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Autore: BlueOneechan    27/02/2017    3 recensioni
Credevano che l’arrivo di un bambino non avrebbe influenzato i loro destini, che sarebbero restati insieme per sempre. Ma sono già passati otto anni da quando Haruka è rimasto solo col piccolo Sakura.
Il tempo passa, ma il ricordo di Rin è ancora vivo.
Così come le ferite.
[HaruRin / Sakura Nanase/ Mpreg]
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Haruka Nanase, Nuovo personaggio, Rin Matsuoka
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!
Capitoli:
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Note d'autrice: Dopo una piccola "crisi" con questo capitolo, finalmente lo pubblico con la gioia di aver ricevuto molte buone recensioni e messaggi privati, che senza dubbio mi motivano a continuare a scrivere, grazie mille!
La mia crisi era dovuta perché questo capitolo ha un certo sentimentalismo che a volte mi faceva alzare e andare a fare una passeggiata per schiarirmi un po’ le idee. Be’, forse non tutti provano lo stesso, ma ho cercato di fare tutto il possibile per trasmettere quel sentimento che, spero, noterete tra le mie parole.

Note della traduttrice: Ahhh, quanto tempo è passato da quando ho aggiornato? Tantissimo.
Chiedo scusa per aver trascurato la traduzione, ma in questo periodo sono stata trascinata in un nuovo fandom (Yuri on Ice) che mi ha portato a leggere e scoprire tante bellissime fan-fiction (soprattutto Victuri) e a riportarmi alla scrittura di storie dopo un periodo di crisi.
Ma bando alle ciance e parliamo di questo capitolo: i feels che mi ha regalato. In alcuni punti mi sono commossa. ç_ç
Ma quanto può essere patato il nostro Sakura?
Riguardo gli aggiornamenti, spero non ve la prendiate se appaiono quando capita. Mancano ancora altri capitoli prima di una lunga pausa in quanto l'ultimo aggiornamento è del 26 Gennaio 2018 (BlueOneechan, aggiorna! 'Sto fandom aspetta a te!). 
Come sempre vi rinnovo l'invito a esprimere i vostri commenti sulla storia e in particolare a offrirmi critiche costruttive sulla traduzione. Sono un'autodidatta di spagnolo e i vostri suggerimenti, soprattutto quelli per rendere più scorrevole il testo, sono ben accetti.

 

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QUANDO PIOVONO LE STELLE

CAPITOLO 7

 

Quella mattina iniziò con un cielo nuvolo e una brezza fredda proveniente dal mare. Così si presentava ogni giorno durante gli ultimi giorni d'autunno. Per questo, nel momento in cui Haruka aprì la porta di casa, l’aria gelida si intrufolò di getto, infilandosi per i corridoi. Sentì un brivido a causa del cambio di temperatura, perciò si sistemò la sciarpa attorno al collo, coprendosi parte della bocca.

Al contrario di suo padre, Sakura sembrava il freddo non lo colpisse affatto. Semplicemente era uscito correndo non appena la porta era aperta, solo per saltare entusiasta sopra le foglie secche che si erano accumulate davanti casa. Le udiva crepitare sotto i piedi ad ogni salto e poi le sparpagliò da tutte le parti, lasciandosi andare a delle risatine acute.

—Oggi sei molto vivace.— commentò Haruka scendendo gli scalini mentre tendeva una mano a Sakura.

—Perché oggi pioverà e succedono sempre delle cose belle quando piove.— rispose Sakura con gioia, correndo verso il padre per raggiungere la sua mano tesa —A scuola cantiamo canzoni e appaiono un sacco di lumache in giardino.—

— Questo è molto bello, eh? La raccolta di lumache…— gli disse Haruka bonario, ricordando quanto si divertiva Sakura a farle competere in gare di velocità —Ma non è più tempo di lumache. Loro in inverno 'dormono'.—

—Dormono in inverno?— chiese Sakura incuriosito —E quando si sveglieranno?—

—In primavera, quando fioriscono i fiori e gli alberi di ciliegio. —

—Per il mio compleanno! Ovunque ci sono sempre tanti petali di ciliegio.— esclamò emozionato —Ma manca ancora molto; prima di questo, deve prima piovere durante l’inverno, in più la mamma deve venire da noi.— aggiunse felice e un po' incantato, senza accorgersi dell’espressione seria che, de un momento all'altro, cominciò ad apparire sul volto di Haruka.

—Sempre con questa storia… Perché la mamma dovrebbe venire in inverno?— gli domandò l'uomo molto attento alla risposta di suo figlio. Sakura sorrise sornione portandosi un dito alla bocca.

—È un segreto!—

Haruka girò lo sguardo di lato per nascondere il proprio disagio. Era sempre penoso ascoltare Sakura parlare così speranzoso di sua madre; ogni anno, nel periodo tra autunno e inverno, il bambino diventava più felice del solito dicendo che forse sua madre sarebbe venuta a fargli visita. Haruka non aveva idea da dove avesse preso questa idea così strana, le volte che glielo aveva chiesto Sakura si era limitato a cacciare una risata giocosa e a dire che era un segreto tra lui e la mamma.

—Se mamma non viene quest’anno, dovrò aspettare il prossimo. Ma, nell'attesa, posso continuare a parlare con lei tutti i giorni.— disse indicando lo zaino che portava sulle spalle.

—Hai portato il tuo diario a scuola?— domandò Haruka con un tono un po' critico.

Sakura si ammutolì all'istante dopo aver visto lo sguardo di disapprovazione del padre.
Alzò entrambe le mani afferrando i bordi del cappello, tirandolo con forza verso il basso per coprirsi gli occhi – e parte del naso – per evitare così il suo sguardo. Sapeva che era proibito portare oggetti inutili a scuola.

—Mi dispiace.— rispose con riluttanza, in un misto di fastidio e tristezza —Voglio solo stare con la mamma.—

Haruka lo osservò attentamente per un istante. Non voleva aggiungere alcun commento solo per non irretirlo, così continuò a camminare con lui.

Anche se il tempo passava, anche se quasi non si toccava l’argomento, l’ombra di Rin era sempre presente. Sakura nemmeno lo ricordava, gli era stato vicino solo nei suoi primi due mesi di vita, tuttavia, si sforzava ogni giorno nel cercare in qualche modo di connettersi disperatamente con lui. E questo, a Haruka faceva troppo male, perché nel profondo sapeva di aver creato un fantasma che ingannava il suo bambino e, peggio ancora, aveva gettato le basi perché Sakura si ingannasse da solo, credendo pieno di speranza che sua madre scendesse dal cielo per ricongiungersi con lui.

Per l’ennesima volta nella vita, Haruka provò un forte rancore per sé stesso. Dire a suo figlio che il suo altro padre lo aveva abbandonato quando era solo un bebè, era una verità che aveva custodito fin dall'inizio. Ma non poteva farci nulla; a questo punto, la verità avrebbe finito per distruggere Sakura.

—Papá…—

Ascoltò la voce di suo figlio e sentì la sua piccola mano aggrapparsi alla propria con dolcezza. Quando abbassò lo sguardo rivide la faccia di Sakura, che aveva sollevato il cappello fino all'altezza della fronte e adesso lo scrutava con espressione preoccupata. Haruka, capì, allora, che il risentimento di un attimo prima si era manifestato in qualche modo sul proprio viso.

—Non è niente.— gli disse cercando di apparire normale, accarezzando con il pollice la calda e piccola mano del suo bambino

Le finestre dell’aula della seconda elementare erano chiuse ermeticamente, concentrando il calore all'interno. A causa di ciò i vetri che davano sul giardino erano appannati, però erano anche decorati da un sacco di disegni creati sopra il vapore che si formava. C’erano farfalle, faccine sorridenti, auto, cuori, palloni da calcio… I bambini disegnavano con entusiasmo durante la ricreazione mentre aspettavano l’inizio della prossima lezione. Posavano l'indice sopra il vetro e tracciavano linee mentre facevano lavorare la loro immaginazione.

Sakura non era estraneo a quella attività improvvisa. Si divertiva molto a passare il tempo in piedi vicino alla finestra, col braccio allungato nel mentre disegnava stelle. Ne aveva create tante, tutte di grandezza simile, e sebbene alcune erano un po’ deformi, la verità era che la maggior parte aveva una perfetta simmetria.

—Quante stelle! —esclamò Sora contenta, osservando la creazione del suo amico.

—Sono come le stelle del mio diario.— le rispose, alitando sul vetro per iniziare a disegnare sulla parte superiore della finestra. In effetti, il diario di Sakura aveva sulla copertina un sacco di adesivi a forma di stella.

—Perché non disegni qualcos'altro? Qualcosa che ti piace.—gli chiese la bambina con la sua vocina acuta.

—Mi piacciono le stelle.— le rispose Sakura con un'alzata di spalle. — Mi piacciono anche i delfini, ma solo quelli di colore rosa.— Il diario di Sakura teneva sulla copertina anche un adesivo di un delfino rosa.

—Delfini rosa? Devono essere bellissimi!—

—Lo sono davvero!— disse emozionato, chiudendo gli occhi e abbozzando uno dei suoi bei sorrisi.

Insieme al suono della porta che si apriva, si udirono i passi della maestra di musica che faceva il suo ingresso in aula. I bambini si allontanarono dalle finestre e si precipitarono ai loro banchi. Sakura non tardò a raggiungere il suo posto insieme ad Aiko, il suo migliore amico, che aspettava paziente le istruzioni della maestra.

Nonostante, delle istruzioni precise tardarono ad arrivare, subito il suono delle prime gocce di pioggia che battevano sui vetri distrasse l’attenzione dei bambini. Alcuni di loro tornarono ad avvicinarsi ai vetri per osservare il giardino che poco a poco iniziava a bagnarsi, mentre altri, come Sakura, Aiko e Sora, iniziavano brevi ed animati dialoghi sulla pioggia.

—Cosa ne pensate se, prima di iniziare la lezione, cantiamo la canzone della pioggia?— suggerì giovale la giovane maestra.

Come c’era da aspettarsi, gli occhi di Sakura brillarono d’entusiasmo. Proprio come al resto dei suoi compagni, gli piacevano molto le canzoni per bambini, perciò fece i salti di gioia e sorrise insieme ai suoi due amici.

—Io voglio cantare! —gridò entusiasta, in coro con gli altri bambini.

Sakura conosceva alcune canzoni sulla pioggia, le aveva imparate guardando la televisione, altre gliele avevano insegnate a scuola, e in più altre le aveva cantate insieme a Haruka durante le sere piovose. Erano melodie semplici e innocenti che, come a ogni bambino, richiamavano la sua attenzione e lo incitavano a cantare, battere le mani e ballare.

Ma, era ovvio che Sakura non conosceva tutte le canzoni, ce ne erano molte che mai aveva ascoltato. Per questo, il suo bellissimo sorriso ed entusiasmo svanirono lentamente appena giunse alle sue orecchie quella nuova canzone. Era la prima volta che l’ascoltava, e più che sentirsi sopraffatto per non riuscire a tenere il ritmo, quello che davvero lo colpì erano le parole della canzone.

Giorno di pioggia, giorno di pioggia,mi piace. La mamma verrà col mio ombrello, pitch! pitch!,chap chap, run run run! — cantava la maestra allegra insieme a tutti i bambini — Con lo zaino sulle spalle, insieme a mia madre. Da qualche parte suona la campanella, pitch! pitch!, chap chap, run run run! —

Sakura rimase quasi in silenzio, muoveva appena le labbra per cantare. Come poteva farlo, se la canzone parlava di una realtà che gli era del tutto sconosciuta?
Non aveva sua madre insieme a lui, lei presumibilmente era in cielo, per questo la canzone gli provocava disagio e un po’ di tristezza nel paragonarsi al resto dei compagni.

Accanto a lui, Aiko cantava pieno di spirito; ovvio, aveva una madre dolce e apprensiva che sempre lo proteggeva, in particolare nei giorni di pioggia. Dopo di lei, Sora continuava con la testa in alto cantando fiera; anche se lei mai aveva parlato di sua madre, tutti sapevano che apparteneva a una famiglia tranquilla e accogliente. Ma Sakura non aveva nessun altro che Haruka, perché perfino i suoi nonni vivevano in un’altra città e lo visitavano ogni tanto.

Ancora una volta, Sakura si sentì diverso e lontano dalla realtà dei suoi compagni. Storse la bocca di lato seccato, la voglia di cantare se ne era sfumata del tutto.

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Nonostante il suolo fosse bagnato, le gocce che cadevano dal cielo erano leggere e per il momento non venivano seguite dal vento. Il mare non era in subbuglio; probabilmente col trascorrere del giorno, se la pioggia persisteva e il vento si presentava, c’era il rischio di una tempesta. Tuttavia, il porto di Iwatobi era ancora in fermento. Sebbene la maggioranza dei pescatori navigava ancora in acque vicine, c’era un piccolo gruppo che già attraccava le proprie navi al molo. Era questi ultimi che Rin osservava attentamente dall'auto di Gou; li vedeva muoversi in fretta da un lato all'altro portando gli ormeggi di alcune imbarcazioni.

La vibrazione del telefonino disturbò la sua concentrazione. Lo cacciò dalla tasca e controllò il nuovo messaggio in entrata. Era di sua sorella che rimproverava ancora Rin per la nuova decisione presa.

"Spero che non sei andato al porto come hai detto la sera scorsa. Dovevi chiedere a Sousuke-kun un lavoro nel negozio dei suoi genitori. Mamma sarà molto-…"

Rin smise di leggere il messaggio, chiuse il cellulare e lo posò di nuovo in tasca. Aveva dei motivi per non chiedere al suo migliore amico se era possibile lavorare nel negozio di Tottori.

I genitori di Sousuke stimavano molto Rin, lo conoscevano da quando era bambino, per questo esisteva una fiducia creata col tempo che permise al ragazzo di farsi coraggio e fargli partecipi della sua gravidanza. Non che avesse il bisogno di dirglielo, ma la casa di Sousuke era uno dei pochi luoghi in cui Rin si sentiva a suo agio, senza il timore di essere giudicato a causa della sua bizzarra condizione. Il signore e la signora Yamazaki lo appoggiarono durante il periodo, gli diedero regali per il bambino e cercarono di distrarlo quando era depresso.

Tuttavia, la sua crudele fuga in Australia costituì una sgradita sorpresa per entrambi, alla fine dei conti, si trattava dell’abbandono di un figlio. Tentarono di farlo ragionare, ma l’ostinazione e la testardaggine di Rin furono sempre più forti. Alla fine, quando persero i contatti con lui, fu inevitabile che si formasse una certa delusione; Rin lo sapeva molto bene, lo aveva avvertito nel leggere le parole di Sousuke nelle lettere che si inviavano.

Pertanto, Rin sentiva che chiedere lavoro ai signori Yamazaki gli avrebbe causato solo disagi. Era sicuro che entrambi, nonostante tutto, lo avrebbero accolto con un sorriso, ma non dopo avergli corrisposto uno dei peggiori, se non il peggiore, lato della loro personalità.

—Non si meritano di sopportare un imbecille come me.— mormorò mentre si sistemava la giacca attorno al collo, apprestandosi a scendere dall'auto.

La brezza gelida smosse le ciocche rosse che gli cadevano sulla fronte, l’odore del mare, del pesce e del legno bagnato dei piccoli pescherecci giunse alle sue narici. Camminò lungo la costa, sentendo la pioggerella colpirgli delicatamente il viso, guardava da tutte le parte senza sapere a chi rivolgersi. Si avvicinò a un pescatore che si trovava vicino alla banchina, sentendosi stupido ed ignorante, cercò di in intentare un dialogo con il vecchio davanti a sé.

—…Così ti sei svegliato una mattina e hai deciso di diventare un pescatore.— commentò il vecchio con una certa diffidenza, appena ascoltata la breve spiegazione del giovane —Sei sicuro che è ciò che desideri davvero? Sei un ragazzo di città, lo si capisce solo guardandoti.— domandò squadrando da capo a piedi Rin.

—Ho bisogno di lavoro. Tutti i posti da cui mi sono presentato cercando persone con studi specifici, ma io non so nulla.— spiegò Rin strizzando gli occhi, alcune gocce d'acqua gli si conficcarono sulle ciglia. Dinanzi a lui, il pescatore non si preoccupava dell’acqua che gli cadeva sulla faccia.

—Essere pescatore richiede molto sforzo e conoscenza. Cosa ti fa pensare che un tipo che 'non sa nulla’ possa diventare un pescatore?— Il sospetto era ancora presente nella voce e nello sguardo.

—Imparo in fretta. Ho solo bisogno di un po’ di tempo. —rispose Rin mantenendo la calma, anche se iniziava a sentirsi a disagio sotto lo sguardo dell’anziano.

Sebbene Rin non conosceva del tutto cosa comprendeva il lavoro di un pescatore, la verità era che contava su alcuni ricordi e nozioni delle esperienze che aveva vissuto il suo defunto padre. Da bambino lo aveva visto uscire di casa alle prime ore del giorno, e tornare molto tardi, completamente esausto. Ricordava di aver sentito le mani ruvide di suo padre, segnate da alcune cicatrici di ferite provocatosi durante la pesca, a volte aveva visto la sua espressione dolorante frutto del dolore ai muscoli della schiena, collo o polsi.

A ciò si sommava il fatto che suo padre passava pochissimo tempo in casa. Di fatto, le occasioni per giocare con lui erano minori se si paragonava agli altri bambini, perciò molte volte Rin si sentiva solo e diverso da tutti, soprattutto perché portava sulle spalle la responsabilità datagli dal padre: Abbi cura di Gou e della mamma mentre non ci sono, d’accordo?". Certo, era una frase detta in un tono leggero e giocoso, perché Rin allora aveva solo cinque o sei anni, ma per un bambino rappresentava una vera e propria sfida.

Nonostante tutto il tempo trascorso, erano ricordi che non potevano essere cancellati.

—Ho alcune nozioni di come funzionano le cose qui al porto. Mio padre era un pescatore di Iwatobi —disse d’istinto, notando un leggero cambiamento nello sguardo dell’anziano. Sembrava che adesso il pescatore lo prese un po’ più sul serio —È morto insieme ad altri pescatori in una tormenta più di vent'anni fa. Il suo nome era Toraichi Matsuoka.—

—So a quale tormenta ti riferisci, figliolo. Ancora non riesco a dimenticare quella tragedia, il mare si prese i migliori — parlò il vecchio stavolta con gentilezza, mentre la sua espressione si rilassava e le labbra rugose si curvarono abbozzando un sorriso gentile —. Conoscevo Toraichi Matsuoka.— Gli occhi di Rin si spalancarono dalla sorpresa, all'improvviso la pioggiarella già non lo molestava sulle ciglia —.Era uno dei più giovani del gruppo di pescatori, un uomo energico e pieno di vita. Aveva un sorriso particolare. I suoi denti erano come quelli di uno squalo, ma l’allegria che trasmetteva era come quella di un delfino. —

—Ricordo che mio padre era sempre sorridente nonostante la stanchezza e la fatica— commentò Rin con voce un po’ mesta, mentre nella sua mente apparvero alcuni ricordi preziosi che ancora custodiva. Suo padre che sollevava in braccio lui e Gou, quando tornava la sera, abbracciandoli e baciandoli con affetto.

—Toraichi non ha mai smesso di sorridere. All'inizio, lui non sapeva fare nulla qui al porto, era un po’ maldestro ed era scoraggiato per non poter realizzare il suo vero sogno. Ma possedeva uno spirito di adattamento ineguagliabile. Nonostante i suoi timori, non si è mai arreso, mai smise di confidare in sé stesso e mai perse la speranza nel futuro. Tutti i suoi sforzi furono sempre in favore della famiglia.— Cacciò un sospiro leggero, il suo respiro era carico di nostalgia e aneliti passati. Rin lo ascoltava in silenzio, lo sguardo fisso a terra, sentiva le parole dell’uomo colpire ogni punto della propria coscienza —Non posso credere che, dopo tutto questo tempo, finalmente posso conoscere suo figlio. Come ti chiami?—

—Ri-… Rin —rispose titubante. Doveva solo dire il suo nome, ma la domanda lo aveva preso alla sprovvista.

Il pescatore lo squadrò un attimo con attenzione.

—Rin, sei sicuro di voler diventare un pescatore, anche sapendo che tuo padre è morto in mare? — gli domandò con calma. L’uomo non sapeva nulla circa il presunto destino della famiglia Matsuoka, ma aveva ragione esprimendogli i suoi timori. Non tutti avevano la forza sufficiente per affrontare qualcosa che si era portato via la vita di una persona cara.

—Non temo il mare, ma… — restò in silenzio. Era inevitabile che le parole di sua madre e di sua nonna Kyou, gli ritornanrono alla mente: "tutti gli uomini della famiglia Matsuoka vengono presi dal mare".

—Non ne sono sicuro.— concluse—.
  Vedo che non ci hai pensato a sufficienza. Hai parlato della tua decisione con qualcun altro?  domandò allora, dopodiché Rin non rispose. Lo aveva detto solo a Gou, ma lei aveva avuto una reazione negativa — Cosa dice la tua famiglia? Alla tua età dovresti già avere moglie e figli. —

Un’altra volta, quell’ago latente nel cuore di Rin iniziava a pungere.

—Ho un figl-… — Le parole si interruppero subito. Storse la bozza di lato, distogliendo lo sguardo. Quando parlava di Sakura era sempre così complicato…

L’uomo cacciò un sospiro poi volse un’occhiata lontana verso l’orizzonte.

—Ho una barca il cui equipaggio non è ancora completo.— parlò subito con calma, poi rivolse il suo sguardo verso Rin — Ma, ti accetterò quando sarai deciso e dimostrerai che sei davvero figlio di Toraichi. Avete lo stesso colore di occhi, ma noto che lo sguardo che rivolgi al mondo è diverso. Credo che hai anche lo stesso sorriso e allegria di tuo padre, solo che per qualche ragione le hai nascoste da qualche parte. Dimostrami che sei come Toraichi, e solo allora potrai salire sulla mia nave. —

Con queste parole che sparivano nel vento freddo, il pescatore aumentò il passo dirigendosi verso il molo. Rin se ne stava lì, in piedi, immobile, le parole che gli facevano eco nella sua testa. Abbassò lo sguardo verso la sabbia, la pioggia l’aveva inumidita tutta, ma ancora non si era erano create pozzanghere da nessuna parte. Sebbene non potesse vedere il suo riflesso, Rin sapeva molto bene che lo sguardo e il sorriso che mostrava erano molto diversi dalla gioia che mai abbandonava il suo giovane padre.

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Sakura lasciò l’aula con lo sguardo smarrito e i pensieri che vagavano in un luogo lontano da quello in cui si trovava. Avere il suo diario nello zaino, disegnare stelle sulle finestre, cantare quella canzone e sapere che la pioggia presto sarebbe iniziata, era assolutamente una bomba di malinconia e rassegnazione.

Nonostante Aiko lo prese per mano incitandolo a correre per i corridoi sfidandolo a chi arrivava primo al giardino, Sakura gli lasciò la mano, limitandosi ad avanzare con inusuali passi lenti. Appena giunse davanti al portone della scuola, Sakura alzò per la prima volta lo sguardo, fermandosi per ammirare un instante il cielo nuvoloso. Cacciò un breve sospiro, poi, avanzò verso l’esterno. Quando sentì il tocco lieve delle gocce di pioggia, afferrò entrambi i lati del cappello e lo tirò con forza fin quasi a coprire tutta la fronte.

—Sakura-chan, stai bene? — chiese Aiko preoccupato.

—Non è nulla.— rispose con voce mesta, senza fermarsi, lasciando dietro di sé l’amico.

Tuttavia, dopo un po’, dovette farsi da parte appena sentì i passi dell’altro bambino insieme a un sonoro "mamma!". Aiko era partito correndo in direzione di sua madre, la quale lo aspettava –come tutti i giorni– con un bel sorriso fuori da scuola. Teneva nelle mani un paio di ombrelli per entrambi i bambini, lo faceva sempre nei giorni di pioggia e Sakura era abituato a ringraziarla gentilmente. Si trattava di un piccolo rituale che seguivano. Ma, oggi, il sorriso grato di Sakura non si trovava da nessuna parte. I suoi pensieri in quel momento erano focalizzati sulla melodia che aveva ascoltato qualche ora prima.

"Giorno di pioggia, giorno di pioggia, mi piace. La mamma verrà col mio ombrello, pitch! pitch!, chap chap, run run run!"

Nei fatti, fuori da scuola c’era una madre che teneva un ombrello per lui, ma non era sua madre né era Haruka, era quella del suo migliore amico, e questo lo deprimeva ancora di più. Era una situazione che altri giorni sarebbe passata inosservata o, perlomeno, che Sakura preferiva dimenticare. Ma oggi sembrava essere più sensibile del solito, perciò quegli stessi dettagli lo colpivano di più.

Durante il viaggio verso il club fu piuttosto silenzioso. Sakura prese l’autobus e si sedette vicino al finestrino, appoggiando la testa sul vetro, ignorando Aiko che si sforzava, inutilmente di attirare la sua attenzione, prendendogli la mano o picchiettando sulla spalla, ma Sakura non era dell’umore per giocare. Per sua fortuna, la madre del suo amico si manteneva distratta parlando coi genitori degli altri compagni di scuola, perciò non si accorse del suo atteggiamento triste e scostante.

Quando arrivarono all’Iwatobi SC Returns, Sakura sperò di abbozzare un sorriso mentre ringraziava per le attenzioni, Aiko e sua madre; le restituì l’ombrello che gli prestava sempre e poi entrò nell’edificio. Tutto si ripeteva uguale agli ultimi giorni: la hall vuota, le voci lontane degli allenatori e l’orologio che segnava quindici minuti prima della lezione di nuoto. La sensazione sarebbe quella di un perfetto deja vu se non fosse che il suo solito umore e vivacità erano a terra quel giorno. Si avvicinò alla porta di vetro e cacciò la testa fuori. In lontananza, ad alcuni isolati di distanza, poteva vedere l’ospedale. Tornò a dare un’occhiata all’interno del club, ancora nessuno, perciò decise di lasciare il posto e allontanarsi senza un minuto di più.

Il passo era rallentato e privo di sicurezza, nella mente ancora vagavano certe esperienze e pensieri che lo sopraffavano. Attraversò la strada senza molta cautela, passando tra le persone che camminavano senza vederlo e a volte lo spingevano. Si sentiva piccolo e indifeso, e per un istante pensò di lasciar perdere la sua ricerca e tornare al club.

Tuttavia, questa idea svanì nel momento in cui i suoi piedi urtarono contro quella che sembrava essere una scatola di cartone in un angolo del marciapiede. Quando tentò di recuperare l’equilibrio perso, si chinò per vedere di cosa si trattava. Sgranò gli occhi stupito quando, nell’aprire la parte superiore, scoprì all’interno un gattino dal pelo biondo avvolto in una vecchia copertina. Chiuse la scatola di botto con ansia, girò la testa di qua e di là credendo che il proprietario dell’animale potesse essere nei dintorni. Ma nessuno gli prestava attenzione, perciò tornò ad aprire la scatola e si ritrovò col felino, che adesso lo osservava con occhi spalancati da un angolo. Entrambi erano impauriti, quel primo incontro era stato davvero incredibile.

—Che ci fai qui?— chiese Sakura.

Il gatto lo osservo per un secondo, poi si arrampicò per il bordo della scatola e salto sul marciapiede. Sakura indietreggiò di alcuni passi.

—Entra nella scatola.— ordinò calmo, ma il gattino avanzò diretto verso i suoi piedi — Non mi seguire, torna nella tua scatola.— insisté, camminando in giro con il gatto che lo seguiva da dietro.

Si fermarono entrambi, Sakura e il gatto, quando subito si trovarono di fronte a quella figura alta e slanciata che era appena giunta sul posto. Il bambino sgranò i suoi occhi azzurri stupito quando vide lo sguardo di Rin posarsi su di lui.

—Ciao—disse l’uomo con un sorriso timido. Sakura sbatté le palpebre un paio di volte restando in silenzio, poi si sporse di lato per vedere cosa si trovava alle spalle di Rin. L’ospedale dove si incontravano era ad alcuni isolati di distanza —Ti sorprende sia apparso qui, vero? —

—Non ci siamo mai incontrati qui —disse il bambino senza smettere il suo stupore.

—Sí, è che… — Rin se portò una mano alla nuca e la gratto sentendosi un po’ a disagio, distogliendo lo sguardo da un altra parte — Ci stavi mettendo molto, e… uhm… ieri non ho potuto venire in tempo — cacciò un sospiro rassegnato — Credo che volessi vederti.— il leggero formicolio nelle sue guance indicava il sorriso che era apparso.

Sakura non poté evitare di fare un grande sorriso, sentendo le guance arrossire.

— Ieri non ho potuto uscire dal club, così anch’io volevo vederti. —

Una piacevole sensazione di calore si espanse nel petto di Rin al sentirlo parlare, gli portò a cacciare un dolce e lieve sospiro. Se ne era già accorto, quando era di fronte a quel bambino, il proprio corpo, la propria mente e i propri sentimenti reagivano in un modo diverso dal solito.

—Andiamo da un’altra parte per proteggerci dalla pioggia.— suggerì l’uomo. Quel giorno non aveva l’ombrello, perciò i suoi capelli abbastanza umidi iniziarono ad attaccarsi sulla pelle.

—Non posso, ho un gatto che mi sta seguendo.— disse Sakura, indicando il cucciolo dietro di lui.

—Così hai anche tu il tuo stalker — scherzò divertito. Il piccolo storse la bocca di lato; ricordava i primi incontri con Rin, quando si preoccupava di seguirlo e imitarlo e, in cambio, riceveva come risposta quello sguardo cremisi pieno di fastidio —Non ti piacciono i gatti?—domandò curioso.

—Non è questo —rispose il bambino —A casa mia arrivano alcuni gatti a mangiare e io gioco con loro, ma papà li tiene sempre in giardino. Questa è la prima volta che ne trovo uno così piccolo in una scatola. Non voglio lasciarlo solo, che devo fare con lui?—

—Se non puoi portarlo a casa, sarà meglio trovargli un buon posto al coperto e al riparo dal freddo. Se resterà qui, la sua scatola verrà calpestata dalle persone che passano qui e non sarà protetto contro la pioggia.— Rin si chinò verso l’animale, lo prese con delicatezza e lo mise nella scatola —Andiamo a cercare uno spazio adatto a lui. —

Sakura annuì entusiasta e iniziò a seguire l’uomo, che teneva la scatola tra le mani.

Mentre camminavano per un paio di strade, Rin diede del denaro al bambino perché comprasse qualche cibo per cuccioli di gatti in un negozio. Una volta che il mangiare era nelle mani di Sakura, entrambi continuarono a cercare un posto per lasciare il gatto. Sorrisero di gioia quando trovarono una casa abbandonata da un po’, la cui facciata posava su degli scalini, sopra i quali spuntava un tettuccio.

—È perfetto.— disse Rin soddisfatto, posando la scatola sopra lo scalino più altro vicino alla porta —Qui starà al sicuro dalla pioggia. Domani possiamo andare a trovarlo di nuovo per vedere come si trova.—

—Sembra ti piacciano i gatti —commentò Sakura ammirandolo.

—Sì… come dire, io… —Indietreggiò di un paio di passi e scosse nervoso la testa. Non gli piaceva ammettere che era sensibile a certe cose, molto meno quando aveva uno sguardo insistente sopra di lui — Non è che mi piacciono, ma… — strinse gli occhi e sbuffò — E che tu volevi salvarlo e… be’, non potevamo lasciarlo lì indifeso sotto la pioggia. —

— Credo che qui starà bene. — disse chinandosi verso la scatola per accarezzarlo, le sue dita vennero catturate dal gattino che voleva giocare. Sakura cacciò una risata — Che bello! —

— Si, lo è… —  commentò Rin divertito, vedendo come il cucciolo allungava le zampe per giocare e il bambino muoveva le dita per muoverlo. Non poté evitare di riportare alla mente alcuni ricordi di quando era più giovane ed era abituato a salvare gatti abbandonati; era successo varie volte, perfino Makoto lo aveva aiutato in più di un’occasione — Ti senti bene a prenderti cura di loro— evidenziò con un sorriso nostalgico sul viso.

—Vorrei portarlo a casa…— disse Sakura, vedendo come cercava di nascondersi sotto la copertina che lo copriva. Prese un lembo dell’indumento e, delicato, lo allungò sopra al gatto. Le proprie labbra si aprirono in un sorriso di gioia che aveva tenuto per tutto il cammino — Deve sentirsi molto solo ed è anche così piccolo, forse la mamma l’ha abbandonato?—

L’espressione di Rin piano iniziò a cambiare. Anche se voleva mantenere la sua attenzione concentrata sul gatto, le ultime parole del bambino gli si erano conficcate dentro.

— Le madri… non abbandonano i loro figli.— rispose con un tono fermo ma malinconico, sentendo una spiacevole morsa al petto. Adesso erano le sue stesse parole a incidergli la coscienza.

— Allora, la sua mamma è morta?— chiese Sakura con voce tremula.

— Non lo so…— rispose avvilito, sentendo come un sapore amaro che gli saliva in gola. Scosse la testa da lato a lato e inspirò una boccata d’aria per cercare di ricomporsi; prese un poco del cibo che aveva comprato e lo posò nella scatola, poi lo avvolse coperta perché non prendesse freddo —. Bene, è ora della tua lezione di nuoto. Andiamo, ti accompagno al club— disse alzandosi, cercando di nascondere i sentimenti repentini che lo affliggevano.

—Oggi non andrò al club —disse piano, mentre la voce si abbassava e la sua espressione si rabbui un po’—Non ho voglia di nuotare.—

—Perché no? —chiese Rin con una certa preoccupazione. Questa era la prima volta che lo vedeva con un espressione triste.

—Perché non voglio— rispose afflitto, iniziando a innervosirsi e abbassando lo sguardo per evitare quello dell’uomo.

— Ehi, è successo qualcosa? — domandò inchinandosi di nuovo per arrivare all'altezza del bambino — Dimmi che succede, forse posso aiutarti. —

— Aiutarmi? Nessuno può farlo, perché… — Sakura si fermò un istante alzando la testa per incontrarsi con gli occhi rossi di Rin, uno sguardo triste e vuoto, ma che stranamente lo confortava. Sentì un groppo fermarsi in gola e poi il respiro che iniziava a perdere il suo ritmo — Voglio stare con la mamma, ma lei sta in cielo. —

— Ehi, non abbatterti. — gli parlò con dolcezza — La tua mamma ti osserva in ogni istante, sono sicuro che lei pensa sempre a te. Inoltre, le scrivi sempre nel tuo diario, vero? —

— Si, ma è come se parlassi da solo, perché lei non dice nulla.— rispose abbassando di nuovo lo sguardo, ricordando che dentro il suo zaino custodiva il suo prezioso diario —. La invito a dormire con me quando fa freddo, ma non mi è mai venuta a trovare. L’altra notte le ho lasciato una coperta per coprirsi, ma non è venuta a prenderla.— Le lacrime non tardarono a cadere dai suoi occhi azzurri —Mamma vive in cielo con le stelle. Per questo mi piacciono i giorni di pioggia, perché forse possono piovere stelle e mamma potrebbe arrivare al mio fianco.—singhiozzo sommesso, cacciando piccoli sospiri.

—Non piangere… —disse Rin afflitto.

E così, in un impeto, senza fermarsi un attimo a riflettere, l’uomo allargò le braccia e attirò verso di sé il bambino. Lo avvolse in un abbraccio, passandogli una mano per la schiena e l’altra gli teneva con delicatezza la testa.

Era qualcosa che non poteva capire, il proprio essere reagiva alla necessità di tranquillizzare il piccolo. Si sentì ansioso nel notare che un forte desiderio di protezione iniziava a nascergli da dentro. Percepiva le piccole mani di Sakura aggrapparsi al suo petto così come il suo fiato corto contro il proprio collo, e ciò provocava in Rin di aumentare la pressione del proprio abbraccio, sorprendendosi da solo nel sentire nel proprio petto una sensazione che lo portò a chiudere gli occhi e sospirare a lungo.

—Smettila di piangere… — disse stavolta in un sussurro, iniziando a muovere la mano con delicatezza sopra il cappello che copriva la sua testa.

I singhiozzi di Sakura svanivano mano a mano, nel mentre la voce di Rin gli arrivava alle orecchie. Si sentiva ogni volta più calmo, il dolore era sparito e la tranquillità di essere al sicuro confortava dolcemente il suo spirito. Ad occhi chiusi e con le mani strette al petto di Rin, il suo respiro poco a poco riprendeva il suo ritmo normale.

— Ci saranno ancora giorni di pioggia — disse Sakura a bassa voce, tenendo il viso appoggiato sul petto di Rin — Allora anche la mamma potrà scendere dalle stelle.— La sua voce era pacata e quasi non mostrava segni di tristezza, lasciando di nuovo il passo alla speranza.

— Sono sicuro che doveva essere una persona felice e radiosa, e che il tuo sorriso l’hai ereditato da lei.—  aggiunse Rin con dolcezza, senza smettere di accarezzare la testa di Sakura. Le parole gli uscirono da sole dalla bocca — Non essere triste. A mamma non piace vederti piangere… —

Erano otto anni che i loro corpi non erano così vicini, che i loro cuori non erano uno di fronte all'altro in un primo abbraccio che sembrò infinito. Restarono così alcuni minuti, loro due in assoluto silenzio, con solo il suono della pioggia leggera che cadeva sopra il marciapiede, uniti in un abbraccio che era più che altro una necessità per raggiungere il cuore dell’altro. Anche senza esserne coscienti in quel momento, entrambi sapevano molto bene che si appartenevano reciprocamente.

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All'inizio, Haruka non diede importanza a quel colpetto che ricevette all'altezza delle gambe, preferì chiudere gli occhi e continuare a dormire. Ma presto sentì un altro tocco all'altezza della schiena, e poi un altro di nuovo alle gambe. Aprì gli occhi mezzo assonnato e si girò di fianco per vedere cosa succedeva. Con l’aiuto della flebile luce che proveniva dall'esterno della stanza, poté vedere la sagoma di Rin accomodarsi sopra il letto; il viso accigliato e i capelli disordinati tradivano che lui aveva passato un bel po’ di tempo faticando a trovare la giusta posizione.

— Rin, che succede? — chiese Haruka con voce impastata dal sonno.

— Non riesco a dormire.— rispose Rin aprendo gli occhi, dandogli uno sguardo afflitto. — Mi fa male la schiena in alcune posizioni; in altre, non riesco a respirare.—

— Dev’essere la stanchezza. Oggi è stata una giornata frenetica — gli rispose Haruka, la testa posata sul cuscino, mentre osservava con attenzione Rin —Il buono è che gli esami medici di stamattina sono andati bene. —

— Sono andati bene, ma, mancano solo due mesi alla sua nascita e ancora non sappiamo se è un bambino o una bambina. Il nostro bambino non si mette in posa per le ecografie. — disse Rin cacciando una risatina.

— Non importa se è un bambino o una bambina. Voglio solo che nasca sano. —  disse Haruka pacato.

Restarono in silenzio per un istante, uno di fronte all’altro mentre intrecciavano le loro dita sopra al cuscino. Era tanto tempo che non erano in una atmosfera così pacifica come quella, che quasi avevano dimenticato cos’era guardarsi negli occhi e sentire il calore dell’altro.

Haruka e Rin avevano una routine imperfetta, dove la scarsa comunicazione si era trasformata in un abitudine che aveva iniziato a consumare la loro relazione. Ma, a volte capitavano giorni come questo, dove Haruka non doveva presenziare in piscina, né agli allenamenti, né a conferenze con i suoi sponsor, né a gare all'estero, e dove Rin non si deprimeva con pensieri negativi riguardo la propria gravidanza, il proprio genere e identità sessuale, la propria solitudine e il futuro nel nuoto. Giorno come questi capitavano tre o quattro volte al mese, per questo erano giorno sacri nei quali potevano permettersi di godere l’uno dell’altro e dimenticare, fosse anche solo per alcune ore, l’angoscia che provavano giorno dopo giorno.

— Haru... sono molto felice che oggi stiamo noi tre insieme — esclamò all'improvviso Rin con voce dolce e leggera, mentre sentiva il pollice di Haruka accarezzargli la superficie della mano — Anche se credo che è un miracolo che il bambino e io stiamo bene, sapendo che questa è una gravidanza ad alto rischio. —

— È perché te ne sei preso cura perfettamente — gli rispose Haruka, lo sguardo perso sulle loro dita intrecciate —Non vedo l’ora che nasca il nostro bambino…—

— Non essere così ansioso, mancano quasi due mesi — disse Rin —Ma, abbiamo già fatto dei passi avanti. Abbiamo la sua cameretta dipinta e decorata con giocattoli, abbiamo preso una culla, e abbiamo comprato un sacco di roba. —

— La maggior parte delle cose sono rosa. Credi sarà una bambina? — domandò curioso.

—Non lo so. Credo che lo sapremo solo quando nascerà, sembra che il bambino voglia farci una sorpresa — disse divertito. Subito, le sue dita si strinsero un po’ sopra la mano di Haruka, mentre mostrava un'espressione accigliata —Oh, indovina chi si è svegliato…—  disse Rin mentre si portava la mano sulla pancia toccandola con delicatezza.

Haruka si alzò dopo un po, mentre al suo fianco Rin faceva lo stesso, aiutandosi con ambo le mani per appoggiarsi mettendosi seduto sul letto. Nella sua nuova posizione, la pancia sembrava molto più gonfia.

—Si sveglia sempre durante la notte e inizia a scalciare fortissimo, anche se la verità è che tutto il giorno è in movimento. È così vivace!— si lamentò Rin con un piccolo sorriso, mentre sentiva una mano di Haruka muoversi delicata sopra la sua pancia —Riesci a sentirlo?—

Haruka chiuse gli occhi cercando di concentrarsi nel tatto delle proprie mani, palpando con cura la pelle coperta di Rin. Il viso gli si illuminò, l’azzurro dei suoi occhi brillò incantato nell'attimo in cui sentì un colpetto sotto le dita. Fece un po’ di pressione sulla pancia di Rin e, stavolta, il calcetto fu più forte.

—Questi movimenti… I suoi calci sono forti… Sta’ imparando a nuotare.— commentò Haruka con gli occhi che gli brillavano di gioia.

Rin non tardò a cacciare una risata.

—Da dove ti vengono certe idee?— 

—Ohi Rin, dovresti saperlo meglio di me, il bambino è dentro di te.— replicò Haruka risentito per la risata del compagno. Poi tornò a concentrarsi nel sentire suo figlio —Mi chiedo se stia cercando di imparare a nuotare a stile libero…—

—Ma parli sul serio?— Rin tornò a ridere — Credo che sta imparando a nuotare a farfalla, proprio come me.— commentò Rin seguendolo nel suo gioco, anche se, certo, Haruka parlava sul serio.

—Anche tu nuoti a stile libero, qui è più probabile di nuotare a farfalla.— precisò Haruka. Poi sospirò a lungo e abbozzò un leggero sorriso —Non vedo l’ora che arrivi il giorno in cui potremo nuotare noi tre…—

—Noi tre in una piscina piena di petali di ciliegio.— sorrise Rin incantato.

— Il bambino nascerà ad aprile. Per quel momento i ciliegi saranno in fiore. —

—Stupido, ad aprile l’acqua sarà ancora gelata e-…— Rin si fermò di scattò e abbassò la testa verso il pancione —Vorresti nuotare in aprile? Be’, devi aspettare finché sarai più grande— pronunciò scherzoso sentendo i calcetti del bambino —Haru, credo che il bambino sarà un fanatico dell’acqua proprio come-…—

Le sue parole furono nuovamente interrotte, ma questa volta dalle labbra di Haruka che si posarono tenere sopra le sue in un bacio delicato, timido e molto lento. Con le mani intrecciate e i loro tre cuori in sincrono, Haruka gli sussurrò un dolce “grazie”, per poi appoggiare la fronte contro quella del suo amato Rin, ammirandone i lineamenti delicati del suo viso, illuminato appena dalla luce della luna e delle stelle.

—Non importa il luogo né lo stile. Cosa importa è stare insieme noi tre per sempre.—

Continua

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Note dell’autrice:

Credo che a volte non si può andare contro il destino né contro il sangue. I sorrisi emergono dall’anima... Sono una famiglia, che lo vogliono o no le loro vite sono intrecciate e hanno molte cose in comune di quanto possano accorgersi.

Infine, voglio dire che questa storia avrà quattro momenti chiave. Il prossimo capitolo sarà il primo di questi.

- La canzone che cantano i bambini a scuola si chiama "Giorno di Pioggia" [Ame furi - あめふり] è una famosa canzoncina giapponese. La potete trovare su Youtube se la cercate in hiragana.

- Come detto nell’altro capitolo –por chi lo ha dimenticato– il padre e la nonna di Rin si chiamano rispettivamente Toraichi e Kyou. Entrambi i nomi sono menzionati in High Speed! 2

- A Rin piacciono i gatti e in almeno due occasioni ha accudito dei gattini abbandonati, una di queste insieme a Makoto proprio come riferito nel capitolo.
Appare nel materiale ufficiale nella Traccia 10 di Free! Eternal Summer Drama CD Volume 1.

- Rin è specializzato nel nuoto a stile libero e farfalla. È detto nelle due stagioni di Free!,in High Speed! E in molto materiale ufficiale di Kyoto Animation.

Grazie mille per aver letto. Spero che vi sia piaciuto questo capitolo che ho scritto con tanto amore.

   
 
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