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Autore: CinderNella    26/02/2017    2 recensioni
Si sentiva un po’ stalker a guardarlo e ad annotare ogni suo comportamento da dietro un muro delle rovine di Christ Church Greyfriars – se si fosse trovata dietro a un cespuglio avrebbe potuto trovarci dell’ironia nella situazione che stava vivendo da qualche tempo – ma era parte del suo lavoro anche quella. [...] Ma, diversamente dal solito, e non perché fosse venerdì, lui si era separato dal suo gruppo di colleghi per dirigersi all’interno del giardino che portava dritto alle rovine dov’era casualmente lei: si stava proprio dirigendo verso di lei.
Resasene conto, si catapultò alla panchina più vicina per dare l’idea di essere davvero impegnata a fare qualcosa che non fosse spiarlo da lontano, ma dalla sua espressione non doveva esserci riuscita: «Mi scusi, ma lei mi sta spiando?»
Era davvero come a scuola. Stesso portamento arrogante, stesse fattezze e modo di presentarsi elegante e capelli impossibilmente biondi: eppure era completamente diverso.
«Ehm...» non sapeva che scusa formulare.
«È la quarta volta che la vedo in una settimana e in zone diverse della città. Perché mi segue?»
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Draco Malfoy, Hermione Granger, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione, Luna/Theodore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Lo so, lo so, è un ritardo super-non-perdonabile. Ringraziate Jules Weasley che ho postato, perché avevo questo capitolo pronto da Natale ma preferivo scrivere nel tempo libero piuttosto che correggere e postare 'sto capitolo (correggere è palloso!). Alla fine, nonostante il capitolo dopo questo non sia ancora finito (ma quasi) ho deciso di postare comunque - principalmente perché Jules me l'ha chiesto molto convincentemente. Non odiatemi e buona lettura!







 
So we come to a place of no return
Yours is the face that makes my body burn
And here is the name that our sons will learn:
Curse the beauty, curse the queen
Curse the beauty, leave me


«Perché, perché siamo fuori di casa al freddo, lontani dalle calde e avvolgenti coperte del nostro divano e dall’amore dei nostri gatti?» il tono di Hermione era principalmente lamentoso, ma l’ex-Grifondoro aveva seguito Draco fino a Oxford Street, quindi non si poteva dire che fosse risolutamente contraria a quella scampagnata cittadina.
«Ci siamo impigriti, Granger. Con la scusa del freddo e la comodità degli amici che vengono spesso a trovarci, stiamo sempre a casa. Non farà male a Nyx e Nix passare qualche ora da soli.» rispose l’uomo la cui mano stringeva – in una sua tasca del cappotto, però, o il freddo sarebbe stato insostenibile.
«E poi dobbiamo comprare i regali di Natale. E probabilmente, altri addobbi.» aggiunse Malfoy, guardandosi intorno.
Hermione sbuffò: non poteva di certo ribattere sostenendo che avesse torto, anche perché aveva completamente ragione. Da quando era arrivato il freddo pungente londinese, avevano effettivamente limitato le uscite nel mondo esterno al minimo sindacale.
«Lo sai che ho ragione, Granger!»
«Mpf. Lo so, sì.» rispose quella, roteando gli occhi platealmente «Allora, qual è il piano? Da quali negozi dobbiamo passare?»
«Sicuramente da John Lewis, per le decorazioni e il regalo per il baby Weasley-Zabini.»
«Non è ancora nato...»
«E vuoi dirmi che sei il tipo di persona che non fa i regali prematuri?» ribatté Draco, esibendosi nel suo migliore sorriso a trentadue denti dopo essersi voltato nella sua direzione.
«Ovviamente sì, però non credevo lo fossi anche tu. Non sui regali di Natale, almeno.»
«Oh, ma certo che lo sono. Sono tra i migliori a fare i regali natalizi, modestamente.»
«E si vede, ti sei ridotto all’ultimo!» rispose Hermione, ghignando nella direzione dell’uomo «Inoltre, non ti riesce bene quella faccia inorgoglita con un cappello con un pon pon in testa!»
«Non privilegerei mai lo stile a scapito della temperatura della mia testa. O del mio collo, se è per questo. E a quanto pare neanche tu!» rimbeccò Draco, premendo il pulsante di prenotazione del semaforo, pronto ad attraversare la strada di lì a poco.
«Ovviamente, ma non sono io quella che va a lavoro in giacca e cravatta tutti i giorni!» terminò Hermione, con un’espressione soddisfatta in viso «Quanti altri chilometri dovrai farmi camminare, dopo?»
«Oh, non tanti.» rispose quello, stringendole la mano che era nascosta nella sua tasca insieme alla sua «Devo passare da Lillywhites a Piccadilly per il regalo di Blaise, da Primark per Angharad e Daphne, e per Luna e Ginny mi affido a te.»
«Oh, quindi si passa da Regent’s allora. Preferisco quelle decorazioni, anche se sembrano delle strane, enormi ragnatele argentate. E cosa intendi con “mi affido a te”?» ribatté Hermione, alzando un sopracciglio con fare sospettoso.
«Che mi affido al tuo giudizio. Dove dovremmo andare a cercare qualcosa per loro?»
«Oh. Io normalmente vado a Diagon Alley...»
«E se vuoi possiamo passare anche da lì, è serata di shopping natalizio.» convenne Draco, annuendo «Ma se non dispiace a nessuno preferisco comunque orientarmi sui cosiddetti regali babbani. Almeno quelli da parte mia...?»
Hermione gli rivolse un sorriso, stringendogli la mano «Avranno sicuramente dei regali diversi dal comune, così! Per gli altri cosa hai pianificato?»
«I regali per te e Theo sono già arrivati, non preoccuparti» rispose quello, rivolgendole un altro sorriso smagliante – e probabilmente beffardo, almeno per buona parte.
«Non hai risposto alla domanda, Malfoy!»
«Hai ragione!» mancavano circa duecento metri all’entrata del negozio, e Draco era esageratamente spumeggiante «Per Blaise una divisa da tennis e una sacca, per quello dobbiamo passare da Lillywhites. Per Angharad... abbiamo questa specie di tradizione, dove le regalo sempre un maglione a Natale. Hai presente quei terribili maglioni kitch natalizi? Primark ne fa addirittura alcuni che si illuminano... ecco, Angharad li adora. Quindi ogni anno a Natale gliene regalo uno. E ovviamente non posso non fare lo stesso regalo a Daphne, per annoiarla chiaramente: la vigilia di Natale è obbligatorio che ognuno di noi indossi quei maglioni kitch. Lo vuole la tradizione.»
«E sono gli unici regali?» chiese Hermione, perplessa: evitò di paragonarli ai maglioni che la signora Weasley lavorava a maglia per tutti i membri della famiglia, perché risultava davvero troppo strano.
«No, ovviamente, ma quelli pseudo-seri li ho già presi. Un orologio per Daphne e un po’ di roba nerd per Angharad: il cofanetto della trilogia del Signore degli Anelli, un’edizione tridimensionale delle Cronache di Narnia... e basta, in realtà. Posso pensare a qualcosa del genere per Luna e Ginny?»
Hermione si guardò intorno, pensierosa: «Per Ginny comprerei da Lillywhites, come per Blaise. Non aveva detto qualcosa sul voler iniziare a giocare a tennis...?»
«Hai ragione! E ovviamente, il maglione kitch di benvenuto!» aggiunse Draco, movendo su e giù le sopracciglia con fare furbetto.
«Ovviamente.» ripeté Hermione, ridacchiando e seguendolo nel John Lewis di Oxford Street «E per Luna... Oh, secondo me amerà qualche cosa di Primark! Hanno tante borsette, pigiami, onesie strani...»
«Mi sembra un’idea appropriata, cara!» convenne Draco, venendo subito dopo fermato da Hermione, che lo afferrò per il bavero della giacca: «E dimmi un po’, Malfoy, quando arriverà il mio maglione natalizio kitch?» chiese quella, con un inquietante sorriso a trentadue denti in volto.
«E questo è esattamente il motivo per cui ti ho trascinata fuori di casa. Lo scegliamo da Primark!» rispose Draco, annuendo solennemente, per poi lasciarsi sfuggire un sorriso timido.
«Grazie.» rispose semplicemente Hermione, non riferendosi solo a quel regalo anticipato. Fissò gli occhi grigi, ora un po’ indagatori, dell’uomo, per poi sollevare i piedi di qualche centimetro e posargli un bacio a fior di labbra.
«Ora possiamo andare a cercare il regalo per Weasleini junior e le decorazioni!» esclamò la ragazza, liberandosi del cappello di lana e dei guanti e guardandosi intorno alla ricerca delle indicazioni. Draco riemerse da una sorta di stato di trance particolarmente felice e la seguì solo qualche secondo dopo.

«Luna?» Theo aveva iniziato a traslocare parte della sua roba a casa della fidanzata, era già a metà, ma aveva il terribile presentimento che lo spazio babbanamente disponibile non sarebbe bastato.
La testa bionda della ragazza emerse da un cumulo di scatoloni che occupavano il centro del salotto: «Sì?»
«Da quanto non pratichi un incantesimo estensivo irriconoscibile?» chiese Theo, in bilico su una scala cercando spazio – evidentemente mancante – sul mini-soppalco presente al di sopra della porta della cucina.
«Mesi, almeno. Perché?» domandò, piegando la testa da un lato mentre lo guardava attentamente.
«Ho il leggerissimo presentimento che non ce la faremo a mettere tutto quello che ho qua dentro. Lieve, proprio.» rispose Theo, dalla cui espressione lo sforzo era evidente.
«Potresti avere ragione.» Luna si limitò ad annuire e ad alzarsi in piedi, per poi scomparire nella sua camera.
«Luna? Tesoro?» Theo si guardò intorno, perplesso. Era davvero scomodo stare lì sulla scala, in bilico.
Dopo qualche secondo, Luna tornò in salotto trascinando un baule blu, che a Theo sembrava familiare, e lo piazzò dalla parte opposta rispetto a dov’era lui, contro la parete vuota tra le due finestre: «È quello che avevo a Hogwarts. Va perfettamente qui.»
Theo iniziò a scendere gli scalini con due scatoloni in mano, e quando arrivò a terra, Luna lo guardava esibendosi in un sorriso a trentadue denti un po’ inquietante: «Va’ a prendere la bacchetta, magari se proviamo a farlo insieme ce la facciamo.»
Theo posò le scatole a terra e si diresse verso l’appendiabiti accanto alla porta, aprì la valigetta e afferrò la bacchetta d’ebano, avvicinandosi a Luna un po’ tentennante.
«Tu ne hai mai fatto uno?»
Theo annuì: «Sì, ma tanti anni fa. E solo per aumentare la grandezza del mio baule... quando mi sono trasferito da Blaise.» terminò, titubante.
Luna gli rivolse un sorriso rassicurante e gli afferrò la mano destra con quella libera dalla bacchetta: «Sono abbastanza sicura che riusciremo a creare un paio di stanze con facilità. Che ne pensi di uno studio in legno scuro e un ripostiglio per gli scatoloni da non svuotare nel prossimo futuro?»
Theo si guardò intorno, osservando il chaos di scatole presenti nel salotto e annuì: «Okay.»
«Adduco maxima!» pronunciarono entrambi, fermamente, puntando le bacchette verso il baule aperto.
Era passato davvero tanto tempo da quando Theo s’era dovuto concentrare così tanto per una magia che non praticava da decenni.
«Andiamo a vedere?» propose Luna, non dandogli nemmeno il tempo di rispondere: si era già tuffata nel baule. Theo rivolse uno sguardo alla parete opposta e andò a prendere la scala: probabilmente sarebbe servita.
Quando atterrò nella nuova stanza da loro creata rimase estasiato: era proprio come l’aveva immaginata – se non fosse per alcune variazioni un po’ atipiche, che dovevano chiaramente essere opera di Luna.
«Hai avuto decisamente una buona idea: non sapevo a cosa mi sarei dovuta appendere per tornare all’appartamento!» esclamò Luna, sorridente «Allora? Che te ne pare?»
«È perfetta.» Theo ricambiò il sorriso «Mi sa che è arrivato il momento di passarti tutte le scatole che compongono il tuo forte nel salotto. Rimani qui e te le passo dall’appartamento?»
«Perfetto!» esclamò Luna, soddisfatta del suo lavoro «E ricordati di non darmi quelle dei vestiti, della cucina e del lavoro, che quelle possiamo anche smistarle quando abbiamo finito con queste altre cose!»
«Sissignora!» rispose Theodore, accennando una specie di saluto militare verso Luna, che roteò gli occhi palesemente, senza però perdere il sorriso. Poi salì le scale e uscì dal baule: e si guardò intorno nel salotto. Quella sera quella stanza avrebbe avuto un aspetto molto diverso.

Ginny non ne poteva più delle nausee mattutine. Specialmente perché quelle che la tormentavano personalmente non erano solo mattutine: spesso duravano tutto il giorno. E lei riusciva ad allenarsi solo servendosi della pozione AddrizzaBudella, che ormai preparava la domenica per tutta la settimana. Si era già seccata del primo trimestre della gravidanza, era quasi arrivata alla fine e le nausee erano ancora fastidiose.
Perlomeno la maggior parte dei lavori di ristrutturazione – del maniero da single di Blaise che si trasformava, a quanto pareva, in una casa a prova di famiglia – era stata compiuta: o almeno, la parte più fisicamente stancante era terminata. Ora doveva solo, pian piano, trovare lo spazio e il tempo per sistemare le sue cose, quelle che in parte erano già lì da tempo, ma soprattutto la maggior parte che era arrivata dopo che aveva lasciato casa sua in Galles: stoviglie, piatti, asciugamani, presine, tovaglie, vestiti, scarpe... sarebbe stato molto divertente, considerata la vanità del suo futuro marito.
Erano stati costretti a trasformare la camera degli ospiti accanto a quella che sarebbe diventata la loro in cabina armadio: perlomeno, così aveva trovato il posto per i suoi amati armadi di frassino che si era portata dietro dal Galles.
Ma mancavano ancora le scarpiere da comprare, le scatole da svuotare, la culla e il fasciatoio da comprare, la casa da rendere a prova di bebé... e avrebbero dovuto completare tutto nei successivi sei mesi.
Probabilmente, solo per finire tutte quelle cose, avrebbe dovuto lasciare il Quidditch a breve, in piena stagione. Sperava solo di poter tornare per la stagione dell’anno dopo, quella che era cominciata tre mesi prima era decisamente agli sgoccioli. Almeno per lei.
Il telefono di casa prese a squillare e Ginny dovette fortunatamente abbandonare quei pensieri che le mettevano ansia: si alzò, raggiunse e afferrò il cordless, e rispose.
«Pronto?»
«Salve, c’è il signor Blaise Zabini in casa?» chiese la voce di una donna dall’altro capo del telefono.
«No, ma parla la sua fidanzata Ginny Weasley» incalzò la rossa, con l’espressione di qualcuno che avrebbe dato filo da torcere al suo futuro marito non appena sarebbe tornato a casa.
«Buon pomeriggio, signorina Weasley. Chiamo dal Municipio antico di Marylebone. Il suo futuro marito, il signor Zabini, aveva cercato di prenotare una cerimonia di matrimonio prima di Natale, ma purtroppo era tutto pieno...»
«Aspetti, cosa? Una cerimonia? Con delle persone?» se Zabini aveva avuto la cattiva idea di organizzarle un matrimonio in pompa magna l’avrebbe sentita eccome.
«Meno di dieci, in base a quello che mi aveva detto il signor Zabini.» Ginny tirò un sospiro di sollievo: c’era ancora qualcosa che non quadrava, però. Perché non gliel’aveva detto? «Si è miracolosamente liberato un funzionario alle ore tre del pomeriggio del ventiquattro dicembre. Andrebbe bene alla coppia e ai testimoni?»
E ora cosa doveva rispondere? Sapeva che la madre le stava organizzando il matrimonio magico il giorno di Natale alla Tana... ma sapeva anche di volere quello più informale. Solo con i testimoni. Per goderselo con calma. E a quanto pare lo ricordava anche Blaise, visto che aveva cercato di prenotarlo prima di Natale.
«D’accordo.»
«D’accordo?» chiese la donna dall’altra parte del telefono, perplessa.
«D’accordo, lo prenotiamo. A mercoledì ventiquattro alle tre!»
«Oh, non penso mi troverà personalmente, ma segno la vostra prenotazione! Arrivederci e buona serata!»
Ginny chiuse la telefonata, sorridendo come un’ebete: avrebbe avuto il matrimonio che voleva e anche quello che voleva la sua famiglia. Ma quello importante sarebbe stato il primo, quello del giorno prima, quello all’orario improponibile della Vigilia di Natale. E sarebbe stato tra pochi intimi, proprio come voleva lei.
Diede un’ultima occhiata alla stanza intorno a sé e si voltò verso la porta: sarebbe andata a prendere il cellulare, aveva qualche messaggio da inviare alle sue damigelle.

Daphne stava mangiucchiando i popcorn rimasti sul fondo della coppa che avevano preparato qualche mezz’ora prima Charlie e Angharad: i due diretti interessati erano in ginocchio al tavolino del soggiorno, entrambi sommersi di carte – di diverso tipo – entrambi a lavoro.
Lei era tornata da lavoro solo mezz’ora prima, e non aveva intenzione di riprendere a farlo: la presentazione poteva prepararla nel weekend. Allora mangiucchiava popcorn e giocherellava con il cellulare, indecisa sul ristorante da chiamare per prenotare il cibo da farsi portare a casa quella sera – per lei, Charlie e Angharad, ovviamente – quando il telefono emise un trillo: era un messaggio.
«Oh cielo.» dichiarò Daphne, con un tono troppo tranquillo per l’affermazione appena fatta, tanto che né Charlie né Angharad alzarono lo sguardo dai loro fogli «Signori, tenetevi liberi per mercoledì prossimo alle tre del pomeriggio.»
«La vigilia di Natale?» chiese Angharad, perplessa «Ovvio, c’è lo scambio di regali da Hermione e Draco.»
«Non solo, mia cara Angh, non solo.» ripose Daphne, ghignando. Così facendo attirò anche l’attenzione di Charlie, che ora la guardava come lo stava facendo Angharad: da persona perplessa.
«Bene, se non me lo chiedete voi ve lo dico direttamente io: Blaise e Ginny si sposano al municipio antico di Marylebone.»
«Davvero?» chiese Angharad, alzando un sopracciglio.
«Che senso avrebbe inventarsi una cosa del genere, scusa? E poi, penso che lo sapreste anche voi se deste un’occhiata ai vostri cellulari.» ribatté Daphne, alzando il naso al cielo.
Charlie e Angharad eseguirono ed, effettivamente, avevano ricevuto un sms anche loro.
«Ah.» esalò Angharad, osservando con concentrazione il suo telefono.
«Oh.» fece eco Charlie, leggendo il messaggio ricevuto per alzare lo sguardo solo dopo «Qui dice che devo portare George senza farlo sapere a nessuno della famiglia.»
«Non sarà poi così difficile, lui sta rinchiuso al negozio. Non lo saprà manco Angelina che è scomparso per una mezz’ora, non conta come pausa pranzo, quell’ora?» propose Daphne, facendo spallucce.
«Non ne sono sicuro, ma penso non sia del tutto impossibile il tuo ipotetico piano.»
«Ovviamente non lo è, sono un genio del male!» ribatté Daphne, inorgoglita: poi tornò a meditare sull’asporto di quella serata, mentre gli altri due erano ancora un po’ scossi. Non tanto per la notizia, quanto per come era stata recapitata dalla persona cara che avevano in comune – e, che ormai lo sapevano da tempo, non aveva mezze misure.
  
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