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Autore: IwonLyme    26/02/2017    2 recensioni
‘Il Principe’ è un racconto sulla libertà, sul significato che essa ha soprattutto per il giovane Nivek, protagonista e narratore, che verrà messo a confronto fin da subito con la bellezza di essa, la sua importanza e, almeno per lui, il suo difficile raggiungimento. Non è facile essere liberi e Nivek desidera talmente tanto esserlo che romperà ogni regola per raggiungere questo scopo.
Tuttavia ciò che inizia come un gesto ribelle e di rivalsa gli costerà proprio ciò che da principio inseguiva e si troverà catapultato in una realtà ed in un mondo molto più duro e severo di quanto non fosse suo nonno ed il villaggio in cui viveva da emarginato. Una guerra contro un re malvagio ed un padrone pronto a legarlo per sempre a se stesso saranno le cause delle sue vicissitudini che lo porteranno a riflettere sulla propria vita, sul vero scopo di essa e sulla sua nuova condizione: essere un Drago Domato.
“[…] tutto sta nel comprendere che qualcosa non ci è davvero tolto se noi non lo lasciamo andare via.”
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco l'ottavo capitolo della prima parte. I nostri personaggi sono in viaggio, per dove e per incontrare chi sarà presto scoperto.
 
Il Silenzio del Drago - Parte VIII

Eravamo in viaggio ormai da una settimana. Alla fine, dopo l'intervento di Wren, Nowell pensò fosse meglio cedere piuttosto che inimicarsi ancora di più il Cacciatore, così avevamo deciso di andare ad ovest e solo poi dirigerci a sud. Erano di buona compagnia, tutti loro, ma inspiegabilmente si venne a creare una sorta di rottura. Nowell preferiva stare in disparte, forse troppo oppresso dalle molte voci che lo circondavano. Non riuscendo ad inserirsi restava in silenzio con lo sguardo assorto nelle nuvole del cielo, oppure, stuzzicato da Wren, mostrava un viso seccato, oppure ancora parlava con me per un breve lasso di tempo, io che invece, aiutato forse dalla giovane età, mi divertivo in mezzo ad una compagnia così vivace.
Wren e Yorick erano i due principali fautori di chiacchiere, ridevano e scherzavano insieme, così avevo scoperto che i due erano amici fin dall'infanzia. Lei era più giovane di lui di tre anni ed erano cresciuti insieme. Non parlavano del loro villaggio o della loro gente, ma ridevano ripensando a certe esperienze che tutti fanno da bambini e la cosa non poteva far altro se non intenerirmi. “Quella volta che Yorick cadde nel fiume …” così cominciò Wren una volta. “Il giorno in cui Wren si ferì al ginocchio …” ribatteva poi Yorick. I racconti erano molto spassosi, ma sembravano come ritagli di una vita che entrambi avevano smesso di vivere da molto tempo, come una storia che era stata loro raccontata. Mi chiedevo cosa avesse potuto portare due bambini con un'infanzia così comune ad avere un destino così distante. I momenti in cui entrambi raccontavano erano i migliori, ma poi una sera Wren cominciò “Quella volta che Yorick andò nel bosco …” ed il Cacciatore la fermò. Con lo sguardo intristito si allontanò dal gruppo pronto ad ascoltare. Così smisero di raccontare ed il tempo cominciò a scorrere più lentamente. Senza le loro storie a tenerci compagnia le sere diventarono solo un parlare vacuo e poco interessante.
La risata di Wren era contagiosa, quasi impossibile da non sentire, i suoi occhi si stringevano come fessure, le sue guance diventavano rosee e tonde e le labbra si allungavano tanto da mostrare tutti i denti. Rideva così divertita che non potevi credere fosse mai stata infelice. Portato forse dall'ultima conversazione con Jethro a notare i suoi comportamenti dolci nei confronti di Nowell, la seguivo spesso con lo sguardo e capii che il Drago aveva proprio ragione. Lei rideva così felice quando era in compagnia del Solitario, così tanto che coinvolgeva tutti. Perfino il giorno in cui eravamo partiti dalla casa cinta dalla staccionata malandata, perfino quel giorno non era riuscita ad essere triste.
Ricordo che mi trovavo nel giardino quando finalmente avevamo raccolto ogni cosa per partire. Wren aveva indossato dei pantaloni che aveva poi infilato nei suoi stivali neri lucidi, portava una mano alla bocca per coprirsi mentre rideva con Yorick riguardo a qualcosa di così fragile che non ne ho alcuna memoria. Io, non notando Jethro, sotto richiesta di Nowell, lo andai a chiamare. Solcai ancora la soglia della casa e, vedendola spoglia, così scura con tutte le finestre chiuse e sbarrate mi si strinse il cuore, era come scappare di nuovo. Sospirando mi diressi verso il corridoio delle camere. Passata la porta notai subito il Drago. Era in piedi, davanti alla porta azzurra scolorita e teneva il palmo ben steso su di essa, la guardava con uno sguardo che credo sarà per me impossibile dimenticare. Avvertivo la mancanza, la tristezza ed il rimorso, ma più di tutti la gioia, quella gioia che ancora sfiorava le labbra di Jethro mentre ripensava alla prima volta che aveva stretto tra le mani suo figlio, che l'aveva baciato, che aveva pensato finalmente di avere un luogo, un posto tutto suo, un amore che fosse diverso da quello che provava per Wren, che fosse reale, vero, e impossibile da definire altro. Nella semioscurità il Drago ferito sfiorava la lama che l'aveva pugnalato molte volte, agonizzante ricordava i bei momenti in cui l'aveva impugnata credendo potesse conquistare il mondo intero. Non potevo dire una sola parola, avrei voluto lui vivesse in quel sogno per sempre anche se avesse significato morire. E poi le risate di Wren entrarono dirompenti nella casa, percorsero la cucina e giunsero alle orecchie del corridoio. Jethro sollevò lo sguardo e mi vide. Seppi che il sogno era di nuovo finito. La mano lenta scivolò dito dopo dito via dal legno morbido e giovane, tirò indietro i capelli striati di bianco e poi si strinse sullo zaino. – Partiamo? – Domandò. Annuii. Abbassando lo sguardo venne verso di me. Passò la soglia e lo vidi uscire nel mattino incontrando la voce della sua amata. I miei occhi corsero ancora alla porta azzurra, era lì, ferma, ancora aperta …
– A cosa pensi? – Mi chiese Nowell che camminava vicino a me passati ormai giorni da quel ricordo.
– A nulla. – Risposi mentendo. La benda era tornata a coprirgli l'occhio che ci accomunava e che mi era così caro.
– Va bene … – Sussurrò. Eravamo gli ultimi, Wren e Yorick erano i primi, Jethro restava in mezzo, spostato verso la sinistra. – Ti piace Yorick? – Domandò il Solitario ad un tratto. Lo guardai.
– Yorick si è occupato di me, non mi ha venduto ad un macello seppur questo gli convenisse, credo che si meriti il mio rispetto e la mia simpatia. – Annuì.
– Sì, non dico il contrario, ma lui non mi convince … qualcosa lo condiziona … – Ero confuso.
– Cosa lo condiziona?
– Non so, davvero, ma penso che lui per te sia esageratamente protettivo soprattutto dopo che io … – Non concluse la frase, così non disse nuovamente la parola “domato” che sembrava ritenere molto irrispettosa. – Non mi piace. – Concluse.
– Io apprezzo il suo modo di fare. – Ribattei io e lui sicuramente mi avrebbe risposto se Wren non fosse corsa in direzione di Jethro ed insieme non si fossero nascosti tra gli alberi restando in silenzio. Il posto in cui ci trovavamo, passata la palude pianeggiante, era un insieme di boschi, tutti pieni di foglie autunnali e dal terreno frusciante, uno spettacolo molto più bello ed altrettanto utile per nascondersi. Yorick si avvicinò a noi.
– Domatori. – Sussurrò piano tanto che credetti di essermelo immaginato.
– Cosa facciamo? – Domandò Nowell cancellando i miei dubbi.
– Gli parliamo mentre Wren e Jethro li raggirano, se vedono due Doppi potrebbero ucciderli. – Concluse. Certo, mentre per il Cacciatore non ci sarebbe stato nessun problema una volta rivelata la sua professione e per me e Nowell nemmeno visto che eravamo una comune coppia di Domatore e Drago, per gli altri nostri due compagni non era lo stesso, loro erano in pericolo di vita.
– Devi stare calmo, non dire una parola, non far sembrare loro che siamo in confidenza. – Mi sussurrò il Solitario mentre ci dirigevamo nella direzione degli altri Domatori. Se avessero visto il nostro gruppo raggirarli saremmo finiti tutti nei guai, ma se invece noi li avessimo distratti forse non avrebbero notato Jethro in compagnia di Wren. Ero molto teso, era la prima volta che vedevo un altro Domatore con altri Draghi al suo servizio. Oltrepassammo gli alberi da cui la donna era fuggita e ci trovammo davanti due Domatori con cinque Draghi tutti in forma umana, uno di quelli, lo riconoscevo dalla corporatura esile, era della stessa razza di quelli che aveva venduto Yorick.
– Buongiorno. – Li salutò allegro il Cacciatore. Entrambi si voltarono e vedendolo non lo salutarono. Poi si rivolsero a Nowell e, accorgendosi che era in compagnia di un Drago, divennero subito più disponibili.
– Buongiorno. – Rispose quello più anziano. – In viaggio?
– Sì, andiamo a sud. – Gli rispose ancora Yorick.
– Fate riposare l'animale? – Chiese sgarbato il giovane.
– No, in realtà il mio Drago si è rotto un'ala dall'ultimo volo, andiamo a piedi da un medico di mia fiducia. – Rispose il Solitario.
– Sì, è una seccatura quando capita … – Borbottò il vecchio. – Ho dovuto sopprimerne parecchi per una sciagura del genere. Ma perché non siete su un altro Drago? – Yorick scoppiò fulmineamente in una forte risata.
– Non vale la pena far affaticare un altro Drago per portare questo dal medico, e poi vengono impiegati in altro, dovrei perdere il guadagno di due invece che perdere quello di uno solo? – Spiegò Nowell. Ero stupito da come riuscissero ad inventare frottole così convincenti.
Il giovane Domatore mi stava fissando da qualche minuto, così anche due dei Draghi, avevo la netta sensazione che qualcosa sarebbe andato storto. – E che Drago è? – Sbottò lui ad un punto. L'anziano, che doveva non aver prestato molta attenzione a me, si interessò improvvisamente.
– In effetti, signori, è molto bello questo esemplare.
– Sì, certo che lo è, sennò perché portarlo da un medico? Più comodo sarebbe stato ucciderlo. – Rispose il Cacciatore e tutti e due ne furono persuasi.
– Di che razza è? – Domandò il giovane ancora più sprezzante.
– Un meticcio. – Rispose semplicemente il Solitario. – Inoltre gradirei smettesse di fissarlo in quel modo, mi dà molto fastidio. – Lo freddò.
– Sì, sì, è scortese, figliolo. – Lo rimproverò anche il vecchio che, dunque, era suo padre. Il Domatore allora smise di osservarmi e, per ripicca, schiaffeggiò violentemente i Draghi che mi guardavano. – Ma un meticcio di che razze? – Aggiunse ancora l'anziano.
– Oh, signore, non vorrete fare troppe domande, il Domatore è molto geloso, questo Drago glielo invidiano tutti e ha paura che possano rubarglielo, non vorrete di certo dare cattiva impressione. – Gli rispose Yorick veloce prima che lo facesse Nowell.
– No, no, non era certo mia intenzione, è vero, mi scusi, faccia finta che non abbia detto nulla. – Disse allora l'uomo sorridendo al mio padrone.
– Sono felice che abbiate capito, scusate la mia apprensione. – Gli rispose allora lui.
– Beh, per noi è giunto il momento di rimetterci in marcia, vi salutiamo. – Tagliò corto il Cacciatore.
– Certo, certo, andate pure. – Si scambiarono tutti un inchino, che io fui costretto a fare molto più profondo, poi ripartimmo di nuovo attraverso gli alberi. Sentivo con chiarezza gli occhi del giovane Domatore seguirmi tra i tronchi, viscidi e pieni di uno scuro e orrendo desiderio. Non dissi una parola per molti e molti passi fino a quando non fui assolutamente sicuro che loro non mi sentissero.
– Dite che ce l'hanno fatta? – Domandai poi a voce così bassa che credevo non mi avessero sentito.
– Sì, vedrai … – Sussurrò Nowell in risposta. Si voltò e mi sorrise. Sembrava essere andato tutto bene, eravamo riusciti a sviare quei due Domatori dai nostri amici, ma senza dubbio non sarebbe stato semplice continuare il viaggio, ci sarebbero sicuramente stati altri indesiderati incontri.
Dopo quasi un'ora di cammino Wren e Jethro si riunirono a noi e tutto tornò come prima, Wren rideva con Yorick e Jethro se ne stava in disparte, sulla sinistra, mentre io e Nowell chiudevamo il gruppo. Tuttavia in me qualcosa era cambiato, l'inquietudine che mi avevano lasciato addosso gli occhi di quel Domatore avidi del mio essere era ormai stampata a fuoco nella mia mente, avevo paura di poterli incontrare ad ogni angolo, ma soprattutto che tutti i miei futuri incontri sarebbero stati così funesti. – Pensi a quel Domatore? – Mi chiese il Solitario riuscendo ancora una volta a comprendere i miei pensieri. Annuii senza riuscire a mentirgli. – Non dovresti, è molto indelicato nei miei confronti, non credi?
– Non sto certo pensando che lo vorrei come Domatore, tutt'altro … – Risposi sospirando.
– Allora non vedo perché tu debba pensarci, lui non avrà mai nulla da te. – Mi voltai verso di lui. – Questo può fare il potere che ho su di te, giovane Drago. – Concluse posandomi una mano sulla spalla. – Se tu puoi proteggermi dai Draghi, io sono in grado di proteggerti dagli altri Domatori. È sciocco temere chi non ti può causare del male. – Sorrisi forzatamente per dar impressione che avessi capito pur sapendo che il mio Domatore era molto acuto quando si parlava dei miei sentimenti. – Persuaditi, è come dico. – Mi diede una pacca sulla spalla e poi la voce di Wren lo chiamò. Abbandonò il mio fianco avanzando verso la donna, mentre Yorick si spostò indietro. La cosa sembrò tanto casuale da farmi credere l'avessero programmata.
L'uomo, abituato a viaggiare, portava con disinvoltura lo zaino che per i primi giorni mi era sembrato pesante, guardando avanti a sé teneva le mani nelle tasche dei pantaloni rattoppati ed i suoi lunghi capelli biondi, spenti dall'età, gli scivolavano sulle spalle arruffati e disordinati. Il suo viso gentile era scavato dalla cicatrice, come un orrendo monito, qualcosa che diceva senza parlare della quasi morte sfiorata, del dolore provocato dalla separazione più profonda. Pensai, senza farne mistero, che quella ferita non fosse solo simbolo di una battaglia vinta, ma più verosimilmente di qualcosa perso per sempre. Come la bellezza scivola via ora dopo ora dalle dita del giovane, così Yorick credevo avesse perso la sua anima gemella e con essa ogni altra cosa. Fantasticavo su come fosse morto il suo Drago, su quanto lui avesse potuto soffrire, piangere e voler morire. Lo vedevo mentre si sfregiava il viso per il dolore, mentre urlava a squarcia gola l'amore portato via per sempre, il dolce viso dell'amico più caro scomparso nel reale mondo che cade. Mezzo Morto. Quelle due parole sfioravano i miei pensieri e nel vedere la sua espressione sempre crucciata, le sue spalle curve al soffiare del vento non potevo non pensare alla vita che aveva vissuto, a quando cavalcava le nuvole, a quando rideva con il viso sfiorato dall'aria alta del cielo, a quando niente tirava il suo viso in quella posa truce. Anche Yorick era stato giovane e bello come me e come Nowell, anche lui aveva avuto il suo Drago, si era innamorato, l'aveva custodito come si può fare con le cose più preziose, eppure era lì, camminava al mio fianco con la sommessa promessa di non abbandonarmi, di non lasciarmi, forse, pensai, con la paura di tornare solo. Mi chiesi se somigliassi al suo Drago e se quello fosse il motivo del suo interessamento, però non ebbi mai il coraggio di chiederglielo, sapevo era proibito. Sapevo che la bellezza abbandona i giovani lentamente ma perdere l'amore, vedendo Yorick lo si comprendeva bene, sfregia il cuore così irrimediabilmente che si diventa orrendi e tristi senza nemmeno giungere al tramonto.
– Non devi fidarti di quell'uomo, giovane Drago. – Disse secco il Cacciatore ridestandomi e sconvolgendo i miei pensieri. La sua voce cupa e roca mi ricordò quella che aveva usato per dirmi la mia triste sorte quella lontana, ormai, notte. – Ha qualcosa in mente … – Sussurrò osservando le spalle di Nowell come se lì potesse leggere il futuro.
– Lui dice lo stesso di te. – Lo informai senza farmi sfuggire una risata. Lui ne sembrò stupito.
– E cosa avrei in mente secondo lui? – Chiese irritato.
– Dice quello che diresti tu se io ti chiedessi cosa credi abbia lui in mente. – Risposi convinto che non fallivo. – Dice che non lo sa. – Storse la bocca visibilmente seccato dalla mia perspicacia.
– Sì, eh … – Affondò di più le mani nelle tasche. – Dunque ci sospettiamo a vicenda di qualcosa che sfugge ad entrambi, sembra una barzelletta.
– Credo che voi dovreste solo provare ad andare d'accordo. – Il Cacciatore grugnì.
– Lui è un Mezzo Drago. – Ricordò a se stesso con un moto d'ira.
– Sì, in effetti lo è. – Aggiunsi io molto seccato dalla sua infantilità. – Potremmo dire che è il figlio di un Domatore e di un Drago, essendo amico di Wren e Jethro questo dovresti poterlo accettare, non credi? – Grugnì di nuovo.
– Sì … – Borbottò ancora poco convinto. Prese un profondo respiro. – Ma sia chiaro, giovane Drago, niente, e dico niente, potrà mai convincermi che lui è qualcosa di giusto e corretto. – Si passò una mano tra i capelli. – Solo un pazzo finirebbe per innamorarsi di un Drago e questo è di per sé scandaloso, ma che un uomo violenti per diletto uno dei propri animali, consentimi il termine perché è questo quello che userebbe chiunque possa essere il padre di quell'uomo, questo credo che sia il crimine più disgustoso che possa esistere. Umiliare in modo così profondo qualcosa che hai già sotto il tuo più completo controllo è spregevole … l'assurdo di tutto questo è che loro alla fine sono perfino contente … – Tenevo lo sguardo basso poiché non riuscivo a guardarlo in viso.
– Hai ragione, Yorick, è spregevole, ma che colpa ha Nowell dei crimini e delle oscenità compiute da suo padre? – Sapevo bene cosa volesse dire “pagare per i debiti dei propri genitori” e mi deludeva che il Cacciatore addossasse sul Solitario quella colpa a lui così estranea. – Cosa lo rende sbagliato se non la scelta compiuta da un altro? Allora perché discriminarlo per questo? – Yorick mi guardava senza riuscire a trovare una risposta ragionevole e che allo stesso tempo difendesse la sua opinione, così alla fine sospirò di nuovo ed annuì arrendendosi.
– Quel ragazzo non ha fatto nulla di male, giovane Drago, sono d'accordo con te, ma crescere in una realtà così corrotta, credimi, non può lasciare completamente illesi. – Mi rivolse uno sguardo triste stringendo le labbra tra loro. – Tu guardati da lui e promettimi che farai attenzione. – Serrò le mani dentro le tasche. – Anche se ormai qualunque cosa lui ti ordini tu non puoi più negarti. – Yorick aveva ragione, aveva centrato il punto: io non avevo più alcuna scelta.
Tuttavia avevo in Nowell una fiducia, si può dire, quasi cieca. Non lo conoscevo così a fondo da poter dire cosa avesse in mente, quali fossero i suoi piani, da chi volesse protezione o qualsiasi altra domanda troppo personale, poiché in fondo lui non si fidava ancora così tanto di me, però mi ero affidato a lui e ne ero ancora convinto. Lui, per una strana coincidenza di sentimenti e situazioni, era diventato importante per me, unico e non solamente il mio tirannico Domatore. Credevo, all'epoca così come ora, che possedere qualcosa di caro ti dà la forza e la facoltà di fidarti del tuo istinto, di continuare a procedere per una strada, sebbene ignota ed accidentata, con la stessa convinzione che da solo avresti avuto solo se avessi posseduto la mappa precisa di essa.
Yorick forse non voleva ricordare i tempi in cui cavalcava le nuvole in groppa al suo Drago, in cui si affidava completamente a quel suo “animale” ed era felice, sicuro del proprio destino senza in realtà conoscere molto più di quel che conoscevo io allora. Yorick forse aveva paura del futuro poiché prima di allora gli aveva sempre custodito solo cattive sorprese. Eppure perdere qualcuno di insostituibile era un dolore che conosceva perfettamente, ed io, sebbene lui non mi incitasse in quella direzione, sapevo che era molto più importante proteggere quel qualcuno piuttosto che vivere nell'assoluta sicurezza. Yorick forse anche questo non voleva ricordare.
 
Dopo altri nove giorni di viaggio il bosco lasciò il posto all'erba giallognola dell'autunno e al freddo che diventava sempre più pungente. Non si erano più verificati, per nostra fortuna, altri incontri indesiderati. Le domande a Nowell sul suo amico divennero sempre più stringenti e questo mi fece facilmente comprendere che ormai non doveva mancare molto al nostro arrivo. Ero da un lato felice di poter finalmente sapere se per me c'era qualche speranza di volare, ma dall'altro lato non volevo avere una vera e propria risposta. In fondo l'incertezza è sempre meglio che la certezza del terribile.
Dormivamo vicino ad un fuoco improvvisato, coperti da alcuni alberi. Il sole stava per albeggiare e la semioscurità ci circondava ancora tutti, io però ero già sveglio, i cattivi pensieri mi avevano destato dal mio tranquillo sonno. Sarei rimasto disteso a terra se non avessi notato qualcosa muoversi tra degli alberi esattamente sulla mia destra. Pronto mi sollevai e, temendo il peggio, mi avvicinai a Nowell. Lo svegliai. – Cosa c'è? – Chiese lui poco felice. Senza dire una sola parola indicai la zona in cui ancora si muovevano dei rami. Veloce si sollevò restando abbassato e svegliò gli altri facendo a tutti segno di stare zitti. Jethro e Wren erano pronti a fuggire e noi tutti a proteggerli. Il Solitario allora si alzò e, con me alle costole e Yorick dietro, ci avvicinammo all'albero che ondeggiava. Con il poco aiuto della luce ci guardammo intorno. – Non c'è nessuno, forse è stato il vento … – Sussurrò il Cacciatore sfiorando il tronco dell'albero incriminato.
– Sì, forse …
– Chi siete? Cosa ci fate in questi territori? – Chiese una voce chiara, energica ed autoritaria. Yorick veloce si preparò ad affrontare il nemico mentre Nowell, con le sopracciglia corrugate sulla fronte, fissava nell'oscurità alla ricerca di un volto. – Chi siete? – Domandò ancora la voce. Come un segno di chiarimento invase subito il viso del Solitario che sorrise.
– Shiloh, sono Nowell, sono con dei miei cari amici, non devi temere. – Disse quasi ridendo.
– Nowell? – Ripeté la voce confusa. – Il Mezzo Drago? – Dalla nostra sinistra si fece avanti un uomo, o, per meglio dire, un Drago. Non era giovane, ma anziano, con dei lunghi capelli scuri, con molti capelli bianchi, debolmente arricciati sul fondo, occhi luminosi, verdi e scavati, viso vigoroso e corpo prestante. Le sue mani erano rugose e sottili, strette tra loro per il freddo del mattino.
– Sì, sono Nowell. – Rispose il Domatore.
– Oh, qual buon vento! Qual buon vento! – Lo accolse sinceramente felice con il suo tono squillante.
– Cosa fai qui, lontano dalla tua casa e da solo, Shiloh? – Gli domandò Nowell.
– Wardell mi ha mandato a prendere alcune cose nelle regioni di montagna e così mi sono fermato qui per riposare. – Spiegò il Drago abbastanza seccato di dover fare il fattorino.
– Spero non ti abbia mandato a prendere nulla di pesante e faticoso. – Lo stuzzicò il Solitario ridacchiando.
– No, una lettera. – Rispose prendendolo seriamente Shiloh. – Ma, non è da solo, chi porta con lei e, se posso chiedere, dove è diretto? – Domandò.
– Porto amici con me, Domatori affidabili, non preoccuparti, pensavo di fare visita a Wardell, devo chiedergli alcuni favori. – Gli spiegò senza problemi l'altro.
– Sarà felice di vederla sicuramente. – Lo rassicurò. – Ma, se posso essere indiscreto, sento odori di Draghi, i Domatori che porta con sé sono dunque accompagnati? – Chiese ancora. Io lo guardavo da dietro le spalle di Nowell e probabilmente lui non mi aveva visto per nulla.
– Sì, non sbagli, ci sono dei Draghi. – Rispose. – Entrambi domati. – Concluse senza specificare altro. Il sole sorgeva sempre di più e ben presto la luce avrebbe cominciato a rendere tutto più palese. Shiloh, infatti, notò la mia figura e mi rivolse con interesse lo sguardo.
– E quel Drago da dove viene? – Mormorò sovrappensiero.
– Ehi! Nowell! Tutto okay? – Domandò la voce di Wren lontana.
– Sì! Potete pure avvicinarvi! – Disse. Il vecchio Drago intanto continuava a squadrarmi, sentivo che non avrebbe facilmente distolto la sua attenzione né da me né dalle sue domande a riguardo. Wren e Jethro ci raggiunsero e non appena videro Shiloh fecero dei visi confusi.
– Chi è? – Chiese la donna.
– È Shiloh uno dei Draghi di Wardell, il mio amico. – Illustrò il Solitario. L'altra annuì. Jethro invece non disse nulla e sembrava anzi molto seccato dalla presenza di un altro Drago.
– Chi è quel Drago? Da dove viene? – Interrogò ancora Shiloh il mio padrone. Nowell rivolse a lui le sue attenzioni e sospirò.
– Viene dalle montagne, quelle a nord.
– Ha gli occhi verdi.
– Sì, lo so, ma non sa spiegare perché. – Certo lo sguardo di Shiloh mi mise a disagio, sembrava deluso e molto molto impietosito.
– Devi portare tutti da Wardell?
– Sì, sono partiti con me apposta per seguirmi nel viaggio.
– Va bene, vi accompagnerò anche io. – Non so cosa spinse quel Drago a volerci aiutare, ma avevo come la strana sensazione di c'entrare qualcosa. Così, senza indugiare oltre in chiacchiere, ricominciammo a camminare.
La nostra formazione era sempre la stessa, Yorick davanti con Wren, Jethro in mezzo sulla sinistra ed io e Nowell dietro. Shiloh si era messo esattamente all'opposto di Jethro e, notai che, fin da quando si erano conosciuti, non si erano rivolti nemmeno uno sguardo. Era più Shiloh a non voler guardare Jethro piuttosto che il contrario. Sembrava infatti che al vecchio Drago non importasse nulla di quello dagli occhi rossi, d'altro canto invece i suoi occhi correvano spesso a me che, al fianco del mio Domatore, cercavo di non farci caso. – Devi stare calmo, non è un cattivo Drago, Wardell è un brav'uomo, dunque, senza alcun dubbio, anche i suoi Draghi lo sono. – Sussurrò Nowell vedendomi a disagio.
– Lo capisco, ma non sempre la natura di un uomo è determinata da quella del suo padrone. – Risposi cercando di muovere il meno possibile le labbra.
– Hai ragione, ma questo non vale per un Drago ed il suo Domatore. – Mi sorrise freddamente e di certo non voleva sentire nessuna mia replica a quella sua frase, era come se stesse aggiungendo “... ed è così poiché conosco bene il mondo in cui viviamo, tu no.”. Abbassai lo sguardo trovandomi ancora più a disagio. Senza che potessi prepararmi alla cosa mi trovai accanto Shiloh che con noncuranza guardava avanti a sé aspettando, forse, che Nowell gli rivolgesse qualche parole, cosa che, il Solitario, non sembrava voler fare. Le mie mani erano diventate di fuoco, calde per l'agitazione e la mia mente non riusciva a pensare ad altro se non al modo in cui avrei potuto liberarmi da quell'avvoltoio.
– Dunque hai gli occhi verdi? – Mi chiese ad un certo punto il vecchio Drago. – Anche io li ho. – Mi fece notare. – Mia madre era un Drago del mare, stupendi i Draghi di mare, non credi? – Non avevo alcuna intenzione di rispondere.
– Ti ho già detto Shiloh che lui non sa nulla, inoltre non ha il mio permesso per parlare con te. – Tagliò corto il Domatore.
– Immaginavo che lei era un tipo geloso, certo dopo tutti quelli che si è visto scappare … – Borbottò irrispettosamente in risposta il Drago.
– Wardell dovrebbe avere più a cuore cosa dice il suo Drago. – Lo istigò il mio padrone.
– Sì, immagino di sì, ma con ogni probabilità mi tratta in modo migliore rispetto a lei che lo porta in giro con Doppi e Mezzi Morti. – La mano di Nowell si serrò furiosa.
– Non ti permetto, Drago, di insultare i miei amici. – Ringhiò furioso mostrandogli i denti. Certo, quando voleva, assomigliava molto più ad un Drago che ad un Domatore.
– Che possiate perdonare le mie parole, signore. – Sussurrò Shiloh senza sembrare per nulla toccato dalle minacce di Nowell, ma più per quieto vivere. Tornò allora a guardare avanti a sé senza né lasciare il mio fianco, né dire altro. Io mi avvicinai di più al Solitario che sospirò furioso. Non doveva essere molto felice del mio comportamento da codardo, tuttavia quell'uomo riusciva a mettermi in una soggezione tale che non potevo, o non volevo, stargli troppo vicino.
Il sole sorse feroce sulle terre dal terreno color del tramonto ed il vento soffiava placido. Shiloh amava il vento, quando una folata gli scompigliava i capelli chiudeva gli occhi ed assaporava il fresco sul suo viso come se fosse un sorso d'acqua. Doveva essere molto bravo a volare. Era felice, lo sentivo anche senza vedere il suo sorriso, quando l'aria si alzava poiché gli sembrava di poter planare e vedere l'orizzonte sempre più ignoto farsi vicino. Lui era molto più simile ad un Drago di quanto non fosse Jethro. È crudele da dire, lo so, ma conservava una sorta di fierezza che il Drago dagli occhi rossi aveva smarrito, forse proprio per questo Shiloh non si curava molto della sua presenza, i Doppi non erano ben voluti nemmeno tra i Draghi, alcuni credevano fosse un disonore, molto più onorabile era essere Drago sottomesso, piuttosto che un Drago Consacrato.
– Wardell sta bene? – Domandò Nowell ad un certo punto.
– Sì, bene. – Rispose il vecchio Drago.
– Intendo se rinsavito dai suoi propositi oppure no. – Shiloh si voltò con uno sguardo truce e sdegnato.
– Ovviamente no, signore. – Rispose con rabbia.
– Capisco. – Concluse il Solitario. Mi guardò. – Vai avanti con Yorick, Nivek. – Mormorò dolcemente ed io non potevo fare altro se non obbedire alle sue parole. Percorsi la strada che mi divideva dal Cacciatore senza nemmeno accorgermene, a passo sicuro, e mi fermai accanto a lui.
– Cosa fai qui? – Domandò lui interrompendo il suo discorso con Wren.
– Sì, soffio di fumo, come mai qui? – Mi chiese lei.
– Nowell me l'ha ordinato. – Risposi piano. La donna annuì, mentre Yorick corrugò la fronte e veloce si voltò indietro per guardare il viso di Nowell e capire, forse, perché mi avesse mandato lì. Si voltò senza aver cancellato la sua confusione e sospirò.
– Resta qui. – Disse con voce calda e roca. Si tirò indietro i capelli e continuammo a camminare. Non potevo sentire né cosa si dicessero Nowell e Shiloh, né riuscivo a comprendere per quale motivo dovevo restare avanti mentre loro parlavano. Ciò che più mi rese sospettoso era che il Solitario non me l'aveva chiesto, ma bensì ordinato. Sebbene volessi credere che io e lui eravamo sullo stesso piano restavamo padrone e servo, Domatore e Drago.
 
Era ormai passato un giorno, avevamo dormito in compagnia di Shiloh ed io, siccome Nowell non aveva mutato il suo animo, avevo dovuto rimanere vicino a Yorick, ciò non mi dispiaceva, ma l'obbligo mi seccava. Ricominciammo a camminare ed ormai, così disse il vecchio Drago, non mancava molto. Percorremmo ancora per due, tre ore e poi cominciammo a vedere in lontananza un gruppo folto di tende, tutte colorate, ed in cielo si vedevano alcuni Draghi volare alti. Il mio cuore cominciò a battere forte. Anche io forse in quel luogo sarei finalmente riuscito a volare. Sorridendo mi voltai verso Nowell che ricambiò il mio entusiasmo sommessamente, accennando un viso felice che però mi fece scoppiare il cuore di gioia. Il cielo era così alto in quel luogo, quasi irraggiungibile, eppure con Nowell forse sarei riuscito a toccarlo. I miei passi si fecero più veloci ed impazienti, tanto che Yorick dovette farmelo notare, altrimenti mi sarei messo a correre. Wren e Jethro si fecero vicini uno all'altro ed il Solitario, finalmente, prese il suo posto vicino a me. Shiloh, come se i suoi piedi calpestassero l'aria, era molti metri avanti a noi.
Nowell mi prese un braccio. – Stai calmo, ti dirò io cosa fare. – Mi sussurrò. Nemmeno le sue parole di comando potevano far tacere il boato che si era scatenato nel mio animo. Ero troppo eccitato all'idea di incontrare tutti quei Draghi e soprattutto di poter finalmente imparare a volare, diventare un vero Drago.
Arrivammo in mezzo alle tende così velocemente che non mi accorsi di percorrere gli ultimi metri, lì c'erano molti uguali a me, di moltissime specie, tutti parlavano tra loro, un chiacchiericcio vivace ci circondava, ma, per me, assolutamente incomprensibile. Quando noi passammo tra essi guidati da Shiloh i sussurri si fecero più intensi, guardavano Jethro con una sorta di disprezzo ed anche lui, a suo malgrado, non poté fare a meno di accorgersene, invece verso di me sembravano eccitati, quasi febbrilmente felici della mia presenza. Uno di loro si allungò per toccarmi una mano ed una volta afferratomi solo spinto da un altro mi lasciò andare. Mi tirai più vicino al mio Domatore che, così mi parve, era tanto sorpreso quanto me. Passammo molte tende e poi giungemmo a quella in mezzo, la più grande. Shiloh entrò senza darci alcuna indicazione e tutti restammo fermi fuori. Nowell sembrava l'unico che sapeva come sarebbe andata la cosa.
– COSA! DAVVERO? QUI FUORI?! – Urlò una voce gioiosa e vitale. Dei rumori assordanti di oggetti che cadevano, stoffe strappate, cadute accidentali, precedettero l'uscita dalla tenda di un uomo spettinato e sporco, forse per la caduta, vestito con una lunga tunica rossa e verde con molti fili dorati ricamati al suo interno. – Oh! Nowell! – Esultò saltandogli al collo. – Quanto tempo hai fatto passare! – Rideva di felicità e stringeva incredulo il corpo del mio padrone che invece era molto imbarazzato. – Sono così felice di vederti … – Disse riprendendosi dall'entusiasmo ad un tono di voce socialmente accettabile. Prese un bel respiro e riuscì a calmarsi. Era poco più basso del Solitario, con un corpo vigoroso ed un viso gentile, i capelli corti e biondi gli erano arruffati sopra la testa come un cespuglio e la pelle chiara era intervallata da macchie di terra, lo guardo scuro e vivace guardava l'amico appena arrivato.
– Sono felice di vederti anche io. – Disse Nowell accennando un sorriso divertito. Allora Wardell si guardò intorno e vide per prima Wren e poi Yorick e Jethro.
– Hai amici con te! Qual bizzarro evento! – Si avvicinò alla donna e le baciò la mano facendo un vistoso inchino. – Signora, la melodia che da lei proviene è qualcosa di toccante. – Le disse e lei arrossì vistosamente.
– Perfino la sua voce è così simpatica. – Aggiunse lei. Ebbi come l'impressione che sarebbero andati molto d'accordo.
– Molto lieto di conoscere anche voi due. – Disse ai due uomini senza nemmeno stringergli la mano e rimanendo a distanza con un sorriso distaccato, poi i suoi occhi tornarono su Nowell e fu in quel momento che mi notò. – Quale stupendo e incredibilmente irreale animale hai al tuo seguito, Nowell? – Mi si avvicinò velocemente e mi volle subito toccare il viso ed i capelli. – Biondo così e occhi tanto verdi! È bellissimo! – Poi il suo entusiasmo si spense. – Perché hai portato da me un così strano esemplare? – Domandò senza voler smettere di toccarmi.
– Lui, Wardell, è il mio Drago. – Gli disse sorridendo. L'uomo ritrasse velocemente la mano e ridacchiò imbarazzato.
– Sì, sì, scusa allora per … Il tuo Drago? – Chiese accorgendosi solo in quel momento del controsenso.
– Sì, il mio Drago.
– Un Solitario … il Drago di un Solitario. – Rise gioioso. – Ah! Quale, quale animale! Un Solitario! – Tornò accanto all'amico e lo prese sottobraccio. – Entra, entra, dobbiamo parlare a fondo. – Lo invitò senza complimenti. Wardell entrò e Nowell, prima di seguirlo, si voltò verso di me.
– Vieni. – Disse ed io, felice di poter tornare al suo fianco, lo seguii.
– Devi raccontarmi ogni cosa! Ogni cosa! – Nella tenda non entrava molta luce, così vedevo distintamente poche cose. Shiloh stava sistemando la confusione e con lui c'era un altro Drago, uno molto alto, più di me, con dei lunghissimi capelli rossi scuri che, intrecciati, gli sfioravano le gambe. I suoi occhi erano leggermente più grandi di quelli degli altri Draghi ed aveva uno sguardo malinconico, poetico, quasi surreale, mi trovai, devo ammetterlo, in completa venerazione. Shiloh e lui parlavano fitti in una lingua strana, e sembravano capirsi perfettamente. Quando entrai io e l'altro Drago ci guardammo per caso, ed entrambi restammo immobili senza poter distogliere lo sguardo, in lui c'era qualcosa di assurdamente attraente e magnetico, il più bel Drago che avessi mai visto, ed i suoi occhi gialli scuri mi guardavano maestosi e fieri.
– Ishmael, vieni, puoi avvicinarti se vuoi al nostro nuovo amico. – Disse l'amico di Nowell. Lui, senza fare alcuna espressione lasciò a terra quello che aveva in mano e, sotto lo sguardo vigile di Shiloh, si avvicinò a me. Chinò il capo leggermente e rimase in attesa. Io non capivo cosa lui volesse da me. – Ehi, Nowell, il tuo Drago è un po' scorbutico, non credi? Di solito è Ishmael quello che riceve i saluti e non li muove per primo. – Disse Wardell ed il Solitario ridacchiò.
– Mi spiace, davvero, ma lui non sa come fare. – Rispose calmo mentre io ero ancora assediato dallo sguardo critico dell'altro Drago.
– Cosa intendi dire? – Gli domandò confuso il Domatore.
– L'ho portato qui perché ho bisogno del tuo aiuto, Wardell, io non ho mai addestrato un Drago e non ne ho mai avuto uno, così …
– Sì, certo, ma allora anche la donna Doppia avrebbe potuto aiutarti. – Lo interruppe.
– Fammi finire. – Lo azzittì Nowell. – Certamente non puoi credere che io sia riuscito a domare un Drago comune, uno che anche tu avresti potuto domare, sarebbe impossibile e noi ben lo sappiamo. – Continuò. – Lui, dunque, è diverso da qualsiasi Drago chiunque Domatore abbia mai domato, lui è, o per meglio dire era, un Indomabile. – Ishmael arricciò il naso. – Così tu puoi ben capire che lui non sa cosa significhi volare, parlare o comportarsi come un Drago.
– Mi stai dicendo che tu sei venuto da me a chiedermi di farlo diventare tale?
– Sì, è ciò che ti chiedo. – L'uomo sospirò. Si passò una mano tra i capelli e si sedette sulla sedia che si trovava dietro una scrivania.
– E, di grazia, come potrei? Ti rendi conto che è impossibile che io faccia le veci di un “capotribù”?
– Ma magari uno dei tuoi Draghi potrebbe. – Gli suggerì il Solitario.
– E perché dovrebbero? Per aiutare un Solitario? Non se ne parla … nessuno …
– Lo farò io, mio signore. – Flautò la voce di Ishmael. Wardell si tirò su stupito.
– Non lo farai! Non ti permetterò di insegnargli nulla di ciò che ti ho insegnato per aiutare un Domatore. – Scattò subito Shiloh.
– Capisci anche tu, padre, che è assurdo, tu le hai insegnate a me così che io potessi servire il nostro padrone in modo migliore, ora perché io non dovrei farlo per questo Drago.
– Perché lui è il Drago di un Mezzo Drago!
– E anche di un Solitario. – Ribatté veloce Ishmael. – Me ne occuperò io, mio signore. – Ripeté con voce sicura.
– Grazie mille, Ishmael, ti sono molto grato. – Disse il mio padrone.
– Come vuoi, fa' di lui un Drago, ma non lasciare che questo ti prenda troppo tempo. – Concluse Wardell tornando seduto.
– Sì, mio signore. – Mormorò Ishmael chinando molto il capo. – Non si preoccupi. – Shiloh ci guardava ribollente di rabbia, non era certamente molto felice dell'idea del figlio.
– Allora, Nivek, hai il mio permesso di parlare e di trascorrere del tempo con Ishmael, mi raccomando. – Chinai il capo anche io, incondizionatamente. Il Drago dagli occhi gialli mi toccò il braccio.
– Seguimi ora. – Sussurrò portandomi poi verso l'uscita. Rivolsi uno sguardo ancora a Nowell che però, concentrato com'era nello scherzare con Wardell, non si curò molto di me. Uscii dietro a Ishmael e, sebbene Yorick sembrasse preoccupato dalla cosa e Wren e Jethro non comprendessero bene cosa dovessero fare, non rivolsi loro la parola e proseguì dietro al mio accompagnatore. Ci avventurammo attraverso le tende, seguiti dagli sguardi degli altri Draghi, fino ad uscire dal gruppo e trovarci in campo aperto.
Ishmael mi squadrava in modo molto indecifrabile, non capivo cosa stesse osservando così attentamente. – Che genere di Drago è uno con i capelli biondi e gli occhi verdi, vuoi dirmelo? – Domandò corrugando la fronte. Non ero sicuro di dovergli dare una qualche risposta, pensai lo stesse chiedendo retoricamente, ma poi sembrò seccato dal mio silenzio. – Dunque?
– Non so, davvero. – Dissi incerto. Il suo sguardo divenne stupito, quasi attonito e credetti di aver detto qualcosa di sbagliato. Si passò una mano sulla bocca e sospirò chiudendo gli occhi.
– Mio padre certo non ti ha mai sentito parlare, immagino, altrimenti non avrebbe nulla in contrario … – Mormorò. Io strinsi le mani nervoso ed imbarazzato. – Da dove vieni?
– Dalle montagne, a nord. – Risposi per l'ennesima volta.
– Ma i tuoi …
– Sì, lo so, i miei occhi sono quelli di un Drago del mare, anche se questo non so cosa significhi e posso dire con certezza che il mio villaggio non era tanto socievole da avere ospiti così diversi.
– Tua madre? Tuo padre? – Ero stanco di doverlo raccontare.
– Mia madre era un Drago delle Montagne, occhi azzurri e bionda. Non ho mai conosciuto mio padre e non so nulla su di lui. – Tagliai corto sapendo perfettamente cosa voleva sapere. Annuì.
– Vedremo in cosa ti trasformerai, giovane Drago, quello forse ci dirà di più su di te. – Concluse abbastanza tranquillo.
– Quindi voi credete che io possa farcela a diventare un Drago? – Lui sembrò stupito dalla mia domanda.
– Sì, credo che tu possa, realisticamente nessun Drago insegnerebbe mai ad un Drago Domato ciò che deve imparare, ma noi siamo … come si può dire … una comunità un po' particolare. – Spiegò sorridendo per la prima volta. – Wardell ci protegge dai Domatori e noi siamo felici di servirlo, qui i Draghi sono quanto più liberi. – Sospirò. – Anche mio padre fa parte di questo branco, così come ne faceva parte mia madre, e si può dire, senza errare, che io sia nato in cattività. – Guardò le tende alle mie spalle con una sorta di trasporto. – Nasci libero, ma il tuo destino è chiaro fin da quando sei bambino, servirai il padrone come i tuoi genitori fanno e vivrai insieme al branco per sempre. – Ridacchiò. – Non fraintendermi, giovane Drago, non c'è nulla di meglio se non vivere in questo modo per quelli della nostra specie. – Non ne ero così persuaso. – I genitori ti crescono e ti insegnano ad essere un Drago fino a quando non sarai maggiorenne, quel giorno diventerai un altro Drago del padrone, è così che vanno le cose qui. – Mi sorrise dolcemente.
– Ma se non vuoi? – Domandai, ora lo comprendo, stupidamente.
– Anche tu non volevi finire qui, essere domato ed il resto, ma ci sei finito, non sarebbe diverso, in teoria, per noi. Ma ti assicuro che chi cresce nel branco capisce quanto il padrone ci ami tutti e nessuno, una volta adulto, vorrebbe mai un destino diverso. – Abbassai lo sguardo ed annuii senza voler mostrare quanto questo mi rendesse poco felice. – Per questo per noi è facile poter accettare di addestrarti, capisci?
– Sì, capisco. – Risposi. Si avvicinò a me e mi mise una mano sulla spalla.
– Dalla lingua degli antenati, alle nostre usanze di Draghi, fino al volo ti insegnerò qualsivoglia cosa così che anche tu possa essere ciò per cui sei nato. – Non credo che stessimo pensando la stessa cosa.
– Ehi! Ishmael! – Lo chiamò la voce di Wardell. Lui sollevò lo sguardo e lo cercò. Mi voltai. I due Domatori si avvicinavano a noi. Wardell si era vestito ed aveva indosso degli abiti che sembravano molto costosi. – Allora? Avete fatto amicizia? – Chiese. Nowell era dietro di lui, sorridente e felice. Si avvicinò a me stranamente troppo cordiale.
– Sì, parlavamo. – Rispose il Drago calmo e posato.
– Bene. – Commentò ridacchiando il nostro ospite. – E la sua voce? Nowell si vanta dicendo che è bellissima. – Domandò spostando lo sguardo su di me.
– Lo è, mio signore.
– Più della tua?
– Mi dispiace ammetterlo, ma più della mia. – Concluse Ishmael che, a mio parere, sapeva emettere i suoni più belli che avessi mai ascoltato.
– Nivek, puoi parlare senza problemi, fai sentire a Wardell la tua voce. – Un brivido mi percorse la schiena ascoltando ancora la voce del serpente che mi ordinava. L'altro Drago mi guardava con le sopracciglia curve e severo, Wardell sembrava in attesa di un miracolo. Nowell ancora una volta mi costringeva.
– Sono molto lieto di conoscervi, signore, chi è amico del mio padrone è meritevole della mia più assoluta stima. – Dissi senza riuscire ulteriormente ad oppormi. Il Domatore parve da subito estasiato, il sorrisino che dipingeva spesso le sue labbra era scomparso e la sua bocca era aperta dallo stupore.
– Hai ragione, Nowell, è qualcosa di mai udito prima … meraviglioso … – Sussurrò riprendendosi dallo shock. – Non vedo l'ora di vederlo Drago, davvero, l'impazienza mi ucciderà. – Disse tornado ridacchiante.
– Anche io. – Concluse il Solitario. – Ora però credo che dovremmo riprenderci un po' dal viaggio, abbiamo fatto molta strada, entrambi siamo stanchi. – Mi circondò le spalle con un braccio volendo far intendere la sua posizione e Wardell non lo fermò.
– Andate, andate! I vostri compagni sono già in una tenda, ho messo i due Doppi insieme, invece l'altro l'ho messo nella vostra tenda, spero possa andare così, non ho moltissime tende vuote da offrirvi. – Il Domatore non sembrò molto contento, ma fece buon viso a cattivo gioco.
– Sì, tutto perfetto, non preoccuparti. – Rassicurò l'amico. Detto questo tutti ci scambiammo un inchino ed io e Nowell iniziammo a tornare verso le tende. Quando ormai ci trovammo vicini alle tende le risate di Wardell mi fecero voltare di nuovo indietro. Ishmael era diventato un grosso Drago rossiccio dagli occhi gialli e, come non credevo fosse possibile, giocava con il Domatore che ridendo lo accarezzava. Qualcosa mi colpì poiché sentii chiaramente la strana atmosfera che li circondava. Ishmael avrebbe fatto tutto per il suo padrone eppure vendendoli lì a giocare mi sembrò di non distinguere alcun padrone o servo, ma qualcosa di molto diverso. Le risa dell'uomo erano acute e sincere, nessuno aveva mai riso così con me, né per simpatia, né per parentela, quella musica era sconosciuta ma allo stesso tempo nota, poiché mi era sempre mancata. Mi voltai verso Nowell con l'amaro in bocca ed una tristezza che mi riempiva il cuore.
– Cosa guardi? – Domandò curioso voltandosi indietro ad osservare quella direzione che avevo abbandonato.
– Guardavo due innamorati. – Sussurrai e la mano del Domatore si strinse sulla mia spalla. Deglutì e voltò il viso per non vedere.
– Ti sbagli … sono solo molto uniti. – Proprio quella frase che, tremolante, uscì dalle labbra del mio padrone mi fece capire che non sbagliavo, avevo visto bene, più bene di quanto avessi dovuto. Sapevo di aver guardato, con quei miei occhi strani e sconosciuti, un altro sogno, un altro sogno che mai sarebbe diventato realtà, che mai avrebbe consolato i suoi sognatori. Avevo visto un sogno che poteva volare in alto, ma che il vento spingeva sempre a terra.
Entrammo senza dirci altro nella tenda abitata da Yorick, che, appena ci vide, si alzò furioso e cominciò ad inveire contro il Solitario. – Lo stai trattando come una bestia da circo! Ti sembra il modo?! Dovresti aver rispetto di lui! – Lo accusò puntandogli contro il dito. Nowell, lo sentivo, non sarebbe stato gentile con lui.
– È il mio Drago, lo tratto come credo e come voglio … – Mi sedetti a terra. – … non voglio che qualcuno che ha ucciso il proprio mi dia consigli. – Lo freddò con voce scura il Solitario. Le labbra del Cacciatore si strinsero e la sua voce divenne flebile, come un rumore lontano.
– Non sai di cosa stai parlando, ragazzo, farai bene a controllare ciò che dici … – Mormorò in risposta.
– Allora lo stesso vale per te, lui è il mio Drago e questa tua pretesa di …
– Basta! – Intervenni sicuro nella conversazione. Entrambi mi guardarono. – Dovete smetterla, io sono il Drago di Nowell e farò ciò che lui mi dice, non voglio altre inutili discussioni. Inoltre, non credo che un Domatore che non riesce nemmeno ad addestrare il suo Drago debba inveire contro qualcuno che l'ha perso sicuramente non per sua volontà. – Conclusi assicurandomi che il Solitario avesse sentito bene le mie parole e lo fece, si infuriò ma non mi punì e non si scagliò contro di me, uscì sollevando sopra di sé il lembo che chiudeva la tenda. Presi un profondo respiro.
– Grazie, Nivek. – Sussurrò Yorick sedendosi.
– Non devi ringraziarmi, è ciò che penso. – Mi alzai.
– Dove vai? – Chiese.
– A vedere dove è andato. – Non potevo fargli credere che mi importasse più Yorick o che, dopo tutto quello che aveva fatto per me, non gli ero grato in nessun modo. Non era colpa sua se non sapeva come aiutarmi ed io, di certo, non ero molto più utile. Uscii dalla tenda. Il sole era forte ed il vento vivace. Lo trovai, senza troppa fatica, in compagnia di Wren fuori dalla sua tenda. Mi avvicinai. Lei, vedendomi arrivare, gli mise una mano sulla spalla e si alzò, tornò dentro da Jethro sorridendomi piano.
– Sei qui per aggiungere qualcos'altro? – Era arrabbiato, come certamente potevo prevedere. Mi sedetti vicino a lui, dove fino a poco prima c'era stata Wren. – Trattarmi in quel modo davanti ad un altro Domatore, dovrei essere felice? Fossi stato un altro sai cosa avresti passato per quelle parole? Fossi stato un altro …
– Ma non sei un altro. – Conclusi. Sospirai. – Non avrei dovuto, so che non è colpa tua … ma Wren mi ha fatto promettere che non avrei mai parlato del Drago di Yorick davanti a lui, così non potevo permettere che tu lo facessi in quel modo …
– Le hai chiesto del suo Drago? Cosa può mai interessarti?!
– Non ti scaldare, volevo semplicemente sapere com'era. – Risposi intrecciando le dita delle mani. – Yorick è stato il primo a rischiare tutto pur di tenermi al sicuro, sono grato a lui per essersi preso così tanta cura di me ed ero curioso, volevo sapere se l'aveva fatto semplicemente per me, per me e basta o se in me rivedeva qualcun altro. – Mi afferrò un braccio.
– E perché sarebbe così importante?
– Perché se così fosse allora io ai suoi occhi non sono importante, ma è solo il suo ricordo ad esserlo. – Non potevo sapere se Nowell avrebbe capito o meno, ma speravo che, condividendo un passato simile, potesse comprendere.
Sospirò e si stese a terra. Intrecciò le dita sopra il ventre e guardò il cielo. – Un affetto a metà forse è tutto ciò in cui possiamo sperare, giovane Drago. – Mi posò una mano sulla schiena. Era fredda e così distante, come sempre gelida e sola era la mano del mio Domatore. – Noi ora siamo ciò che di più vicino c'è ad una famiglia, non tradirmi e non preferire altri, non sfidarmi di nuovo, non insultarmi, giovane Drago, altrimenti dovrò rispondere. – Mi voltai e lo guardai negli occhi.
– Che famiglia è una in cui uno ordina e l'altro esegue? – Chiesi con un filo di voce, le mie labbra tremavano per la tristezza e lo sconforto, io volevo una vera famiglia, un vero affetto, volevo tutto ciò che non avevo avuto ed in quel luogo avevo compreso che per Nowell io ero un Drago, il suo domato, il suo servo, lui per primo mai avrebbe stretto una più profonda alleanza con me, lui era il figlio dell'odio, era il figlio indesiderato, lui non poteva amare qualcuno come me poiché un Drago l'aveva messo al mondo e gli aveva dato quell'orrenda parte indesiderata che era costretto a portarsi dietro. Un Mezzo Drago che possiede un Drago è come un perseguitato che possiede quella parte fisica di sé che lo rende perseguitato, come potrebbe mai finire per amarla? Come potrebbe mai finire per volerla a dispetto dell'utile? Come potrebbe mai finire per rispettarla a pieno?
– Cosa vuoi da me, giovane Drago, più di quello che già ti ho dato? – Voltai il viso lontano dal suo. Ancora una volta non potevo avere ciò che il mio cuore desiderava. In Nowell avevo visto il futuro, l'affetto, quella compagnia che mai avevo avuto, eppure era il mio Domatore, come poteva essere le due cose insieme? Quale delle due era più importante? Cosa in lui prevaleva? E se quelle due parti in antitesi, se mai fosse stato possibile, fossero state identiche, cosa sarebbe cambiato nella mia vita? – Nivek … – Sussurrò sollevandosi ed appoggiando la fronte sulla mia spalla. – … non posso prometterti ciò che nemmeno io ho da donarti. Ma ti ho assicurato che mai ti avrei abbandonato, che piuttosto sarei morto per te, ora, cos'altro vuoi? Che affetto pretendi da uno come me? – Mi sfiorò il capo e si alzò. – Non avere paura di proseguire ora. – Mi tese una mano. – Il nostro sogno è vicino e quando voleremo insieme niente sarà più importante, te lo assicuro … giovane Drago …

Cosa succederà a Nivek? Riuscirà a volare sotto la guida di Ishmael? Se dovesse riuscirci quanto si farà più pressante il giogo di Nowell?
Grazie per seguire la storia! Sarò felice di ogni opinione in merito.
Iwon Lyme
   
 
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