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Autore: aphrodite_    02/03/2017    7 recensioni
Arriva un nuovo ragazzo a scuola determinato a rendere un inferno la vita di John. Chi l’avrebbe saputo che sarebbe finita così?
TRADUZIONE AU || autrice originale: johnandsherlocks - traduttrice: aphrodite_
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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DISCLAIMER: Niente di questa fan fiction - traduzione esclusa - mi appartiene. Né i personaggi, né la storia in sé. 

AUTRICE:  johnandsherlocks
TRADUTTRICEaphrodite_

 
RIASSUNTO: “Non posso farlo da solo!”
 
MAYBE TOMORROW

John trascorse l’intera settimana a lavorare sul progetto di storia, maggiormente perché voleva provare a Sherlock che poteva benissimo farlo senza di lui. Lunedì gli avrebbe consegnato la bozza e Sherlock l’avrebbe potuta riscrivere con la macchina da scrivere. Non avrebbero avuto bisogno di parlarsi. Ed era una buona cosa. Giusto?
La polizia aveva tolto i nastri dalla scena del crimine accanto casa di John, perché apparentemente, avevano raccolto tutti gli indizi possibili, ma non avevano comunque risolto niente. John si era davvero interessato a quel crimine, non solo per Sherlock, ma perché erano i suoi vicini e perché li aveva visti in quello stato… Chiuse gli occhi, e l’immagine dell’uomo brutalmente assassinato gli tornò in mente. Lo impressionava ancora.
Ma c’era qualcos’altro che John non ammetteva; nello stare nella scena del crimine, aveva provato qualcosa di diverso. Aveva provato eccitazione. Aveva sentito il sangue pompare nelle vene, forse perché l’avevano chiamato “dottore” o perché Sherlock era al suo fianco, ma era eccitante, e terrificante allo stesso tempo. Proprio come il rapporto che aveva con Sherlock. Aveva.
Non appena vide la polizia togliere il nastro, sentì una leggera delusione, perché quello era l’unico modo per John per poter cogliere gli sguardi misteriosi di Sherlock, ed il suo cervello lavorava, e lavorava senza mai fermarsi. Quello Sherlock lì deduceva, era così diverso dallo Sherlock che vedeva a scuola. Amava quello Sherlock. Dannazione. Amava? Amava? Amare era davvero un parolone. Diciamo che… Provava affetto nei suoi confronti. Nient’altro. Amore. No. No. No. Non amava Sherlock. Non poteva amare qualcuno che non avrebbe mai potuto avere. Tuttavia lo amava. No. Non lo amava.
Sbirciò dalla finestra, e Sherlock non era lì. Più poliziotti entravano ed uscivano dalla casa, ma Sherlock non era lì. Probabilmente era con Irene e ciò non sarebbe dovuto importare a John perché Irene era la ragazza di Sherlock, ed aveva senso, ma era fottutamente geloso. Perché non aveva senso, in realtà. Solo due settimane prima erano felici e Sherlock teneva John per mano, ed aveva baciato le sue guance. E poi cos’era successo?
Aveva cose migliori a cui pensare. Cose meno… Tristi.

***

 “Harry!” Non si voltò.

Alzò il tono della sua voce in mezzo alla gente. “HARRY!”

Aprì l’armadietto e nascose la sua faccia dietro quest’ultimo. Stava cercando di ignorarlo. Sherlock non ci aveva pensato, ma probabilmente John le aveva detto che lui era quello nella Cadillac nera, la sera dell’incidente. Sherlock non era arrabbiato con lei, quella era acqua passata. Gli ci era voluto del tempo, ma si era messo l’anima in pace. E poi, Harry era la sorella di John. Non avrebbe potuto odiarla.

Sherlock si avvicinò all’armadietto e lo aprì, cosicché potesse vedere il viso di Harry. Lei sorrise timidamente. “Oh, Sherlock, non avevo sentito!”

 “Non ci provare, Harry. Lo so che mi stai evitando e so anche il motivo.” Disse, scuotendo il capo.

Lei abbassò lo sguardo, non era in grado di guardarlo negli occhi. “Sherlock, io…”

Lui sollevò la sua mano per farla smettere di parlare. “Non sono qui per parlare dell’incidente, so che ti dispiace. E mi va bene. Davvero. Sono qui per parlare di John.”

Harry aggrottò le sopracciglia. “Di John?”

 “Sì.” Annuì.

 “Perché non ci parli tu e basta?”

 “Ci ho provato, Harry. Ma non vuole parlarmi. E va bene così, lo capisco. Vuole starmi lontano il più possibile. Ma il fatto che non siamo più… John e Sherlock, non significa che io non tenga più a lui.”

 “Siete mai stati John e Sherlock?” Disse, abbassando il tono della sua voce.

 “Voglio credere che lo fossimo.”

 “Non sembrava.” Scosse il capo.

 “Perché dici questo?” Disse Sherlock, arcuando il sopracciglio.

Harry incrociò le braccia e lo guardò, con espressione seria. “Se ti fosse importato, come dici, non avresti lasciato che le cose andassero così. Non gli avresti spezzato il cuore, non avresti trovato qualcuno con cui rimpiazzarlo subito dopo il vostro litigio. No. Non è così che si fa. Non quando c’è qualcosa. Ecco perché dico che non sembrava che foste tali.”

 “Non era questo quel che volevo sapere, Harry.”

 “D’accordo.” Sospirò. “Che vuoi?”

 “Sta bene?”

 “Perché me lo chiedi?” Disse sulla difensiva.

“Perché non sembra che stia bene! Sembra triste, Harry. E non mi parlerà più. Per questo lo chiedo a te!”

“Credi che cadrà in depressione solo perché non siete più ‘John e Sherlock’ e che sarà depresso per il resto della sua vita? Non conti così tanto per lui, Sherlock. Smettila di essere così convinto.”

 “No. Non penso che il fatto che io non sia con lui possa renderlo depresso. Penso che il fatto che abbia una sorella alcolizzata, e dei genitori per cui contano solo i voti a scuola, ed un padre violento ed una madre infelice, possano renderlo depresso.” Non appena smise di parlare, Sherlock si rese conto di aver detto troppo.
Harry sembrava furiosa. “Fottiti, Holmes. Non sei nessuno per parlare della nostra famiglia.” Harry si voltò per andar via.

La rincorse e la afferrò per il braccio. “Scusami. Per favore. E’ che… Mi preoccupo per lui. Non avrei dovuto dirlo. So che sei in riabilitazione e che stai facendo del tuo meglio, perdonami.”

Alzò gli occhi al cielo. “Non dirlo mai a John. Lui non ti perdonerebbe.”

 “Non mi parlerà più! Sono serio, Harry!”

 “Non credo che sia colpa sua, credo che abbia reso consapevole John nel momento in cui hai iniziato a giocare a bingo nel sedile posteriore con Irene Adler! Quindi non venire qui a parlarmi come se tu fossi la vittima! Sei stato un bastardo, Sherlock!”

“Lo so che ho… E’ che… Voglio fare la cosa giusta. Ma non so come, Harry. Ho bisogno del tuo aiuto. Per favore. Per favore. Voglio che John stia bene. Voglio vederlo felice.”

 “Era felice quand’era con te. Ho provato a fermarlo, ma non ce l’ho fatta. Sembrava così felice, non l’avevo mai visto così felice prima…”

 “Quindi, mi aiuterai?”

 “Certo che no, idiota! Hai spezzato il cuore di mio fratello!”

“Ma voglio sistemare le cose!” Implorò, ed odiava farlo, ma era disperato. “Vuoi sapere come fare per sistemare le cose? Smettila di comportati da emerito stronzo, perché riesci a fare solo questo. E prova a parlargli. E infine, lascia la tua ragazza, perché è più che evidente che non l’ami affatto, considerando che non riesci a smettere di pensare a mio fratello.”

Sherlock fece spallucce. “Non so come fare tutte le cose che hai appena detto.”

 “John mi ha detto che sei un genio. Pensa.”

Sherlock percepì un brivido lungo il suo corpo. John aveva detto che era un genio. Un genio, detto dal ragazzo più intelligente della scuola. Sorrise e non appena lo fece, la campanella suonò. “Merda, non posso arrivare in ritardo in classe. Grazie, Harry.” Disse, andando via.

 “Sherlock, ascolta,” Disse raggiungendolo. “Due cose: uno, sono davvero dispiaciuta per il dolore che ti ho causato, e due, anche se sono molto incazzata con te per quel che hai fatto, credo che tu abbia il diritto di ottenere nuovamente la fiducia di John. Era davvero felice quand’era con te…”

Sherlock annuì. “Grazie.”

 “Oh! Un’ultima cosa. Se menzioni anche una sola parola di questa conversazione a mio fratello, ti prenderò a calci in culo. Chiaro?”

“Stessa cosa vale per te. Non dirgli niente. Ciao, Harry.” E corse verso la classe.

***

Arrivò in classe nello stesso momento in cui arrivò Mr. Hikes, quasi senza fiato, mormorò un ‘buongiorno’ riferito al professore e si precipitò al suo posto. John guardava il suo quaderno, che era chiuso. Sedette dietro lui e sorrise. Era sicuro che avrebbe sistemato le cose, questa volta. Ciò non significava che sarebbero ‘tornati insieme’, ma Sherlock non voleva escludere quella possibilità. Aveva bisogno di John, ne era sicuro. Ed apparentemente, John aveva bisogno di Sherlock.
L’ora passò e John, come faceva spesso ultimamente, ignorò totalmente Sherlock. Ma ciò sarebbe cambiato. Il moro ne era sicuro. Stava per diventare l’unica persona più importante della vita di John. Perché stava iniziando a realizzare che John era la persona più importante per lui.
Non appena suonò la campanella, John si alzò, prese la sua roba e si voltò per guardare Sherlock. Anzi, in realtà non guardò lui, ma il suo banco, lasciandoci sopra qualcosa. Sherlock lo prese, mentre John era ancora lì: Progetto di storia. Sul lato sinistro del foglio c’era un post scriptum.
Per favore, riscrivi il tutto con la macchina da scrivere. E’ tutto finito. Controlla se va bene.
Sherlock annuì, John prese il suo zaino per andare via quando il moro si alzò e lo chiamò. “John!”

John non si voltò. Si fermò per un secondo, ma poi riprese a camminare. Sherlock pensò, cerco di pensare rapidamente prima che John sparisse. “Ehm… Watson!” Urlò.

John si voltò e guardò Sherlock. “Che vuoi, Holmes?”

Sherlock scosse il capo. “E’ stupido. Mi puoi parlare, lo sai, no?”

 “Preferisco non farlo.” Disse John, terribilmente serio.

Sherlock stava pian piano perdere la speranza che aveva poco prima. “Per favore, John. Lascia che ti parli.”

Sospirò. “D’accordo. Ti ascolto.”

Sherlock si guardò intorno. La classe era vuota. Tutti erano andati via. Sherlock si avvicinò alla porta e la chiuse. John lo guardava accigliato. “Che stai facendo?”

 “Preferirei parlarti in privato.” Disse Sherlock, avvicinandosi a lui. Non vicinissimo, ma vicino.

 “Così i tuoi amici non ti vedono, giusto?” Sorrise sarcasticamente. “Non cambi mai, non è vero?”

 “Non posso farlo da solo.” Disse Sherlock, fissando gli occhi di John.

 “Fare cosa?”

 “Il progetto.”

John respirò rumorosamente. Sherlock non aveva capito se fosse un respiro di sollievo o di delusione. “Ho già fatto tutto. Tutto quello che devi fare è riscriverlo con la macchina da scrivere.”

 “Ho paura di rovinarlo.” Disse sherlock,

John guardò Sherlock con serietà. Non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Era così bello… Così diverso rispetto all’inizio dell’anno. “Non c’è possibilità di rovinarlo. Riscrivilo e basta.”

 “Ho bisogno del tuo aiuto, John.”

 “Per te sono ‘Watson’”. Disse John con decisione. La sua voce era ferma.

 “Hai detto che possiamo essere amici.”

 “Ho cambiato idea. Proprio come hai fatto tu.”

 “D’accordo, Watson. Come vuoi!” Disse Sherlock sollevando le mani in aria.

 “Per cosa ti serve il mio aiuto?” Disse John, esasperato.

“Non posso farlo senza di te. E’ un lavoro in coppia.”

 “Ti ho detto che ho già fatto tutto io!”

 “Non te l’ho chiesto io di fare tutto il fottuto lavoro! Ti ho detto che ognuno di noi avrebbe fatto la sua parte!” Disse, senza capire se fosse arrabbiato o disperato.

 “Beh, ti ho risparmiato del tempo. Dovresti ringraziarmi. Hai vinto. Vinci sempre.”

 “Non mi sento un vincitore, a dire il vero.” Sherlock morse il suo labbro e fissò John.

John si accigliò. “Stiamo ancora parlando del progetto o cosa?”

 “Dimmelo tu.”

 “Non sembra.” Disse John, abbassando lo sguardo.

 “Non sembra.” Concordò Sherlock.

“Che cosa vuoi, allora?” John continuò a guardare Sherlock con un’espressione seria. “E sto parlando del progetto, adesso.”

 “Voglio che mi aiuti.”

 “A fare cosa?”

 “Potrei aver bisogno di correzioni, e mi piacerebbe discuterne con te.” Sherlock stava provando disperatamente di cercare una scusa, una qualsiasi scusa.

“Puoi fare tutte le correzioni che vuoi.”

 “John, per favore.”

"Watson."

Sherlock alzò gli occhi al cielo. “Watson, per favore.”

 “Per favore cosa?”

 “Aiutami! Ascolta, non riscriverò niente di niente se non verrai a casa mia ad aiutarmi!” John spalancò gli occhi sorpreso e guardò Sherlock per un attimo. “E’ il nostro voto, ma è un problema tuo se lo riscrivi o meno.”

“Sai che non mi serve un buon voto per provare ai professori che sono intelligente.” Disse Sherlock, testardamente.

“Stai insinuando che a me serva?”

“No, lo sai. Solo… A me non interessa se non lo riscrivo. A te sì. Quindi dipende da te, Watson. O vieni da me e prendiamo un buon voto, o non vieni e prendiamo un’insufficienza.”

 “Hai vinto.” Disse John, incrociando le braccia.

 “Io vinco sempre.” Disse Sherlock, facendogli l’occhiolino.

John sospirò. “D’accordo. D’accordo. Verrò. Oggi. Ed ho l’incontro col club di chimica…” John sapeva quanto ciò infastidisse Sherlock, quindi poteva trarre vantaggio dalla situazione. “… Quindi, dovrai aspettare.”

Sherlock annuì. “Ti aspetterò.”

 “E guido io.” John provò a nascondere il sorriso che stava affiorando sulle sue labbra, ma non ci riuscì.

Sherlock lo guardò, sorpreso e pervaso da una serie di emozioni, e sorrise di rimando. “Guiderai tu.”

John annuì. “D’accordo. A dopo, allora.”

Sherlock lo guardò. “Non vedo l’ora.”

***

John non riusciva a fare a meno di esser pervaso da sentimenti non appena uscì dal club di chimica e vide Sherlock, seduto a leggere On The Road, incredibilmente concentrato, era una vista a cui non si sarebbe mai abituato, vederlo così preso, così perso nel suo mondo…
Era adorabile.
Il club di chimica era stato un’agonia. L’ultima volta che John era andato a casa di Sherlock, Sherlock lo aveva letteralmente trascinato via dalla classe; ma questa volta fissava continuamente la porta, aspettando Sherlock che entrasse forzatamente ed iniziasse ad urlare: “MI ANNOIO!” ma non accadde, e John era un po’ deluso perché avrebbe voluto che accadesse, perché si annoiava e Sherlock era eccitante ed era anche divertente fingere di essere arrabbiato con lui.
Fingere. Ovvio che stesse fingendo. Non poteva essere arrabbiato con Sherlock, come poteva? Soprattutto quando arrivava e faceva cose come quelle: aveva praticamente pregato John a stare con lui! E John desiderava essere abbastanza forte da dire “no”. Ma non aveva trovato quella forza, non quando il suo cuore stava per uscirgli dal petto, non quando gli occhi di Sherlock erano fissi su di lui. Non voleva stare con lui perché sapeva che non avrebbe mai funzionato ed entrambi erano d’accordo, e nulla sarebbe accaduto. Sherlock inoltre, stava Irene (anche se John sospettava che lui non l’amasse) e tra lui e John… Non sarebbe mai potuto succedere nulla.
Sarebbe stato un errore enorme. Ma come poteva lasciare lì Sherlock?
Era perso tra i pensieri quando realizzò che Sherlock aveva chiuso il libro e stava sorridendo in sua direzione. La cosa divertente era che Sherlock voleva fare la cosa giusta, voleva sistemare le cose, John poteva vederlo, il modo in cui sorrideva, come se fosse impaurito dalla sua reazione, come se potesse lasciare tutto in quel modo senza provarci neanche, il modo in cui gli parlava, dispiaciuto, il modo in cui lo guardava…
La sedia era vuota. Dov’era andato?
Quand’è che Sherlock si era avvicinato così tanto a lui?

John fece un passo indietro, cercando di aumentare la distanza tra loro il più possibile, Sherlock smise di guardare John ed abbassò lo sguardo. “Mi dispiace, ti ho spaventato?”

“Tu mi spaventi sempre.” Disse John abbozzando un sorriso. Dovrei essere arrabbiato con lui! Dannazione! Si ricompose, dopo quel pensiero.

Sembrava che Sherlock avesse capito che John stesse cercando di essere arrabbiato, per questo motivo sorrise. “Ho finito il libro.”

“Oh, sì… Grazie per aver aspettato. Credo. Almeno non ti sei precipitato in classe ad urlare…” John sorrise nuovamente, ma non voleva, e perché diamine lo stava facendo? Non c’era nulla per cui sorridere! Sherlock era un idiota. Un adorabile idiota.

Sherlock sorrise di rimando. “Sì. Mi dispiace, a proposito.”

 “No, l’incontro era particolarmente noioso quel giorno.”

 “Dunque… Faremmo meglio ad andare.”

John doveva chiederglielo. Doveva. E probabilmente non era una delle sue migliori idee, ma… “Perché lo stai facendo, Sherlock?”

 “Fare cosa?” Disse Sherlock, innocentemente.

 “Questo! Tutto questo! Cosa vuoi?”

 “Voglio completare il progetto di storia.” Sherlock fece spallucce.

 “Non hai bisogno di me per quello, ho già fatto la mia parte.”

 “No, non ho bisogno di te per quello. Ho bisogno di te e basta.
 
Cadde il silenzio tra i due. Si guardarono intorno, il corridoio era vuoto, ma non si azzardarono a guardarsi. John non si azzardava perché non voleva vedere il momento in cui Sherlock sarebbe scoppiato a ridere dicendo che fosse una battuta, perché era ovvio che lo fosse, e che il moro gli stesse dando false speranze e false illusioni. No. Non stava facendo niente. D’altro canto, Sherlock non si azzardava a guardare John perché non voleva vederlo scuotere il capo, abbassare lo sguardo ed andar via.
Ma Sherlock non scoppiò a ridere e John non andò via.
Finalmente i loro sguardi si incontrarono.

 “Sì? Beh, mi dispiace, ma devo andare. Riscrivi il lavoro, tutto qui. Non hai bisogno di me.” Disse John sospirando e voltandosi per andar via. Era la cosa migliore da fare. John non poteva permettere di lasciarsi abbindolare. Non di nuovo. No. No. No.

 “John?” Disse Sherlock, confuso.

John si voltò. “Per favore… Lasciami solo. Per favore.”

“No!” Disse Sherlock con determinazione.

 “Io… Ci devo pensare. Io… Non posso farlo. Non posso, Holmes.” Disse John abbassando lo sguardo per non guardare Sherlock.

Sherlock sospirò ed odiava quando John lo chiamava ‘Holmes’. “Non puoi cosa?” Chiese, alzando il tono della sua voce.

“Noi.” Disse, voltandosi nuovamente.

 “Non c’è nessun noi, o sbaglio? L’hai detto tu stesso!” Sherlock stava iniziando a perdere la pazienza.

 “Scusami? Sei stato tu ad iniziare! Quindi non incolpare me!”

Sherlock sospirò e scosse il capo. “Cosa c’è che non va in noi, John?”

Le labbra di John s’incurvarono in un piccolo, impercettibile, triste sorrise, e Sherlock lo notò.

“Molte cose non vanno.”

 “Perché continuiamo a farci questo?”

 “Perché siamo stupidi.” Disse John, mentre la sua rabbia stava già andando via, e sentiva quasi il bisogno di abbracciare Sherlock. Ma non l’avrebbe fatto.

 “Disse il miglior studente della scuola…”

 “Disse il consulente investigativo…”

Sherlock sorrise, perché John ricordava, ed era adorabile.

John sorrise di rimando. “Guido io.”

“Davvero?” Il viso di Sherlock s’illuminò di gioia.

“Ma siamo diretti a casa tua e per fare il progetto di storia! Chiaro?” Disse John, duramente.

 “Non avevo altre intenzioni.” Rispose Sherlock, offeso.

 “Oh, per favore, conoscendoti saremmo finiti in un fienile a fumare con Buddy Holly in sottofondo.”

 “Non faccio mai cose simili.” Disse Sherlock, cercando di restare serio.

 “No, certo che no. Hai ragione: sono io la brutta influenza per te.”

“Già, è la croce che devo sopportare.” Disse Sherlock, ridendo.

 “Andiamo, idiota. E’ tardi!” Disse John, afferrando Sherlock per il braccio e dirigendosi verso il portone.

 “Perché lo stai facendo, John?” Forse Sherlock non avrebbe dovuto chiederglielo, forse John si sarebbe infuriato di nuovo e gli avrebbe gridato contro, ma doveva saperlo.

John si fermò e guardò Sherlock. “Perché sono stupido.”

Sherlock sorrise e seguì John.

***

NOTE: Io non ho parole. Solo parolacce. HAHAHA SCHERZO. Niente, sono adorabili. E stupidi, meno male che lo sanno anche loro... Tuttavia vi dico di non smettere di trattenere il respiro. A voi i commenti!

PS. Scusatemi se non rispondo alle vostre recensioni, ma ultimamente sono presissima dallo studio! Al più presto risponderò a tutte. Un bacio, e un GRAZIE enorme! <3
  
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