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Autore: lmpaoli94    23/02/2017    0 recensioni
Era lì seduta in quel letto d’ospedale. Era ferma immobile. Da troppo tempo non si muoveva. Era quasi un anno che era in coma per colpa di un brutto incidente stradale. I genitori e tutti i familiari non avevano mai perso la speranza. Nemmeno il suo ragazzo Roberto che stava sempre accanto a lei nella certezza che un giorno si fosse risvegliata… Ma un giorno l’arrivo di una ragazza sconosciuta in ospedale che ha avuto lo stesso incidente della sua amata, gli avrebbe cambiato l’esistenza.
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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17°
 
«Ora torniamo a parlare della tua visita a Roberto in cella. Cosa ti ha raccontato?» domandò il giovane ragazzo mentre stavano finendo la loro cena.
«Niente in particolare… Come ti ho detto mi ha parlato di te, della sua ragazza e di… Di una cosa che mi ha profondamente turbato…»
«Ah sì? Del tipo?» domandò Angelo incuriosito.
«No… Non posso parlartene…»
«E perché? Cos’ha da nascondere?»
«Niente»
«E allora perché non me ne puoi parlare?»
«Perché ha chiesto espressamente a me e a sua madre, di non dirlo a nessuno»
«Andiamo papà, io sono tuo figlio. Di me puoi fidarti»
Il giovane ragazzo, quando voleva sapere a tutti i costi delle cose che potevano interessarlo, metteva in luce la sua insistenza e la sua furbizia, mescolando il tutto con tono seducente.
«Veramente io non mi fiderei tanto di te… Potresti andarlo a raccontare al primo che capita, mettendo in pericolo la sua vita»
«Addirittura in pericolo la sua vita? Allora dev’essere una cosa grossa!»
«Infatti lo è! È per questo che non posso dirti nulla su un cecchino sconosciuto che lo ha perseguitato negli ultimi giorni»
Senza rendersene conto, Enrico aveva iniziato a dire i segreti nascosti di Roberto. Segreti che potevano compromettere la sua sicurezza.
«Un cecchino? Questo si che è fa interessante… E chi è che lo manda?»
«Mah… Mi sembra che si chiami Elio… Aspetta! Ma io non dovevo raccontarti nulla!»
«Troppo tardi, papà. Ormai so il segreto che accomuna te e lui»
«Prometti che non dirai nulla a nessuno, chiaro?»
«Oh certo. Sta tranquillo, il segreto è custodito bene nella mia mente» disse Angelo con sorriso furbesco. «Cos’è quella faccia? Angelo, non devi dire nulla a nessuno!»
«E non lo farò. Non essere paranoico»
Il ragazzo iniziò ad alzarsi dalla tavola, senza finire il suo pezzo di pizza.
«Ora dove stai andando?»
«A prendere un po’ d’aria. Magari incontro un mio amico e andiamo a fare un giro insieme… Senza parlare di Roberto e del cecchino. Ci vediamo più tardi. Non mi aspettare alzato»
«Un attimo Angelo» mormorò Enrico fermando suo figlio sulla soglia della porta.
«È strano che tu lasci un pezzo della tua pizza preferita sul tavolo…»
«La mangerò più tardi, papà. Quale è il problema?»
«Ascolta bene il mio avvertimento, perché non te lo dirò un’altra volta»
«Non fai altro che darmi avvertimenti su avvertimenti. Ormai ci sono abituato»
«Sì, ma questa volta è diverso: se scopro che hai raccontato tutto a qualcuno che non doveva sapere nulla, non ti considererò più mio figlio. Non esisterai più per me e te la dovrai vedere con Roberto»
«Stai scherzando, vero?»
«Mai stato più serio prima d’ora»
«Ah… Ok. Afferrato il messaggio. Posso andare adesso?»
«Sì, vai»
Angelo uscì di casa senza nemmeno riuscire a guardare suo padre dritto negli occhi.
“E dovrei preoccuparmi di Roberto? È solo uno smidollato che molto presto verrà condannato per i suoi crimini, mentre me non mi beccheranno mai…”
 
Angelo non perse tempo.
Dopo essersi allontanato da casa sua, compose il numero di colui che manovrava tutta la questione.
«John, sono Angelo. Ti devo parlare»
«Spero che sia importante. Vorrei cenare in santa pace senza essere disturbato»
«Vedrai, è una cosa che ne va della vita di Roberto»
«Ah sì? Cosa avrebbe detto di “proibito”?»
«Ha solo fatto il nome di un certo Elio…»
«Cosa? Ma ne sei sicuro? Chi te l’ha detto?» domandò John con tono preoccupato e nervoso.
«Me l’hai riferito mio padre che l’ha saputo da Roberto»
«Oltre a te e a lui, lo sa qualcun’altro?»
«Sembrerebbe che lo sappia anche la signora Livisi»
«Quando Roberto ha parlato con tuo padre e con quella megera, ha fatto per caso il mio nome?»
«Mmmh n-no, non credo. Mio padre non mi ha detto nulla al riguardo… Perché sei così preoccupato? E chi è questo Elio?»
«Questi non sono affari tuoi. È una faccenda solo mia»
«Ehi! Guarda di non mandarmi nei casini!» tuonò Angelo senza pensare quanto veramente fosse pericoloso john.
«E tu stai attento a come parli! Nessuno si è mai rivolto a me con impeto come hai fatto tu! Abbiamo un accordo noi due: tu mi tieni informato sulla ragazza e su Roberto e io ti passo un po’ di soldi. Siamo intesi?»
«Certo. Va bene»
«Ora devo proprio andare. Fammi sapere se c’è qualcuno che sa il mio nome su questa faccenda…»
«E se per caso lo sapesse?»
«Allora non ci sarebbe nessuna possibilità tranne che farlo sparire…»
«Che cosa?!» gridò paurosamente Angelo senza ricevere la risposta.
«Pronto! Pronto!... Dannazione! Quel maledetto ha attaccato!»
 
John, dopo aver ricevuto la notizia, credette che fosse venuto il momento di tenere sotto controllo altre persone che non fossero Roberto, come ad esempio Enrico e la signora Livisi.
Ma prima di cominciare un altro compito…
«Ehi capo, sono John»
«Che cosa vuoi?» domandò rudemente Elio con tono seccato.
«Come te la passi?»
«Molto meglio di te sicuramente»
«Ah, questo di sicuro!... Scusami se ti disturbo, ma dobbiamo parlare di una cosa»
«Cerca di fare in fretta. Mi sta aspettando un riccone della zona con un paio di pollastrelle. Se hai capito cosa intendo…»
«Ci faccia un pensierino da parte mia» ribattè John con tono malizioso e sorridente.
«Comunque, veniamo a noi… Ho reclutato un ragazzo che per pochi soldi si è infiltrato nella vita della ragazza e di Roberto e indovina cosa ha scoperto…»
«Dimmelo, ti prego. Sono qui che non sto più nella pelle»
In realtà, a Elio non fregava nulla di quello che accadeva in Italia, tranne quando veniva fatto il suo nome in faccende che andavano contro la legge.
«Ha scoperto che quel fottutissimo bastardo di Roberto ha tirato fuori il mio nome…»
«E anche il mio?!» gridò innervosito e preoccupato Elio.
«No, assolutamente no, capo. Comunque non ha detto il mio nome… Ha solo detto che ha un persecutore che gli sta alle costole»
«Di te non m’importa nulla. Basta che non arrivi a dire il mio nome… Dimmi, è ancora in prigione?» «Certamente!»
«Questo è un problema. Ci sono un sacco di sbirri che lo controllano…»
«Cosa dovrei fare, capo?»
«Devi farlo uscire di lì ed eliminarlo il prima possibile. Ti do’ tempo tre giorni e poi non voglio più sentir parlare di Roberto Livisi!»
«Ma capo, non ce la farò mai in così poco tempo!»
«E invece ce la devi fare!... E se per caso non eseguirai perfettamente i miei ordini, sarai in un mare di guai. Talmente grandi  che non ce la farai ad uscirne. Chiaro il concetto?»
«Alla perfezione capo. Buona giornata»
Dopo che ebbe chiuso la chiamata, John aveva lo sguardo allarmato e la testa occupata nell’elaborare un piano perfetto per mettere a tacere per sempre Roberto.
“Come faccio in soli tre giorni? Che vada al diavolo lui e tutta la sua vita! Non dovevo accettare i suoi ordini!”
Ad un certo punto, mentre il cecchino era assorto nei suoi pensieri, sentì qualcuno bussare alla porta.
«Chi è?»
Ma di fuori nessuno rispondeva.
«Chi è?!»
«Apra questa porta!» tuonò una voce femminile.
John, impugnò il suo fucile da cecchino e andò ad aprire la porta.
«Chi sei tu?»
«Abbassa quel fucile!» rispose la ragazza a lui sconosciuta.
«Non abbasserò questo fucile finchè non mi dici chi sei. Hai tre secondi per dirmelo. Uno… Due…»
«Ok, ok. Mi chiamo Olympia ed è da un bel po’ che ti cercavo... Ho un lavoro per te»
«Un lavoro per me?»
«Esatto, John»
«Ma, come fai a sapere il mio nome? Chi diavolo sei tu?!» urlò John sempre con il fucile in mano.
«Grazie a internet. Ho fatto alcune ricerche su di te. Sei uno dei migliori cecchini che ci sono in circolazione, giusto?»
«Il migliore in assoluto!... Come hai fatto a rintracciarmi? Sei una poliziotta per caso?»
«Non sono una poliziotta»
«E chi mi dice che tu non mi stia mentendo?»
«Devi solo fidarti di me…»
«No, no. Io non mi fido di nessuno. Soprattutto di una donna. E poi devi sempre dirmi, come hai fatto a trovarmi»
«Vedi John, sono una persona estremamente ricca e il linguaggio dei soldi, lo capiscono tutti… Mi è bastato andare in una base militare un po’ distante da qui e farmi dire dove potrei trovare un certo John che di professione faceva il militare e che è diventato un abile cecchino. E dopo un paio di giorni di ricerca… Eccoti qua! Ora potrei entrare? Non vorrei trattenermi in questo quartiere squallido più tempo del previsto»
«Va bene, mi hai convinto. Entra»
La ragazza rimase in piedi, per evitare di prendere qualche malattia legata allo scarso igiene.
«Non ti vuoi sedere?»
«Preferisco di no…»
«E invece tu ti siederai! Mi mettono ansia le persone che stanno in piedi mentre io sono seduto»
«Ho detto di no!»
Bastarono pochi secondi per far sì che John riprendesse il suo fucile per puntarlo sulla povera ragazza. «Siediti, se non vuoi che la casa si riempia delle tue budella»
Olympia, senza nascondere la sua paura, ubbidì alla richiesta del cecchino.
«Fai tanto la dura e poi hai il terrore a stare qui con me»
«Se non fossi costretta, non ti avrei nemmeno conosciuto»
«Per forza non si fa neanche l’aceto, cita un detto di queste parti…»
«Sì certo… Sono venuta qui per dirti di eliminare una persona…»
«Mi dispiace, ma non sono interessato. E poi, come ti ho appena detto, in questi giorni sono molto occupato»
«Altri uccisioni da aggiungere nel tuo repertorio? Credo che possono aspettare…»
«Non penso proprio!»
«Sono disposta a darti qualsiasi cifra»
«Non è una questione di soldi, bensì di tempistica»
«Andiamo John, è sempre una questione di soldi. Devi solo eliminare una ragazza in coma. Il suo nome è Rebecca Palieri»
Nell’udire quel nome, il cecchino rimase come folgorato.
«Cos’hai? Per caso la conosci?»
«Eh?... Io conoscerla? Macchè! Con chi pensi di avere a che fare? Con un infermiere? Non conosco nessuna persona in coma.»
«Perfetto… è un lavoretto veloce veloce. Basta un piccolo sparo e non avrò più problemi»
«Che cosa ti ha fatto quella povera ragazza?»
«Povera ragazza un bel niente! Per colpa sua non posso stare insieme alla persona che io amo: Roberto Livisi»
“Immaginavo! Sempre lui!” pensò John digrignando i denti.
«Sei sicuro di sentirti bene?»
«Mai stato meglio»
«Allora, farai questo per me?»
«Mmmh non lo so… Ci devo pensare…»
«Avanti smettila! Non farti pregare!»
La ragazza tirò fuori dalla sua borsa un blocchetto degli assegni, strappandone uno.
Lo firmò, ma non ci mise nessuna cifra.
«Ecco a te. Sarai tu a metterci la cifra pattuita. Naturalmente dopo il lavoro svolto. E non provare a fregarmi perché non sembra, ma sono molto più furba di te!»
«Non sopporto la tua tenacia… Comunque accetto»
«Splendido! E quando ti metterai all’opera?»
«Non lo so ancora. Ma non penso che farò passare più di una settimana»
«Benissimo. Questo è il mio numero. Chiamami quando avrai finito, ok?» disse la giovane donna dettandogli il suo numero di cellulare.
«Bene, è giunta l’ora che io vada… è stato un piacere John»
«Non raccontarmi cavolate! So bene che non è così»
«Sì che lo è! Non fingo molto spesso» ribattè la ragazza con sorriso ironico, facendo ridere anche l’uomo. «Ahahah, sì certo»
«Ah un’altra cosa… Noi due non ci siamo mai visti e conosciuti»
«Questo era scontato, mia cara… A risentirci»
eDopo un saluto veloce, Olympia se n’andò, lasciando John ai suoi rispettivi compiti.
“Prima la ragazza e poi Roberto… Così facendo prenderò due piccioni con una fava e a lavoro finito sarò sistemato a vita.”
   
 
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