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Autore: Akatsuki    06/03/2017    0 recensioni
E se esistesse un altro biju oltre gli altri nove? E se il jinchuuriki di questo demone fosse una ragazza?
E se questa ragazza incontrasse Gaara, cosa potrebbe accadere ai due?
Estratto dal V Capitolo:
Gaara poggiò le mani a terra e si mantenne con le braccia per non cadere, mentre era ancora inginocchiato. Kaen si allontanò di diversi passi dalla figura del Kazekage, che con il respiro affannato si limitava a fissare sconvolto il pavimento. Kaen tremò e si abbracciò le spalle, tentando di non cedere e correre ad abbracciarlo.
«Mi dispiace tanto…» sussurrò piano, e Gaara a quelle parole alzò di scatto la testa e fissò la ragazza così intensamente che questa pensò di potersi spezzare sotto quello sguardo accusatore.

[GaaraxOC] [Primi 4 capitoli revisionati]
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kankuro, Matsuri, Nuovo Personaggio, Sabaku no Gaara, Temari
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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dreams of the desert.













V Capitolo.

Kaen mugugnò assonnata, rigirandosi nell’enorme letto a due piazze della sua stanza. Il leggero lenzuolo bianco che la copriva cadde, lasciando intravedere le morbide forme sotto il pigiama. Sbadigliò rumorosamente, affondando il viso nel grande cuscino.
Dopo qualche minuto, dato che il sonno era completamente sparito, si mise a sedere faticosamente, aprendo entrambi gli occhi molto lentamente e stiracchiandosi per bene, pronta ad alzarsi dal letto.
Si guardò intorno intontita dalla lunga dormita, per poi poggiare i piedi sul pavimento freddo e venire scossa da un brivido. La notte nel deserto era decisamente più fresca del giorno, ma non poteva che esserne felice, con il caldo tremendo che persisteva tutta la giornata. Non ne era abituata, e molto spesso si rifugiava in un posticino all’ombra per riprendesi dalla calura.
A piedi nudi si avviò al bagno, pronta per una bella doccia rinvigorente. Si spogliò velocemente, buttando a terra il pigiama e sgusciando sotto il getto tiepido della doccia. Passò sotto l’acqua quasi venti minuti, ma dopo poco era già con i capelli asciutti e vestita con la sua solita tenuta ninja.
Uscì dalla camera e si avviò svelta lungo il corridoio, sebbene fosse ancora un po’ assonnata. La notte precedente ci aveva messo anni prima di addormentarsi, e il motivo lo sapeva anche troppo bene.
Era lo stesso motivo che in quel momento stava arrivando dalla parte apposta alla sua, elegante e pacato, come sempre lo aveva visto. Non aveva potuto evitare di pensare a lui praticamente tutta la notte, del modo in cui la guardava, le sorrideva impercettibile o le rivolgeva una parola gentile. Lui era lì con lei, praticamente un uomo fatto e finito, o quasi, e lei non poteva fare altro che osservarlo senza fare nulla. Era indubbiamente frustrante, ma il solo averlo vicino la rendeva felice.
«Kazekage-sama, buongiorno» salutò allegra Kaen, venendo subito ricambiata da un leggero cenno del capo da Gaara.
«Buongiorno, Kaen. Hai dormito bene?» Adorava pronunciare quel nome, sebbene fosse una cosa strana per lui. Kaen. Fiamma. Lei era proprio come il fuoco, lo infiammava ogni volta che gli rivolgeva un sorriso. Ancora doveva capire il perché reagisse in quel modo, come se il suo corpo rispondesse alla presenza di quella ragazza.
«Benissimo, grazie. E lei?»
Gaara esitò qualche secondo prima di rispondere. «In verità, io non dormo mai» ammise, all'apparenza calmo come sempre. Non sapeva come avrebbe reagito a quella confessione, nessuno lo sapeva oltre i suoi fratelli. Il suo demone gli impediva praticamente di chiudere occhio, causandogli un’insonnia senza fine che lo perseguitava fin da quando era bambino. Semplicemente non riusciva a dormire. In caso ci fosse riuscito, Shukaku avrebbe preso possesso del suo corpo in quelle ore in cui normalmente avrebbe dovuto abbassare le difese e la sua volontà sarebbe stata repressa, liberando il demone.
Kaen spalancò gli occhi sorpresa, mentre si formava sul viso un’espressione interrogativa. «Lei non dorme? Perché?» chiese curiosa, sporgendosi involontariamente verso Gaara, il quale si ritrovò senza volerlo ad arretrare di un passo.
«Beh…» cosa dirle? Che era il jinchuuriki di un mostro? Che lui stesso lo era? Non in quel momento, non in quel modo. Dentro di sé era ancora troppo preoccupato dalla reazione che la ragazza avrebbe potuto avere per dirle a cuor leggero che era il portatore del demone a una coda, perché sapeva bene che fra tutti l’Ichibi era il più instabile dei nove e per questo uno dei più spaventosi. Almeno, era sempre stato così per le persone che lo avevano circondato negli anni passati.
«Non si preoccupi, se non vuole rispondere non è obbligato. E’ pur sempre il Kazekage!» ridacchiò Kaen, mentre il rosso si sentì decisamente più sollevato, libero di mettere da parte quel problema che lo assillava. In realtà la mora era fin troppo curiosa di sapere la risposta, ma aveva notato l’insicurezza che aveva colpito Gaara e non voleva fargli pressione. Con il tempo, avrebbe risolto tutti i misteri che avvolgevano la figura del Kage.
«Ti ringrazio per la comprensione. Dove stai andando? »
Lo stomaco della castana brontolò e le sue guance si arrossarono di botto. Si coprì la pancia e sbuffò, scusandosi. «In cucina per mangiare qualcosa, anche se ancora non ricordo bene dove sia…» si mise una mano sulla nuca, imbarazzata. Stava andando alla ceca per trovare la cucina e Gaara era capitato proprio a fagiolo. Certo, non poteva dire di non essere trasalita vedendolo, mentre nella stomaco sentiva una stranissima sensazione, come se fosse in subbuglio, ma la fame aveva avuto la meglio ed eccola lì.
Gaara accennò un sorriso rilassato. Quella ragazza era assurda. «Infatti la cucina è dalla parte opposta. Io ci sto andando, se vuoi seguirmi» disse, superandola e incamminandosi tranquillamente. Sentì i passi della ragazza alle sue spalle.
«Oh, la ringrazio. Credevo di morire di fame!»
Una ventina di stanze dopo si ritrovarono davanti ad una porta dipinta di un rosso molto chiaro, mentre tutte le altre erano di uno smorto beige, da dove proveniva un odore invitante e strani rumori di pentole che cozzavano tra di loro.
«E anche oggi mia sorella si cimenta nella grande arte che è la cucina» fece Gaara aprendo la porta ed entrando, seguito da una zampettante Kaen che non vedeva l’ora di mettere qualcosa sotto i denti. In realtà, Temari non era tanto male ai fornelli, probabilmente essendo l’unica donna facente parte della sua stessa famiglia si era dovuta arrangiare, eppure era sempre capace di combinare qualche guaio con la sua irruenza.
«Mi cimenterò anche nella cucina, ma non puoi non ammettere che me la cavo!» brontolò infatti Temari puntando un mestolo in legno a pochi centimetri dal viso del fratello, il quale lo spostò piano con un dito, senza rispondere.
«Questo lascialo dire a noi, Tem.» Un’altra voce, più vivace di quella di Gaara ma meno rumorosa di quella di Temari arrivò dal tavolo, dove poco dopo Kaen si fiondò, sorridendo emozionata.
«Kankuro! E’ da un sacco che non ci vediamo!» lo salutò la kunoichi abbracciando stretto, mentre questo arrossiva sotto il trucco violastro.
«K-Kaen! Così mi soffochi.» La ragazza allentò la presa. «Mi dispiace non averti salutata prima, ma ero in missione e sono tornato solo ieri. Sono felice di sapere che rimarrai qui con noi» rispose Kankuro, entusiasta. Era davvero da una vita che non la vedeva e doveva ammettere che era diventata davvero molto più bella di come la ricordava. Quella bambina così sorridente nonostante tutto, ma infinitamente sola. La ammirava, era riuscita in quello cui molti jinchuuriki non riuscivano, primo fra tutti suo fratello. Sorridere e guardare la vita con speranza, resistendo e non lasciandosi mai sommergere dall’odio e dal dolore.
Quello stesso fratello che ora provava una sensazione fastidiosa alla bocca dello stomaco, come se stessero violando una cosa che gli apparteneva. E, chissà perché, non riusciva a distogliere lo sguardo acquamarina dalla figura di Kaen e Kankuro abbracciati. Così vicini e così intimi.
Temari tossì per attirare l’attenzioni di tutto il gruppo e poggiò di fronte a tutti la colazione, soddisfatta. «E’ o non è il piatto più bello che abbiate mai visto?» In verità, la ragazza aveva preparato la solita cosa che cucinava ogni volta che facevano colazione. Kankuro sbadigliò.
«Tem, è lo stesso di ieri» sussurrò Kaen divertita, mentre si accomodava a tavola. Gaara fece lo stesso, seguito dalla sorella. «E’ lo stesso di tutto giorni» puntualizzò il Kazekage, afferrando le bacchette. «Sì, lo so. Però è comunque buono» sbuffò Temari, scoccando uno sguardo infastidito al fratello minore. Fece cenno a tutti di iniziare a mangiare, e seguì anche lei il suo stesso consiglio.
Ormai era una settimana che Kaen si era trasferita da loro nel palazzo, e l’atmosfera fra di loro si era rilassata a tal punto da fare colazione tutti insieme senza alcun imbarazzo. La castana si ostinava a tenere la bocca chiusa con Gaara riguardo il famoso problema che persisteva fra di loro, nonostante avrebbe voluto con tutto il cuore essere sincera con lui. Ma non trovava mai l’occasione adatta, lui era sempre impegnato e lei era troppo insicura quando c’erano quei due occhi acquamarina di mezzo. Si sentiva una stupida, ma avrebbe fatto di tutto per sentire almeno un’altra volta la mano di lui stringere teneramente la sua, come facevano tanto tempo prima, o sentirlo di nuovo avvolgerla in un abbraccio rassicurante.
 
Gaara correva perle strade del villaggio, diretto nella periferia. Gli sguardi degli abitanti si facevano sempre più scuri ogni volta che si posavano su quel bambino maledetto, ma a lui non importava. Non in quel momento.
«Guardatelo, è di nuovo lui. »
 «Che schifo, mi fa accapponare la pelle.»
«Non si vergogna ad andare in giro a spaventare i bambini?»
Gaara era abituato a quei commenti, e avrebbe mentito dicendo che non lo ferivano. Continuò a correre, per poi fermarsi di fronte un piccolo parco giochi. Seduta tra la sabbia accumulata in una piccola piscina c’era una bimba di cinque anni, intenta a costruire un piccolo castello. Gaara le si avvicinò.
«Kaen» attirò la sua attenzione, e la bimba gli risolse uno sguardo distratto. Rendendosi conto di chi gli stava davanti, si alzò di scatto in piedi e sorriso, allegra. «Gaara! Ti stavo aspettando!» Lo strinse in un abbraccio stretto stretto, che il bimbo ricambiò con timore, arrossendo. Gli faceva ancora strano ricevere quelle attenzioni.
Kaen era l’unica persona che non aveva paura di lui, giocavano insieme e spesso parlavano di qualsiasi cosa venisse loro in mente. Le voleva bene, e lei ne voleva a lui. Si allontanò dalla bambina e osservò il suo operato. «Costruivi un castello?»
«Già, ma non sono molto brava» ammise la castana, imbronciandosi. Gaara sorrise e si sedette fra la sabbia, invitandola a fare lo stesso. «Ti va di vedere una cosa?» chiese. La bimba annuì e gli si sedette di fronte. «Però prometti di non spaventarti» Gaara era abituato alle reazioni spaventate dei bambini e degli adulti che lo osservavano controllare la sabbia, e non sapeva come avrebbe reagito Kaen a quella rivelazione. Erano passati diversi mesi da quando si erano conosciuti, eppure non ne aveva mai avuto il coraggio. La bambina mimò una croce in prossimità del cuore, mortalmente seria. Una promessa era una promessa.
Un piccolo rivolo di sabbia di alzò dal mucchio, mentre altri gli si univano. Crearono un mulinello di discrete dimensione che, una volta caduto, rivelò agli occhi dei due bambini un castello di sabbia molto dettagliato. Kaen lo fissò sconvolta, sgranando gli occhioni smeraldini. Gaara osservò lei invece, preoccupato. Avrebbe provato ribrezzo o paura per quello che sapeva fare? Sperava vivamente di no.
La castano alzò lo sguardo verso di lui, la piccola bocca spalancata in un’espressione di felice sorpresa. Gli occhi le brillavano di gioia. «Non sapevo sapessi fare queste cose! E’ fantastico!» Con uno slancio si gettò su Gaara, facendo cadere entrambi sulla sabbia. Il rosso la strinse piano. «Con tutta la sabbia che c’è qui a Suna potrai fare cose fantastiche! Che invidia!» brontolò Kaen, rotolandosi nella piscina sabbiosa. Gaara si alzò e si ripulì i vestiti. «Solo tu la pensi così.»
La bambina sorrise entusiasta. «Ma che dici! E’ una cosa così bella!» Gaara non rispose, limitandosi a guardare Kaen che rideva felice. Non avrebbe mai potuto dirle che aveva il demone della sabbia segregato nel suo corpo, lo avrebbe odiato anche lei poi. Sarebbe morto piuttosto che vederla andare via.
La castana imitò il gesto del bambino e corse a sedersi sull’altalena, seguita dall’amico che le si mise accanto. Kaen gonfiò le guance e si girò ad osservarlo, uno sguardo incuriosito sul viso infantile.
«Gaara, ma perché sei sempre tutto solo? » gli chiese innocentemente. «Sai, anche io al mio villaggio non avevo tanti amici. Sei come me?» il rosso dubitava fortemente che lei fosse come lui, ma non ebbe cuore di rivelarglielo.
«Tutti dicono che è colpa mia se la mia mamma è morta » sussurrò triste, dandosi una spinta con i piedi e iniziando a dondolare sull’altalena. «La mia mamma è morta quando sono nato» aggiunse pigolando.
Kaen fermò il movimento della sua altalena e guardò l’amico, dispiaciuta. Anche lei non aveva più la mamma, e nemmeno il papà, perciò capiva come si sentisse. Con entrambi i piedi diede uno slancio al sedile e si tenne ferma piantandoli a terra, accanto a Gaara. Gli accarezzò la testolina rossa, arruffandogli i capelli affettuosamente. «Non è colpa di Gaara se la sua mamma non c’è più. Sono sicura che lei lo amava tanto» lo rassicurò lei, rivolgendogli un sorriso. Il bimbo la fissò in silenzio per qualche secondo, per poi afferrare la piccola mano e stringerla forte.
Se c’era Kaen al suo fianco, Gaara non aveva bisogno di nessun altro. Era felice.
 
Una volta finita la colazione, il Kazekage si alzò dalla tavola e posò il proprio piatto nel lavello. Afferrò la sua tunica da capo villaggio e la indossò, mentre Kaen lo osservava di nascosto. Temari sorrise notando gli sguardi della ragazza rivolti al fratello.
«Io vado. Se avete bisogno di me sapete dove trovarmi.» Sapevano tutti che Gaara passava gran parte della sua giornata nel suo ufficio a svolgere le pratiche o a tenere riunioni con gli Anziani. Raramente usciva per allenarsi o fare una passeggiata per il suo villaggio, mentre erano Temari e Kankuri quelli che più spesso erano fuori.
Tutto ciò che Kaen aveva fatto in quella settimana era assistere Temari nell’allenamento dei piccoli genin all’Accademia, gironzolare senza meta per il villaggio e osservare il Kazekage ogni volta che ne aveva l’occasione. E proprio per questo aveva preso una decisione, gli avrebbe parlato quel giorno stesso. E ne era terrorizzata.
Si alzò si scatto dalla sedia e gli afferrò una manica di getto, per poi ritrarsi quasi scottata. Gaara l’aveva guardata così intensamente che si era sentita morire. Si portò la mano al petto e abbassò lo sguardo, incapace di incontrare i suoi occhi. Il rosso distolse il suo dal viso della ragazza, internamente frustrato. Ancora evitava di guardarlo.
«Kazekage-sama, stasera avrebbe del tempo da dedicarmi? Vorrei parlarle…» sussurrò Kaen, intimorita. Niente da fare, non riusciva proprio a non sentirsi fremere ogni volta che si trovava così vicina a quel ragazzo, così bello quanto spaventoso.
Gaara annuì e accennò un sorriso. Il cuore di Kaen perse un battito. «Ti raggiungerò una volta finito il lavoro» Uscì dalla stanza, silenzioso come sempre. «Certo che il nostro caro fratellino sorride un po’ troppo spesso in queste ultime settimane» aggiunse Temari divertita, continuando pigramente a mangiare. Le cose si facevano interessanti.
 
Aveva pensato tutto il giorno a caso avesse da dirgli Kaen, e non era riuscito a trovare una risposta. Nella settimana passata non avevano mai avuto l’occasione di parlare molto e di conseguenza praticamente non si conoscevano. Spesso l’aveva osservata dalla finestra del suo ufficio mentre si sgranchiva nel campo di allenamento combattendo contro sua sorella o mentre in solitudine si limitava a lanciare kunai e shuriken ad un bersaglio, ma oltre quello non le aveva mai rivolto la parola direttamente per iniziare un discorso. Era così curioso di quell’attrazione che provava nei suoi confronti, ma anche preoccupato. Non sapeva se fosse giusto legarsi a qualcuno di esterno, e ciò lo metteva in ansia. La paura del rifiuto ancora non lo aveva abbandonato, ma ere sempre stato attento a non farlo notare a nessuno.
Ormai la notte era calata e Gaara si stava dirigendo sul tetto del palazzo, dove sapeva trovarsi la ragazza con cui avrebbe dovuto parlare. Raggiunse il grande terrazzo e la trovò lì, che osserva silenziosa il villaggio mentre una leggera brezza estiva le faceva ondeggiare i lunghi capelli castani sulla schiena.
Kaen notò la sua presenza e si girò a guardarlo. «Kazekage-sama» sussurrò lei, sollevata di vederlo. «Temari mi ha detto che ti avrei trovata qui» affermò Gaara, posizionandosi al suo fianco e volgendo uno sguardo all’orizzonte. «Di cosa volevi parlarmi?»
La giovane sospirò e fece un passo indietro, rivolgendo il busto verso il ragazzo di fronte a lei. «Non è un argomento facile da affrontare…» iniziò lei con timore. Quello che aveva da dirgli lo avrebbe sicuramente sorpreso, e forse non in bene. Ma che avrebbe potuto fare? Voleva che Gaara si ricordasse di lei come una volta, doveva porre rimedio alla situazione in cui si era messa con le proprie mani.
Il rosso non commentò, in attesa. A quel punto Kaen prese coraggio e si piazzò di fronte al ragazzo, a pochissima distanza da lui. La superava di almeno dieci centimetri in altezza, così la ragazza si vide costretta ad alzare leggermente lo sguardo e fissarlo negli occhi del Kazekage. Gaara ne fu sorpreso, ma non si ritrasse. Finalmente poteva perdersi in quegli occhi di smeraldo senza che lei fuggisse.
«Mi permette di toccarla?» Gaara non poté fare altro che annuire, e Kaen avvicinò la mano alla fronte del ragazzo, carezzando con il pollice il kanji tatuato sulla sua fronte senza staccare gli occhi dai suoi, incatenando i loro sguardi. Improvvisamente il ragazzo si sentì travolgere da brividi sempre più intensi che lo portarono ad inginocchiarsi sul pavimento scosso da spasmi incontrollati, mentre Kaen lo raggiungeva senza proferire parola. Sapeva cosa stava succedendo e non poteva fare altro se non continuare. Gaara rivolse uno sguardo sconvolto alla ragazza di fronte a lui, mentre migliaia di ricordi gli affollavano la mente, travolgendolo.

Lui e Kaen che giocavano, che si rincorrevano, lei che lo accarezzava, lo abbracciava, la sua sabbia che la avvolgeva protettiva, loro che facevano lunghe passeggiate per il villaggio, e parlavano, si confidavano, si capivano. Gaara e lei che vivevano anni felici insieme, in quel villaggio dove nessuno prima di allora lo aveva amato, dove tutti lo allontanavano e avevano paura di lui. Lei era stata la sua unica luce, la sua ancora di salvezza in quella realtà in cui tutti lo disprezzavano, in cui era solo. Lei che lo aveva protetto, e lui aveva protetto lei, lo aveva amato e consolato in quei giorni che altrimenti si sarebbero susseguiti tutti uguali. Semplicemente, la sua Kaen. Ed era di nuovo lì con lui.

Gaara poggiò le mani a terra e si mantenne con le braccia per non cadere, mentre era ancora inginocchiato. Kaen si allontanò di diversi passi dalla figura del Kazekage, che con il respiro affannato si limitava a fissare sconvolto il pavimento. Kaen tremò e si abbracciò le spalle, tentando di non cedere e correre ad abbracciarlo.
«Mi dispiace tanto…» sussurrò piano, e Gaara a quelle parole alzò di scatto la testa e fissò la ragazza così intensamente che questa pensò di potersi spezzare sotto quello sguardo accusatore. Il rosso intanto era sconvolto da quelle rivelazioni così improvvise, sotto quel flusso di ricordi così intenso che gli aveva racchiuso il cuore in una morsa congelata. Perché se ne ricordava solo adesso? Era stata lei?
«Perché?» chiese il ragazzo in un lamento disperato, rimanendo immobile. Non gli importava che fosse a terra, non aveva nemmeno le forze per alzarsi in piedi. Ma lei era lì, di fronte a lui, e Gaara non faceva altro che chiedersi il motivo di quei ricordi restituitigli così improvvisamente.
«Io… Quando sono dovuta andare via, ho pensavo che fosse meglio per te che non ricordassi nulla del nostro tempo passato insieme» singhiozzò lei, affranta. «Tu eri così solo e pensavo che lasciandoti con quei ricordi non avresti fatto altro che soffrire di più. Lo credevo davvero» concluse, mentre un’unica lacrima le scorreva lungo la guancia. La asciugò in fretta e puntò lo sguardo a terra, non avendo il coraggio di guardare Gaara e la sua reazione. Sarebbe andato via probabilmente, non avrebbe nemmeno avuto voglia di parlare con lei. A quel pensiero arretrò nuovamente di alcuni passi e fece per correre via mentre lui ancora la fissava, senza dire nulla. Semplicemente non poteva rimanere lì.
Improvvisamente una parete di sabbia le bloccò la strada, mentre Gaara si rialzava e la raggiungeva a passi pesanti. «Non ti lascerò andar via di nuovo.» Kaen sussultò a quelle parole, mentre il rosso le afferrava un polso per impedirle di correre via.
«Come hai fatto ad eliminare i miei ricordi di te? E perché ai miei fratelli no?» chiese lui, stringendo la presa sul polso della ragazza senza farle male, in attesa. Aveva paura che per lei i loro ricordi fossero più importanti di ciò che provava lui, era l’unica spiegazione sensata che sapeva darsi riguardo il motivo per cui sia Temari che Kankuro sapevano chi fosse quella ragazza che ora si trovava di fronte a lui, sconvolta.
«Una delle mie abilità… Mi permette di eliminare o restituire i ricordi alle persone, così come ho appena fatto. Temari e Kankuro non si erano legati a me tanto quanto avevi fatto tu, sapevo che sarebbero stati bene. Ma tu… Tu sei sempre stato così fragile, e non volevo che ti spezzassi a causa mia» rivelò lei, con tutta la sincerità di cui era capace. Non lo aveva fatto con cattiveria, era convinta che Gaara avrebbe sofferto tanto quando lei per quella separazione e non poteva permetterlo. Se fosse tornato ad essere come prima, sarebbe stato bene anche senza di lei. Come se non avesse perso nulla. Una fitta la colpì al cuore, la stessa che sperimentò il quel momento il rosso.
Non era andata in quel modo, e il Kazekage lo sapeva fin troppo bene. L’unica ad esserne all’oscuro era proprio Kaen.
«Mi hai solo permesso di tornare ad essere un bambino che si sentiva non amato e abbandonato da tutti, senza nemmeno il tuo ricordo a scaldarmi il cuore.» Scosse la testa. «Non avresti dovuto, Kaen.»
La suddetta sussultò, per poi liberarsi da quella stretta al polso con uno strattone e finendo nuovamente con la schiena contro il muro di sabbia, che allo sguardo sorpreso della mora si riversò a terra inanimata. Non voleva spaventarla, non lei. Kaen sorrise tristemente intuendo i pensieri di Gaara, che intanto aveva alzato una mano e lentamente le si avvicinava, per evitare di intimorirla. Con il dorso della mano le lascio una delicata carezza sulla guancia, che al tocco leggero si imporporò.
«Lo sai che non ho mai avuto paura della tua sabbia» lo rassicurò, carezzandogli la mano che ancora la sfiorava con le dita. «Mi sei mancata» rivelò piano Gaara mentre la ragazza sbarrava gli occhi, sorpresa. Non era un comportamento che si addiceva alla figura del Kazekage che aveva visto in quei giorni. Di slancio afferrò la tunica di Gaara, per poi stringerlo in un abbraccio così stretto che mozzò il respiro ad entrambi. Era da così tanto tempo che non lo sentiva vicino, non aveva mai dimenticato la sensazione del suo corpo caldo contro il proprio e delle sue mani che la sfioravano delicate. D’altro canto il rosso non aveva mai avuto dubbi sull’affetto che provava per quella piccola kunoichi che tanto aveva adorato da bambino. Anche a distanza di anni, anche se per tanto tempo aveva perduto i ricordi che aveva di lei, non poteva smettere di sentirla vicina come il primo giorno. Nulla era cambiato dentro il suo cuore.
«Non sai quanto sei mancato a me. Ti ho pensato continuamente per tutti questi anni, non avrei mai voluto lasciarti solo, ma non avevo scelta» singhiozzò lei contro il suo petto. Essere avvolta da quelle braccia mascoline le faceva battere forte il cuore nel petto, quasi volesse sfondarle la cassa toracica. Gaara odorava di sole, sale e vento, creando un aroma che nella sua mente si addiceva perfettamente alla figura del ragazzo.
Nella mente del Kazekage si affollavano decine di pensieri diversi, mentre lui stesso si chiedeva perché continuasse a stringere con tanto disperazione quella ragazza che tanto gli era entrata dentro durante la sua infanzia. Non sapeva se quel senso di appagamento era normale, da quanto tempo ormai non riceveva un abbraccio come quello? Non sapeva rispondere, ma era come se quel piccolo corpo fosse fatto apposta per stringersi al suo, caldo e pulsante.
Immediatamente Kaen si allontanò dal ragazzo, spezzando quel piccolo idillio che si era creato. Era preoccupata di essere stata troppo invasiva nei suoi confronti, erano passati ormai dieci anni ed entrambi avevano vissuto la loro vita in modo diverso da quello che si sarebbero aspettati. Erano stati lontani troppo tempo per recuperare quel rapporto in così pochi minuti, o almeno così credeva lei.
Nonostante questo gli rivolse un sorriso luminoso e gli batté il piccolo pugno sul petto, mentre Gaara la scrutava. Al contrario del viso, gli occhi non erano allegri come sarebbero dovuti essere. «Che ne dici se rimaniamo un po’ qui fuori stanotte, insieme?» domandò lei, inclinando leggermente la testa di lato.
Gaara non fu capace di fare altro se non annuire.
 
 
 



 
N/a: ed ecco finalmente il nuovo capitolo!
Spero sia stata di vostro gradimento, e vi ricordo che mi farebbe tantissimo piacere ricevere il vostro parere al riguardo. Se avete dubbi, domande o altro potete tranquillamente chiedermi qualsiasi cosa vi passi per la testa e io cercherò di essere esaustiva. Ovviamente andando avanti con la storia la situazione dei due e tutto il resto sarà più chiaro, quindi prego anche di essere pazienti!
Spero inoltre che nessuno dei personaggi risulti OOC, ma in caso aggiungerò tranquillamente la nota alla storia.
 
  
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