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Autore: Yellow Canadair    24/02/2017    1 recensioni
Sulla piazza era sceso il silenzio, e il sangue che scorreva sul sagrato sembrava avere la stessa voce di un fiume in piena, anche se la scia era lenta e scura.
Fu in quel momento che si fece largo tra la folla un uomo. Uno che non ci avresti scommesso due lire, che zoppicava pure e che chissà per quale ferita non era riuscito a infilarsi nemmeno una delle maniche della giacca.
Quello non era solo un disgraziato appena dimesso: era un agente del CP che aveva parecchia rabbia da smaltire.

Chi l’ha detto che il CP9 è sconfitto? Aspettate poi che metta le mani addosso a Spandam, e vedremo chi ha davvero perso, a Enies Lobby.
Genere: Avventura, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cipher Pool 9, Jabura, Kaku, Kalifa, Rob Lucci
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal CP9 al CP0 - storie da agenti segreti'
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Per rinfrescarsi la memoria: qui le Mini-Avventure del CP9 ("Missioni extra-curriculari del CP9"). 

 

 

Io ti troverò

 

Riconobbero l’aria di casa prima ancora che l’isola spuntasse tra l’umida foschia del mattino. Il mare da crespo divenne calmo, la temperatura salì, le piume di Hattori si arruffarono e arrivarono i profumi della foresta: l’umido della terra, la corteccia degli alberi di ebano, i grappoli di orchidee e le grandi famiglie di mangrovie stavano già dando il bentornato ai loro figli.  

Dalla coffa di maestra Kaku avvertì Jabura che stava nella coffa di mezzana, e fu lui a gridare a tutti quanti: « Siamo arrivati! Siamo arrivati! »

E corsero tutti ad affacciarsi a prua come bambini, guardando in lontananza l’isola che appariva dal suo sognante letto di nuvole basse: ed ecco profilarsi tra gli alberi verdi l’altissima pagoda gialla con gli spioventi rossi che dominava la grande foresta di Jiangxin.

 

« Siamo a casa! Siamo a casa! » gridò Kaku mettendo i piedi sulla spiaggia.

Fukuro e Kumadori, gli unici che potevano mettere i piedi a mare per issare in secca la scialuppa con la quale erano approdati, misero appena le zeppe necessarie a non far scivolare a mare la barca e poi cominciarono a camminare sulla spiaggia e voltarsi in ogni direzione, quasi per assicurarsi che fosse tutto vero, tutto come se lo ricordavano.

« “È aspra e non adatta ai cavalli; non è troppo magra, ma non è molto vasta. Pure c’è grano infinito, c’è vino, e sempre pioggia la bagna e guazza abbondante. È buona nutrice di capre e di bovi: e una selva c’è, d’ogni specie di piante”, sì figli nostri, il nome di Jiangxin, ingiustamente tenuto nascosto, ora possiamo a gran voce cantare! » Kumadori era così bravo a sintetizzare i sentimenti dei suoi amici.

Si misero sul sentiero che dalla spiaggia di ghiaia portava verso l’interno, passando attraverso la lussureggiante foresta. Jabura saltava contento dietro Kumadori che roteava il suo bastone e continuava a cantare, Fukuro afferrò Kaku per la vita e lo sballottò per qualche metro mentre ridevano tutti e due, per poi metterlo a terra e continuare a schiamazzare camminando all’indietro per vedere la giungla e la vecchia spiaggia che era stata teatro di tante sfide e tanti allenamenti clandestini. Seguiva Blueno, soddisfatto e rilassato a braccia incrociate, e Califa che sorrideva guardando i suoi colleghi improvvisamente ringiovaniti di vent’anni.

La ragazza si fermò sul viottolo e si girò indietro. « Tu non vieni? »

Rob Lucci era rimasto all’inizio del sentiero, muto, con le mani nelle tasche e lo sguardo alto verso la pagoda. Il vento leggero gli faceva ondeggiare i capelli e le falde della giacca.

« Stanno arrivando » asserì con una luce sinistra nello sguardo.

« Abbiamo circa sei ore e mezzo di vantaggio » rispose Califa. « C’è tutto il tempo. »

« Ehi! Avete intenzione di piantare le tende sulla spiaggia? » latrò Jabura, già con un centinaio di metri di vantaggio.

 

~

 

« …e quelli laggiù sono i più grandicelli. » spiegò il vecchio Qin Shi, indicando una radura. Era nascosto sotto l’architrave scolpito che conduceva alla balconata perché aveva paura dell’altezza, e non si avvicinava al margine del terrazzino. Gli agenti invece pascolavano sotto il sole, sul balcone, guardando dove il loro vecchio maestro indicava.

« Sono alla fine dei primi sette anni? » chiese Kaku.

« Esatto. A giugno li aspetta il secondo ciclo di allenamenti. » sospirò l’anziano.

L’Isola di Jiangxin era pur sempre un’isola dove si tenevano programmi governativi segreti: se gli agenti del CP9 erano sbarcati vivi, era perché qualcuno sulla terraferma li aveva riconosciuti già ottocento metri prima della spiaggia.

Qin Shi era il direttore dell’isola ormai da quasi quarant’anni: si occupava della burocrazia, dell’organizzazione, di amministrare i pochi dipendenti che vivevano assieme agli agenti governativi in formazione. Di certo erano indispensabili dei maestri specializzati in ogni sorta di tecnica di combattimento, però c’erano anche un cuoco con i suoi aiutanti, alcuni inservienti che si occupavano delle pulizie, lavandaie, e infine il personale medico perché si sa, agenti o no, i bambini sono molto fantasiosi nel trovare nuovi modi per farsi male. Jabura lo sapeva benissimo.

Kaku si affacciò alla terrazza, abbracciando con lo sguardo il versante meridionale dell’isola sul quale affacciavano. Si perse nell’osservare gli alberi verdi della foresta che si estendevano rigogliosi, lasciando brulle solo poche radure in cui i ragazzini si allenavano con il sole o con la pioggia. Sotto di loro, a favore di luce e proprio sotto al muro della torre c’erano gli orti dove si coltivavano le verdure e la frutta che sarebbero finite nella mensa. In lontananza, oltre la foresta, luccicava il mare, mentre arrivavano confusi i vocii dei futuri agenti che ripetevano i mantra e le urla che accompagnavano i movimenti marziali. Cominciava a salire dalle cucine anche odori che facevano ribollire gli stomaci, infatti era già quasi mezzogiorno.

« È cambiato il cuoco? » domandò il carpentiere una volta noto come “Vento di Montagna”. Riconosceva l’odore di cucina, ma ricordava che nella mensa di quand’era bambino giravano più spezie, e gli odori erano più intensi.

« Ahimè » si strinse nelle spalle magre Qin Shi. « Da quasi un anno lavora qui la nuova leva: e non possiamo mandarlo via, perché ha visto troppo… ma nessun agente riesce a ucciderlo! È uno dei tanti problemi che mi assillano! »

« Nessun agente riesce a uccidere un cuoco? » fece eco Rob Lucci, seccato.

« Per due motivi: primo, se lo uccidiamo, poi nessuno vuole cucinare per tutti e cinquantaquattro gli inquilini dell’isola; secondo… » Qin Shi rabbrividì. « Ci fa schifo toccarlo. »

« E chi diavolo sarebbe? »

« Si chiama Gigi l’Unto. » poi si ricompose e sorrise, come se stesse pensando a qualcosa di bello. « E poi, detto tra noi, ha una figlia, che lavora qui, la quale è un gran bel pezzo di figliola, e mandarla via sarebbe un peccato… »

« Direttore, lei mi è mancato tantissimo! » pianse di gioia Jabura prendendo il vecchio sottobraccio. « Quanti anni ha la signorina? »

« Che sfacciata molestia sessuale. » si disgustò Califa.

« Che ore sono? » domandò all’improvviso Rob Lucci all’ex segretaria.

« Mancano due ore e mezza, con le condizioni del mare invariate. Sono le dodici e zero zero. »

« Ragazzi, c’è qualcosa dietro al vostro arrivo che dovrei sapere? »

« No. » rispose con prontezza Lucci. « Ma faccia ritirare i ragazzi dall’esterno tra due ore e non li faccia uscire per venti minuti. Non intendo fare vittime tra i futuri agenti. »

« Ohhh Rob Lucci che “non intende fare vittime”! Cos’è tutta questa beneficenza all’improvviso? »

« Taci, Jabura » lo ammonì Qin Shi « Il tuo collega sa bene che danneggiare questi reparti porterebbe un grave danno all’interno del CP. Comunque, potrei sapere perché quest’interferenza nelle attività dell’isola? » si rivolse a Lucci.

Rob Lucci lo guardò e dichiarò: « No. » voltò le spalle alla balconata e imboccò le scale, scendendole senza fretta con le mani in tasca.

« Degno di un agente segreto, certamente, ma potrei scucire qualcosa in più da te? » si rivolse a Kaku il direttore.

Kaku decise di non inoltrarsi troppo nei dettagli, ma rispose con sincerità: « Siamo braccati, dobbiamo disfarci degli inseguitori. »

 

~

 

 « Unità quattro: disponetevi lungo la fascia ovest della spiaggia; unità tre: salite sulla scogliera a ore dieci; unità cinque e sei: inoltratevi per i primi venti metri di bosco e non sparate senza il mio ordine. Unità uno e due: con me. » dispose il capitano Very Good.

Dopo la sconfitta di Enies Lobby era stato mandato a catturare i membri del CP9 che si erano macchiati di tradimento; la missione non gli piaceva, ma non erano gli agenti del CP a renderlo scontento: gli era stata affidata quella missione diversi giorni dopo i fatti di Enies Lobby, quando ormai gli agenti chissà dov’erano finiti, e inoltre sapeva bene di non avere sufficienti uomini per contrastare quelle persone incredibili. Credeva che quella fosse una sorta di punizione per essersi fatto sfuggire Cappello di Paglia.

“Un Viceammiraglio come te non dovrebbe avere problemi: sono solo in sette, feriti e in fuga”, gli avevano detto, e lui come Marine doveva obbedire agli ordini, per quanto assurdi fossero. E se si fosse rifiutato, chissà la sua brigata dove e contro chi sarebbe andata. Si era stretto nelle spalle e si era ripetuto quel sono solo sette, feriti e in fuga finché non aveva quasi finito col crederci.

Gli agenti del CP9 erano sì sette, ma feriti e in fuga lo erano stati subito dopo Enies Lobby: perché non lo avevano mandato allora, a prenderli?

Ma ormai non poteva più farci niente, anzi, la battuta di caccia era quasi finita: avvistati a San Popula, il gruppo era poi salpato su un’appariscente nave pirata che aveva incrociato, senza ingaggiare battaglia, altri mercantili che poi erano stati così gentili da fornire indicazioni alla Marina: così Very Good aveva preso una carta nautica e, grazie anche ad alcune telefonate con Spandam, aveva localizzato la meta del CP9: l’isola di Jiangxin, dove da bambini erano stati allenati e forgiati. Li avrebbe inseguiti e presi, e fine della storia lì dov’era cominciata.

« Animo, animo! Ricordate: siete autorizzati ad aprire il fuoco solo dopo il mio segnale! » tuonò Very Good, badando bene che la sua tensione non trasparisse nelle parole. « Forza ragazzi, prendiamo i maramaldi e poi tutti a casa dalle signore! »

Si lasciarono alle spalle la baia con la nave dei pirati Candy ormeggiata, e poi la spiaggia di ghiaia, e infine i militari avanzarono sul sentiero che portava alla pagoda che dominava la piccola isola e che sorgeva giusto in mezzo a una fitta boscaglia umida.

Non si sentiva un fiato.

Solo il pesticciare dei piedi nel sottobosco umido.

Anche le foglie stavano trattenendo il respiro.

Un ululato fece raggelare il sangue dei Marine.

« Animo, siamo in una foresta » ruggì basso Very Good. « Avanzate. Va tutto bene. » anche se in realtà cominciava a credere che non andasse bene per niente.

I soldati avanzavano tra i cespugli, gravitando sul sentiero che attraversava il bosco. Gradualmente il sentiero diventò una leggera salita, e loro procedettero spediti.

« C’era una volta una bambina con una mantella rossa, che cammina, cammina… » recitò una voce.

I militari alzarono la testa verso la cima della salita.

« …incontrò il lupo cattivo! » Jabura rovesciò la testa all’indietro e ululò.

Sette sagome si stagliavano contro il sole, minacciose e foriere di morte. Rob Lucci, Kaku e Jabura stavano al centro del sentiero, pronti a rimandare al mittente i Marine.

Le parole di Very Good tornarono in mente agli uomini del drappello: “sette… feriti… in fuga”. Quelli erano sette, ma non erano né feriti né in fuga. Erano loro, semmai, che lo sarebbero stati presto.

Hattori spiccò il volo.

 

~

 

« Ecco ragazzi, vedete? » indicò con una bacchetta Qin Shi dal balcone della pagoda, su cui aveva fatto portare alcune sedie per i ragazzi. « Quello è il Geppo in uno stadio estremamente avanzato. »

Dai bambini arrivava silenzio, approvazione, e un lungo: “Ohhhh!”

« E quello invece » spiegò Qin Shi spostando leggermente la bacchetta verso destra « È il Rankyaku… accidenti, quegli alberi li avevo piantati da ragazzo… »

Ci fu un botto, e venne giù un baobab che per fortuna era già secco di suo.

« Quello cos’è stato? Cos’era? » saltò su un ragazzino con gli occhiali appiccicandosi alla balaustra.

« Uh, quel ragazzo dev’essere proprio arrabbiato, per usare una cosa simile contro quattro Marine… » considerò Qin Shi. « Quella era il Rokuogan. Puoi usarlo solo se conosci per bene le altre tecniche, Hiro, ecco perché vi diciamo sempre di impegnarvi a dovere! »

 

~

 

Wanda nuotava. Aveva due occhioni fissi spalancati sull’acqua e nuotava.

Non si faceva domande. Non se ne aspettava. Quando sei un pesce rosso, non è che ti fai troppi problemi.

Wanda nuotava e ogni tanto le piovevano addosso dei pezzi di cibo. Le andava bene. Saliva a prenderli in superficie e continuava a nuotare.

Avrebbe voluto avere più spazio, e invece era in un sacchetto di plastica.

“Sei un pesciolino speciale” le aveva detto un umano. “Se rimani in questo sacchetto, l’acqua rimarrà seeempre fredda. I pesciolini della tua razza sono così!” Contento lui. A Wanda bastava che le dessero da mangiare.

Sotto di lei, oltre l’acqua fredda e la plastica del sacchetto, c’era la faccia di un umano.

Aveva le labbra gonfie come quelle dei pesci dell’abisso, i capelli lilla come le anemoni del mare di Gì, ed era bendato come le mummie sul fondo del porto di Roham.

L’unico problema nella vita di Wanda era che l’umano si lamentava sempre, e anche se Wanda non aveva un vero e proprio senso dell’udito come gli umani, le onde sonore di quello là le arrivavano fin troppo bene.

L’umano si chiamava Spandam, ed era stato ricoverato in quella clinica dopo la tremenda battaglia di Enies Lobby. La sua cartella clinica non era un semplice insieme di fogli, ma una vera e propria risma di catastrofi che gli erano occorse: le aveva prese da tutti in lungo e in largo, e alla fine ne era uscito vivo per miracolo.

E anche la sua carriera era momentaneamente salva per puro intervento divino, e in gran parte grazie all’influenza di suo padre, Spandine.

Spandam non poteva fare altro se non rimanere immobile in quel letto, avvolto in metri di bende,  con la sola compagnia di Wanda e dell’infermiera che lo faceva bere imboccandolo con un cucchiaino da caffè.

Nella stanza entrò un uomo, un agente governativo in giacca e cravatta. « Signor Spandam » esordì mettendosi sull’attenti.

« R…riposo… » articolò Spandam.

« Al lumacofono. Chiedono di parlare con lei. »

« …chi? »

« È il capitano Very Good, signore. Dice di aver trovato il CP9. »

« Pass...amelo!! » si illuminò Spandam facendosi mettere la cornetta vicino all’orecchio.

« Capitano? le passo il signor Spandam. » annunciò l’agente al lumacofono prima di accostare la cornetta a Spandam.

« Qui Sshhpandam. » biascicò infine.

« Sono Rob Lucci. »

 

Blueno sollevò in aria la testa sferica di Very Good. « Grazie per la collaborazione » muggì. Con l’altra mano reggeva il lumacofono, la cui cornetta era in pugno a Rob Lucci.

« Il tuo errore più grande non è stato scaricarci addosso la responsabilità degli eventi, ma non assicurarti che io fossi morto, prima di farlo. » tuonò al lumacofono, incurante di Jabura che litigava con i Marine.

Spandam sudava freddo e non osava ribattere.

« Ti troverò. E ti ucciderò. »

 

 

 

 

 

 

Dietro le quinte…

L’isola del CP9, rivela ODA in una SBS, è ispirata a un’isola cinese realmente esistente. Il nome dell’isola dovrebbe essere “Jiangxin”, stando ai risultati di Google (anche se nella SBS è scritto “Jangxin Yu”); Oda conferma un’ambientazione cinese per gli esordi del CP9, ambientazione benissimo riassunta dal character design di Jabura.

Kumadori recita un verso dell’Odissea, in particolare una frase detta dalla dea Atena riferendosi a Itaca, quando Odisseo vi fa ritorno.

Nessun pesce di nome Wanda è stato maltrattato per scrivere questo capitolo.

Si ringrazia l’antigienica collaborazione di Gigi l’Unto anche stavolta! Credo sia il mio OC più usato e più onnipresente della mia scuderia! Qui è stato avvistato da Kidd ubriaco e dalla sua ciurma, qui da Bonney, qui da Tashigi! 

Il finale ricorda molto il film "Io ti troverò". Ho cercato alternative che fossero meno simili alle battute del protagonista, ma alla fine "io ti troverò" è proprio la frase più coincisa, più spiccia e più incisiva che sono riuscita a pensare... nonché quella che più mette pressione a chi l'ascolta, anche se nel film la situazione era decisamente più drammatica. In realtà anche per Spandam è parecchio drammatica, io Lucci incazzato non lo vorrei avere alle mie calcagna!! D: il resto della sua battuta è un'idea della Metà ♥ 

La scena di Jabura che ulula ai soldati mi piace da morire e spero sia piaciuta anche a voi! (ricordiamo che ogni scarrafone è bello a mamma sua, quindi non so quanto sia attendibile il mio giudizio)

Il prossimo capitolo è l'ultimo, anzi, sarà l'epilogo. Grazie a tutti per aver letto questa storia, grazie a chi l'ha inserita tra le seguite/ricordate/preferite, e grazie soprattutto ai recensori che danno sempre felicità sottoforma di righe! 

Arrivederci a presto,

Yellow Canadair

  
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