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Autore: SweetNaya    03/03/2017    0 recensioni
L'amore tra le righe di una lettera. Un amore spezzato; un amore non vissuto. L'amore, un colpo di pistola, la tragedia, l'addio. Un anno senza Lexa per noi un dolore infinito, per Clarke, invece, è una vita che smette d'esser vita, mera sopravvivenza al suo unico, grande e vero amore
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao comandante, che stupidaggine sto facendo, scrivendoti questa lettera? Non lo so neppure io, ma sentivo il bisogno di farlo. Oggi sono due mesi che non ci sei più, non ho un calendario con cui portar il conto dei giorni da quando mi sei stata strappata dalle braccia, così ogni giorno da quel giorno segno la mia pelle con delle piccole tacche nere, nere come il tuo sangue; nere come lo erano le mie mani imbrattate con la tua vita. Sessanta piccole tacche che marchiano il mio braccio, come i tatuaggi che rappresentano la tua gente, il tuo popolo, che hanno rappresentato e contraddistinto la tua vita. Bellamy mi ha costretto a stilare una lista di gente, che dovremo salvare se questo nuovo pericolo non ci presentasse nessun'altra soluzione, lo sai? Ma certo che lo sai ora che sei lì, così lontana da me. Lo avresti saputo anche se fossi stata ancora viva, seduta sul tuo trono a giocarellare col tuo pugnale, dall'alto della tua saccenza, mai presuntuosa, mai arrogante. Ha inserito anche me, tra quei cento nomi che dovranno portare avanti il buon nome della stirpe umana. Dio mio, quanto saresti delusa dalla persona che sono diventata, Lexa. Ne saresti delusa almeno la metà di quanto già non lo sia io. Sono ancora nello studio del cancelliere, piccole superfici metalliche riflettono la mia immagine. No, non è la mia immagine questa. Questo riflesso non è altro che l'aspetto che mi ha dipinto addosso la mia gente ed io, che senza te non so più quale sia il mio posto, gliel'ho permesso. Mi hanno dipinto come quel leader che prende decisioni catastrofiche ed egoiste e che al momento giusto può addossarsi ogni colpa. Questo è quello che hanno voluto ed io gliel'ho lasciato fare, perché i sensi di colpa, per non aver salvato l'unica persona che abbia mai amato, mi stanno divorando. Non volevo esserci su questa maledetta lista. Non voglio esserci. Voglio aiutarli si, cosicché io possa liberarmi dal senso di colpa che non mi lascia dormire, per poi affrontare il mio destino, la morte, faccia a faccia, senza averne paura, anzi considerandola quasi una grazia concessami per poterti raggiungere. Ma me lo merito? Sto aiutando loro, la mia gente, senza includere il tuo di popolo e questo mi tormenta quasi quanto la tua morte. Oh, Lexa, quanto vorrei averti qui di fronte a me ora, così non sarebbe questa pagina ad assorbire le mie lacrime ed il mio dolore, ma la tua spalla, mentre mi stringi forte a te e mi imprigioni nei tuoi occhi e nei tuoi sorrisi appena abbozzati. Non se ne va mai questo senso di solitudine che aleggia dentro di me, intorno a me. Forse la solitudine è stata l'unica fedele compagna d'avventura del mio viaggio dalle stelle alle foreste, le tue foreste. Le foreste sulle quali regnavi regalmente e forse troppo duramente. Poi hai incontrato me e la tua disfatta è cominciata. Mentre la mia fedele compagna mi abbandonava, dopo averti incontrata, la tua vita forse, pian piano, già terminava. La solitudine mi ha abbandonato forse dal primo momento che ti ho incontrato, ma non lo so con certezza, neppure oggi che mi concedo di piangere la tua mancanza. Con quale diritto poi? Col diritto d’averti amato? Col diritto d'essere stata amata da te? Con diritto oppure no, le mie lacrime se ne fregano e sgorgano proprio ora, in questo momento, mentre ti scrivo e mi concedo di essere triste e vulnerabile e libera di assaporare quel dolore che non mi ha mai abbandonato da quando te ne sei andata. Ho parlato anche con mia madre, ma tu sai già anche questo. Le ho confessato il mio amore per te, senza vergogna, senza timore, col sol dolore a vagare tra le mie parole. Beh, le mie parole, in realtà non le ho concesso grandi chiavi di lettura, ma lei è mia madre e non ha ascoltato solo le mie parole, ha letto le mie lacrime, i miei occhi tristi e spenti, mi ha letto il cuore, forse per la prima volta da quando mio padre è stato espulso dall’Arca. Perché diavolo non hai resistito? Avrei potuto salvarti, avrei potuto fare qualcosa di più, ma tu ti sei arresa al destino che la fiamma aveva in serbo per te, ma non te lo perdonerò mai, Lexa, mai. Hai deciso per entrambe, hai deciso che smettere di lottare ed affidarmi al nuovo comandante fosse la decisione più saggia, ma non è così. Ti sogno ogni notte, sai? Ogni dannatissima notte, ripercorro con la mente quell'ultimo giorno insieme. Ogni notte rivivo i tuoi baci, le tue carezze, la tua voce che si infrange nell'aria rendendola così fottutamente perfetta, ma rivivo anche quel colpo di pistola che squarcia la stessa aria che poco prima appariva calma e giusta. Quel suono, quel maledettissimo suono che paralizza il tempo, che ti fa sgranare gli occhi, complice il dolore causato dal proiettile che ti ha estirpato a me. Quel suono rimbomba nelle mie orecchie ogni giorno, da quel giorno. Anche durante le battute di caccia, quando sento la mia gente sparare per procurarci cibo, io ripenso a te e a come sei andata via, lasciandomi sola nell’oscurità, dopo avermi permesso di vedere la luce del sole più bello, dopo che mi hai concesso di amarti e scoprirmi innamorata di te. Tu l’avevi capito dall'inizio, non è così? Tu l’avevi capito in tenda, quando con tutto il coraggio che possedevi, hai deciso di renderti debole e di affrontare le tue debolezze, mostrandole a me, non è vero? Me l’avevi anche detto sulla cima di quel monte, che avevo già scalfito il tuo cuore, che scegliere con la mente era stato più arduo che assecondare il tuo cuore, perché avresti scelto me, tu hai sempre scelto me. Sono solo una stupida, Lexa. Io avrei dovuto arrendermi molto prima al mio cuore ed invece ho aspettato troppo, per poi viverti solamente pochi attimi. Mi manchi, Lexa. Mi manchi troppo, mi manchi talmente tanto che alcune volte sento il cuore squarciarsi. Spesso di notte, vago tra i boschi che circondano l’accampamento, prima avevo la fiamma, mi bastava stringere tra le dita per diminuire quel senso di vuoto che mi riempie lo sterno; un vuoto che preme sui polmoni, sul cuore, sulla gola, quasi impedendomi di respirare. Mi bastava stringere tra le dita quel piccolo chip che veneravi, per sentirti più vicina ed ora che mi è rimasto? Non mi è rimasto nulla, tranne queste lacrime che scivolano via, ladre di ricordi che custodisco gelosamente dove nessun altro può vederli. Mi manchi oggi, dopo due mesi, mi mancherai domani, tra un mese, tra un anno, mi mancherai sempre, finché nella nostra prossima vita non potrò incontrarti ed amarti ancora. Grazie per avermi concesso la possibilità di essere debole al tuo fianco, grazie per avermi mostrato il sole con i tuoi occhi. Grazie per avermi amato solo come tu potevi fare. Ti amo, oggi e sempre. Tua Clarke
   
 
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