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Autore: ImperioMagicum    25/02/2017    1 recensioni
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Appunto: Vi ringrazio per l'attenzione , sono appena arrivato su EFP e questa è la mia prima storia. Vi ringrazio del tempo che avete dedicato a leggere la trama , spero vogliate continuare leggendo il prologo.
Genere: Avventura, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 18:

Le Sabbie del

Deserto Lucente

Spem e Beata percorrevano, in silenzio, il buio del deserto. Le loro gambe affondavano nella sabbia, fine come borotalco, fino alle ginocchia. Era difficile per loro orientarsi: le nuvole coprivano la volta celeste e non vi era nessuna fonte di luce. L'oscurità era totale e dovevano affidarsi alla direzione presa quando gli ultimi raggi del sole avevano illuminato la via, procedendo pian piano e tenendosi per mano in modo da non perdersi. Due mani intrecciate che nessuno avrebbe potuto vedere.

Ma io, d'altro canto, ero il loro Creatore, ero un Dio onnipotente e potevo vedere ciò che il buio da me narrato nascondeva. E non smettevo di guardare Beata e la sua straordinaria bellezza, la dolcezza dei suoi lineamenti, i suoi capelli lunghi e morbidi... Ma poi vedevo la sua mano e quella di Spem toccarsi e, senza alcun motivo, fui percorso da una gran rabbia e mi fece guardare con odio le mie due creature.

Così scrissi nuove parole sulle Pergamene, parole di vento e sabbia, parole di un gelido diavolo notturno, parole che annunciavano una tempesta da cui non sarebbero mai potuti sopravvivere. 

Li vidi percepire la forza del vento ed i loro passi arrancare.

Vidi che la sabbia li accecava e loro tentavano di coprirsi gli occhi.

Vidi il freddo della notte penetrare le loro ossa e farli cadere per la fatica.

Riempivo con rabbia le Pergamene di tutto ciò che stavano soffrendo: il dolore ai piedi per la camminata, la pelle graffiata e seccata dal gelo della notte del deserto, il loro respiro che si faceva difficoltoso a causa della sabbia che li strozzava. E lei che non si arrendeva, stringeva più forte la mano a lui e cercava di aiutarlo a rialzarsi. E lui le copriva il corpo con il un lembo di vestito per coprirla dal vento. Ed entrambi avanzavano ancora.

Io allora scrivevo per loro altre sventure. Feci arrivare prima l'alba con un Sole cocente che li avrebbe asciugati di ogni liquido in corpo. Loro andarono avanti sudando e sudando, ma avevano l'acqua della fonte per ristorarsi e la loro forza di volontà era più forte del mio astro. Ed entrambi avanzavano ancora.

Allora creai dei nuovi esseri: piccoli e voraci roditori dal color sabbia che vivevano in quei luoghi, li chiamai harene e le sparsi vicino ai due ragazzi. Vennero assaliti immediatamente. Per quanto tentassero di scacciarli, quegli esseri erano rapidissimi e si infilavano tara le loro tasche e mangiucchiavano velocemente ogni riserva di cibo esistente. Sarebbe stato solo questione di giorni: senza cibo niente energie e senza energie avrebbero potuto solo cadere a terra ed aspettare di unirsi all'altra sabbia.

Fosse stato per me solo, tutta quella storia, sarebbe potuta finire così. Ma...

Ma qualcosa di più creativo di quello entrò nella mia mente quando vidi che le mie due creature non si arrendevano. Loro continuavano ad andare avanti, senza cibo e con le gambe che quasi cedevano, ma continuavano ad andare avanti. Mano nella mano, sorreggendosi a vicenda. E Beata era meravigliosa... E Spem era il solo ragazzo al mondo che l'avrebbe mai avuta. Nessun dio, nemmeno il loro creatore, era abbastanza potente per separarli. < Vorrei potermi scusare con loro, ma ho troppa vergogna per confessare ciò che ho tentato di fare. > dissi a Shade < Non serve usare le parole, basta che tu ripari ciò che hai fatto. So che puoi farlo nel modo migliore possibile. > 

Pensai a lungo mentre li guardavo camminare senza fermarsi. Per loro doveva essere orribile andare avanti. Abbassai il calore del sole producendo qualche nuvola che lo coprì, e feci in modo che harene non li turbassero più. Ma il viaggio era troppo lungo, non sarebbero mai arrivati a destinazione, dovevo trovare il modo di renderglielo più breve.

Il sole scintillava sulla sabbia del deserto che brillava della luce riflessa. Tra gli infiniti frammenti di roccia dovevano esserci molti pezzetti di vetro. Vetro... Ricordò all'improvviso qualcosa, un lampo che svanì quasi subito nella sua mente ma ebbe il tempo di ispirarlo. Ora serviva solo rendere il tutto spettacolare.

Era quasi l'alba per Spem e Beata e loro due dormivano coperti da tutte le coperte disponibili. La notte era stata meno gelida del solito ed aveva permesso loro di riposarsi. Entrambi erano ignoranti del fatto che l'uno si svegliava sempre per qualche minuto quando sentiva l'altro dormire per poter essere certo che il suo sguardo fosse sereno, che non sentisse freddo o che non avesse un sonno agitato. Ora tutti e due erano nel mondo onirico, ma sarebbero stati destati da qualcosa di particolare.

Soffiò una brezza che fece ruzzolare la sabbia superficiale in un mulinello di piccole dimensioni che descrisse cerchi concentrici attorno ai due ragazzi che si fecero, mano a mano, sempre più stretti. Il vento li svegliò infastiditi, con la prospettiva di doversi difendere da vento nemico, ma si accorsero che non vi era spostamento d'aria al di fuori di quel piccolo girotondo di granelli. Questo si muoveva avanti ed indietro come a voler mettere loro fretta < Su su! Svegliatevi! > sembrava voler dire loro. Spem e Beata si misero in piedi ed il mulinello cominciò a spostarsi verso il Sole. I ragazzi lo seguirono, cercando di non perderlo di vista. 

Li fece correre per un po' di tempo, verso una specie di conca circondata da dune. Poi si mise in centro a quel luogo e cominciò ad ingrossarsi ed a vorticare più velocemente. Risucchiava sempre più sabbia e stava rendendo sempre più profondo il cratere. Ma qualcosa si cominciava ad intravedere, una specie di monumento fatto di granito ed arenaria. Vi era una base quadrata di circa quindici metri di lato con quattro colonne ai vertici ed un altare rotondo di circa quattro metri di diametro al centro, probabilmente usato per delle cerimonie con sacrificio. 

Il mulinello, o meglio il tornado di sabbia, si dissolse e fece sparire tutto il pulviscolo ed i granelli di cui si componeva. Non ne rimase la minima traccia. I due scesero le dune per raggiungere le rovine.

Spem ammirò le colonne: erano piene di iscrizioni in caratteri a lui sconosciuti. Si vedevano qui e là piccole incrostazioni di colore azzurro, oro e nero, segno che un tempo la pietra era stata dipinta per essere visibile anche da lontano e far risaltare le scritte. Vi erano motivi geometrici scolpiti e figure di sacerdoti ed animali in bassorilievo, uno spettacolo per gli occhi.

Beata invece era subito andata al centro della costruzione per vedere l'altare. Si trattava di una semplice piattaforma circolare di marmo con decorazioni laterali di buoi in altorilievo, a cui si accedeva tramite dei gradini. La cosa strana era che, al centro di tutto, vi era qualcosa che non centrava nulla con il tempio: uno specchio.

Assomigliava ad uno di quelli che vi erano al palazzo del re: più alto di un uomo, con la cornice dorata ed impreziosita da dei cristalli bianchi dal nome sconosciuto. Beata provò a specchiarsi, ma non ci riuscì: nonostante fosse di fronte allo specchio, questo non trasmetteva la sua immagine, ma quella di altre dune di sabbia, di un cielo serale ( ed era appena mattino vi ricordo ) e... di alcune case. Beata si voltò per cercarle, ma lo specchio non ignorava solo lei, anche tutto ciò che aveva davanti e quello che mostrava non era li. Riconobbe quelle abitazioni: erano le ultime che aveva intravisto quando erano fuggiti dalla loro città, lo specchio mostrava quello che volevano raggiungere e sembrava così reale, quasi si potesse toccare... e poteva toccarlo. Beata aveva voluto toccare la superficie dello specchio, per accertarsi non fosse un'allucinazione, ma la sua mano aveva attraversato la superficie come una sottile pellicola di acqua. < Spem! > gridò lei ed il ragazzo accorse. Fu strabiliato da ciò che vide e guardò con faccia spaesata la scena.

Entrambi non sapevano che fare, ma all'improvviso Beata tese la mano verso Spem che la afferrò. La ragazza entrò nello specchio, lui la seguì ed entrambi si trovarono, un istante dopo, sebbene fosse sera, davanti alla loro città.

Ora mi sentivo in pace con me stesso e sentii Shade mi disse: < Riesci ora a capire cos'è l'onnipotenza? Un mezzo che rende pazzi gli aridi e che fa fare cose meravigliose a chi coglie il senso di ogni piccolo granello di sabbia. >

   
 
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