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Autore: Trailunwinki    24/02/2017    1 recensioni
Dopo il matrimonio e la nascita della piccola Watson, tutto sembrava essere tornato alla normalità. Ma non è così, perché tra un caso intrigante e un pomeriggio insieme a una bambina di un anno, Sherlock si ritrova a dover risolvere una questione rimasta in sospeso per troppo tempo.
Sarà pronto ad accettare ciò che ne conseguirà?
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il passato diventa futuro
  
_Che razza di detective_ disse buttando il telefono sul divano.
Lestrade era davvero incorreggibile. Una volta che un caso si dimostrava interessante, davvero interessante, lui si perdeva in sciocchezze come quella.
Non riusciva a capirlo, non riusciva ad accettarlo: tutti gli dicevano di lasciare perdere, di chiudere quell’indagine assurda; ma perché nessuno sembrava in grado di capire?
James Russell, giovane esordiente dalla carriera politica promettente, apparso nel nulla pochi mesi prima, dopo aver cambiato identità e con evidenti cicatrici derivanti da una storia turbolenta, viene trovato morto davanti all’uscio di casa, al 24 di Vauxhall Grove*, per uno shock anafilattico. Andiamo, doveva pur esserci qualcos’altro. Il suo passato aveva un gusto troppo dolce per non avere nulla a che fare con la sua dipartita. 
Osservando le foto prese dai giornali e comparandole con l’unica trovata di quando non viveva a Londra era subito visibile il cambiamento: i capelli corti e ramati, ora erano di un castano scuro tenuti indietro. Portava occhiali costosi dalla montatura larga, per nascondere i lineamenti del viso e Sherlock era certo che l’uomo avesse ricorso anche alla chirurgia estetica al naso e agli occhi.
_ Perché non eliminare anche le cicatrici?_ si domandò.
_ Ovvio, le teneva come monito.
Ora però, era normale chiedersi dove avesse trovato tutti quei soldi per le operazioni.
Le ipotesi erano più di una: da uno spaccio di stupefacenti, al hackeraggio di qualche servizio online delle banche. 
Però quelle cicatrici, quel particolare metodo per minacciare qualcuno, sembrava più opera della mafia. Cosa altamente improbabile, ma il collegamento era abbastanza immediato.
Un tintinnio della vetreria lo costrinse a rivolgere la sua attenzione altrove lasciando perdere il caso. Si diresse in cucina, dove Elisabeth era riuscita a spostare la sedia per salire sul tavolo e raggiungere così i suoi strumenti che, agli occhi della piccola, dovevano apparire alquanto divertenti.
_Elisabeth scendi dal tavolo_ le ordinò nuovamente.
Lei scosse la testa e rivolse la sua attenzione verso una siringa senza ago che il detective aveva usato poco prima per degli esperimenti.
_ No, quella non devi toccarla_ fece per prendere la siringa dalle sue piccole mani paffute, ma la bambina la lanciò sul pavimento facendola rotolare fino al pianerottolo.
_Piantala_  urlò.
Però Elisabeth lo ignorò continuando a gattonare tra i campioni fino a quando non tentò di afferrare una beuta contenete formaldeide. Sherlock, a quel punto, intervenne strappandole con forza il pericoloso liquido.  
Lei lo fissò con i suoi grandi occhi azzurri. Davanti a quello sguardo severo si addolcì: _Sei tale e quale a tuo padre.
Ma la bambina non sembrò apprezzare il complimento, e così scoppiò in lacrime.
La sua voce rimbombò per la casa e il detective cercò in tutti i modi di tranquillizzarla invano. 
Però, nel momento esatto in cui stava per arrendersi e chiamare i coniugi Watson, qualcuno salì le scale fino a raggiungere il suo appartamento:  _ Per l’amor del cielo, che diamine succede?
_Mycroft. Che ci fai qui?
Sherlock si era aspettato (in realtà aveva sperato) che quella persona fosse la signora Hudson e non suo fratello.  
_Sono venuto a portarti un caso interessante_ disse alludendo alla cartelletta che portava sotto al braccio. 
_Ma vedo che sei impegnato. Credo passerò più tardi_ concluse dirigendosi verso la porta da dove era entrato.
_Aspetta.
Mycroft si fermò.
_Ho bisogno del tuo aiuto.
Il politico, a quelle parole, si voltò con un sorrisetto sulle labbra. Sherlock odiava quel suo atteggiamento e ancora di più odiava il fatto di aver bisogno del fratello maggiore.  
Non si era mai abbassato a chiedere esplicitamente aiuto, si era ripromesso che non lo avrebbe mai fatto. Ma quella situazione era troppo difficile, troppo diversa dai suoi soliti problemi da obbligarlo a infrangere qualcuna delle sue regole.
_Capisco, ma io Sherlock non vedo come potrei.
_Ti prego Mycroft.
Sherlock sfoderò lo sguardo più triste e indifeso di cui era capace: doveva raggiungere il suo obiettivo a qualunque costo.
Cinque secondi e ventinove centesimi dopo Mycroft sospirò: aveva vinto.
_E va bene fratellino, però prima voglio sapere il perché. Perché hai bisogno del mio aiuto.
_Lo sai benissimo.
_Sì_ sorrise _ma voglio sentirtelo dire.
_Bastardo_ borbottò il consulente tra sé
_Su, coraggio_ lo incalzò il fratello.
_Ho bisogno della tua intelligenza. Hai più esperienza di me.
Mycroft aggrottò la fronte: _Non era la riposta che mi ero immaginato. Comunque, in cosa dovrei avere più esperienza. In bambini? Andiamo Sherlock, lo sai benissimo che non ne sono in grado. Trovo tutte le persone stupide e noiose, figuriamoci un bambino.
_Allora che razza di fratello maggiore saresti?
_Ad ogni modo, ti aiuterò a risolvere questo problema prima che ci renda tutti sordi. Anzi ho già un piano.
_Ovvero?_ domandò il detective.
_Semplice: utilizzeremo il cervello Sherlock. Vedi la situazione come uno dei tuoi casi e deduci il da farsi.
Il politico fece roteare il suo ombrello, facendolo atterrare sulla scarpa di vernice nera, prima di sedersi sulla poltrona di John.
_ Molto bene_ iniziò _ dimmi fratellino, perché un bambino piange?
Sherlock ci pensò un attimo.
_Primo: potrebbe avere fame; cosa da escludere, visto che ha mangiato al nido poco più di due ore fa. Dalle varie ipotesi si può anche escludere l’essere assonnato perché, sempre al nido, hanno orari fissi per far riposare i bambini. Inoltre Elisabeth, quando ha sonno, si tocca l’orecchio destro.
_E’ un certo interesse per un essere umano, quello che colgo?_ scherzò Mycroft.
_Silenzio_ lo zittì il detective.
_Comunque stavo dicendo, seconda ipotesi: potrebbe stare poco bene. Mal di pancia, oppure influenza, ma è perfettamente visibile che la bambina gode di ottima salute e quindi questo esclude anche eventuali escoriazioni o tagli.
_Terza ipotesi: potrebbe avere freddo o caldo. Oggi è una giornata particolarmente fredda, quindi è più probabile che Elisabeth possa avere freddo, ma in casa la signora Hudson tende a mantenere il termostato impostato sui 21,5°. Temperatura, che ipotizzo sia corretta, visto che, entrando, ti sei tolto il cappotto e lo hai gettato sul mio divano.
_ Vedo che siamo in forma _ lo canzonò l’altro.
Ancora quel maledetto sorrisetto. 
L’informazione era stata registrata inconsciamente dal detective.
_Però ti è sfuggito un particolare abbastanza importante.
_Per Dio Mycroft! Non ho, non ho mai avuto e spero non avrò mai figli in vita mia; cosa vuoi che ne sappia.
_Gli anni Sherlock_ lo interruppe l’altro.
_Cosa?
_Quanti anni ha Elisabeth?
_Uno e mezzo. Allora?
_Allora non credi che se avesse fame, sete o altro te lo avrebbe detto?
Nota mentale: non provare mai più a chiedere aiuto a Mycroft!
_Visto che sembri così bravo, perché non continui tu?_ domandò irritato.
Mycroft in riposta sorrise. Ancora.
_Con molto piacere.
Ma prima che il politico riuscisse ad aggiungere altro Mrs Hudson fece capolino dalla porta del salotto: _Cosa state facendo voi due?
_Stiamo cercando di risolvere un caso_ rispose Sherlock.
_Quale caso?
_Questo_ concluse indicando Elisabeth ancora seduta sul tavolo, con le gote arrossate e le manine sugli occhi lucidi.
Mrs Hudson si avvicinò alla bambina, le mise una mano dolce sulla zazzera bionda e, con fare materno, le bisbigliò qualcosa all’orecchio.
Elisabeth, in risposta, smise di piangere e allungò le braccia verso l’anziana signora, che se la portò al petto. 
_Non cambierete mai. Così geniali, ma in fondo così stupidi. Questa bambina ha solo bisogno di essere cambiata e si è messa a piangere perché nessuno si occupava di lei.
_Quasi come qualcuno di mia conoscenza_ disse Mycroft rivolto a suo fratello.
_Sta zitto Mycroft, solo perché non l’ho dedotto subito, non vuol dire che hai vinto tu. Ci sarei arrivato.
_Questo non è un gioco Sherlock_ urlò la donna.
_ Elisabeth è una bambina e come tale deve essere trattata. Ora, se volete scusarmi, devo prendermi cura di lei. Visto che qui nessuno sembra in grado di farlo.
Con questo Mrs Hudson fece dietro front e si diresse, di buona lena, verso la vecchia camera di John.
 
Mycroft si alzò dalla poltrona e rivolse il suo sguardo verso la parete opposta.
_Vedo che stai ancora lavorando al caso di James Russell.
_Sì. Cosa ne pensi?
_Banale, scontato.
Sherlock sbuffò. Al solito, suo fratello adorava mettersi in mostra.
_Immagino tu lo abbia già risolto.
_Certo. Ci ho messo più o meno dieci minuti. Bisogna solo cambiare il proprio punto di vista e tutto apparirà chiaro.
Tirò indietro la manica della giacca e osservò l’ora.
_Bene, credo che sia arrivato il momento di togliere il disturbo.
Recuperò il cappotto piegato sul divano e se lo mise.
_Lascio le cartelle riguardanti il nuovo caso vicino al computer, semmai volessi dargli un’occhiata.
_Lo sai che non lo farò Mycroft.
_Certo. Lo farai.
Alzò l’ombrello in segno di saluto e uscì dalla stanza.
_Avvisami quando scopri qualcosa di interessante.
Stava per sparire dalla visuale del detective, dopo la prima rampa di scale, quando si fermò.
_Un’ultima cosa fratellino. Rimanere legati al passato a volte non serve a nulla, bisogna sempre guardare avanti.
_Cosa c’entra questo adesso!
_Niente, è solo un monito. Ci vediamo.
Sherlock in risposta lanciò il cuscino, che teneva sulla poltrona rossa, contro la porta.
Dio, tra le urla di Elisabeth e la visita inaspettata del fratello, ora la sua testa non faceva altro che pulsare impedendogli di pensare lucidamente.
Recuperò il cuscino e lo abbracciò lasciandosi cadere sul divano sperando così, di trovare un po’ di pace per almeno qualche minuto, prima di tornare alle sue indagini.
Stava quasi per addormentarsi quando: _Cu cu? 
Sherlock grugnì. 
_Vedo che suo fratello se ne già andato. Poteva almeno salutare.
_Che tempismo Signora Hudson. Che tempismo_ si mise a sedere e si massaggiò le tempie.
Elisabeth fece capolino nella stanza solo in quel momento e si diresse verso la cesta, vicino alla poltrona di John, dove erano stati radunati tutti suoi giochi. Rovesciò il contenuto sul pavimento e si mise a giocare con un trenino di legno, che le aveva regalato Lestrade qualche mese prima. 
In pochi istanti si dimenticò completamente di cosa la circondasse
_Beh, oramai il mio aiuto qui non è più necessario. Se dovessi avere ancora bisogno di me, sai dove trovarmi caro.
_Adesso che ci penso, c’è una cosa che potrebbe fare per me.
_Cosa?
_Tè Signora Hudson.
La signora in questione gonfiò il petto e uscì anche lei dal salotto.
_Non sono la sua cameriera giovanotto e sarebbe un bene che, ogni tanto, mettese in ordine queste sue diavolerie. O qualcuno potrebbe farsi male_ disse facendo rotolare giù dalle scale la siringa che aveva lanciato Elisabeth.
_Tè Signora Hudson.
_Non sono la governante!
Mrs Hudson lasciò definitivamente l’appartamento, mentre Elisabeth faceva “Chiuf chiuf” con il trenino verde.
 
_Niente, nemmeno qui_ commentò ad alta voce, togliendo l’ennesimo vetrino di sangue dal supporto del microscopio.
Erano passati una ventina di minuti da quando la padrona di casa era tornata al 221A. Elisabeth si era tranquillizzata e quindi Sherlock, tenendola sempre d’occhio, aveva potuto riprendere il suo lavoro.
_Allora James, perché ti hanno ucciso; ma soprattutto come? Sì, da giovane eri cagionevole e nemmeno ora eri molto forte, ma non avevi nessuna allergia particolare. Le analisi sui campioni di sangue non rilevano reazioni allergiche ai detersivi della lavanderia e nemmeno al Katon**, il conservante antimicrobico, contenuto nella tinta per capelli. Quindi cosa ha provocato quello shock anafilattico?
Un tonfo in salotto lo distrasse. 
Si voltò subito per vedere se Elisabeth era nei paraggi, ma, come aveva correttamente dedotto dal tonfo, la bambina era sparita dal suo campo visivo.
_No, non di nuovo_ si lamentò allontanando la sedia.
_Elisabeth tutto ok?_ domandò.
Nessuno rispose.
Sherlock allora si alzò in piedi. 
_Elisabeth_ urlò entrando in salotto, ma della bambina nemmeno l’ombra.
Sherlock inconsciamente sentì il suo cuore battere più forte e dovette appoggiarsi alla poltrona rossa per non perdere l’equilibrio: panico.
Non poteva essere vero. Aveva perso la figlia del suo migliore amico. Del suo unico amico. 
John non lo avrebbe mai perdonato, anzi lui non se lo sarebbe mai personato. 
Era così spaventato che, in un primo momento, non si rese nemmeno conto che gli scatoloni di John, impilati in ordine vicino alla finestra attaccata al divano, erano tutti riversi a terra.
_Elisabeth.
Con un senso di ansia e sollievo sollevò gli scatoloni e, sotto a uno di essi, ricoperta dai maglioni smessi del padre, trovò la piccola Elisabeth.
Sherlock tirò un sospiro di sollievo: non si era fatta nulla. Quei maglioni orribili del dottore l’avevano protetta. 
Lei, infastidita dalla luce, seduta sul pavimento, si coprì il volto. Il detective sorrise e si accovacciò al suo fianco.
_Non farlo mai più.
Elisabeth lo guardò dubbiosa per un po’, poi decise di sorridere a sua volta regalando al detective un sorriso bello e genuino; ma i bambini sono istintivi e irrequieti. Così si girò, gli diede le spalle e si nascose nuovamente tra gli scatoloni.
Sherlock si stava per allontanare quando un verso lo richiamò. La bambina era nuovamente uscita allo scoperto e stava porgendo al consulente un piccolo manubrio da un chilo e mezzo, il manubrio che John usava per mantenere in allenamento la spalla ferita.
_Te_ disse lei con una vocina allegra.
_E’ per me?_ domandò Sherlock avvicinandosi.
Elisabeth annuì e lasciò che Sherlock prendesse il manubrio.
_Grazie.
Non sapeva che farsene di un manubrio, ma in quel momento la cosa non gli importava: era il primo vero contatto che avevano loro due soli, dopo un anno e mezzo che si conoscevano. La prima volta che Elisabeth gli porgeva qualcosa, senza nessuno che li guardasse o controllasse: niente John, niente Mary, nemmeno niente Mrs Hudson. 
Finalmente sembrava arrivato il momento in cui sia Sherlock, che Elisabeth erano pronti a riconoscere l’altro come membro della propria famiglia.
E, a conferma di questo, lei allungò le braccia. Lui la prese e la fece sedere su un braccio, mentre con l’altro le mostrava il manubrio che gli aveva donato. 
_Ti piace il manubrio del papà? 
_ ì _rispose.
_Sai mi sono sempre chiesto perché lo avesse comprato. Ogni volta che provavo a domandarglielo, John rispondeva che era per la sua spalla. 
Elisabeth lo prese tra le mani provando ad assaggiarne la consistenza con i denti da latte.
_ Alla fine, come volevasi dimostrare, lo ha dimenticato qui. Perché, in realtà, tuo padre non ha mai avuto necessità di fare eserciz…
Il detective si bloccò di colpo. Gli occhi sbarrati, le labbra semi aperte e la testa che lavorava a pieno regime. Un elemento stupido e banale, ora si era rilevato fondamentale. Anzi di vitale importanza.
Iniziò a ridere di gusto e strinse con più forza la piccola Elisabeth contro di sé.
_Chi lo avrebbe mai detto. Sherlcok Holmes è stato battuto da un Watson.
Aveva risolto il caso e, come ogni volta, Mycroft non si era sbagliato: mai soffermarsi troppo sul passato.
Abbassò lo sguardo verso Elisabeth: aveva lasciato cadere il manubrio ed ora sembrava più interessata a un bottone della sua camicia.
_Ho il dubbio che diventerai un ottimo detective piccola mia.
Elisabeth in risposta gli rivolse un nuovo sorriso e…
_Eok.
Ecco, tre lettere. Tre lettere che rappresentavano cosa fosse, agli occhi di quella bambina: l’unico consulente investigativo al mondo, il grande Sherlock Holmes era solo Eok. 
Nulla di più.
Eppure al detective non dispiacque, anzi sorrise all’idea che qualcuno potesse chiamarlo così. 
_Eok_ ridacchiò.
Un altro borbottio della bambina lo costrinse a girarsi e vide che aveva iniziato a nevicare.
_Vuoi guardare la neve?_ le domandò.
Lei non rispose continuò solo a indicare la finestra e a guardare Eok in modo di supplica.
_Va bene.
Si portò vicino alla finestra, tirò meglio di lato la tenda e si sedette a terra, con la schiena appoggiata alla poltrona nera e in braccio Elisabeth.
_Per una volta possiamo anche prenderci una pausa, hai appena risolto il tuo primo caso.
 
Così, avvolti dal senso di pace e tranquillità della neve, i due si addormentarono.  
 

 
 
* il 24 di Vauxall Grove esiste davvero. È una casa molto carina che ho visto gironzolando per le vie di Londra con GoogleMaps …..quindi chiunque ne sia il proprietario spero vivamente che non si offendi e accetti i miei complimenti: gran bella casa, davvero!
 
** vi copio la descrizione del composto.
Formula: C4H4ClNOS/C4H5NOS
Conservante antimicrobico attivo contro batteri, funghi e lieviti; impiegato dall’industria cosmetica è costituito da clorometilisotiazolinone, metilisotiazolinone e sali magnesio. Si trova nei saponi, shampoo, latti detergenti, bagno schiuma, mascara, detergenti, carta igienica, prodotti sanitari. Negli adesivi, colle, agenti agglomeranti, nelle tinture, ecc.
 
 
Nota…
Dopo più o meno un’eternità, sono tornataaaaaaa!
Prima di tutto devo scusarmi con quelle sante persone che stanno seguendo la storia e sono costrette ad aspettare secoli: scusatemi. *si mette in ginocchio e chiede pietà*
Diciamo che questo ritardo è stato la somma di più fattori: per prima cosa la sessione di esami mi ha risucchiato e sono riuscita a liberarmi solo lunedì; seconda cosa questo capitolo era diventato il mio peggior incubo. Perché, se per gli altri capitoli avevo almeno una bozza o qualche frase scritta, questo invece era un buco nero. Non avevo la più pallida idea di come svilupparlo, sapevo solo che era necessario incastrare alcune cosine e far interagire Elisabeth e Sherlock da soli.
Quindi, dopo revisioni, note, bozze e altre revisioni eccolo qui. Non mi convince ancora del tutto, ma per ora andrà bene.
Ancora una volta vi chiedo di essere clementi per quanto riguarda la grammatica e se dovete farmi notare qualunque cosa siete liberissimi di scrivere.
Per ultimo, vi lascio una domanda: cosa ne pensate di Eok?
 
PS. Se qualcuno dovesse trovare elementi simili a quelli della sua Fan Fic, vi posso assicurare che è un caso. Queste cavolate sono frutto della mia testa bacata e, per evitare qualsiasi influenza, di questi tempi sto evitando tutte le storie riguardanti Sherlock, John e Rose.
 
Un abbraccio e vi saluto :)
Trailunwinki
  
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