V
I giorni passarono molto lentamente, o forse sembrò così a Harry. Solo
e a leccare le sue ferite, quelle ore sembravano interminabili. Tante volte si
era bloccato col telefono in mano, perché avrebbe voluto chiamarla, ripeterle
ancora che l’amava. All’infinito, come un disco rotto.
Uno con quei tormentoni estivi, però.
Una volta tornato a casa, si era pentito di tutto quello che non le aveva
detto. Forse avrebbe potuto mandarle una lettera con le note aggiuntive, a mo’
di Errata Corrige. Qualcuno le
suggeriva che no, era assolutamente da evitare. E una volta tanto, Harry Potter
ascoltò le voci, e aspettò.
L’attesa non era proprio tra le sue corde, quindi
cercò in tutti i modi di pensare ad altro, concentrandosi sul lavoro e
offrendosi volontario per qualsiasi missione. E anche per altro.
Ci aveva pensato a lungo quando il suo Capo Dipartimento aveva chiesto un
volontario per interagire col MACUSA in America. Lui non era sicuramente la
persona più adatta: non era un politico e non era mai stato bravo con le
parole, ma sicuramente la sua fama lo avrebbe aiutato. E poi, era un’ottima
scusa per scappare da Londra per qualche settimana. Lì, chiuso in quelle
quattro mura, che fossero casa o il suo ufficio, gli sembrava di impazzire e
non ce la faceva più; era più che sicuro che avrebbe
combinato qualche danno a lungo andare, quindi era meglio fare le
valigie e allontanarsi per un po’.
A dire il vero, doveva ancora preparare il necessario per la partenza
dell’indomani, ma una piccola parte di Harry, quella ottimista ovviamente,
sperava che Hermione si presentasse a casa sua per fermarlo. Tsè,
diceva la sua parte pessimista.
Intanto lui rimandava e presto si sarebbe ridotto all’ultimo secondo.
Si decise solo alle dieci di sera, quando ormai era
evidente a entrambe le parti che nessuno si sarebbe opposto alla sua partenza.
Preparò quello che gli sarebbe bastato per un mese di permanenza, anche se
dipendeva tutto da lui. Poteva anche iniziare una nuova vita lì.
Era più facile scappare che affrontare il rifiuto di Hermione. Era peggio di una femminuccia, altroché!
La sveglia suonò anche fin troppo presto e lui non era pronto per
nulla. Durante la notte aveva pensato e ripensato al suo gesto. Stava davvero
agendo nel giusto? E se stesse commettendo un’altra delle sue solite cazzate? E
se lei non lo avesse più perdonato? Si addormentò alle quattro del mattino,
quando aveva capito che tutte quelle paturnie erano inutili e che doveva
smetterla di fare certi pensieri, era meglio mettere il suo cervello in modalità offline e
approfittare di quell’opportunità per visitare un posto in cui non era mai
stato.
Lui si era candidato per altri motivi, e solo al suo arrivo in aeroporto capì
che ci sarebbe stato altro. Qualcosa che gli era sempre stato negato: non aveva
mai viaggiato con i Dursley e lui non aveva visto
altro che qualche città nel Regno Unito, ma nulla al
di là del suo nido. Era pronto a prendere il volo, in tutti i sensi. E questo
lo rendeva euforico.
Aveva ancora un sorriso ebete quando si sentì chiamare. Da lei. E sentì la parte ottimista fare
la linguaccia alla sua controparte. Se lo aspettava? No, per nulla. Forse il
giorno precedente ci aveva sperato, ma alla fine, dopo non aver chiuso occhio,
aveva capito che lei non si sarebbe mai presentata, e aveva ragione, perché
dopotutto aveva mandato a puttane un’amicizia di più di vent’anni per un attimo
di gloria. Il tempo di un bacio, condito con uno schiaffo.
Lei era bella come sempre, trafelata e con le guance rosse.
Sicuramente aveva corso per essere lì.
“Ciao.” Fu il suo semplice saluto.
“Ciao, Harry.”
Non potevano essere più freddi di così. Due ghiaccioli che si incontravano. Ciao, io sono alla menta. Ciao, io alla
fragola. Erano veramente patetici.
“Riuscirai mai a perdonarmi?” le aveva chiesto.
“Per cosa?”
La lista era lunga, ma Harry preferì andare dritto al sodo. “Per aver
rovinato tutto.”
E lei gli sorrise, prima di avvicinarsi. “Non
essere drastico. Sono qui, no?”
“Sì, e sembriamo due estranei!”
“Sono imbarazzata, tutto qui.”
Lei era in
imbarazzo? E lui cosa doveva dire, allora?
“Almeno non sei arrabbiata.”
“Oh lo sono, il mio profilo è ancora online grazie a te.”
Si diede una manata in fronte, perché gli era proprio passato di
mente.
“Più forte, Harry.”
“Scusa, appena arrivo a New York provvedo
subito a cancellarlo.”
“E cerca di imparare dai tuoi sbagli, mi raccomando.”
Gli aveva ricordato con un occhiolino.
“Ossia?”
“Le password, Harry! Pensa se tenessi delle informazioni importanti
sul PC e qualche Mago Oscuro ne approfittasse…”
Harry trovò impossibile e ridicola l’idea. “E cerca
le informazioni sul mio computer? Non troverebbe molto,
solo tante partite a solitario. Comunque l’ho già fatto,
tua figlia non può più combinare danni.”
“Davvero?” Per un attimo sembrò pensare a qualcosa di lontano, come a
un ricordo. “Edvige? O… qualcosa che ricorda i tuoi
genitori?”
“Hermione.”
“Quale delle due, non ho capito.”
“No, la password sei tu. Cioè il tuo
nome.” Si era incartato come al suo solito.
Lei l’aveva guardato a lungo e Harry non riuscì a decifrare quello
sguardo. Era arrabbiata o triste? Dio, quanto erano complicate le donne. Doveva
ripescare quel manuale che gli aveva regalato Ron, forse l’avrebbe aiutato.
“Comunque ho parlato di sbagli. Al plurale.”
“Ne ho fatti un centinaio nell’ultimo
periodo. Ho l’imbarazzo della scelta. Non dovevo amarti? Non credo ci sarei riuscito.” Scacciò con la mano quell’idea davvero
impossibile.
“Veramente?”
“Amarti è troppo facile quando tu sei così.” Fece un gesto
buffo con la mano e Hermione era scoppiata a ridere.
“Così come?”
“Così. Bella da morire, con
quelle labbra da baciare, le guance arrossate, imbarazzate come dici tu, e quei
capelli arruffati…”
“Ehi, non toccare quel tasto dolente, non posso mica andare sempre dal
parrucchiere,” si era difesa.
“No, no, a me piacciono. Ti rendono più selvaggia!”
“Non sono una lepre da catturare.”
“O un cinghiale.”
Hermione ora lo guardava con astio. “Da cucinare con le patate.”
“Quelle stanno bene ovunque. Stiamo decidendo il menù del mio ritorno?” chiese, curioso.
“Tornerai?” Aveva chiesto, piena di speranza.
“Solo se tu lo vuoi.” Harry non aveva mai avuto così paura di sentire
una risposta.
“Lo voglio.”
Nella sua testa cominciò a sentire la marcia nuziale. Hermione non
doveva pronunciare certe parole, non pensando ai doppi sensi. Insomma, sapeva
che Harry non avrebbe chiuso occhio per giorni, riflettendoci su e facendosi
mille paranoie.
“Comunque, di quale sbaglio parlavi?”
Un altro passo avanti, ormai erano l’uno di
fronte l’altro.
“Non si bacia così una donna.”
Ora si erano aggiunte anche le campane a
festa, mentre il suo corpo fu percorso da un lungo brivido di piacere, al
ricordo di quel breve contatto.
“Ah sì, e come si fa?”
Gli aveva afferrato i polsi e portati dietro la sua schiena. Era
bloccato in quella bellissima posizione con lei a un millimetro di distanza. “E
poi?”
“Devi far capire all’altra persona quanto la ami, devi baciarla veramente.”
“Ma se lei non vuole, perché non prova gli
stessi sentimenti?”
Harry non era confuso, era di più. Che cosa stava facendo Hermione?
“Forse la persona era solo spaventata da quello che
sarebbe potuto succedere, per la possibilità di perdere il proprio migliore
amico, se avesse rovinato tutto. Se puta caso, lei avesse avuto una
relazione con un altro migliore amico e questa fosse finita male, molto male.”
“E quindi dopo averci pensato su, cosa avrebbe deciso?”
“Dopo essere stata anche rimproverata dalla sua stessa figlia, aveva
deciso.”
“Cosa?” Quella suspence l’avrebbe ucciso, ne
era sicuro.
“Che sarebbe andata all’aeroporto.”
Harry non riuscì a dissimulare la sua delusione, ma il corpo di
Hermione era ancora schiacciato contro il suo in quella dolce tortura e lui non
aveva dimenticato cosa fare.
“Solo?”
“Be’, era convinta che lui avrebbe capito e
che non avrebbero perso tempo a chiacchierare visto che è in partenza, e che il
gate è in chiusura e non possono mandare all’aria una
cooperazione magica.”
“Dici? Non lo sai che è un po’ lento?”
La risata di Hermione si spense sulle labbra di Harry, e fu
un’esplosione di colori, di fuochi d’artificio e tanti altri effetti speciali
che videro solo loro.
Le braccia di Harry erano ancora bloccate, ma lui non aveva la minima intenzione
di staccarsi da lei, dopo che l’aveva desiderato tanto e per così tanti anni.
Si allontanarono di qualche passo solo quando sentirono l’avviso dei megafoni,
riguardante il suo volo. Era ora, doveva andare.
Lei sembrò capirlo e lo lasciò libero. Anche se il suo cuore era sempre stato
suo prigioniero.
“Ricordati la cena che mi hai promesso.”
“E tu il dopocena.” Aveva il viso in fiamme, forse per l’audacia di
quelle parole che volevano dire tanto altro.
Baciala. Baciala.
Baciala.
E con un ultimo slancio l’aveva raggiunta, prima che lei lo spingesse
via. Tra le lacrime sì, ma con un mezzo sorriso.
Oh, l’avrebbe ribaciata di sicuro. Non si sarebbe mai stancato di
farlo.
NdA:
Finita! Non siete soddisfatti? Ne volete ancora? E no, miei cari, Baciala finisce qua. La versione quella dolce,
romantica, con un Harry da sbaciucchiare e abbracciare
la sera (meglio della coperta con le mani).
La versione non romantica vi aspetta lunedì con uno spin-off, capitolo extra,
che però verrà pubblicato a parte. Rating rosso, ahimé! Quando Jaybree ha le
voglie, che dobbiamo fare? Bisogna accontentarla quella ragazza, altrimenti ci
incasina Chrys di Mai
Nata. E noi la vogliamo con Damian.
Ragazzi maggiorenni, ci vediamo lunedì! Per tutti gli altri, un enorme GRAZIE.
Per avermi seguita, per aver messo questa storia tra
le seguite/ricordate/preferite e per aver semplicemente creduto in me e nelle
mie idee folli. Speriamo di scrivere altro, tutto dipende dalla mia
spacciatrice di prompt o da voi… sono sempre aperta a
nuovi progetti.
A presto!