, nascondersi dietro a uno studente sorpreso per farsi scudo da un tipo alto e leggermente inquietante. Poco interessato prese nuovamente in mano il cellulare e controllò se nel breve lasso di tempo trascorso erano arrivati messaggi ma, come era accaduto un altro milione di volte, non era successo.

   
 
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