Verso il domani
Otoya volle sostare per qualche minuto al centro dell’aula spaziosa e accogliente. Gli
adesivi attaccati ai vetri delle finestre, i caratteri dell’alfabeto che
pendevano dal soffitto, gli armadietti, la lavagna, le piccole sedie, i tavoli,
i disegni e i poster educativi sulle pareti, i giocattoli ammucchiati qua e là
dentro scatole di cartone. Oggetti che gli trasmettevano un senso di dolce
nostalgia e allo stesso tempo una carica positiva, servivano a rendere più bello
e colorato un ambiente tanto familiare, una casa in cui poter tornare, dove
anche il silenzio si espandeva mostrandogli una rapida successione di ricordi
piacevoli, di acclamazioni gioiose, di calore e di suoni.
Otoya
cantava da quando riusciva a ricordare.
Se
chiudeva gli occhi, lui risentiva l’allegria contagiosa e gli incoraggiamenti
spontanei di tutti i bambini che avevano frequentato l’orfanotrofio in cui era
cresciuto, la sua casa, e che lo ascoltavano mentre intonava le canzoni imparate
nel corso degli anni.
Gli sembrava ancora di udire tutti i complimenti, le risate, i ringraziamenti di chi per qualche motivo aveva pianto e a cui lui aveva risollevato il morale usando la propria voce.
Perciò
sognava di diventare un idol. Era bellissima l’idea di poter incoraggiare con le
sue canzoni, di allietare le giornate altrui, di tutti quanti, non solo dei suoi
numerosi fratellini e
sorelline.
Otoya
suonò la prima chitarra a otto anni. Era un modello classico e non molto
costoso.
Custodiva
ancora il ricordo di quando l’aveva imbracciata per la prima volta, la cassa più
larga di lui. Si rivedeva mentre spalancava gli occhioni chiari per
l’incredulità, circondato dai festoni variopinti realizzati dagli altri bambini
riciclando svariati materiali e carte colorate, incoraggiato dal sorriso gentile
della direttrice.
Non
ci aveva creduto subito.
Davvero quel
regalo era per lui? Da chi proveniva? Come sapeva del suo compleanno?
Lo attraversarono mille domande, ma egli, allora così piccolo, si limitò a poggiare le dita
sulle corde, a pizzicarle per la prima volta. Ne era uscito un bel suono grave e si era meravigliato ancora di più.
Otoya
ricordava un girasole alzato, poiché non c’erano intorno ombre scure o nuvoloni
carichi di pioggia che potessero indurre ad appassire una tale spontaneità,
vitalità e naturalezza.
Un
piccolo sole in grado di donare calore nella vita di chi aveva la fortuna di
stargli accanto.
La
calorosa gentilezza era un suo tratto distintivo, una vera rassicurazione per
tutti quelli che lo conoscevano.
Energico,
allegro, vivace, ottimista, gentile e positivo.
Si
sentiva realmente euforico, fiducioso, pieno di aspettative e ansie per
l’immediato trasferimento, per dare il benvenuto a una nuova fase della sua
vita.
E
veramente commosso, poiché il giorno della partenza non aveva previsto la
presenza di cartelloni, lavoretti infantili fatti con il cuore, scritte a
caratteri cubitali.
Realizza
il tuo sogno.
Impegnati,
divertiti, non cambiare mai.
Forza,
Oto-nii!
Il
suo brillante futuro non poteva aspettare. Sarebbe stato più luminoso e
sorprendente di quello che in realtà si prospettava, però il caloroso ragazzo
dai capelli rossi non poteva ancora saperlo.
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Spero abbiate gradito questo semplice momento al quale ho dato un senso e un’interpretazione tutta mia :D
Ps: Ho in mente un progettino crossover che se riesce potrebbe stupirvi.
È un’idea folle, ma simpatica, spero tanto di non perderla per strada!
*-*
Rina