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Autore: queenjane    06/03/2017    3 recensioni
Alessio Romanov, erede al trono di Russia, vive alla Stavka, ovvero il quartier generale delle truppe con suo padre, lo Zar. E' il 1915, ha 11 anni, soffre di emofilia, ogni urto può essere fatale ma è curioso, avido di vita. Nonostante o forse per la prima guerra mondiale. Un suo incontro, un suo inopinato amico, il principe Andres Fuentes dal misterioso passato, più grande di lui, che racconterà storie, avventure e molto altro. Collegato a The Phoenix. Buona lettura. Dal capitolo 9;" In quella notte del luglio 1918, mentre il buio lo sommergeva, Alessio si trovò d’un tratto sopra un baio, a cavalcare il vento, come un antico guerriero, in una valle piena di luci e suoni e profumi, il vento portava il rombo delle onde, diede di sprone e il suo ultimo sospiro fu lieve come il mare quando muore a riva. ."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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“La torre e la conchiglia sono per ricordare come la rocca di Ahumada fosse sulla via dei pellegrini che andavano a Santiago di Compostela, un santuario che sorge sul mare Oceano”Andres indicò i punti sulla mappa.
“I Fuentes offrivano protezione, allora” disse Alessio, interessato oltre ogni dire, Andrej sapeva un sacco di nozioni, ma non era pedante come i suoi precettori, non lo asfissiava a vista come i suoi marinai infermieri, sapeva che ogni urto poteva essere un trauma, ma voleva essere libero, nonostante o soprattutto per la malattia. E Andres lo trattava con deferenza, senza indulgere in servilismo o  lodi eccessive o severità, era passato a trovarlo, suo padre aveva un colloquio con il principe R-R, lui dietro.
Andres aveva sorriso nel vederlo, un rapido e candido bagliore dei denti, poi lo aveva fatto avvicinare alla scrivania piena di fogli e mappe, gli aveva fatto vedere dove sorgeva il castello.
“Giusto, il primo nucleo del castello fu una torre, la costruirono dopo il 732, quando Carlo Martello sconfisse gli Arabi” Lo zarevic taceva, per non fare la figura del somaro, dopo sarebbe andato a guardare, decise” Vi annoio?”
“No, continuiamo. E la conchiglia?”
“Uno dei simboli dei pellegrini” Lo zarevic amava le storie, adorava quelle che narrava Catherine, amica di sua sorella Olga,  che miscelava leggende, miti e sua fantasia in modo stupendo, anche Andrej non era male, lui raccontava quella che aveva vissuto fin da piccolo.
“E il leone e la rosa?”
 Uno  dei primi Fuentes era tra i compagni di Carlo Martello. Ottenuto il titolo di marchesi, avevano vegliato sui confini, in tempi di pace e di guerra, vigilando contro gli Arabi e onorando i re spagnoli.
 Erano a Granada ai tempi della reconquista, un Fuentes era salpato con Cortes alla conquista del Sud America.
Viaggiatori, diplomatici, uomini di chiesa, politici, erano stati finanche vicerè del Perù e di Milano, quando sull’impero di Spagna non tramontava il sole.
Marchesi poi divenuti principi per avere combattuto contro Napoleone, il re Borbone, reinsediato sul trono dopo il congresso di Vienna, aveva concesso quella ascesa per la fedeltà che avevano sempre dimostrato alla casa reale.
“Per le battaglie, la rosa per indicare bellezza e misericordia, che il mondo non è solo guerra, come sostiene Xavier Fuentes, attuale principe, nonché mio padre”
“Interessante, davvero, da marchesi a principi. Ma anche la storia dei Romanov non è male”
“Non ne dubito affatto. “
“ANDREJ, non dovete prendermi in giro” Poi”Avete fratelli?”
“Sì, Marianna, sposata con il marchese di Cepeuda, Enrique e Jaime, sacerdote cattolico, io sono l’ultimo, un cadetto e questo è quanto.” Secco.
“Sarà, però siete sempre un principe” lo zarevic non lo sommerse di domande su quel punto specifico, aveva compreso che non era il caso, aveva detto Enrique come chi sputa un dente guasto dalla bocca.
“Altezza, io domani vado via per un incarico, rientro intorno a Natale.”
“Va bene” Gli fece il saluto militare, in fondo era la guerra, tanti partivano e molti non tornavano.
E gli sarebbe mancato.
 
E bravi i miei ragazzi, riflettè nelle settimane successive Rostv-Raulov, appurando che l’ingaggio era andato a buon fine e che se Catherine non cambiava idea potevano fare molto e molto altro.
Cat, si concesse il nomignolo privato usato da Olga Romanov, aveva fatto cantare un bolscevico in esilio, tale LP, di come la Germania voleva minare il potere offrendo aiuti e finanziamenti capillari ai bolscevichi, una rete capillare e clandestina, dopo il 1905 non si erano arresi.
La rivoluzione avanzava, se la guerra non finiva sarebbe stato un casino senza precedenti, lo Zar era fatalista, si considerava Giobbe, mentre Catherine da principessa, dopo le sue tragedie, un tributo degli dei della guerra, si era  improvvisata agente, una spia, un membro della polizia segreta per fare qualche cosa.  
 
La situazione era ingarbugliata come poche, RR temeva che se la guerra fosse andata avanti sarebbe stato un disastro. Alle volte si sentiva impotente, inutile, allora era meglio Catherine che combatteva in senso lato e cercava le sue vendette che quel coacervo.
Il lupo dello Zar, la tempesta.
 
Stupido, o forse no, comunque anonimi donatori  tedeschi finanziarono gli ospedali russi, LP, un idiota perso nel suo piacere, venne arrestato alla frontiera, così  confermando la fiducia accordata.
Lei e Fuentes erano i migliori, nonostante o forse per le loro tragedie private.
 
 
Aveva preso un colpo di freddo visitando le truppe, starnutendo così forte da avere una violenta emorragia al naso,un raffreddore troppo potente, che il chirurgo imperiale voleva parlare con il sovrano, somma urgenza, pur sapendo che era oberato di lavoro, che si prospettava una grave crisi.
Sia Catherine che Andres corsero dietro al sovrano, erano rientrati da un ingaggio, stilavano i loro report quando era stato avvisato.
“Tienilo calmo” Risposero con un cenno della testa.  Lo zar si allontanava, non sopportava a lungo i gemiti di Alessio,come al solito, Andres lo seguì per chiedere istruzioni, i suoi occhi verdi avevano incrociato quelli di Catherine per un breve istante.
Era appoggiata contro il grande divano, la schiena di Alessio contro il torace, lo teneva tra le braccia, la testa che quasi sfiorava la sua, le ciocche castane mescolate, ogni tanto le toccava il polso.
I chirurghi imperiali avevano cauterizzato la narice, un processo doloroso, senza guardare chi lo teneva tra le braccia, cambiando le bende quando si impregnavano di sangue, uno valeva l’altro, bastava tenere calmo il regale paziente.
Stanchezza e pena e rabbia.
 “Deve stare su che da sdraiato rischia una maggiore emorragia” Nicola aveva mandato un telegramma a sua moglie, che stava volando alla Stavka, reputando sul momento più prudente non farlo muovere in treno per riportarlo alla capitale.  Mancava una settimana a Natale. La nascita del Salvatore, ma cosa festeggiare se l’erede di tutte le Russie fosse morto,  un pensiero blasfemo, ma cosa raccattare in quei momenti.
“Sei incredibile, lupo”
“In genere sostieni che sono una scocciatura”
“Siamo una buona squadra e sì, ti ho fatto un complimento. “
 “Raccontami di Ahumada e di quando cacciavi i lupi, e di come hai catturato mio zio, o quasi” la voce di Catherine, mentre stringeva Alessio, osservando che le bende erano candide da almeno sei minuti, vigile, non parlava ma li ascoltava
Andres sbuffò. “Ahumada, il castello sui Pirenei,la mia casa e', circondata da boschi e foreste. Nel fitto del bosco, si dava per certo che vi fossero dei lupi. Avevo tredici anni e stavo fuori con ogni tempo, alla peggio dormivo in un capanno di caccia e scavavo buche,mi davo  da fare nello scavare una trappola che poi ricoprivo d’erba e terra,  e facevo passeggiate e giri di ricognizione, con il mio fratello più grande Jaime. Ci divertivamo anche a pescare ad un torrente, facevamo trappole per conigli .. I due vagabondi, ci appellavano al castello, mio padre da un lato ne rideva, dall’altro non sapeva che farsene di due teste matte come noi due. Comunque,  doveva venire un ospite e io e Jaime eravamo latitanti nel bosco..Catherine, cazzo, sanguina di nuovo.. ”
Sospese il racconto, mentre rientravano i chirurghi, le bende erano di nuove intrise di sangue.
Cauterizzarono, Andres, immobile, in un angolo, le dita di Alessio contro il polso della ragazza, una stretta così forte da lasciare il segno, sussultava per il dolore, appena un gemito rivelava il grado della sofferenza . Sentiva i mormorii, il nuovo marinaio infermiere, sul serio i loro i travestimenti erano ben fatti e poi li lasciarono soli, avevano riscontrato che tante persone agitavano Alessio.
 “Racconta Andres” che avrebbe dato il mondo per non vederlo in quelle condizioni.
“Rostov Raulov era venuto in Spagna per un libro di memorie, sul vostro capostipite., Felipe, mio padre Xavier dei Fuentes lo accolse e lo invitò a fare un giro. Il principe cadde nel fosso.. Passeggiava nei boschi e finì come un allocco nella mia trappola. Poi gli sono rimasto simpatico..Lasciamo perdere”
 “E andiamo con le storie dei Fuentes e dei pirati, queste so, non ho grande inventiva, che spetta a te, cara mia ”
“…”
 “Alessio, ascolta, la tua mamma sta arrivando. Probabilmente non rimarrai qui alla Stavka, tornerai al Palazzo di Alessandro, a casa” Le parole scorrevano piano,  la gola roca”Per la convalescenza. Io non mi posso far vedere, lo sai, per le coperture. Non ti agitare, ascoltami. Torno a Pietrogrado, non ti lascio, cerco di fare pace con Olga, va bene, ma tra poco vado via, sono qui ma.. “ Lo aveva spostato sul braccio sinistro, tenendolo con l’altro, il bambino con una fatica immane le  sfiorò una guancia, l’unico segno di colore che aveva sul viso erano le mezzelune viola sotto gli occhi” Va bene, sto zitta, qualcosa ci inventiamo, piccolo principe.” Sbatté le palpebre due volte, come a dire no. Non capiva. Tamburellò le dita sulla  guancia e la toccò. Era salata di lacrime. “Non devo piangere, va bene. Hai ragione, non me ne ero proprio accorta” Per discrezione, Andres aveva voltato le spalle, osservava con interesse la tappezzeria del muro.
Aspettò che si ricomponesse,  riuscì a tirare fuori un sorriso poi scambiarono la posizione.
“Io vado, ragazzi. A presto. Ciao Alessio, ciao Andres” si perse a asciugare la fronte a Alessio, era madida di sudore, come la gola, gli sfiorò la gola, la carotide batteva sotto le dita, in affanno, ma stava un poco meglio, non aveva la febbre troppo alta.
 
“La chiamo lupo perché è agile e scattante come quella fiera, ha un fondo indomabile, selvatico. Non che sia sempre simpatica o altro, ..”Andres parlava piano in russo, sia lui che Alessio fissavano la porta dove era sparita Catherine con un vassoio tra le mani, a breve sarebbe arrivata la zarina e il rischio di fare saltare le coperture era troppo elevato.
Nell’aria restava una traccia del suo profumo, leggera come una scia, arancia amara, sudore e lavanda, annotò Andres “Una volta ha indicato la zuccheriera, per il caffè, invece vi era dentro il sale. È a modo suo, molto, lo sapete meglio di me, una grande solitaria”
Alessio sbattè due volte le palpebre, in segno di diniego” NO? Sa stare da sola, vi è differenza, avete ragione, se può mantiene sempre la sua parola. Anzi, la mantiene sempre, come noi Fuentes, in fondo come me discende da una schiatta di combattenti. Ne riparliamo, certo, cercate di stare bene, quando avrete fiato, mi mancano le vostre chiacchiere incessanti, Altezza Imperiale, a presto”Bussarono alla porta, era lo Zar o chi per lui, Andres toccò la mano del ragazzino, una breve stretta.
“..”
“ A presto, Maestà, Altezza Imperiale” Si erse in tutta la sua statura, scattò sull’attenti, il saluto militare, in fondo quel bambino era un soldato, che combatteva le sue battaglie, e se ne andò.
“Sbagliate, piccolo principe, come vi chiama Catherine, lei come me è una grande solitaria, un lupo,sa amare ma teme che chiunque ami andrà incontro alla rovina..” sussurrò piano, parlando per sé e tra sé.
Se suo figlio fosse sopravvissuto sarebbe stato appena più grande dello zarevic, era  nato nel 1901.
Lo aveva chiamato Xavier, come aveva deciso con Isabel,come il principe suo padre, Xavier dei Fuentes, che riposava accanto a  sua madre e alla nonna paterna, nella cappella di famiglia dei Fuentes.
Fino alla fine del mondo.
Quella sera, dopo così tanto tempo che nemmeno lo ricordava, entrò in una chiesa e accese una candela.
“Pater Nostrum.. “
 E la neve cadeva sul mondo.
 
   
 
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