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Autore: _thunderstorm_    05/03/2017    1 recensioni
Una raccolta di slice of life incentrate sui fratelli Uchiha, piccoli quadretti familiari di una quotidianità poi inesorabilmente perduta.
"Sasuke lanciò uno sguardo infiammato all’acqua corrente, nel viso un’espressione estremamente concentrata. Quel giorno il torrentello, arricchito dalle recenti piogge, gorgogliava gioioso, quasi come si prendesse gioco di lui. Il bimbo corrugò la fronte, piegandosi sulle ginocchia per prendere la spinta.
Uno, due, tre…
I piedi nudi si staccarono dal terreno per poi poggiare pochi attimi dopo sul fondo scivoloso del corso d’acqua, in un indecoroso tonfo completo di spruzzi.
La risata cristallina del fratello gli giunse fastidiosa alle spalle: era veramente raro che Itachi scoppiasse a ridere, e sapere di essere lui l’oggetto di scherno ad aver provocato l’insolita reazione, beh, era pressoché insopportabile."
- The unforgiven (Metallica)
- Pieces (Red)
- Hope (Apocalyptica)
- I'd come for you (Nickelback)
- Nothing else matters (Metallica)
- Follow me (Breaking Benjamin)
- Question! (System of a Down)
- We're all to blame (Sum 41)
- Bittersweet symphony (The verve)
- Too bad (Nickelback)
- Dead memories (Slipknot)
- The winter wake (Elvenking)
- Circle (Slipknot)
- And all that could have been (Nine Inch Nails)
- Dark on me (Starset)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Itachi, Sasuke Uchiha
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie, Contesto generale/vago
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You led my way then disappeared
How could you just walk away and leave me here?


“Cerca di non fare movimenti bruschi, altrimenti la ferita si riapre, ok?”
L’infermiera gli sorrise con gentilezza, ma gli occhi esprimevano solo un forte senso di pietà e preoccupazione. Sasuke non vedeva l’ora di andarsene, non sopportava più quegli sguardi. Vedeva la gente bisbigliare in modo concitato e camminare velocemente da una parte all’altra dell’ospedale, come accade sempre quando qualcosa di veramente grave sconvolge il lento trascorrere abitudinario del quieto vivere.
Ogni tanto anche mamma e papà bisbigliavano in quel modo, di ritorno dalle riunioni del clan, interrompendosi bruscamente quando compariva lui. Gli si mozzò il respiro, l’indelicatezza di quell’immagine così quotidiana lo trafiggeva. Era sempre stato lasciato all’oscuro di tutto e anche ora tutti lo riempivano di attenzioni, ma nessuno sembrava intenzionato a dargli una spiegazione. Perché ci doveva essere una spiegazione, a quel che aveva visto, a quel che era accaduto.
In quel luogo asettico gli sembrava lontana ed evanescente la visione che aveva avuto prima di perdere i sensi, l’odore di sangue tuttavia se lo sentiva ancora addosso, pungente.
Trattenne le lacrime che improvvisamente gli pungevano gli occhi, osservando assente la ragazza in divisa bianca che gli stava sistemando delicatamente la fasciatura.
 “Se hai bisogno, torna pure qui. In ogni caso ci rivediamo fra un paio di settimane, togliamo i punti a quel paio di graffi che hai, va bene?”
Il ragazzino annuì a testa bassa, sentendosi la gola improvvisamente chiusa.
Lei gli dedicò un altro di quei sorrisi non del tutto distesi, accarezzandogli velocemente la testa, in un commiato indeciso.
La guardò allontanarsi, sentendosi soffocare.
Non sapeva dove andare, non aveva voglia di tornare tra le pareti di villa Uchiha, di rivedere la macchia di quella pozza di sangue che sicuramente aveva impregnato il legno del pavimento, di sopportare il silenzio innaturale in cui sicuramente era calato l’intero quartiere. Lo realizzò effettivamente solo in quel momento, ridestandosi dal torpore in cui era caduto in una sorta di autoprotezione: a villa Uchiha non sarebbe tornato più nessuno, né suo padre e sua madre dalle riunioni del clan, né Itachi dalle missioni. Al pensiero di suo fratello si aggiunse un senso di mera tristezza, incredulità, senso di abbandono. Ancora non riusciva ad accettare cosa aveva visto.
Ma di una cosa era certo. Tirò su con il naso, allontanandosi. Era solo.

Light the night up, you're my dark star
And now you're falling away


Le lezioni proseguivano noiose, gli altri ragazzini lo fissavano impalati, probabilmente nel vano tentativo di immedesimarsi nella sua situazione. Gli insegnanti premevano perché socializzasse meglio con la classe, sebbene in precedenza la sua introversione non avesse mai destato tutta quella inutile apprensione. Iniziava a scoprire cosa volesse dire davvero essere irritati.
Ricordare quando metteva il muso per ogni minima futilità con la sua famiglia gli provocava un senso di vergogna, davvero al tempo non capiva quanto fosse fortunato, quanto tutto fosse perfetto rispetto a ciò che aveva ora. Sembrava fosse un’altra vita, ormai passata.
Camminava verso casa, ma odiava tornare in quel luogo. Aveva preso l’abitudine di fermarsi al molo, spesso capitava che calasse il buio nel frattempo. E ancora si trovò seduto lì, quasi come un automa, senza rendersene conto.
Lanciò un ciottolo, osservandolo affondare inesorabilmente verso l’oscurità del fondo. Sua madre l’avrebbe rimproverato di tutto quel suo sprecare tempo nel pomeriggio fino a tarda sera, non ne sarebbe stata contenta. Probabilmente l’avrebbe incitato ad allenarsi, promettendogli che poi lei e Fugaku avrebbero voluto vedere i risultati del suo impegno. Gli avrebbe sussurrato con fare cospiratore quanto suo padre fosse orgoglioso di lui, sebbene fosse poco bravo a dimostrarglielo.
Scosse la testa, rendendosi conto di quanto fosse inutile immaginare scene quotidiane che non gli sarebbero più appartenute.
Il riflesso dell’acqua gli ricambiava lo sguardo stanco e freddo. Le occhiaie erano più accentuate per le notti insonni, gli segnavano i lineamenti infantili in maniera grottesca, in qualche modo invecchiandolo. Ci rivide l’Itachi degli ultimi tempi, in quello sguardo spento, e per un istante provò pietà. Per sé stesso, per Itachi, non lo sapeva.
Digrignò i denti, scosso da un tremito.
Odiò immediatamente quel sentimento inopportuno, lo rifiutò con tutto se stesso. Urlò e non seppe come si ritrovò in acqua, infrangendo l’immagine riflessa e inspirando acqua.
Voleva abbandonarsi a quell’oscurità che lo avvolgeva. I pensieri iniziavano ad essere sconnessi, si rendeva conto che stava affondando. Sempre più a fondo, sempre più al buio. L’ultimo pensiero d’odio lo dedicò ad Itachi, perdendo gradualmente i sensi.

“Ma sei scemo??”
Una zazzera bionda di capelli ondeggiava davanti alla sua visuale annebbiata, percepiva che qualcuno lo stava schiaffeggiando. Boccheggiò, sputando l’acqua che gli era rimasta nei polmoni.
Gli concesse uno sguardo gelido, in risposta agli improperi che l’altro gli stava tirando.
“Ti rendi conto che potevi morire??”
“Non sarei morto, testaquadra.” Si rialzò, barcollando goffo. Il biondo lo osservò attentamente, imbronciato per l’epiteto.
“Io sarei una testaquadra? Avevi perso i sensi, se non fossi passato io saresti morto, sì. – incrociò le braccia, sorridendo sfottente – non capisco come facciano tutti a ritenerti un genio, si vede che non hai tutte le rotelle a posto.”
Sasuke lo studiò a sua volta, non cogliendo la provocazione.
“Tu sei quello stupido, no? Quello che a scuola sa combinare solo disastri.”
Il biondo arrossì, punto sul vivo.
“Parlami con rispetto, sono Naruto Uzumaki e io un giorno sarò Hokage. E sono comunque quello che ti ha salvato la vita, genio di un Uchiha. Sei in debito con me, e sono sicuro che lo sarai ancora, imbranato come sei.”
Sasuke sorrise con fare superiore. Quel tipo dell’accademia era davvero irritante, ma era un’irritazione che nulla aveva a che fare con i sentimenti che ultimamente gli erano propri. Per un momento lo aveva distratto dal suo dolore, quell’atteggiamento di sfida aveva stuzzicato il suo orgoglio Uchiha. Non si sarebbe mai abbassato a ringraziarlo.
“Pff, come ti pare. Ci si vede.”
Si allontanò senza aggiungere altro, con il preciso intento di infastidirlo.
Gli giunse alle spalle un “DOVRESTI ALMENO RINGRAZIARMI, UCHIHA” che gli diede estrema soddisfazione.
Pensò che forse le lezioni all’accademia sarebbero state meno noiose.
Almeno c’era qualcuno che non lo compativa.
Sbuffò, dirigendosi verso le pareti vuote di villa Uchiha, con il cuore – forse, leggermente - meno pesante.


But I found in you what was lost in me
In a world so cold and empty


************************

E così concludo questa raccolta, dopo anni di blocchi dello scrittore vari. Non credo sia una conclusione granché degna, ma i singoli momenti di perfezione tra i fratelli Uchiha su cui volevo soffermarmi – filo conduttore della raccolta – con relativa graduale loro erosione, erano ormai terminati. Volevo concludere addirittura con il capitolo sulla strage degli Uchiha, ma rimaneva non approfondito il punto di vista di Sasuke al seguito della strage stessa.
Inoltre, mi piaceva l’idea di aggiungere questo primo approccio tra Sasuke e Naruto come conclusione, in un tentativo di concludere la raccolta con un filo di speranza e luce, contrapposto all’oscurità in cui invece ha intenzione di addentrarsi Sasuke, speranza di un qualcosa di vagamente “perfetto” anche per il futuro.
Ringrazio chi mi seguiva in passato, quando aggiornavo più o meno regolarmente, nella speranza si ritrovi a leggere la conclusione di questa raccolta lasciata a metà per anni. E ringrazio chi leggerà e recensirà ora, mi farebbe piacere avere un’opinione complessiva di questo lavoro senza pretese, ma a cui sono affezionata.
   
 
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