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Autore: hirondelle_    23/02/2017    0 recensioni
“Mi racconti una storia?”
Se potessi catturare un’immagine di te, inizierei da qui. Dai guanti che tengono timidamente il bicchiere di carta ai capelli scompigliati in una treccia sfatta. Se potessi credere che la tua bellezza atipica potesse durare per sempre, la sopporterei.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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panevin
Se potessi tratteggiare il tramonto con dei pennelli, inizierei da qui. Inizierei a descrivere come l’ombra tratteggiata sulle case si profili sugli alberi coperti d’inverno e il vento gelido soffi sui rami rinsecchiti. Proverei ad esprimerti il sentimento di assoluta pace quando il sole pallido e timido si avvicina alle colline della valle fino a toccarle, e si inabissa tra di essere con il riso di un bambino. Vorrei tentare di rappresentare l’accecamento di un bagliore sciocco: gli occhi che si fissano per attimi che non vorresti finissero mai sull’ultima fonte di luce esistente sulla terra, prima che questa scompaia alla vista con l’ultimo grazie. I tuoi occhi, ogni volta, sono sempre un po’ lucidi.
La luce, tuttavia, non si spegne. 
Appare un altro raggio flebile di vita. Risa, voci e canti di un altro mondo. La nuova luce divampa, più forte e vicina di quanto non sia mai stata; potresti quasi toccarla, se le tue mani non fossero impegnate a trattenere un bicchiere di morbido vino e le tue labbra ne stessero sfiorando la superficie. Il tuo viso affonda nella sciarpa che tua nonna ti ha regalato per Natale; e al mio fianco, il fiato che si fa condensa in mezzo a cento altri volti, continui a seguire con lo sguardo la luce che ti si presenta davanti come un miracolo. Fa freddo, ma non lo sai.
“Mi racconti una storia?”
Se potessi catturare un’immagine di te, inizierei da qui. Dai guanti che tengono timidamente il bicchiere di carta ai capelli scompigliati in una treccia sfatta. Se potessi credere che la tua bellezza atipica potesse durare per sempre, la sopporterei.
“Che tipo di storia?” ti chiedo piano, e provo a ricercare la tua mano. 
“Sei brava a raccontare storie. Me ne racconti una adesso?”
Sorrido. Non lo so. Posso solo iniziare da qui.
Davanti a questo fuoco che, anche di notte, illumina il tuo viso.
Inizio da qui.

Note: il “panevin” è una tradizione tipica dell’Italia Nord-Est, e consiste nel creare un enorme falò di rami secchi, scarti, cartone e legno, nella notte dell’Epifania. È un’occasione, specie nei paesini più piccoli, per stare insieme e scambiare quattro chiacchiere con i vicini e i compaesani. Sulla catasta da bruciare di solito viene posto un pupazzo che assume i tratti della befana, o di una vecchia, per salutare l’anno appena passato. Ci sono molte tradizioni legate a questo evento e mi sono ispirata un po’ all’atmosfera di pace e serenità che provo in questa ricorrenza. Le due protagoniste possono essere madre e figlia, amiche o compagne, a seconda delle interpretazioni. Grazie per l’attenzione. 

   
 
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