Anime & Manga > Basilisk
Ricorda la storia  |       
Autore: moni93    05/03/2017    1 recensioni
La morte di Oboro e Gennosuke è stata una tragedia che però, a differenza di Romeo e Giulietta, non verrà mai ricordata.
Il loro è un amore segreto, i loro pensieri più profondi non furono mai comunicati.
Almeno, finora.
In questa fanfic di tre capitoli, analizzerò gli ultimi istanti di vita dei due protagonisti. Un capitolo per ognuno di loro, per far sapere al mondo ciò che hanno provato, il dolore che hanno sofferto e la speranza che, in fondo, non li ha mai abbandonati. Perchè, come Hikoboshi e Orihime, sono legati dal filo rosso del destino che nessuno, uomini o dei, potrà mai spezzare.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

VIVERE PER LA MORTE, MORIRE PER AMORE

 

Atto primo: La luna calante che chiese perdono al vento

 

Couldn’t save you from the start

Love you so it hurts my soul

Can you forgive me for trying again?

Your silence makes me hold my breath

 

I’ve been so lost since you’ve gone

Why did fate deceive me?

Everything turned out so wrong

Why did you leave me in silence?

 

You gave up the fight

You left me behind

All that’s done is forgiven

 

You’ll always be mine

I know deep inside

 

All that’s done is forgiven

 

(Within Temptation – Forgiven)

 

 

Ai miei cari va il mio pensiero, mentre lentamente tramonta il sole.

Vaga irrequieto, tra le nebbie dei ricordi, lungo gocce di rugiada che sanno di peccato e di gioia. In un luogo che più non esiste, che mai più ci sarà. Vuoto è il cuore, assordante il silenzio, l'eco dei colori ormai sbiaditi. Frastornante la consapevolezza dell'odio, quel sentimento che mai mi avete fatto conoscere, per bontà o illusione di un futuro in cui non avrebbe più regnato.

Nonna, Akeginu, Koshiro, amici miei, come posso guardare alla mia vita senza pensare a voi? Voi che tanto mi avete dato, a cui devo ogni mio passo fatto su questa terra, ogni risata, ogni lacrima. Persino fino a te giunge il mio canto sofferto, Tenzen. Tu che tanto mi hai ferito e che più volte hai voluto violare questo mio corpo. Poiché sei stato una persona a me cara, poiché devi aver sofferto infinitamente anche tu, se hai infine abbandonato ciò che di umano e giusto albergava nel tuo animo. Sono per la mia famiglia queste note di agonia, rimpianto e inquietudine. A te tuttavia, Tenzen, che così tante vite hai reciso con gioia, ho dedicato anche questo sentimento che, ancora, mi brucia nel petto. A te l'ho riservato per un breve istante di debolezza e follia. Fu un attimo, ma bastò a rendermi come te. Mi hai portata a uccidere, in quel fugace battito d’ali di farfalla, mentre una sola domanda rimbombava nel mio spirito, come un urlo senza più voce. Così straziante era, da poter esser udito unicamente dagli alti dei di quel tempio abbandonato.

Perchè?

Perchè, è la sola preghiera che poteva sgorgare dal mio cuore infranto, da quell’organo talmente martoriato dal destino da non poter far altro che gridare e graffiare, ferire e infine recidere. Ti ho privato della vita, ma non ne ho gioito. Mi sono invece sentita ancor più misera, ancor più perduta. Poiché compresi una semplice quanto straziante verità.

Odiarti non mi avrebbe ridato la pace.

Odiarti fino al mio ultimo respiro, non mi avrebbe restituito tutto ciò che avevo perduto. Il sorriso dei nostri compagni, le parole che non sono riuscita a dir loro, gli adii che non potranno mai udire. Persino i miei nemici, i nemici di Iga, non riavranno nulla indietro. Né i loro cari, né una morte gloriosa, neppure una degna sepoltura dove poter essere pianti e ricordati.

Eppure, loro sono... erano, come noi.

Esseri umani.

Custodivano dentro di loro tenebre e luce, ricordi, sorrisi e lacrime. Temevano anche loro la morte, desideravano vendetta per le uccisioni subite, desideravano un’ultima occasione per salutare chi avevano perduto, una seconda possibilità per farsi perdonare per non averli protetti, per non essere stati abbastanza forti o spietati. Questo erano. Niente di più, niente di meno. Ma tu questo non l'hai mai capito, Tenzen. Nessuno di noi lo ha fatto ed ora è troppo tardi, anche per piangere. Soprattutto per odiare. Mai più, mai più lascerò che questo sentimento mi attraversi. È pericoloso il rammarico, fiorisce dentro di noi e vola alto verso il cielo, per scaraventarsi contro cento, mille altre persone, espandendosi come una piaga.

Fino a diventare indispensabile.

Fino a distruggere ogni cosa, perfino ciò che c’è di bello e giusto in questo effimero mondo.

Fino a farsi metallo, indissolubile, tagliente. Letale.

Fino a tramutarsi nelle nostre stesse lame, tinte del fiore vermiglio che sboccia in seno ai nostri avversari. Così ammaliante, così oscuro, così triste. Diabolico.

È mai possibile che questa maledizione non possa essere spezzata?

Se non per il nemico, se non per la pietà che così scarsamente è tenuta di conto tra noi ninja, almeno per noi stessi, per la nostra vita? Non possiamo cancellarla? Nemmeno con l'amore?

Vale davvero così poco questo sentimento che mi arde nel petto e mi dilania l'anima?

Un amore voluto dal cielo non può dunque nulla dinnanzi alle spade dell'uomo?

Per quanto lotti, per quanto mi opponga, i miei sforzi devono apparire così vani, ridicoli. Una semplice donna non può che contorcersi, urlare nel proprio dolore, contro una faida che perdura nel tempo. Per ogni mia mossa, ogni mio dimenarmi, si stringono a me le corde del fato. Io non posso che piegarmi, fragile, dinnanzi alla volontà degli astri celesti. Quelle medesime stelle che un tempo ci sorridevano ingannatrici, mostrandoci un ponte da attraversare per non essere più soli, ora si beffano di noi, in trepidante attesa di scoprire il prossimo atto della tragedia che loro stesse hanno orchestrato. Quel passaggio si è ormai infranto e, da allora, non resta altro che questo mio delicato sentimento. Così sciocco deve apparire il mio legame, questo filo rosso che mi unisce all'anima del mio amato, si mostra al mondo come un oggetto semplice da spezzare. Ma si sbagliano, tutti quanti si sono sempre sbagliati. Almeno su questo, coloro che ci osservano, uomini o dei che siano, hanno commesso un errore.

Perché, anche se Gennosuke-sama dovesse odiarmi, io continuerei ugualmente ad amarlo. Anche se il mondo intero dovesse odiarci, io continuerei ad amarlo. Anche se dovessi morire, e anche dopo, oltre la morte e le mie mille reincarnazioni, io continuerei ad amarlo. Possono deridermi, lanciarmi sassi e pietre, maledire la mia anima infinite volte. Non mi importerebbe nulla, fintanto che io abbia lui al mio fianco; il marito dal quale non potrò mai essere chiamata sua sposa.

È così sbagliato questo?

Può l'amore essere tanto debole e caduco, come le ali di una farfalla, spezzate dalle fiamme di una candela?

Forse è proprio questo il mio errore.

Che cos'è una farfalla per la candela che illumina la stanza di un uomo? Le sue ali sono talmente vane per la vita degli uomini da meritare di bruciare. E se esse battono all'unisono con quelle della loro compagna, cosa può importare questo agli occhi di un intero villaggio?

Siamo inerti dinnanzi all'ineluttabilità del fato.

Non siamo niente.

Non siamo nulla che verrà mai ricordato.

Solo un effimero pensiero, un canto malinconico che già tace. E, intanto, già si prepara una nuova melodia. Un'altra tragedia sul palcoscenico di questo Inferno. Eppure, se questo è veramente il luogo in cui si sconta il mio peccato, se questo dolore è così straziante da togliermi il fiato, perché non riesco a pensare ad altro che a noi?

A te.

Penso soltanto a te, Gennosuke-sama.

L'uomo che canta della vita al chiaro di luna* e di cui io ho avuto il privilegio di poter udire la voce. Ne sono così felice. Sono davvero tanto, tanto felice di averla conosciuta, Gennosuke-sama. E la mia gioia è ancor più splendente se penso che ho potuto amarla, in questa vita, come nella precedente.

Ricorda?

Noi due siamo le metà di una stessa anima. Noi due non potevamo che incontrarci ed amarci, poiché separati siamo incompleti, perduti per sempre. Siamo Hikoboshi e la sua Orihime, amanti che neppure il fiume stellato può dividere. Un unico cuore che batte all’unisono nei nostri corpi.

Quanto ero sciocca.

Eppure lo sono ancora, perché mentre le lacrime mi solcano l'anima, poiché i miei occhi non ne hanno ormai più da versare, penso ancora a questa favola e m’illudo sia vera. O che, almeno, lo sia stata per qualche fugace istante delle nostre vite. Cadono gli ultimi ricordi, allora, in una leggera pioggia primaverile, portata via dal vento. Gli eleganti petali danzano, racchiudendo in sé le ultime immagini, l’estrema preghiera della mia anima. La supplica indegna di un ninja, ma che è anche sua, Gennosuke-sama, poiché in un attimo di debolezza mi ha confessato ogni cosa. Non voleva uccidere. Non desiderava la morte di nessuno. È stato un sollievo sentirle pronunciare simili parole, mentre le nostre lacrime si univano e si confondevano tra loro. Non ero la sola a lottare, non ero l’unica a desiderare un finale diverso, un miracolo che ci salvasse tutti.

È tardi ormai, questo sarà il mio ultimo tramonto.

Poiché ormai la mia mente e il mio cuore hanno deciso. Se deve esserci un vincitore, una persona che sopravviva a questa tragedia, allora voglio che sia lei, Gennosuke-sama. Desidero che viva, che sia felice. È quello per cui ho sempre pregato, da quando l’ho incontrata per la prima volta, quando ancora ero una bambina. Già all’epoca avevo percepito il suo dolore, il suo immenso tormento, e se con la mia vita ho potuto alleviarlo, anche solo per un istante, allora la mia esistenza non è stata vana. E se morendo posso salvarle la vita, lo faccio con gioia. In fondo, dal momento in cui l’ho conosciuta, essa non mi apparteneva già più.

Sia felice, dunque, per sempre.

La mia mano trema, mentre i miei ultimi rimpianti mi dilaniano, facendomi tentennare. Ma poi la guardo, e sorrido. Anche se non mi permetterà di udire la sua voce, potrò almeno guardarla, mentre il silenzio l’avvolge.

Avrei tanto voluto vedere i fiori di ciliegio in sua compagnia, Gennosuke-sama. Avremmo potuto riposarci sotto uno di questi magnifici alberi, mentre la brezza primaverile portava la gioia dei nostri due popoli, finalmente uniti e liberi. Sarebbe stato davvero bellissimo... un meraviglioso sogno.

Rimane soltanto il suo flauto, ora, come cimelio di ciò che siamo stati. Perchè già siamo passato, già ci avviciniamo all’epilogo di questa nostra vita. Ma lei no, lei vivrà. Questa sarà la dote che le offrirò in dono.

Una favola che soltanto noi due conosceremo e che si spegnerà, all'alba, insieme alle stelle.

Ma prima di allora, reciterò i miei ultimi versi. Per lei, Gennosuke-sama, e per nessun altro.

 

 

Dolci petali d'inverno,

che ormai siete primavera,

conducetemi dal mio amato

ovunque egli si trovi.

 

E con questa lama

che io possa avvertire ancora

il calore della sua pelle

e non più il gelo dell'assenza.

 

Dolce è la morte,

se mi conduce a lei.

Piano le mie ali bruciano

e i miei sogni si perdono

tra la pioggia,

finché non mi desto.

 

Sono la sua bianca sposa.

Ed è già estate

e autunno

ed ecco il freddo inverno

e poi, di nuovo, l’attesa primavera.

 

Di nuovo insieme,

mia metà.

Di nuovo unica realtà.

Questa volta, forse,

per sempre.

 

«Io ti amo.»

 

 

 

 

*Gennosuke significa "colui che canta della vita" mentre Oboro "la foschia che circonda la luna"

 

 

 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Basilisk / Vai alla pagina dell'autore: moni93