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Autore: martina_1534    28/02/2017    0 recensioni
«Ricordi quando vivevamo a Madrid e quando non avevamo nulla da fare, giocavamo a carte?»
«Già, e mi lasciavi sempre vincere!»
«Infondo avevi solo 15 anni, eri una bambina!» mi disse, esplodendo quasi in una fragorosa risata.
«Non vantarti, hai solo 2 anni in più a me» e gli diedi un bacio.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Vivere in una città come Roma di certo comporta i suoi rischi, se un ragazzo si droga a tal punto da finire in coma senza uscirne vivo, in un millesimo di secondo lo sa tutta la città e fu questo il mio caso. Non ricordo neppure cosa pensai quella sera. Automaticamente allungai la mano verso la bottiglia e iniziai a bere fino allo sfinire. Ricordo che la gradazione era altissima ma il bisogno di evadere da quella vita monotona era più forte della mia ragione. Avevo la sensazione di una mano che reggeva la mia testa, evidentemente ero svenuta ma in fondo, cosa ne potevo sapere? Riaprii gli occhi e vedevo tutto sfocato, le mura intorno a me giravano e riuscivo a sentire solo le grida delle persone e il rumore dell’ambulanza. Dopo un po’ riconobbi il bianco freddo e triste della barella del 118. Non percepivo assolutamente nulla, escluso le ruote del veicolo che percorrevano la strada. Non c’era nessuno ad accompagnarmi, non sapevo se sentirmi abbandonata o semplicemente nessuno aveva ancora avvisato la mia famiglia. Arrivati in ospedale mi portarono in sala di rianimazione ma non ci fu nulla da fare: il coma ebbe la meglio sulle abilità dei medici. Non so di preciso dopo quanto tempo mi risvegliai, probabilmente erano passati giorni. Seduto su una sedia, addormentato probabilmente da un paio d’ore, c’era Mattia. Chiaramente non aveva dormito per tutto il mio periodo di coma, lo potevo notare dalle visibili occhiaie intorno ai suoi occhi. Io, solitamente, noto tutto. Volevo alzarmi per potergli mettere una coperta addosso ma appena tentassi qualunque movimento, le forze mi abbandonavano e mi costringevano al letto. Notai un libro di un colore marroncino e una scritta di color oro. ‘Leggeva per rimanere sveglio’ pensai. Presi quel libro e vidi che era la Bibbia. Aveva pregato o probabilmente cercava conforto nel Signore o forse era l’unico libro che avesse a disposizione, chi lo sa. Probabilmente lo fissai per un quarto d’ora prima che si svegliasse. Quando aprì gli occhi, gli sorrisi senza neanche rendermene conto. Ho sempre adorato le persone che si prendevano cura di me. Erano state poche nella mia vita e, fortunatamente, Mattia era una di quelle. «Perché sorridi?» mi chiese e fu solo quello il momento in cui mi accorsi di avergli sorriso. «Mi piace guardarti» mi uscì di getto. Avevo sempre covato un sentimento particolare per lui. «Come ti senti?» domandò, con aria visibilmente preoccupata, infondo anche lui provava qualcosa per me. Gli anni mi avevano dato testimonianza di questo. «Non sto molto bene, tu cosa mi racconti?» Si avvicinò e si sedette accanto a me. Mi abbracciò, mi baciò sulla fronte e mi rispose: «Nulla di straordinario, solo che ti ucciderei solo per il tasso di alcool trovato nel tuo sangue» «Ci sono tante cose per cui dovresti uccidermi Tia» e risi anche se per poco. «Già, come quella volta in cui scappasti di casa e non rispondevi al cellulare. Mi facesti prendere un grande spavento, ti avrei davvero uccisa.» Riaffiorarono i ricordi e ricomparve, nonostante la rabbia, quella complicità di due amanti che sfuggono agli occhi dei passanti incuriositi che camminano per le vie rosse di Roma. «Ricordi quella poesia che ti piaceva tanto? Quella di Jacques Prevert» «I ragazzi che si amano?» «Già.» «La adoro tutt’ora, è un inno all’amore per me» E i ricordi continuarono finché non adocchiai la finestra, scorgendo il buio totale. Gli chiesi l’ora sviando l’argomento ‘studio’ che, nonostante i nostri 25 anni, non era caro a nessuno dei due. Mi rispose che erano circa le 10 così, dopo aver discusso un po’, come due innamorati possono discutere, mi costrinse ad addormentarmi ma, in fondo, dormire tra le sue braccia, era la consolazione migliore che il Paradiso potesse darmi. Il giorno dopo fui svegliata da un particolare dolore al petto, ma decisi di non svegliare Mattia, meritava di dormire, così aspettai. Quando si svegliò, gli chiesi se per favore potesse chiamare il medico o una dottoressa per farmi visitare. Il dolore stava diventando insopportabile. Dopo pochi minuti, e ringraziai il Signore per questo, il dottore arrivò. «Ha fatto qualche movimento particolare ultimamente?» «No dottore, sono senza forze, non sono in grado di fare molti movimenti» «Il punto è che non riesco proprio a capire quale sia il suo problema signorina. Nel frattempo prenda questo antidolorifico, così potremo vederne gli effetti.» Riposi molte speranze in quella medicina e, dato il mio carattere debole, probabilmente sarei entrata in overdose anche di questa. Ne presi inizialmente una piccola dose e il dolore sembrò alleviarsi. «Stai meglio?» Il dolore si era certamente ridimensionato ma non del tutto, così decisi di mentire pur di non farlo preoccupare. «Sì, sto meglio, posso chiederti un favore?» «Qualunque cosa» Avrebbe fatto qualunque cosa, lo lessi nei suoi occhi: azzurri come il cielo e profondi come l’oceano. «Vuoi leggermi un qualsiasi passo della Bibbia?» «Certamente» Prese il libro e iniziò a sfogliarlo, giungendo infine a Isaia. «Ti piace Isaia?» «Dipende da cosa mi leggi» «Non temere, perché io sono con te; non smarrirti perché io sono il tuo Dio. Ti rendo forte e anche ti vengo in aiuto e ti sostengo con la destra vittoriosa.» Ci credeva davvero in quelle parole, traspariva così chiaramente dal suo tono di voce, cercava speranza. Lesse tutto il capitolo per alleviare le mie sofferenze. Non ero mai stata così credente, consideravo la religione un futile tentativo di abbandono in qualcosa in cui si crede o molto spesso si fa finta di credere, ma in quel momento avevo bisogno assolutamente di parole di così grande conforto. Sentivo di avvicinarmi un po’ a Dio, capivo la fede e ammetto di aver pregato per un attimo. Al contrario di me, Mattia vi aveva sempre creduto. Era ormai tardo pomeriggio e così chiesi una tazzina di caffè che, sfortunatamente mi fu negato. Optai così per una leggera camomilla che, invece, mi fu concessa. «Buona la camomilla?» «Per essere in ospedale, direi di sì.» e rise. Il suo sorriso era cosa rara, a Mattia non piaceva ridere avendo i denti piccoli e un po’ larghi. Si vergognava del suo sorriso, nonostante gli avessi detto moltissime volte di adorarlo nella sua imperfezione. «Ho con me la chitarra, ti va di sentire qualcosa?» e notai solo in quel momento la chitarra poggiata al lato della poltrona, il mio spirito di osservazione stava calando. «Certo! Lo sai che nei momenti più bui, sentirti cantare e suonare mi fa stare meglio.» «E allora cosa vuoi che ti canti?» «L’ultima che ha scritto Fabrizio Moro, Portami Via.» «Va benissimo, adoro anche io quella canzone» E iniziò a cantare. La voce soave come quella di un angelo Senza neanche rendermene conto, unii la mia voce alla sua e così passò la serata, tra una nota stonata, piccoli sorrisi e grosse risate, ci fu finalmente il bacio che tanto avevamo sperato. Fu un bacio intenso, voluto da entrambi. Ci siamo sempre voluti ma non avemmo mai il coraggio di confessarcelo non ci fu mai. «Ti amo.» «Anche io.» «Tia, se dovessi morire...» «Non morirai, te lo prometto.» E il bacio continuò e quando le sue labbra si staccarono dalle mie, quasi rifiutai il distacco. Lo abbracciai e gli chiesi di mettersi accanto a me nel letto, avevo freddo. Quest’ultimo non fu una sensazione, considerai il freddo un sentimento, come se fosse paragonabile alla paura. «Sei al caldo?» «Sì, grazie. Posso chiederti una cosa?» «Certamente» «Resteresti con me?» «Certamente, per sempre» E mi diede un altro bacio, più intenso del precedente ma meno duraturo e così ci addormentammo e io, nelle sue braccia, mi sentii per la prima volta davvero al caldo. La notte passò, tranquilla e dolce. Il mattino seguente mi svegliai di nuovo con quell’insolito dolore al petto. Prima che Mattia potesse svegliarsi, presi una dose di medicina, forse maggiore alla prima e subito stetti meglio così, pur di non spaventarlo, non gli dissi nulla quando si svegliò. «Buongiorno» «Buongiorno anche a te» - mi disse con un bacio sulla fronte - «quanto sei bella appena sveglia.» Gli sorrisi. Adoravo i suoi complimenti. Quel giorno fu particolarmente noioso, pioveva. Non mi aveva mai entusiasmata la pioggia, di conseguenza mi rendeva triste. «Dai, su, fammi un bel sorriso.» mi incitò. Glielo feci, non sapevo resistere a quegli occhi. Arrivò l’ora di pranzo così, mentre guardavo lui mangiare come nei giorni scorsi, io non lo feci. Il mio stomaco era troppo chiuso per poter digerire qualcosa. Finito di mangiare, presi le carte. «Ti va di giocare?» «Certo, a cosa giochiamo?» «A scopa, lo sai che sono capace di giocare solo a questo gioco» e risi. Iniziammo a giocare, e notai che mi stava lasciando vincere così, per rendere il gioco meno noioso, interruppe il silenzio. «Ricordi quando vivevamo a Madrid e quando non avevamo nulla da fare, giocavamo a carte?» «Già, e mi lasciavi sempre vincere!» «Infondo avevi solo 15 anni, eri una bambina!» mi disse, esplodendo quasi in una fragorosa risata. «Non vantarti, hai solo 2 anni in più a me» e gli diedi un bacio. Continuammo a giocare per circa un’ora quando mi stancai e gli proposi di guardare un film. «Potremmo guardare Roma città aperta» «Un po’ antico come film non credi?» Gli mandai un’ occhiataccia. Era un film molto importante per la cultura ma poi realizzai che la sua in fondo era solo ironia. «Potremmo guardare Exodus» propose ed io accettai volentieri. Adoravo quel film. Mi aveva sempre attratta la storia di Mosè. Mise il dischetto nel lettore DVD e, successivamente, si stese accanto a me. Mi abbracciò e guardammo il film per due ore. Quando il film, intriso di emozioni, finì, rimanemmo abbracciati per un po’. «Ti è piaciuto il film?» «Tantissimo, l’ho adorato» E discutemmo per un po’. Improvvisamente guardai l’orologio e notai che erano le 19, il tempo passa quando si è con la persona amata. Provai a mangiare qualcosa con lui e finalmente riuscii a ingerire qualcosa, ma in fondo era pur sempre cibo di ospedale e quindi non era molto buono. Dopo mangiato, mi venne fatto un controllo da parte dei medici per accertarsi delle mie condizioni. I sensori rilevavano qualcosa ma loro non sapevano spiegarsi cosa e così, cercarono di non allarmare né me né Mattia. Divennero le 22 e Mattia mi obbligò quasi ad addormentarmi e dopo una dolce buonanotte, chiusi gli occhi per non riaprirli mai più.
  
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