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Autore: darkrin    28/02/2017    1 recensioni
Non se ne accorge subito: il passaggio è così rapido e lui era così catturato dai suoi pensieri: dai suoi piani per fuggire dalla sua vita, dal suo disprezzo per le proposte di Gansey che dall’alto del suo Olimpo gli tende una mano misericordiosa e gli promette alloggio e salvezza. Gli promette di essere al sicuro da Robert e di nuovo dipendente da qualcuno.
I suoi occhi hanno bisogno di tempo per abituarsi all’oscurità che, improvvisa come una coperta calata sul mondo, lo avvolge non appena smette di pensare le ultime lettere di: -ndarmene.
(Adam/Ronan Persefone/Ade!au | Persefone!Adam, Ade!Ronan, Ecate!Blue, Zeus!Gansey)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Note: 
1. 
per quanto riguarda gli epiteti usati: 
  • A età preistorica risale l’attributo di padre universale espresso nella formula epica «padre degli uomini e degli dei», come pure la signoria sugli aspetti del ciclo meteorico («adunator di nembi e di tempeste»; inoltre ῎Ομβριος «Z. della pioggia», Κεραύνιος «Z. del fulmine» ecc.) e insieme sulla quercia (Ζ. Φηγωναῖος «Z. della quercia» a Dodona ecc.), associazione che si riscontra in altre divinità celesti indoeuropee (➔ Perun). secondo la Treccani
  • "dalle bianche braccia" è uno degli epiteti di Era secondo wikia 
  • Sempre secondo la treccani Dioniso è: "considerato l’inventore della vite, del melo, del vino, della birra; gli si attribuiva, inoltre, la crescita e il rinnovarsi della vita dei fiori e degli alberi."
2. per quanto riguarda i personaggi che compaiono in questo capitolo: 
  • Zeus!Gansey, Ecate!Blue, Cerbero!NightTerror, Parche!Maura,Calla&Persephone, Era!Helen, Dioniso!Declan, Arianna!Ashley
  • ci tengo a precisare che HO PROVATO a non inserire la Helen/Declan, CI HO PROVATO.
 
3. altro: 
  • secondo wikia l'oxygala faceva parte degli alimenti consumati nell'antica grecia; si pensa che essa avesse la forma di uno yogurt ed era di solito mangiata con il miele.
  • NO BETA quindi segnalatemi qualsiasi cosa/svista/strafalcione. 
 



È difficile seguire lo scorrere del tempo in quel luogo che sembra fatto della stessa sostanza di un sogno. È come stare nascosti nel cuore di una quercia e sapere che i giorni passano, ma non sentirne il peso oltre lo spesso tronco che l’avvolge. Blue si chiede, distrattamente, quale tra gli alberi di quel giardino sotterraneo in cui si trova, seduta su una grossa pietra, alberghi quel che resta di suo padre. È un pensiero passeggero e distratto come l’affetto che un tempo ha provato per quell’uomo spaventato dalla magia che si è nascosto in una quercia pur di sfuggire al destino narratogli dalle Parche.
A volte Blue ha l’impressione che si conoscano da secoli, lei e quel dio adunator di nembi e di tempeste che regna nell’alto dei cieli. Quel dio a cui tutti guardano e che tutti ammirano. Quel dio che è emerso dalle ombre del passaggio, a cui un Incubo Notturno fa la guardia con i suoi tre becchi e i suoi artigli, e ora è in piedi davanti a lei, tra i fiori impossibili che solo in quel luogo possono fiorire.
- Ecate. –
Il padre degli uomini e degli dei la saluta con quel nome che solo lui ancora usa e Blue non riesce a trattenere una smorfia e un verso che non è lecito neanche tra le ombre più oscure dell’Averno.
- Gansey – risponde, leccando distrattamente le ultime tracce di oxygala e miele dalle dita. – Cosa ti porta qui? -
Lo sa. Lo sanno entrambi del ragazzo che è arrivato, trasportato dalle radici di Cabeswater, di quel malcelato segreto che Ronan vuole nascondere tra le ombre e le pietre del suo palazzo, tra le scritte in una lingua non ancora nata che dominano le porte del suo regno e i fantasmi che riempiono le strade del suo sogno.
Gansey inarca un sopracciglio, piega le labbra in un sorriso che Blue non dubita sia in grado di scatenare fulmini e smuovere interi continenti in superficie, ma che non può nulla in quel mondo.
- Adam – cede, infine, con un sospiro. – Robert è venuto a cercarmi. Adam è scomparso e non ci sono sue tracce sulla terra. Speravo di trovarlo qui.  –
Blue annuisce. Sente lo spostamento d’aria di Chainsaw che vola da qualche parte sopra le loro teste e non dubita che anche Gansey sappia che sono osservati.
- Ho sentito – risponde. - È stata una vera tragedia – conclude con un’espressione contrita sul volto.
Gansey deve mordersi la lingua per trattenere il sorriso che gli solleva comunque un angolo della bocca: sanno entrambi che sta mentendo, sanno entrambi che non sa farlo.
- Non è qui – afferma. – Ma ti faremo sapere se avremo sue notizie  – conclude la ragazza.
Le parole hanno il sapore di un congedo quando le lasciano le labbra, quando volano nell’aria che li separa e gli si attorcigliano contro le orecchie.
Parole.
A volte a Blue sembra che non esista altro oltre alle parole che le Parche le hanno mormorato mentre camminava nell’ombra di quel luogo; a volte le sembra che non esistano gli anni, i giorni, i secoli in cui lui è lontano da quel giardino, che tutto si limiti a quei momenti in cui Gansey è in piedi di fronte a lei e i fiori dell’Averno sbocciano lasciando ai loro piedi luci che sembrano quelle di una città nella notte.
- Blue – mormora e solleva un braccio come per toccarla, come per superare quella distanza di corteccia che li separa, come per –
Ma le parole delle Parche - la mano di Calla sulla spalla, il sorriso di Maura e lo sguardo vacuo di Persephone.
Gansey abbassa il braccio, serra la mano a pugno lungo il fianco; le labbra gli si sollevano in un abbozzo di sorriso.
- Non posso chiedere di più – mormora ed è di nuovo il giusto padre di tutti gli dei, il sovrano che conosce i limiti dei suoi sudditi e non chiede mai più di quello che possano dare.
Non c’è più alcuna traccia di debolezza nella sua voce, alcun desiderio nelle sue dita. C’è sulle sue labbra solo un sorriso, leggero come i nembi che nascondono l’Olimpo, quando si volta per andarsene.
A volte a Blue sembra che non esistano neanche quei momenti.
 
***
 
- C’è una cosa che non capisco. –
La voce leggera di Helen è la prima cosa che lo accoglie quando i suoi piedi varcano la soglia limpida dell’Olimpo. La donna è distesa su una poltrona reclinata, indossa un abito chiaro che le lascia scoperte le caviglie, adornate da eleganti sandali, e le braccia bianche. Accanto a lei, su un basso tavolino a tre gambe, c’è una ciotola d’uva – unico segno che lui sia passato a trovarla - da cui Helen stacca distrattamente un chicco. Lo poggia contro le labbra prima di sollevare il capo e guardare il fratello con un’espressione pensosa sul volto.
- È per lei o per lui che cogli ogni scusa per recarti nell’Averno? – domanda.
Un sorriso sottile come il tronco di certe viti le si fa strada sulle labbra rosse come l’uva che stringe tra le dita, come il vino che Declan fa sgorgare dalla terra e per cui le sue menadi, bionde e leggere, danzano, come le dita della donna – Ashley – che Declan ha trovato su un’isola e che da allora lo accompagna dovunque vada tranne che sull’Olimpo, quando il dio del vino e del melo viene a portare offerte all’unica regina che non potrà mai avere.
- O è per entrambi? Fratellino sono quasi ammirata – continua, con le labbra socchiuse in un sorriso che sa di uva e della stessa terra su cui Helen non ha mai messo piede, accontentandosi di guardare dall’alto dell’Olimpo gli uomini che la abitano e le vite che vi trascorrono.
Gansey sente la nuca pizzicargli per il desiderio di voltarsi, lasciare quel luogo, tornare indietro.
- È per Adam – risponde.
La risata tintinnante di Helen lo segue anche quando Gansey lascia la stanza. 
   
 
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