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Autore: Dysia    26/02/2017    1 recensioni
‹‹ Ho fame ›› brontolai. Ad occhio e croce, erano le quattro e mezzo del mattino.
‹‹ Hai mangiato cinque minuti fa, se ti alzi ancora per mangiare sono quasi certo che tra dieci minuti o lo rifarai o vomiterai ››
‹‹ Lo dici come se fosse una cosa che faccio di continuo... ››
‹‹ Ti alzi ad intervalli di cinque/dieci minuti per mangiare da quasi tre ore ›› mugugnò Drew con la voce impastata dal sonno, muovendo appena il braccio che teneva contro gli occhi per evitare che la luce della luna lo infastidisse.
L'avevo avvertito che era meglio chiudere la finestra, ma la sua testardaggine non è paragonabile a nulla, per cui, aperta era e aperta è rimasta.
Non potevo controbattere contro quell'affermazione sul fatto di alzarmi così spesso, perché sapevo che era la verità. Per cui, semplicemente, lasciai perdere.
Genere: Fluff, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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‹‹ Ho fame ›› brontolai. Ad occhio e croce, erano le quattro e mezzo del mattino.
‹‹ Hai mangiato cinque minuti fa, se ti alzi ancora per mangiare sono quasi certo che tra dieci minuti o lo rifarai o vomiterai  ››
‹‹ Lo dici come se fosse una cosa che faccio di continuo... ››
‹‹ Ti alzi ad intervalli di cinque/dieci minuti per mangiare da quasi tre ore ›› mugugnò Drew con la voce impastata dal sonno, muovendo appena il braccio che teneva contro gli occhi per evitare che la luce della luna lo infastidisse.
L'avevo avvertito che era meglio chiudere la finestra, ma la sua testardaggine non è paragonabile a nulla, per cui, aperta era e aperta è rimasta.
Non potevo controbattere contro quell'affermazione sul fatto di alzarmi così spesso, perché sapevo che era la verità. Per cui, semplicemente, lasciai perdere.
‹‹ Vuoi che chiuda la finestra? ›› gli chiesi, nonostante a quella domanda avesse risposto circa cinque volte.
‹‹ No, non voglio che sforzi la vista per evitare di inciampare da qualche parte ›› spostò il braccio, abbassando il volto nella mia direzione.
Ero poggiata al suo petto, cosa normale per me. Il cuscino era scomodo rispetto a lui, anche se sapevo bene che da li a poco non avrei più potuto stare in quella posizione, con le gambe incrociate con le sue.
‹‹ Sì, però ho fame ›› brontolai, mettendo il muso.
Ridacchiò a quel capriccio, spostando la mano che teneva sulla mia schiena, verso la mia guancia
‹‹ Piccola, guarda che poi ti senti male ››
‹‹ Ma tu sei il primo che mi istiga a mangiare! ››
‹‹ Non quando mangi da tutta la sera, sapendo che il tuo stomaco non regge così tanto cibo. Hai già la nausea per i fatti tuoi, non dare motivo al tuo corpo per vomitare ››
gonfiai le guance, storcendo poco dopo le labbra e fissandolo in modo alquanto contrariato.
Questo per i primi secondi, poi persi di vista i miei pensieri e mi concentrai sul suo sorriso, ancora stampato sulle sue labbra.
Sollevò gli occhi al cielo poco dopo, ridacchiando ancora, poi sospirò ‹‹ Okay, okay ›› spostò le mani riportandole sulla mia schiena ‹‹ vuoi mangiare? ››
‹‹ In questo momento sono particolarmente tentata di fare tutt'altra cosa, sinceramente ›› mormorai, sporgendomi poco dopo e facendo scontrare le mie labbra con le sue.
Il tempo di accavallarmi su di lui, che allontanò il viso dal mio, passandosi la lingua sulle labbra e sollevando un sopracciglio ‹‹ piccola, lo sai che non mi tiro indietro di solito... ma è tardi, e devi riposare. Senza contare che l'abbiamo fatto non troppo tempo fa ››
‹‹ Uhm? ›› inclinai la testa, corrugando la fronte ‹‹ giuro che sta volta non avevo secondi fini ›› borbottai, mettendomi a sedere ed incrociando le braccia.
Ma dallo sguardo che fece, capii che tanto quella solfa non avrebbe funzionato. In effetti, l'idea di finire col fare l'amore mi aveva sfiorata per qualche attimo... okay, forse più di qualche attimo.
E sapevo che tanto lui era in grado di sentire ciò che provavo io, ma ogni tanto tentare di mascherare non faceva male.
Così, in modo piuttosto rassegnato, mi spostai di nuovo e tornai sdraiata come poco fa, rannicchiata su di lui come un peluche abbandonato e gonfiando le guance.
Discorso chiuso o meno, ci tenevo a rimanere offesa con lui. Sopratutto perché avrebbe comportato qualche innocente coccola extra.
‹‹ Hai ancora fame? ›› chiese, assumendo un tono di voce premuroso, mentre la sua mano scivolava dolcemente tra i miei capelli.
‹‹ Sì. ›› brontolai ancora, tamburellando le dita contro il suo petto.
‹‹ E cosa vuoi mangiare? ››
Storsi le labbra, pensandoci su attentamente – considerando che stavo per rispondere “te”, e non era il caso –.
E poi avevo voglia di qualcosa di dolce. Insomma, apparentemente era piuttosto semplice: la dispensa era piena di cose dolci.
Ma doveva essere anche salato.... e un po' piccante. E magari con della panna montata attorno. Considerando che del cibo del genere è un po' impossibile da trovare, dovevo accontentarmi della prima cosa che potevo trovare in quel posto. Possibilmente qualcosa di facilmente digeribile, data l'ora. Non ci tenevo ad avere gli incubi.
‹‹ Fragole ›› sentenziai con tono deciso.
‹‹ Fragole? ››
‹‹ Sì. Con la Nutella. E la panna montata. ››
‹‹ Piccola, non ci sono le fragole in questo periodo dell'anno... ››
Sollevai gli occhi al soffitto, sbuffando ‹‹ Allora le ciliege ››
‹‹ Nemmeno quelle ›› 
‹‹ Allora un'anguria ››
‹‹ Nemmeno. Ma poi, l'anguria con la panna montata? Daphne, è un po'... come dire... ››
‹‹ Ho capito... e in effetti... ›› assunsi un espressione pensierosa, storcendo appena le labbra.
‹‹ Che ne dici di Cracker e Nutella? ›› propose, spostandomi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.
Beh, in effetti... Era semplice, dolce e salato.
Dovevo solo sperare che i cracker che avevamo in cucina fossero salati, e non quelle cose prive di sale con il quale è fissato Sebastian.
E sopratutto, dovevo sperare che Sebastian avesse lasciato la Nutella sullo stesso scaffale di sempre.
‹‹ Aggiudicati! ›› annuii con convinzione, spostandomi per lasciarlo alzare ‹‹ me li fai tu? ››
Si stiracchiò, annuendo mentre scendeva dal materasso ‹‹ Perché, vuoi rimanere a letto? ››
‹‹ No, vengo giù con te, ma mi piace vederti trafficare in cucina, quindi... ››
‹‹ Ah, beh ›› annuì in modo sarcastico, accendendo la luce della stanza.
Sapeva che, nonostante vedessi abbastanza bene per via della luce della luna, ero comunque in grado di cadere o incastrarmi tra le lenzuola ‹‹ è una scusa per mangiare la Nutella con il cucchiaino mentre ti preparo i Cracker. ›› disse, senza darmi nemmeno il modo di controbattere pure su quello.
Risi ed annuì, scendendo dal materasso a mia volta – rischiando sul serio di incastrarmi tra le lenzuola. Adoravo le lenzuola in raso, ma oltre a fare un caldo terribile, la loro scivolosità collaborava perfettamente con la mia perenne instabilità e ottima capacità di inciampare un po' ovunque –
‹‹ Beccata. Ma la panna montata? ›› chiesi, sistemandomi i capelli sulle spalle.
Corrugò la fronte ‹‹ Vuoi la panna montata sui cracker e la Nutella o la vuoi per metterla in un bicchiere e mangiarla col cucchiaino, col quale mangerai anche la Nutella? ›› 
‹‹ A dire il vero pensavo di prenderla, spruzzartela addosso e leccarla via... ›› neanche badai a ciò che avevo appena finito di dire. In effetti doveva rimanere nella mia testa.
Fece per dire qualcosa,  ma dalla sua bocca non uscì un solo suono. Non riuscii a vedere la sua espressione, dato che rimasi immobile di fronte a lui, tenendo lo sguardo sul pavimento con un espressione abbastanza colpevole e lievemente imbarazzata, fingendo di calciare l'aria ‹‹ ma anche le due opzioni che hai proposto non sono male. Dannazione, voglio la panna montata. Abbiamo del gelato all'amarena? ››
‹‹ Che c'entra con la p–... Ah, al diavolo, non importa. Sì, ce l'abbiamo. ››

In breve tempo, scendemmo le scale e raggiungemmo la cucina. Praticamente trascinavo le gambe. Non mi ero resa conto di essere così tanto stanca da arrivare a trascinare le gambe come due vecchi stracci bagnati. Accesi la luce, e quando mi sedetti sulla sedia, fu come la sensazione migliore del mondo.
Drew nel frattempo aveva preso il barattolo della Nutella dalla credenza e la panna montata dal frigo, ed ora stava tirando giù pacchetti di merendine e simili, in cerca dei cracker. Sebastian aveva il vizio di cambiare l'ordine delle credenze quasi ogni mese, per cui, trovare ciò che si cercava diventava una caccia al tesoro. Solo lui sapeva sempre esattamente dove si trovava qualcosa.
L'unica cosa che non cambiava mai di posto, erano le medicine.
‹‹ Trovati! ›› esordì, tirando giù due pacchetti di cracker e girandosi, scuotendoli ‹‹ bastano? ››
‹‹ Tu ne vuoi? ››
‹‹ No piccola, non ho fame ›› accennai un sorriso, annuendo, ed infine mi alzai per raggiungerlo, mentre cominciava ad aprire i pacchetti.
Mi avvicinai il tanto giusto per potermi poggiare a lui, o meglio, alla sua schiena, e legai le braccia attorno ai suoi fianchi, mentre apriva il barattolo e cominciava a spalmare la Nutella.
Lo sentii trasalire per qualche attimo, ma niente che non gli permettesse di continuare a preparare quei cracker.
‹‹ Sei congelata ››
‹‹ Non è una novità ›› gli feci notare, sbadigliando ‹‹ mi prendi un bicchiere? ›› mormorai, mettendomi in punta di piedi per poggiare il mento sulla sua spalla ‹‹ voglio la panna ››
Allungò la mano verso la credenza sopra il lavandino, esattamente alla sua destra, e la aprì.
Non poteva sporgersi più di tanto, per cui mi spostai io, mi misi in punta di piedi e presi quello più vicino. Perché in quella casa era messo tutto così in alto?
‹‹ Ma come, credevo volessi mangiarla su di me! ›› ironizzò, guardandomi mentre saltellavo per arrivare alla maniglia e poter richiudere la credenza senza farla necessariamente sbattere.
‹‹ Questo mobile e da far abbassare! ›› sbuffai, dopo essere riuscita finalmente a chiuderlo. Solo pochi attimi dopo realizzai le sue parole, facendomi sgranare gli occhi dalla sorpresa ‹‹ Aspetta, cosa? ››
In risposta, accennò un sorriso malizioso, passandosi lentamente la lingua sulle labbra.
Non capivo. Era serio?
La risposta a quel dubbio arrivò nel momento esatto in cui si lasciò scappare un risolino, esattamente quando stavo per riaprire la credenza per rimettere il bicchiere al suo posto.
‹‹ Sei cattivo. ›› borbottai, andando ad aprire il cassetto con le posate e prendendo un cucchiaino, che poi infilai nel bicchiere mentre mi dirigevo con passo deciso dove Drew aveva poggiato la panna montata ‹‹ sono offesa con te, che ti prendi gioco di me. ››
‹‹ Non mi sto prendendo gioco di te! ››
‹‹ Sì invece! ›› borbottai ancora, sedendomi, poi, sul ripiano della cucina, non troppo lontana da lui.
Anzi, ero praticamente di fronte al suo viso, mentre spruzzavo la panna dentro il bicchiere. Ed ero fortemente tentata di spruzzargliela in faccia.
‹‹ Ma no, piccola, sto solo giocando! ›› alzò lo sguardo, porgendomi un cracker dal quale straripava la Nutella dai bordi ‹‹ ecco, mangia, così ti torna il buon umore. ››
Stava seriamente cercando di “comprarmi” attraverso un cracker?
Mi tentava, dovevo ammetterlo.
Ma stavo già mangiando la panna, e non avrei mai poggiato il bicchiere fino a quando non l'avrei completamente svuotato.
Per cui, senza dire nulla, avvicinai il volto al cracker e lo addentai, guardando comunque Drew in modo accigliato.
‹‹ Comunque, sei sporca di panna sulle labbra. E secondo me ti ritroverai ad avere mal di pancia, ti stai ingozzando più di quanto dovresti ››
Arricciai il naso, assumendo un espressione sarcastica e menefreghista, mentre masticavo indisturbata.
Poi ragionai – mentre leccavo via la panna –, rimuginando sulla frase che aveva appena finito di dire.
Su quel “ingozzando”.
All'improvviso mi venne una sorta di senso di colpa, per cui, lentamente, abbassai lo sguardo sulla pancia, dopo aver mandato giù il boccone.
Mi ritrovai ad avere le lacrime agli occhi ed il labbro inferiore che tramava, tutto nell'arco di pochi attimi.
Poggiai il bicchiere con la panna sul ripiano, precisamente di fronte a Drew, che nel frattempo, non capendo il motivo di quella reazione, cominciava ad andare lentamente nel panico.
Visto che avevo cominciato a piangere e singhiozzare, poggiò tutto ciò che aveva in mano per poggiarle sul mio volto.
‹‹ Ehi, ehi, no. Che succede? Devo prendere le chiavi della macchina per andare in ospedale? No aspetta, forse è megl – ›› 
‹‹ Mi stai dicendo che sto ingrassando... ››
Scosse la testa, sgranando gli occhi ‹‹ Eh? Cosa? No! ››
‹‹ Sì invece! Sto ingrassando! ››
‹‹ Piccola, anche se fosse, è norm – ››
‹‹ È per questo che non vuoi fare l'amore con me? ››
Assottigliò lo sguardo in modo confuso da quella domanda, probabilmente non capendo se fossi seria o meno. Ma lo ero. Eccome se lo ero.
Dopo pochi attimi di silenzio – interrotti solo dai miei singhiozzi – accennò un sorriso malizioso, spostando una mano dalla mia guancia per passarla tra i miei capelli ‹‹ ti ho trasformata in un mostro. E pensare che fino a quattro anni fa eri abbastanza innocente ›› 
‹‹ Drew, sono seria ›› mormorai, che per via del pianto, più che un mormorio, sembrava un tono da capriccio di bambino.
La sua espressione si addolcì, e cominciò ad accarezzarmi la guancia, avvicinando poco di più il viso al mio ‹‹ lo so, piccola, ho capito. E quando ho detto che non voglio farlo? ›› spostò, così, anche quella mano dal viso, poggiandola sulla mia gamba, senza muoverla neanche di un centimetro. Non stava facendo niente, se non accarezzarmi i capelli, sapendo che quel gesto mi rilassava.
Sapeva di distrarmi tenendo la mano sulla gamba, e lo stava facendo apposta. Senza contare la vicinanza del viso. Soffocai un singhiozzo, cercando di tenere le mani apposto.
Non volevo aggrapparmi a lui come una piovra, per quanto la tentazione fosse forte ‹‹ prima. ›› mormorai, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi, che improvvisamente, divennero viola.
Ed ecco un'altra distrazione, come se la vicinanza del suo viso e la mano sulla gamba non fossero sufficienti.
‹‹ Ma non l'ho detto. Ho detto che è tardi, e che l'abbiamo fatto poche ore prima. Ti affatichi troppo, lo sai, e non ti fa bene. O meglio, non vi fa bene. E se ingrassi un po' è normale, visto che mangi per due. Mi spaventerei del contrario, direi. ›› rispose, ed avvicinò ancora il viso.
Mi sforzai di allontanare il volto, per non cedere alla tentazione di fiondarmi sulle sue labbra come una povera disperata ‹‹ sei seriamente offesa con me? ›› chiese, corrugando la fronte. Sapeva già la risposta, per cui, mi limitai a guardarlo, soffocando altri singhiozzi.
Si passò la lingua sulle labbra, tenendo lo sguardo sul mio, mentre stringeva la mano che aveva sulla mia gamba, muovendola impercettibilmente verso la coscia ‹‹ e quindi non vuoi baciarmi? ››.
‹‹ Ho il singhiozzo ›› brontolai, con lo stesso tono di bambini, ma sta volta la cosa era piuttosto volontaria. Poi, mi passai una mano sotto gli occhi, mantenendo il contatto visivo. Le guance erano ancora un po' umide e calde, ma avevo smesso di piangere. E quello era il suo intento.
Sapeva di essere la mia distrazione principale. Così come sapeva che la mia risposta era un tentativo di sviare la domanda. Certo che volevo farlo, ma allo stesso tempo volevo tenere la facciata da offesa.
E non avrei ceduto così facilmente per via della mia testardaggine.
Così, riavvicinò il viso al mio, ma indietreggiai rapidamente – rischiando ti dare una craniata alla credenza – con tutto il corpo.
Lo sentii ringhiare, e poco dopo, spostò entrambe le mani dietro le mie ginocchia, tirandomi vicina a lui. Non era un ringhio infastidito, o arrabbiato. Stava al gioco. Con me era paziente, fosse stato qualcun altro, probabilmente gli avrebbe staccato la testa a morsi.
‹‹ Non scappare via da me. ›› sebbene il tono di voce fosse serio, accennò un sorriso all'angolo delle labbra, mentre le riavvicinava alle mie.
Prese ad accarezzare dietro le ginocchia, quasi come se volesse scusarsi per avermi praticamente trascinata, nonostante sapesse di non avermi fatto male. Non stringeva mai così forte da arrivare a farmi male o lasciarmi lividi. Stava attento a controllare la sua forza, sapendo della mia terribile fragilità. Sopratutto dalla scoperta della gravidanza.
‹‹ Ed ora, come pensi di fare? ›› sussurrò, quando ormai le nostre labbra erano così vicine da sfiorarsi. In risposta, feci le spallucce, accennando un sorriso non appena le nostre labbra s'incontrarono, e sebbene non volessi fare la piovra, istintivamente legai le gambe poco sopra il suo bacino.
Il concetto del “non finiremo col fare l'amore” l'avevo afferrato, per cui cercai di stare ad una debita distanza dal suo corpo per evitare di provocarlo anche solo per sbaglio. Anche perché dopo ci avrei rimesso anche io. Era una lama a doppio taglio.
Ma c'era da dire che non mi era d'aiuto se faceva scorrere le mani lungo le mie cosce, ed infatti, poco dopo la mia mano salì tra i suoi capelli e annullai totalmente la distanza tra i nostri corpi, ed al diavolo l'evitare di provocare. Non che si fosse tirato indietro, al contrario, mi stava tranquillamente assecondando, il che per un attimo mi fece cantare vittoria, se non che, appena gli tirai il labbro inferiore, prima che potessi tornare a baciarlo allontanò il volto il tanto giusto da farmi capire che la cosa non sarebbe andata avanti – anche se il respiro accelerato lasciava intendere un'altra storia –.
‹‹ Ti sei calmata? ›› chiese, lasciandomi per un attimo a barcollare nel vuoto, non capendo subito la frase.
Corrugai la fronte, guardandolo negli occhi in cerca di un minimo di risposta.
Avevo la mente troppo annebbiata per riuscire a capire qualcosa, e lui l'aveva notato. Ecco perché, poco dopo, ridacchiò. L'unica cosa a cui riuscivo a pensare in quel momento, erano le sue labbra e la vicinanza dei nostri corpi.
‹‹ Il pianto, e la tua improvvisa paranoia ›› spiegò.
Ci pensai un attimo, anche se sapevo già la risposta. Avevo smesso di singhiozzare, per cui era un sì.
‹‹ Se dico di no, mi porti a letto con te? ›› chiesi, mordendomi il labbro inferiore poco dopo.
‹‹ Lo prendo come un sì. ››
Misi il broncio, poggiando la fronte sulla sua spalla. Fantastico, ora avrei dovuto calmare il respiro... e non solo. Meglio concentrarsi su qualcosa che non fossero le sue labbra – o altro –, e per farlo, avrei dovuto cominciare con l'allontanare il bacino dal suo, così come tutto il resto del corpo  ‹‹ almeno posso finire di mangiare? ›› chiesi, allontanandomi di poco.
‹‹ Piccola, non ti stavi rimproverando perché stai mangiando, ma perché lo stai facendo in modo eccessivo, e non ci sei abituata. Vuoi vomitare? ››
Arricciai le labbra, riflettendoci per qualche secondo. Il tempo sufficiente per farmi ricordare quanto detestassi rimettere anche l'anima dentro il water.
‹‹ Odio vomitare. ››
‹‹ E allora metti via la tua testardaggine per un istante e dammi retta: finisci di mangiare quei cinque cracker che ho fatto, il bicchiere di panna e poi andiamo a letto... a riposare, s'intende. Al resto ci pensiamo domani ››
‹‹ Okay, okay ›› brontolai, di nuovo. A dire il vero in quel momento la mia intenzione era quella di riempirgli il collo di succhiotti. Non che non lo fosse già, ma era sempre bello farne degli altri o ripassare quelli già esistenti. Era segno che lui era mio, e lo sarebbe sempre stato. Più li guardavo, più avevo voglia di farne altri.
Ma riuscì a distrarmi e ad attirare la mia attenzione avvicinando un cracker straripante di Nutella alle mie labbra.
‹‹ Che fai, m'imbocchi? ›› chiesi divertita, aprendo la bocca ed addentando il cracker.
‹‹ Sì, sei incantata ›› rispose, avvicinando il pollice alle mie labbra e pulendomi dalla Nutella.
Niente di nuovo, comunque: le mie labbra erano sempre piene di Nutella ogni volta che cominciavo a mangiarla ‹‹ non che la cosa mi dispiaccia ›› aggiunse, portandosi il pollice alle labbra.
‹‹ Egocentrico ›› bofonchiai, portando una mano davanti alla bocca mentre masticavo.
In risposta, fece le spallucce, ed avvicinò di nuovo il cracker non appena ingoiai il boccone.
Lo presi con i denti, ma non lo spezzai. Lo avvicinai alle sue labbra, ed aspettai che ne prendesse un morso anche lui, anche se sapevo che non aveva fame. Non mi piace mangiare da sola.
Si sporse di poco e morse la parte che gli avevo offerto. Giusto un pezzettino, tanto per accontentarmi.
Le sue mani erano ancora ferme sul bancone, ai lati del mio corpo. Il suo sguardo era basso, in direzione del mio ventre, ma non diceva nulla.
Non capivo se cercasse di sentire qualcosa o stesse semplicemente pensando ‹‹ Che c'è? ››
‹‹ Niente ›› rispose rapidamente, senza però spostare lo sguardo.
Da quando avevamo scoperto della gravidanza, Drew di rado aveva avvicinato la mano alla pancia di sua iniziativa, anche se sapevo che voleva farlo.
Pensava, ingenuamente, di infastidire me o il piccolo. O di farci male. O mille altre paranoie che solo lui conosceva – poi ero io quella paranoica tra i due –.
Ma non era così, era delicatissimo come sempre. Ecco perché, quando notavo che voleva farlo, ero io che gli prendevo la mano e la poggiavo.
Lui poteva sentire il piccolo, nonostante fosse, appunto, ancora piccolo. Era appena la fine del terzo mese. Eppure, lui l'ha sempre sentito.
Era una delle capacità da menade ereditate da sua madre, quello del poter comunicare anche con la più piccola forma di vita.
La prima volta che poggiò la mano, infatti, sembrò un bambino il giorno di natale.
Avrei voluto farli un video, ma la cosa sarebbe stata eccessiva. Era un contatto che gli piaceva, così come piaceva a me, ed al piccolo. D'altronde, era comunque il padre. Per noi eterei, poi, ciò che accade in una gravidanza “normale” è amplificato. I piccoli si sviluppano più rapidamente – anche se la gravidanza dura comunque nove mesi –, per noi mamme, i sensi si amplificano ancora più e, visto che ci stanchiamo facilmente, non possiamo usare nessuno dei poteri che possediamo. Oltretutto, sarebbe come uno sfruttare anche i poteri del bambino, il che lo renderebbe più debole. Insomma: farlo sarebbe un rischio per noi e per il piccolo.
Motivo per cui siamo “prede” facili e vulnerabili, ed è uno dei motivi per cui Drew era diventato più protettivo di quanto già non fosse.
E poi abbiamo una maggiore sensibilità e connessione con il piccolo. Motivo per cui sapevo che gli piaceva sentire il contatto con lui. O la voce. La riconosceva, e quando lo sentiva si muoveva più di quanto già non facesse. Non dava fastidio, certo, era un movimento quasi impercettibile, essendo ancora piccolo. Per non parlare del fatto che fossi più attaccata del solito a Drew. Non volevo nessuno attorno a me, se non lui, e solo lui.
‹‹ Vuoi poggiare la mano? ›› chiesi, interrompendo quel silenzio che si era formato.
E, come immaginavo, annuì, allungando lentamente la mano in modo, però, un po' insicuro.
La presi, poggiandola delicatamente sul ventre. Sapevo che era solo questione di abitudine. D'altronde era il primo figlio.
Un'altra cosa che mi aveva detto, durante i primi giorni di gravidanza, era che non era sicuro di poter essere un buon padre. Le solite paranoie che si facevano un po' tutti di fronte ad una gravidanza. Ma non avevo alcun dubbio riguardo lui.
Spostai la mano, lasciando libera la sua di fare ciò che voleva. Allargò semplicemente il palmo della mano. Sulle sue labbra si formò un sorriso appena accennato, ed allora cominciò ad accarezzare la pancia, seguendo dei movimenti ben precisi da destra verso sinistra.
‹‹ Sai... non abbiamo mai discusso dei nomi ›› disse, cogliendomi totalmente di sorpresa.
Stavo per ricominciare a mangiare i cracker, così da finirli in fretta e poter tornare a letto, ma mi fermai.
Non avevamo mai affrontato quel discorso.. non che non ci avessi pensato ogni tanto.
‹‹ Hai qualche idea? ›› chiesi, supponendo che quell'affermazione fosse dovuta a quello.
Lui fece le spallucce, annuendo ‹‹ ci ho pensato un po', non posso negarlo. ››
Addentai il pezzo di cracker, poggiando poi la mano di fronte alla bocca per poter parlare senza sembrare un maiale addomesticato ‹‹ qualcosa in Russo? ››
‹‹ No, non ho pensato a qualche nome in Russo. A dire il vero, pensavo Thomas ››
Thomas. Uno dei miei nomi maschili preferiti.
Beh, ero un po' stupita e non potevo negarlo. Sotto sotto, pensavo che avrebbe voluto chiamare il primo figlio con un nome legato alla sua terra natale. E non avrei avuto niente in contrario, anzi.
‹‹ Thomas? ›› inclinai la testa, poggiando una mano sulla sua guancia.
In risposta, annuì, piegando appena il viso verso la mia mano ‹‹ Piace a me, e so che piace a te. E poi suona bene. Thomas Stilinski. ››
‹‹ Per me va bene. E stavo pensando anche al secondo nome ›› prima che potesse parlare per dire qualcos'altro, spostai rapidamente la mano sulle sue labbra, poggiandoci solo l'indice ‹‹ Tyler ››
inclinò la testa in modo incuriosito, sollevando le sopracciglia. Spostai l'indice, poggiando la mano sulla sua spalla.
‹‹ Il mio secondo nome? ›› era stupito, ma non poi così tanto. Sapeva che mi piaceva, ed ogni tanto – sopratutto i primi periodi – lo chiamavo Tyler, non Drew. Ed era una cosa che non lasciava fare a nessuno. Un po' come io non permettevo a nessuno di chiamarmi Karol, se non a lui.
‹‹ Beh, sì. Mi piace, lo sai. ›› feci le spallucce ‹‹ e poi, anche tu hai lo stesso nome di tuo padre, no? ››
‹‹ Sì, come terzo nome. Una vecchia tradizione di famiglia, si usa col primogenito, ma... non credevo che la volessi mandare avanti. ››
Feci nuovamente le spallucce, accennando un sorriso mentre legavo le braccia dietro il suo collo, avvicinandolo un po' di più a me. Non vedevo il motivo per non farlo. Anche se non amava i suoi genitori, era comunque una cosa carina.
E poi avere due nomi era una cosa tipica dei nobili, quindi non faceva alcuna differenza.
‹‹ Non vedo perché no. E poi, a me piace il tuo secondo nome, Tyler. Ti chiamerei di continuo così, se solo non sapessi che t'infastidisce ››
‹‹ Mh-mh. Lo so, Karol ››
Per un attimo, rimasi in silenzio.
Di colpo mi apparve nella mente la faccia di Rose. Ma non ero arrabbiata o gelosa – come di solito tendevo ad essere pensando a lei – mi venne un dubbio che non mi ero mai posta prima.
Lei tendeva a chiamarlo con l'altro nome, o a sbagliare e diceva “Andrew”.
‹‹ Mi chiedo come diavolo facessi a sopportare Rose ››
‹‹ Passandoci meno tempo possibile assieme. Ma che c'entra ora? ››
‹‹ Non lo so ›› bofonchiai. Ecco che saliva la gelosia.
Sapevo che l'aveva notata, e che cercava di far finta di nulla. Per cui, prima che cominciasse a ridacchiare per la cosa, nascosi il volto contro la sua spalla.
‹‹ Finirai con l'odiarmi per colpa di questi sbalzi improvvisi ››
‹‹ Nah, lo so che non è colpa tua ›› girò il volto, depositando un bacio sulla mia guancia e spostando la mano dalla pancia ‹‹ e poi sai anche tu che Rose era quasi una sconosciuta per me ››
Certo che lo sapevo. Erano i miei ormoni impazziti a non saperlo.
‹‹ Torniamo a letto o vuoi finire i cracker? ›› chiese, cercando di distrarmi. Spostai il volto per guardarlo, corrucciando le labbra in un espressione pensierosa.
‹‹ Se andiamo a letto mi fai le coccole? I cracker li metto in frigo e li finisco domani mattina ›› a quella domanda, sollevò un sopracciglio, studiando attentamente la mia espressione ‹‹ coccole coccole. ›› specificai, per evitare che pensasse subito male – per una volta che non avevo secondi fini – 
‹‹ Sì, se andiamo a letto ti faccio le coccole. Promesso. ››
  
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