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Autore: queenjane    01/03/2017    2 recensioni
Alessio Romanov, erede al trono di Russia, vive alla Stavka, ovvero il quartier generale delle truppe con suo padre, lo Zar. E' il 1915, ha 11 anni, soffre di emofilia, ogni urto può essere fatale ma è curioso, avido di vita. Nonostante o forse per la prima guerra mondiale. Un suo incontro, un suo inopinato amico, il principe Andres Fuentes dal misterioso passato, più grande di lui, che racconterà storie, avventure e molto altro. Collegato a The Phoenix. Buona lettura. Dal capitolo 9;" In quella notte del luglio 1918, mentre il buio lo sommergeva, Alessio si trovò d’un tratto sopra un baio, a cavalcare il vento, come un antico guerriero, in una valle piena di luci e suoni e profumi, il vento portava il rombo delle onde, diede di sprone e il suo ultimo sospiro fu lieve come il mare quando muore a riva. ."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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“Andrej e poi? Il vostro patronimico, figlio di ..” Diceva Andrej alla russa, la versione spagnola era troppo esotica, strana.
“E’ leggermente impronunciabile in russo, Altezza. Mio padre si chiamava Xavier, mia madre, ripeto, russa non ha mai saputo traslitterarlo in modo adeguato.” Stava finendo di contare i passi, era stato fatto un campo di bersagli in cui esercitare la mira e voleva tenersi in allenamento.
Spettatore lo zarevic e si chiedeva in quanto tempo lo avrebbero trovato, di sicuro stavano impazzendo nella sua ricerca.
A pronunciare Fuentes si era impaperato meno, ricordava vagamente il francese.
 
 Era  nato sui Pirenei spagnoli, alla rocca di Ahumada, ultimo figlio di un principe e di una dama russa.
Aveva molti talenti, tra cui l’attitudine per le lingue e a vagabondare nelle terre di suo padre, con il fratello che lo precedeva, un altro cadetto come lui, Jaime, mentre l’erede trovava conforto nei riti e nella storia dei loro grandi antenati, come la loro sorella più grande, ironica, scanzonata e ribelle.
Sapeva fare trappole per i conigli con  i fili, scavare buche per catturare un ipotetico lupo, seguire le tracce di un daino come cercare di capire le parole straniere, si portava un libro di grammatica, fosse russo, come inglese o francese o tedesco nelle sessioni di pesca.
 
Crebbe solitario, come un titano, come un eroe, amava la solitudine e non aveva nessun timore apparente.
I suoi occhi erano verdi, come gli smeraldi che sua madre amava indossare, con il principe suo padre si erano conosciuti e innamorati e sposati nel giro di poco, lui la chiamava la sua piccola perla.
Verdi come le iridi di LEI, era il figlio minore, forse  il suo prediletto. Tranne che la donna era rimasta sempre una straniera, nostalgica della Russia e delle sue luci e dei lunghi inverni.
Le piaceva che Andres fosse senza timori, che amasse la caccia, trattenendosi spesso nel capanno a ciò adibito, anche lui era una fiera selvatica, che rifuggiva le sue tenerezze.
Poi se ne era andato, tranne che quella era una storia su cui non amava soffermarsi.
 
“ Piuttosto, procediamo così. E’ sempre utile fare un controllo e.. “
 
BUM!!
 
Centrò le lattine di metallo, che caddero rotolando.
 
“Lo fate sembrare facile” Come a dire, fatemi provare.  Pessimo, riflettè, se si fa male vado nei casini, se mi rifiuto vado nei casini uguale.
Lo zarevic era conscio del suo rango  di erede ed era spesso preda dell’arroganza.
Una volta, appurato che gli avrebbero obbedito, chiese agli appartenenti di un reggimento di cui era comandante onorario di buttarsi dentro una fontana, con uniformi e sciabola sguainata, venne obbedito  e ne rise fino alle lacrime.
Alle parate cui lo conduceva suo padre, urlava i suoi motteggi, “  Bravo, avanti così, ma cosa fai, i bottoni sono sghembi.”
Entrando talvolta nello studio dello zar, pretendeva che il ministro di turno si alzasse in piedi per salutarlo e, cortese, gli stringeva la mano.
Con lui ve la caverete male, asseriva ridendo Nicola quando si allontanava.
 
Per timore che, preda di un capriccio, si facesse male tirando un calcio a un mobile come tutti i  bambini normali, nessuno lo riprendeva, così che il fanciullo faceva tutto a modo suo, con il risultato che divenne recalcitrante e maleducato, viziato oltre ogni dire e obbediva solo a suo padre.
 
Andres aveva sentito quelle voci, quindi era messo male.
“Dipende. Questione di allenamento .. Ecco, se volete provare a tenere in mano la pistola e a vedere l’effetto, vi avviso che ho finito le pallottole. E credo che vi stiano cercando”
Comparve un marinaio infermiere e Andres fu lieto di squagliarsela.


 
“Oggi vi sono fischiate le orecchie, Andres?” Il principe Rostov-Raulov lo scrutava, indefinito. Pessimo segno quando gli dava del voi.
“Non troppo, anzi no, ma da questa battuta deduco che oggi a pranzo sono stato oggetto di conversazione”
“Già, lo zar si è giustamente arrabbiato, che suo figlio vada in giro senza le sue tate, pardon marinai, ci credo che evada alla prima, che anche io farei così, chiariamo, ma soprattutto era curioso di avere dettagli di questo Andrej senza patronimico, che diamine ci faccio con uno spagnolo, che si porta dietro un ragazzino a sparare ai bersagli..”
“Mi si è appiccicato dietro, alla fine se nessuno gli nega nulla tranne suo padre, fatto noto, che mi dovevo inventare? E non sono idiota, non l’ho fatto sparare”
“Giusto, sempre bene non contrariare un Romanov, anche di undici anni. Che mi ha chiesto dove ti avessi trovato, pardon scovato, quella peste non sa stare a tavola, si alza di continuo, ti fa entrare il mal di testa, definirlo viziato e' un eufemismo”
“E.. ?”
“Sì, ho raccontato. Non che ero caduto nella buca che tu e Jaime avevate scavato, sa il Signore se avete mai preso un lupo, giusto io sono infilato nel vostro fosso, tanto è..”
“Che fondatore dei Rostov-Raulov, Felipe,il vostro capostipite, veniva dalla Spagna, come noto, e che voi cercavate testimonianze, per scrivere un libro che non ha ancora visto la luce. E siete venuto a Ahumada a trovare documenti. Don Xavier dei Fuentes vi ha accolto con piacere e siete stato suo ospite. “
“E’ una battuta, Andres, sono stato io  a cadere come un allocco.. Comunque, senza farla troppo lunga, ti sei trovato un nuovo passatempo.”
“NO..
“Sì, gli sei rimasto simpatico.  Comunque, sarà un rompiscatole, viziato e via dicendo” La voce era bassa, appena un sussurro” Ma sai del libro, quello che dice che abbia l’emofilia. Vero o meno, è spesso ammalato ed è un bambino fragile.”
“Ho capito, non avete niente di meglio da assegnarmi. O di più importante”
“Andres, hai fatto l’impossibile nei tuoi ingaggi, venendone fuori senza fallo, e ti sta pensiero lo zarevic?”
“Sì.” Affermazione che valse le sonore risate del principe.
 
Per Alessio, le emorragie articolari erano le peggiori, i nervi erano compressi, con dolori atroci e solo la morfina avrebbe attenuato gli spasmi.
Tuttavia i medici, per evitare dipendenze, non la somministravano, così che il suo unico rimedio era svenire per fuggire dal dolore.
Il sangue corrodeva le ossa, i tessuti e le cartilagini, tanto da fare assumere agli arti posizioni contorte, con angoli innaturali, che scemata la crisi,  era poi costretto a letto per settimane e a usare apparecchi ortopedici per correggere la situazione.
Pur sorvegliato a vista, trovava sempre una via di fuga e si feriva spesso, con esiti quasi estremi.
Per paradosso, sfidava la malattia, il suo carattere vivace mal sopportava i limiti imposti dalla sua condizione.
Quando stava bene, non si differenziava dai ragazzi della sua età, vivace, allegro, giocherellone. 
 Irrompeva nella classe delle sorelle e faceva un chiasso inenarrabile fino a quando non lo trascinavano via. Avrebbe voluto andare a cavallo, giocare a tennis, pattinare, ma quelle attività gli erano precluse che troppo pericolose.
Posso giocare a tennis con le mie sorelle?”
“No caro, sai che non puoi”
“Posso pattinare?”
“No, Alessio, è troppo pericoloso”
“Montare a cavallo?”
“NO. Gli urti potrebbero farti male”
“Perché gli altri ragazzi possono fare tutto e io niente
?” Quello era un tipico dialogo con sua madre, la zarina, con poche variazioni.
Scoppiava in un pianto amaro, di rabbia,a nulla valeva che fosse amato, coccolato e viziato, con una stanza piena di giocattoli costosi, mancandogli la salute
 
   
 
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