Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Rohhh    01/03/2017    0 recensioni
La ventunenne Ashley, dopo essere stata cacciata via da casa da sua madre ed essersi ritrovata completamente sola in una città a lei sconosciuta, ha riscoperto la serenità che cercava nel suo nuovo gruppo di amici, conosciuto grazie al fortunato incontro con Terence, un ragazzo gentile e premuroso e sua sorella minore Michelle, che le ha offerto una stanza nell'appartamento che condivide con altre tre ragazze. Con un lavoro che le permette di mantenersi gli studi che ha sempre desiderato e la vicinanza delle amiche, tutto sembra procedere liscio per Ashley, ma il ricordo del suo triste passato arriva spesso a tormentarla e l'unico che misteriosamente riesce a darle sollievo da quei pensieri è Matt, un ragazzo odiato dai suoi nuovi amici per motivi non ben chiari e considerato da loro come un vero e proprio nemico da cui stare alla larga. Ashley, nonostante sia conscia della fama del ragazzo nel suo gruppo, in un momento di disperazione e debolezza, finisce per cedere e commettere con lui un errore che la perseguiterà e che presto finirà per pagare caro.
Ma, forse, non tutto ciò che sembra perduto per sempre lo è davvero...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ciao a tutte!

Questa è la seconda storia che scrivo e se siete qui, spero andrete avanti e che possa un po' piacervi!

Se non avete letto la mia precedente storia "Nei tuoi occhi c'ero già" che è presente sul mio profilo, non noterete nulla di strano, quindi potrete andare avanti tranquillamente.

Per chi invece ha già letto la mia prima storia devo fare una PREMESSA NECESSARIA.

Avrete di sicuro notato qualche nome familiare nell'introduzione, questo perchè questa storia ha una stranezza che dipende dalla mia testolina che purtroppo ha un piccolo problema coi personaggi. Quando immagino delle scene di una storia o delle trame ormai riesco solo a essere ispirata con una coppia di personaggi con determinate fattezze fisiche che avete già conosciuto nella prima storia.é un mio difetto e una cosa che può sembrare stupida, ma non riesco a elaborare una storia decente se non metto loro come personaggi. Non volevo rinunciare a scrivere solo per questo perchè mi piace e mi serve per svagarmi, così ho pensato di ricorrere a una soluzione. Ho messo l'avvertimento AU che per chi conosce le fanfiction non risulterà nuovo. In pratica con L' Au ovvero l' alternative universe i personaggi di una storia, un fumetto, un romanzo ecc. vengono inseriti in un nuovo contesto che non c' entra nulla con quello originale, mantenendo nomi e fattezze e non necessariamente stesso carattere. Per esempio il protagonista di un fantasy può trovarsi in una storia ambientata nel mondo reale e così via, pur mantenendo le proprie caratteristiche fisiche e il nome. Così ho deciso di fare con la mia storia, consideratela un AU in cui i i personaggi principali sono quelli precedenti ma è come se fossero altre persone, anche perchè il resto dei personaggi è totalmente nuovo e diverso così come la trama. Lo dico per correttezza perchè magari non a tutti va di leggere una storia di questo tipo e può risultare strano da fare se si è  rimasti legati a quella precedente, quindi in tal caso non voglio farvi perdere tempo con qualcosa che non vi interessa.Volevo anche chiarire per evitare di ricevere critiche su questo fatto, purtroppo il mio cervello funziona così altrimenti non riesco proprio a scrivere, mi viene il blocco totale, capitemi!

Se invece non vi dà fastidio, spero che vorrete darmi una possibilià e avventurarvi.
Ringrazio già da ora chi spenderà un po' del suo tempo a seguirmi, con la prima storia mi avete reso molto felice e spero che accada anche con questa, ne ho davvero bisogno!
Grazie e buona lettura!

 

Cap. 1 Un nuovo inizio

 

Esistono profumi e odori così fortemente associabili ad un momento o ad una persona, che basta risentirli una sola volta anche a distanza di anni per ritrovarsi catapultati nel passato nell'esatto attimo in cui li si respira.

Un fenomeno affascinante e piacevole che tuttavia a volte si rivela crudele e ingannatore, specie se i ricordi evocati appartengono a un periodo che non può più in alcun modo ritornare.

A una persona che non può più ritornare.

Ashley adorava la cannella, fin da quando era piccola: quell'odore particolare, anche piuttosto pungente e che per questo non era gradito da tutti, lei semplicemente lo amava e le piaceva riempirsene i polmoni fino a sentire il naso pizzicare per la sua intensità.

Lo sapeva bene suo padre che non mancava occasione di prepararle qualche leccornia a base di quell'ingrediente, anche se era stanco dopo una giornata di lavoro e l'unica cosa che avrebbe desiderato era riposarsi sul divano. Per lei lo faceva.

Era decisamente inusuale sentire quel profumo in una libreria eppure casualità aveva voluto che qualcuno avesse appoggiato per un attimo un vassoio sopra il bancone e che da questo provenisse proprio quell'aroma. Dovevano essere dei dolci o forse dei biscotti, questo lei non lo sapeva e non faceva granchè differenza, in fondo.

Quello che contava era quel profumo.

Fuori imperversava Agosto e, anche se la stanza era mantenuta fresca dall'aria condizionata, a lei bastò incrociare quella scia olfattiva per ritrovarsi nel bel mezzo del caldo afoso di un tardo pomeriggio d'estate, in una piccola ma accogliente cucina di una casa al secondo piano di una palazzina modesta in periferia.

Suo padre le sorrideva da dietro quella barba un po' troppo lunga che le solleticava sempre la guancia quando gli si stringeva al collo, gli occhi allegri, la fronte imperlata di sudore per via del forno acceso e le mani ancora un pizzico infarinate dopo ore di dolci pasticci culinari con sua figlia.

Ashley era corsa in balcone a stendere le sue braccine fuori dalla ringhiera per assaporare il refrigerio di quella brezza estiva, calda ma pur sempre meno torrida della temperatura della cucina.

Passava qualche automobile solitaria nella strada sotto di lei, il cane della vicina abbaiava, e poteva udire il vociare indistinto dei bambini della famiglia che abitava al piano inferiore, eppure in mezzo a quella confusione lei si sentiva in pace col mondo e felice come mai, con gli occhi chiusi, il vento sul viso e il profumo di cannella nelle narici.

«Signorina?»

La voce spazientita di una donna di mezza età si intrufolò prepotente come un fastidioso ronzio di sottofondo ma Ashley si era immersa così profondamente nel suo dolce ricordo da non sentirla nemmeno.

«Signorina, mi scusi! Ma ci sente?»

Quell'interferenza si fece più insistente e chiara, Ashley aggrottò leggermente le sopracciglia, confusa, mentre il volto di suo padre cominciava a sbiadire e a farsi sempre meno nitido. Cercò in tutti i modi di trattenere la sua immagine il più possibile, non voleva lasciarlo andare via ora che sembrava così reale, così vicino.

Qualcuno le strinse con forza il polso, facendola sobbalzare e ritornare crudelmente alla realtà.

La dura realtà in cui lei non era più un'undicenne spensierata e suo padre giaceva sottoterra da ormai cinque lunghi anni.

Anche il vassoio con i dolci ormai non c'era più, la sua proprietaria l'aveva portato via e con esso anche quel profumo così illusorio.

Gli occhi le pizzicarono ma non ebbe il tempo di abbandonarsi alle lacrime.

«Ashley!» strillò una seconda voce, stavolta più giovane, che apparteneva alla stessa persona che le stava stritolando il polso.

Ashley sgranò gli occhi con l'aria stralunata di chi non ha la più pallida idea del posto in cui si trovi e li fece scorrere rapidamente da quella mano che la stringeva al volto della sua proprietaria.

Carol la fissava con lo sguardo carico di sconcerto poi le fece un cenno con la testa come a indicarle qualcuno ed Ashley ci impiegò meno di un secondo a riprendere il pieno possesso delle sue facoltà mentali, temporaneamente annebbiate.

Ricomparvero gli scaffali pieni zeppi di libri, la scrivania color miele sulla quale facevano bella mostra di sè una serie di segnalibri, cartoline, biglietti di auguri vari finemente decorati e altri oggetti di cancelleria, e infine, alla sua destra, i biondi e fitti ricci di Carol.

Si trovava nel negozio di libri in cui lavorava da poco più di un mese, quel giorno aveva il turno pomeridiano ed erano all'incirca le sette di sera.

Ashley, allora, si affrettò a portare lo sguardo nella direzione indicata prima dalla sua collega e finalmente si accorse di una donna grassoccia che la fissava stizzita e sbuffante da dietro le sue lenti tonde.

«Ashley, la signora voleva sapere se il libro che sta cercando è presente in negozio! Vorresti controllare, per favore?» le illustrò Carol, armata della sua solita, impeccabile professionalità ma con la voce che tradiva una certa irrequietezza e premurandosi di risparmiare alla cliente l'onere di ripetere la sua richiesta a quella ragazza troppo distratta.

«Ma sì, certo! Perdoni la mia disattenzione, signora, faccio subito!» cercò di rimediare Ashley, piuttosto mortificata e usando il tono più gentile che riuscisse a riprodurre. Senza indugiare oltre domandò poi cortesemente alla cliente di ripeterle il titolo del volume che le interessava e si fiondò davanti allo schermo del computer per cercare nell'archivio.

Era arrossita per la figuraccia, il calore che le aveva invaso le guance ne era un segnale più che sufficiente ed Ashley si cacciò dietro le orecchie alcune ciocche di capelli rossi per liberare il viso divenuto insopportabilmente bollente.

Si odiò per essere stata così stupida e ingenua da perdersi nei suoi ricordi mentre si trovava a lavoro al punto da farsi cogliere in fallo dalla sua collega e da una cliente. Non poteva permettersi di non essere sempre attenta e diligente in negozio, il lavoro in quella libreria era troppo importante per lei e per la sua rinascita, era grazie a lui che riusciva a mantenersi da sola in quella città semi sconosciuta e a breve le avrebbe pure consentito di studiare all'università perciò non doveva rischiare di perderlo per nulla al mondo.

Carol le lanciò un'occhiata di sbieco, scosse lentamente la testa più volte ed emise un piccolo sospiro rassegnato prima di chinare nuovamente il capo e tornare a occuparsi della catalogazione di una montagna di libri dal tipico odore di stampa fresca.

'Quella ragazza ha sempre la testa fra le nuvole' pensò tra sè e sè, appollaiata su uno sgabello con le gambe accavallate, il vestito chiaro che le fasciava elegantemente la vita magra e i tacchi dei suoi sandali marroni bene in vista. Perfetta come sempre.

Non era una cattiva ragazza Carol, semplicemente viene difficile comprendere gli altri quando in un determinato momento della propria vita si viaggia costantemente sopra una splendida nuvoletta rosa e tutto sembra andare nel verso giusto senza che nemmeno ci si sforzi perché accada, e lei si trovava proprio in quel frangente.

La sua nuvola morbida era ben alta nel cielo, così tanto da impedirle di vedere ciò che c'era più in basso e di capire che, a volte, quando non si ha la mente serena e sgombra da qualsiasi tipo di problemi e dolori, è facile smarrirsi.

Non lo faceva per male o per superficialità, semplicemente le veniva quasi inevitabile, per questo Ashley non se la prendeva più di tanto quando la scorgeva sbuffare lievemente o sollevare lo sguardo esasperato a qualche sua piccola distrazione.

«Sì, il libro che cerca è disponibile, se permette la accompagno io stessa allo scaffale così non dovrà faticare per trovarlo!» si offrì Ashley, dopo aver smanettato per qualche secondo sulla tastiera del computer. Sorrise alla cliente che, finalmente soddisfatta, parve tranquillizzarsi e rivolgere alla ragazza addirittura un debole ringraziamento, poi saltò giù dallo sgabello per farle strada verso una libreria in fondo alla stanza.

Era tornata attiva ed efficiente e qualunque traccia del suo sogno ad occhi aperti era svanita, veloce come faceva di solito.

Le capitava piuttosto spesso di perdersi a inseguire un profumo, una semplice scena quotidiana o anche solo una sensazione che le ricordava terribilmente la sua infanzia e adolescenza, e trovarsi magicamente catapultata indietro nel tempo.

Una dolce illusione che poi si rivelava spietata: era più doloroso ritornare alla realtà dopo aver riassaporato per pochi minuti il rassicurante ricordo dei tempi felici, che per lei si fermavano ai suoi 16 anni. Ne aveva 21 adesso e niente era più stato lo stesso.

La cliente pagò ed Ashley la seguì con lo sguardo mentre si incamminava verso l'uscita finchè non la vide oltrepassare la porta scorrevole del negozio e sparire definitivamente dalla visuale.

A quel punto tirò un sospiro di sollievo e si adagiò mollemente sullo sgabello, dando una rapida occhiata all'orologio. Mancava ancora un'ora e poi avrebbe finito il suo turno.

«Ashley, cara, sicura di stare bene?» le domandò all'improvviso Carol, Ashley non si era accorta che la ragazza la stava fissando da quando era ritornata alla sua postazione, come in attesa di ricevere necessariamente delle spiegazioni per il suo bizzarro comportamento.

«Sì Carol, sta' tranquilla, ero solo un po' sovrappensiero» le rispose educatamente, tornando ad occuparsi di alcune scartoffie sulla scrivania e sperando che la questione si chiudesse lì.

Non le andava di dare troppe spiegazioni su quella parte della sua vita che teneva gelosamente per sè, non era riuscita a raccontare troppi dettagli neppure alle ragazze con cui condivideva la casa e che lentamente stava cominciando a considerare amiche, quasi la sua nuova famiglia.

Ovviamente pretendeva troppo, visto che la sua collega non pareva per nulla in vena di lasciar perdere: oltre ad essere una maniaca dell'ordine e della perfezione, Carol era anche una curiosona e a tratti una gran bella pettegola, motivo in più per evitare di confidarsi con lei su qualunque aspetto della propria sfera personale che non si volesse assolutamente far uscire da quelle quattro mura.

«Sovrappensiero, eh? - ripetè con aria maliziosa mentre si sporgeva verso Ashley, rischiando di cadere giù dallo sgabello – si tratta di problemi di cuore, vero? Scommetto che stavi pensando a un ragazzo!» cinguettò allegra, un' improvvisa scintilla le accese gli occhi marroni, i pettegolezzi d'amore erano decisamente i suoi preferiti.

Ashley sospirò sonoramente, la guardò per un attimo senza espressione e riportò l'attenzione al suo lavoro.

Magari fosse stata solo una banale questione di cuore ad affollarle la testa!

«Sei proprio fuori strada Carol, non c'è nessun ragazzo» le rispose piatta, spegnendo tutto l'entusiasmo della giovane.

La bionda mise sù un piccolo broncio di delusione, poi tornò a ticchettare le dita della mano sulla scrivania e a tormentarsi l'anello dorato che teneva all'anulare sinistro.

Un attento osservatore avrebbe fatto presto a intuire da quel particolare che la ragazza era sposata da poco e per questo non si era ancora abituata alla presenza della fede al proprio dito.

Carol era infatti tornata dal suo viaggio di nozze da appena due settimane.

Aveva 26 anni e si sentiva la ragazza più felice della terra: si era sposata col suo primo e unico amore dopo un lungo fidanzamento cominciato al liceo, avevano programmato quella tappa da tempo, comprato casa in un quartiere tranquillo della città e avuto la loro cerimonia da favola.

Per questo la sua nuvola la portava così in alto, lontana dal mondo di Ashley che non poteva essere più diverso dal suo, in quel momento.

«Sarà... - farfugliò poco dopo, attorcigliandosi annoiata un ricciolo biondo tra le dita – ma allora che mi dici del ragazzo che viene spesso a prenderti all'uscita da qui? Se non sbaglio è il fratello di Michelle! C'è qualcosa tra di voi?» chiese senza che l'idea di risultare invadente potesse anche solo sfiorarle l'anticamera del cervello.

Ashley sobbalzò impercettibilmente sulla sedia a quell'allusione più per quanto suonasse assurda che per altro.

«Terence è solo un amico, si vede con dei colleghi per studiare in un aula qua vicino, per questo a volte passa da qui» la informò senza nemmeno guardarla, come se stesse spiegando la cosa più ovvia del mondo.

Carol assottigliò lo sguardo sospettosa, la risposta di Ashley pareva non averla convinta ma per quella volta lasciò perdere.

Dopo un mese non riusciva ancora a capire quella ragazza, per lei era come un rebus intricato, se ne stava per i fatti suoi, aveva spesso la testa fra le nuvole e cavarle qualcosa sulla sua vita era un'impresa ardua.

Di lei sapeva solo che aveva cambiato città per motivi familiari non ben specificati e che adesso viveva a casa di Michelle con altre tre ragazze.

Era stata proprio la stessa Michelle, ex compagna di classe di sua sorella minore, a chiederle di informarla se la libreria in cui lavorava avesse avuto bisogno di qualcuno, anche solo per un part-time e così era stato.

«Non torni a casa per le vacanze estive?» le domandò dopo una decina di minuti di silenzio tra loro due.

Ashley tremò a quella domanda e si irrigidì e per un secondo Carol giurò di averle visto diventare lucidi gli occhi. La rossa aveva poi voltato la faccia dall'altra parte con la scusa di dover riporre una pila di libri, impedendole di poter accertarsi che fosse vero.

«No» rispose quasi in un sussurro, senza specificare altro.

Non aveva più una casa in cui tornare, nè una famiglia che potesse ritenere tale da quando il suo adorato padre era sparito in quell'incidente e colei che la natura le aveva affibbiato come madre aveva deciso di tradirla e di cancellarla dalla sua vita.

Carol scrollò le spalle, era quasi ora di chiudere e il suo pensiero era già volato al suo neo marito che la stava di sicuro già aspettando a casa.

Le due ripresero in silenzio a ultimare le incombenze che anticipavano la chiusura e poi, una volta finito, si diressero verso l'uscita.

Mentre si accingeva a spegnere le luci, Ashley si beccò una gomitata sulla schiena da Carol, che sghignazzava dietro alle sue spalle. La guardò con la fronte contratta in una tacita richiesta di spiegazioni che arrivò subito dopo. I ricci di Carol le solleticarono il collo quando la ragazza le si avvicinò per bisbigliarle qualcosa all'orecchio.

«Parlavamo del diavolo...» disse piano, roteando gli occhi fino a portarli all'esterno della stanza, verso il marciapiede di fronte a loro.

Ashley li seguì e capì il motivo di quella frase enigmatica: Terence stava in piedi fuori dal negozio con le mani dentro le tasche dei jeans, appoggiato al muro mentre la aspettava.

Aveva i capelli castani un po' spettinati sul davanti, una leggera barba a incorniciargli il mento e la linea del viso e gli occhi, di una tonalità più chiara della sua chioma, sorridenti e fissi su di lei.

Quando si accorse che Ashley lo stava guardando le fece un cenno con la mano e un sorriso sincero si aprì sul suo volto.

Lei non fece nemmeno in tempo a rispondere a Carol di smetterla con quelle insinuazioni che la bionda era già sgattaiolata fuori.

«Beh, io scappo Ashley, mio marito mi aspetta! Ci vediamo domani!» le strillò da lontano, agitando velocemente una mano per salutarla e facendole un occhiolino al quale Ashley preferì non dare alcuna interpretazione.

Chiuse a chiave la porta della libreria e capì dall'ombra dietro di lei che Terence si stava avvicinando.

«Ciao Ashley» la salutò il ragazzo, la sua voce era calda e allegra e le infuse subito un senso di sicurezza.

Si voltò di scatto e per qualche secondo si soffermò sulla figura di quel giovane ventiquattrenne che non esitava a ritenere il suo angelo custode.

Anche facendo un enorme lavoro di immaginazione, non riusciva davvero a figurarsi dove si sarebbe trovata in quell'esatto momento se quell'afoso pomeriggio di circa due mesi prima il fato, o forse la sua buon stella che finalmente si era ricordata di lei, non le avessero fatto incontrare Terence e sua sorella Michelle, l'altro suo angelo.

Ricordava ogni minimo particolare di quel giorno di Giugno, cominciato disastrosamente come i precedenti, ma conclusosi nel migliore dei modi proprio quando stava esaurendo anche l'ultimo barlume di speranza rimastole in corpo.

Solo qualche giorno prima era accaduto l'evento che aveva decretato la sua morte.

Doveva ammettere che suonava un po' raccapricciante pensarla in quei termini, ma non aveva trovato un modo più calzante e adatto per definire come si era sentita per opera di chi avrebbe dovuto invece amarla incondizionatamente, sua madre.

Rinnegata, tradita, cancellata per sempre.

Morta.

La vecchia Ashley se n'era andata via, di lei non rimaneva che un cumulo di ricordi e un istinto di sopravvivenza che pensava di non avere e che l'aveva spinta a scappare via pur di non morire di dolore.

Non le andava di rivangare quel triste momento che l'aveva quasi privata della sua identità, ma sorrideva sempre nel ricordare la mano tesa di Terence come un appiglio sicuro che l'aveva soccorsa quella mattina.

«Com'è andato il pomeriggio di studio?» gli chiese Ashley, dopo aver ricambiato il saluto e conservato il mazzo di chiavi tintinnanti del negozio al sicuro nella borsa.

Tyler sbuffò rumorosamente poi piegò le labbra in un'espressione scocciata «Come vuoi che sia andata, l'economia non è di certo uno spasso ma anche per oggi il mio dovere l'ho fatto! - commentò prima di lanciarle un'occhiata veloce e godere del sorriso accennato sulle labbra rosee di Ashley – ma tu piuttosto, sei davvero convinta di volere cominciare l'università?» le chiese, portando nuovamente gli occhi sulla strada.

«Poter studiare Lettere era il mio sogno ma sai... mia madre aveva idee differenti e io da sola non potevo farcela e così... - Ashley deglutì dolorosamente, poi scosse la testa come a voler scacciare fisicamente quei pensieri dalla sua testa – beh, ma adesso che sto riuscendo a racimolare qualcosa grazie al lavoro, non ho intenzione di perdere quest'opportunità!» tagliò corto, cercando di apparire calma e per niente turbata.

Il caldo la invase di colpo e si sganciò un bottoncino della camicetta che teneva fin troppo allacciata per il negozio, la scollatura si aprì morbidamente liberando il suo petto e lasciandole un piacevole sollievo.

Tyler si voltò a guardarla pensieroso, Ashley non parlava molto di sè e lui, per quanto si sforzasse, proprio non riusciva a capire cosa nascondesse dietro quelle frasi a metà, quegli occhi all'improvviso tristi e i lievi sospiri.

Non osava chiedere e non sapeva come comportarsi, era cresciuto nell'agiatezza e nella spensieratezza, circondato da successi e affetto e la sofferenza lo confondeva e lo coglieva impreparato. L' atteggiamento di Ashley lo destabilizzava ogni volta ma non era in grado di comprenderlo e di affrontarlo, come fosse l'unica ombra in quel quadro perfetto che ai suoi occhi era quella ragazza chiusa e misteriosa.

Tutto quello che desiderava fare quando la vedeva così era proteggerla e farle tornare il sorriso, ma sperava di riuscirci senza dover indagare troppo in fondo quell' alone di oscurità che la circondava, quel qualcosa che lui non aveva il coraggio o forse la voglia di affrontare.

«Non ti lamentare però se poi comincerai a mostrare segni di squilibrio, io ti avevo avvertito!» scherzò, nel tentativo di toglierle dalla faccia quell'espressione che la rendeva meno bella di quanto non fosse per lui e sorrise vittorioso quando la vide soffocare con la mano sulla bocca una delle sue rare risate.

Tyler era sincero e affidabile, il classico ragazzo che si sarebbe fatto in quattro per la persona che amava, quello su cui si poteva sempre contare ma, semplicemente, non la capiva.

Ashley continuò a camminare, i capelli rossi che le sfioravano appena le spalle, le braccia esili aggrappate alla tracolla della borsa e quei semplici jeans che Carol le criticava sempre in quanto per nulla eleganti ed adatti da mettere a lavoro.

D'un tratto si sentì cingere dolcemente le spalle da Terence che con quel gesto arrestò il suo cammino verso casa e la deviò leggermente a sinistra.

La ragazza si voltò con un'espressione interrogativa sul volto e aggrottò la fronte a quel cambio di direzione.

«Stasera non vai a casa, ci vediamo con gli altri per mangiare fuori al solito posto – la informò con quello che sembrava più un ordine, poi scosse vagamente la testa e si corresse – beh in realtà non proprio tutti, solo gli sfortunati che non sono ancora tornati a casa per le vacanze!» precisò ingenuamente, senza accorgersi della poca delicatezza di quell'affermazione davanti ad Ashley.

Lei sarebbe rimasta in città, dove altro poteva andare altrimenti?

«Già» mormorò, ad occhi bassi ed anche quella volta Terence preferì ignorare quella strana nota nella sua voce.

La mano sventolante di Michelle li accolse all'entrata del locale e li invitò ad avvicinarsi al tavolo, attorno al quale sedevano meno di una decina di persone.

«Muovetevi, stavamo aspettando solo voi! - esclamò la ragazza, mentre Ashley prendeva posto accanto a lei – insomma, ma che avete fatto tutto questo tempo?» insinuò poi a voce alta, ammiccando verso i due malcapitati.

Gli occhi castani di Michelle scintillavano di malizia, si lisciò i lunghi e foltissimi capelli scuri, adornati da un elegante cerchietto nero che li teneva perfettamente indietro, impeccabili come sempre e si aggiustò la spallina della sua canotta, scivolata giù da un lato con aria davvero poco innocente.

Ashley rimase zitta, lasciando cadere nel vuoto quella falsa insinuazione, a differenza di Terence che, colto nel suo punto debole, si agitò vistosamente.

Ormai tutti nel loro gruppo avevano capito che aveva una cotta per la rossa che, da poco meno di due mesi, era entrata ufficialmente a fare parte della loro cerchia e non esitavano a lanciare qualche allusione più o meno velata alla cosa, giusto per farsi quattro sane risate a suo danno.

«Guarda che Ashley ha lavorato fino a tardi, abbiamo solo camminato!» sentì il bisogno di giustificarsi, mentre la sorella gli lanciava occhatine furbe e tratteneva a stento delle risate sommesse.

«Adesso smettetela sù, pensiamo ad ordinare, invece, ho una fame!» li interruppe Beth, la sua massa di bellissimi capelli biondi e ondulati faceva capolino dall'altra parte del tavolo, e i suoi occhi celeste chiaro, da dietro i grandi occhiali da vista che portava, incontrarono quelli riconoscenti di Terence per aver posto fine a quel momento imbarazzante. Anche lei condivideva l'appartamento con Michelle ed Ashley insieme a Melissa e Colleen, che però al momento facevano parte del gruppo di fortunati che erano già partiti per le vacanze.

«Concordo» le si accodò di slancio Dean, fidanzato della bionda, un ragazzo dai capelli rossicci e il viso pieno di lentiggini.

Le voci di altri affamati al tavolo si unirono a quelle proteste e così ben presto quel siparietto venne insabbiato in favore di argomenti molto più pratici, tipo cosa prendere da mangiare.

Sembrava procedere tutto regolarmente quando fece il suo ingresso nel locale colui che Ashley in quei mesi aveva imparato bene a identificare come la causa del repentino cambiamento di umore di Terence e sua sorella Michelle. Bastava anche solo scorgere la figura di quel ragazzo perché i due assumessero un'espressione esageratamente rabbiosa e riuscissero a rovinarsi la serata.

Ashley osservò Matt varcare la soglia, con la sua solita aria sfrontata, i capelli biondi che gli ricadevano morbidi sulla nuca e gli occhi azzurri fissi davanti a sè, come se non gliene importasse nulla del mondo attorno a lui.

La rossa percepì un movimento secco accanto a sè e fece giusto in tempo a voltarsi per scorgere Michelle che aveva appena sbattuto con violenza il bicchiere sul tavolo e assottigliato gli occhi come due fessure verso il ragazzo che, nel frattempo, non li aveva degnati di uno sguardo e si era accomodato a un tavolo poco più distante insieme alla sua cricca di amici.

Terence si voltò dalla parte opposta e poggiò il mento sulla mano. «Con tutti i posti che esistono in questa cazzo di città doveva giusto venire a dare fastidio qui quell'idiota e tutta la sua mandria di amici!» farfugliò, con le sopracciglia contratte in un'espressione di odio e disgusto.

«Lo fa apposta perché ci gode ad avvelenarci la vita con la sua presenza, come ha sempre fatto!» sibilò Michelle, stringendo forte i pugni sopra al tavolo e seguendo l'oggetto del loro disprezzo con gli occhi, senza modificare quell'espressione.

«E noi evitiamo di rovinarci la serata solo per lui, no?» intervenne Beth, cercando di calmare le acque e di non vedere naufragare il buonumore solo per quell'imprevisto.

«Beth ha ragione ragazzi dai, non ne vale la pena per una carogna del genere!» sbraitò Max, un altro loro amico, sorseggiando della birra con fare indifferente.

«Già, ignoriamolo e basta!» concluse allora Terence, ritornando a conversare tranquillamente con gli altri, mentre Michelle tirò un sospiro nervoso con gli occhi fissi sul tovagliolo davanti a lei e poi si ravvivò la chioma, spostando indietro alcuni ciuffi.

Ashley prese a osservarla con la coda dell'occhio con circospezione, senza osare commentare o fare domande.

Non c'era stata una sola volta da quando era giunta in quel posto che avesse mai scoperto Matt ad attaccare briga con loro o a rivolgere insulti o fare una qualsiasi dannata cosa che potesse rientrare nel concetto di 'infastidire'.

Se l'avesse fatto in passato questo per lei rimaneva un mistero senza ancora una risposta.

Quando era stata accolta dal gruppo di Terence aveva ricevuto diverse dritte e consigli su come ambientarsi in città e tra queste anche una severa raccomandazione, che però non era stata accompagnata da spiegazioni: evitare assolutamente Matt.

Di lui aveva saputo solo che era un vecchio compagno di scuola di Terence e suo coetaneo e poi era seguita una lunga sfilza di epiteti poco carini e insulti che lo dipingevano come una persona squallida e falsa, un tipo meschino e manipolatore da cui stare alla larga a tutti i costi.

Nessuno aveva mai accennato alla vera origine di quell'astio così profondo tra loro ed Ashley non si era azzardata a domandare.

Dopotutto, nemmeno lei era propensa a rivelare molto dei suoi dolori, quindi che diritto aveva di intromettersi in quelli degli altri?

Aveva accettato ciò che le veniva detto senza fiatare, considerava già un miracolo che avesse trovato delle persone così speciali che si erano prese cura di lei pur non avendo idea di chi fosse e ciò di cui non aveva dubbi era che i suoi nuovi amici consideravano Matt il loro peggiore nemico e così era giusto che facesse anche lei.

Il problema era che non ci riusciva fino in fondo, in realtà.

Spostò lo sguardo lentamente via da Michelle, una strana sensazione l'aveva colpita come un brivido sinistro alla schiena e immaginava già di cosa si potesse trattare. Portò l'attenzione al di là della testa della ragazza accanto a lei e intravide la fonte di quel turbamento così sbagliato e inspiegabile.

Un paio di occhi azzurri la fissavano calmi, erano seri ma non sembravano cattivi come volevano convincerla tutti.

Matt stava seduto riversato contro lo schienale della sedia, con la testa leggermente rivoltata all'indietro e la fissava pacato, con gli occhi appena appena socchiusi, come faceva spesso da quando lo aveva visto la prima volta.

Dopo gli avvertimenti di Terence e Michelle, Ashley aveva più volte sentito quegli occhi addosso a lei, carichi di qualcosa che somigliava tanto a una sensazione familiare. C'era una sfumatura in quello sguardo che non aveva trovato in nessuna delle persone che la circondavano e che per qualche strano motivo la attraeva, per quanto sbagliato fosse, e che cercava di evitare con tutta sè stessa.

Una ragazza dai lunghi capelli biondi corse incontro a Matt e gli si sedette sulle ginocchia, ridendo come se fosse già brilla da un pezzo e passandogli un braccio intorno alle spalle, lui le cinse la vita a sua volta, stringendola. Il corpo della giovane coprì per intero la visuale del volto di Matt ed Ashley la ringraziò mentalmente perchè il non poterlo più vedere le provocò un forte sollievo che però sapeva sarebbe stato temporaneo, come acqua fresca sulla pelle scottata dal sole che dopo torna a bruciare più di prima.

Jessica, l'amica bionda di Matt, gli rimase spalmata addosso per un po', carezzandogli la guancia con la confidenza di chi aveva già sperimentato contatti ben più intimi con lui, poi decise finalmente di lasciarlo libero e raggiunse due amiche sedute più avanti.

«Comunque, se continui a guardare così quella ragazza, mi sa che tra poco Terence avrà un motivo in più per volerti spaccare la faccia» gli sussurrò all'orecchio Luke, poi sistemò gli occhiali sul naso e si beccò un'occhiata per nulla preoccupata dall'amico che lo fece sghignazzare.

«Non la guardo perché me la voglio portare a letto, è solo curiosità, può anche stare tranquillo per quel che mi riguarda» si giustificò presto Matt, incrociando le braccia sul tavolo e voltando definitivamente le spalle al suo gruppo preferito di 'nemici'.

Luke fece ondeggiare in maniera esagerata i suoi ricci corvini per le risate che lo scuotevano, poi battè una mano sulla spalla di Matt, che per l'ennesima volta si ritrovò a sbuffare infastidito. Luke era un suo caro amico, probabilmente avrebbe potuto definirlo il migliore che aveva se quella definizione non le fosse sembrata troppo da liceali mai cresciute, e fu solo per quel motivo che si trattenne dal rispondergli in malo modo.

«Sì, come no!» continuò imperterrito l'amico quando si fu ripreso, senza mostrare il minimo timore per l'espressione infastidita di Matt.

«Ti ricordo che l'unico motivo per cui tu in questo momento non punti i tuoi occhi da pesce lesso in quello stesso tavolo, è che Melissa è assente» ricambiò il colpo il biondo, centrando in pieno e affondando la sfacciataggine di Luke, che in meno di un secondo sbiancò e si irrigidì.

Sul bel viso di Matt comparve finalmente un ghigno di vittoria.

«E questo cosa c'entra, io e Melissa siamo amici, anche se dobbiamo stare attenti perché le sue amiche andrebbero di matto se sapessero che parla con me che sono amico di questo ragazzo brutto e cattivo!» lo canzonò, indicandolo col dito e piantandogli una gomitata sul braccio.

Matt sospirò, poi si portò un bicchiere pieno di birra alle labbra e ne bevve un sorso.

«Senti, non prendermi per il culo, non capisco che diamine aspettiate a saltarvi addosso voi due, sarebbe evidente anche a un cieco che non vedete l'ora di farlo!» gli ribattè annoiato, socchiudendo appena gli occhi.

Luke sobbalzò sulla sedia «Guarda che lei non è quel tipo di ragazza!» la difese strenuamente come un cavaliere con l'armatura e il cavallo bianco.

Matt scoppiò a ridere «Tranquillizzati, intendevo solo dire che vi piacete e sarebbe anche l'ora che ve lo diciate una volta per tutte!»

«Non è così facile Matt, non lo è per niente» disse a bassa voce il riccio, abbassando gli occhi scuri sul tavolo, Matt lo osservò di sbieco, poi buttò un'ultima occhiata ad Ashley che adesso non lo guardava più, era troppo impegnata a chiacchierare e sorridere a Terence accanto a lei.

Eppure quell'espressione nei suoi occhi, quella bellissima tristezza tanto simile alla sua, quasi invisibile ad un altro osservatore, non la abbandonava mai.

Lui l'aveva notata subito e da quel momento ci era quasi annegato dentro, avrebbe voluto immortalarla in una delle foto che scattava e che erano diventate ormai il suo lavoro, avrebbe voluto soddisfare la sua curiosità e capire, solo capire.

Se solo lei gliene avesse dato mai la possibilità, anche per un minuto soltanto.

 

 

 

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Rohhh