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Autore: xKibaz    25/02/2017    1 recensioni
Una lotta incandescente pervade i due branchi della Grande Valle da sempre.
Marx, figlio del branco dell'Ovest, sarà colui che dovrà affrontare le dure leggi del branco per raggiungere il drastico cambiamento al quale ambisce. Ma prima, dovrà cambiare se stesso.
Genere: Avventura, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Sei morto.» Una voce profonda mi sussurrò all'orecchio. Aprii gli occhi lentamente, incredulo. Un secondo prima ero sicuro di star abbandonando questo mondo, e invece, sono vivo!

Sentii tirarmi su per la collottola, proprio come faceva la mamma di solito per spostarmi nella tana, quando doveva lavarmi o per nutrirmi. Guaii ritraendo le zampe, con la coda curvata tra esse; poi mi adagiò nuovamente a terra.
Un grosso muso scarlatto e brizzolato mi guardava con i suoi occhi color ambra scagliati di un leggero verdognolo; calai le orecchie e lo guardai a mia volta, tremando e ringhiando.
«Hei! vacci piano, piccolo» disse con una risata sarcastica; mi si rizzò il pelo. «Hai coraggio; ma sei ancora troppo piccolo, imparerai presto... Marx» aggiunse.

Mi ha chiamato per nome? Ció vuol dire che ha accettato di identificarmi?

Mi chiesi come facesse a conoscermi voltando la testa da un lato all'altro un paio di volte.
«Chi sei? » gli chiesi balbettando. Mi rispose fiero: «Mi chiamo Azir, sono il capobranco dell'Ovest». Mia madre mi parlò poco di lui, tanto da dimenticarlo, ma quelle parole riecheggiarono nella mia mente riportandomi al ricordo, allora capii.
Mi alzai dimenando la coda, e cominciai ad annusarlo, poi gli leccai la fronte sfiorandolo. Lui si prostrò in posizione di gioco, e cominciò a scodinzolare, scoprì i denti in un sorriso. Saltai sul suo muso mordicchiandogli le orecchie, ma lui mi fece cadere e ruzzolai nel Gelo-bianco, ricoprendomi di esso; mi rialzai scrollandomi, e ci riprovai. Stavolta restò al gioco e anche lui cominciò a saltarmi addosso mordicchiandomi leggermente. Continuammo cosí per un po', fin quando il Grande-cerchio-caldo non sorse del tutto, illuminando la valle.
L'eco di un ululato lontano ci raggiunse e drizzammo le orecchie. La mamma mi stava cercando.
«Facciamo chi arriva prima? » Propose mio padre ancora in vena di giocare, ma io ero già partito di corsa ancor prima che finisse di dirlo; poi mi raggiunse e corremmo insieme verso la tana, fianco a fianco.

C'era mia madre ad aspettarci fuori, mentre i miei fratelli erano ancora dentro a fare chissà quale nuovo gioco. Mi guardò come non ebbe mai fatto prima di allora. Mi rimproverò ringhiando e arricciando il naso, io abbassai la coda e le orecchie, accucciandomi di fronte a lei, e subii il suo giusto rimprovero.
Zed si affacciò da un lato del rifugio, curioso di vedere cosa stesse succedendo, poi fu seguito dalle mie sorelline, ma non provarono ad oltrepassarlo. Mio padre mi tirò su nuovamente, proprio come aveva fatto prima, e mi mise a sedere.
«E' un tipetto ribelle» mi giustificò mio padre, ridendo.
«Non avrebbe dovuto farlo, Azir! E lui lo sa bene» disse la mamma con tono ancora preoccupato, volgendo il suo sguardo su di me, poi continuò «Sei stato fortunato ad incontrare proprio tuo padre, avresti potuto imbatterti in un orso o un rapace avrebbe potuto portarti via facilmente!» sospirò; uggiolai chiedendole perdono, quindi mi afferrò per la collottola intenta a riportarmi nel covo.
«Impareranno, ma prima devono conoscere il mondo, e anche i suoi pericoli» all'udire queste parole la mamma si fermò e guardò mio padre poggiandomi sul terreno bianco e soffice.
Si fermò per qualche istante rassegnandosi, quindi incoraggiò, finalmente, anche i miei fratelli ad uscire.
Inizialmente si mostrarono titubanti ma allo stesso tempo curiosi. Il primo a saltare fuori da quel buco fu Zed, che subito si piombò verso di me ringhiando giocosamente, eccitato per ciò che aveva appena fatto; Miya si mostrò coraggiosa, testò prima con la sua zampina il terreno ricoperto di scivoloso Gelo-bianco e, una volta preso l'equilibrio, si avvicinò trotterellando curiosa; Kaze fu pasticciona come al solito, si lanciò in un tumulo e cominciò a ricoprirsi il tartufo rotolandosi in esso, e scivolando varie volte urtando il muso sulle zampe; Aka, al contrario era più timorosa. «Coraggio, vieni» la incoraggiò mio padre abbassando il muso alla sua altezza. Lei drizzò le orecchie e annusò l'aria fresca, si avvicinò all'uscio. Ritrovò il suo coraggio e lentamente poggiò le zampe affondandole nel soffice Gelo-bianco, notai subito che le piaceva, ma rimase comunque ferma guardando me, volse il chiaro musetto da un lato all'altro, come se volesse chiedermi «E adesso? Cosa devo fare?», così mi avvicinai, le afferrai l'orecchio e la tirai verso di me. Cominciammo così a giocare a rincorrerci inciampando e affondando continuamente.

Un fiero canto attirò la nostra attenzione, poi un altro di seguito, e un altro ancora che proveniva da un'altra direzione. Aka corse verso la mamma, e si riparò nascondendo il muso nella sua coda. «Che succede, mamma?» le chiese uggiolano. 
«Cerchiamo la posizione del branco, Aka» le spiegò gentilmente «E' il momento di presentarvi e darvi un nome ufficiale» disse, dopodiché ricomiciò ad ululare. Nessuno di noi fece ulteriori domande, anzi, provammo a fare altrettanto, ovviamente con scarsi risultati, il nostro canto si rivelava solo come un leggero latrato, e veniva coperto da quello dei nostri genitori.
«Sono situati al punto di ritrovo, alla Quercia Rossa» affermò mio padre.
Immaginai quindi che saremmo stati diretti proprio lì, stavamo per affrontare la nostra prima prova.

   
 
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