˜Prompt:
Blocco da disegno˜
Sotto
una finestra a forma circolare, un mobiletto basso alto quanto uno scalino è il
ripiano perfetto per tenere un blocco da disegno.
Una
graziosa e dolce bambina dai capelli blu lo prende riempiendolo delle sue
ingenue perplessità e della sua tristezza occasionale, delle sue piccole gioie e
dei suoi sentimenti più puri.
Quando
scarabocchia due figure e li separa con una linea, pensa a suo
padre.
A
Mai non è permesso girare liberamente per l’estesa villa di famiglia in stile
tradizionale. La bambina dispone delle sue stanze personali, può andare in
giardino, può osservare le piccole farfalle che volano sui fiori e i pesciolini
che nuotano nel laghetto, ma non ha accesso a una parte della casa. E il motivo
le è sconosciuto, i grandi sono molto vaghi a riguardo e suo padre non si fa
vedere spesso.
Mai
lo nota da lontano quando, almeno una volta al mese, viene ad accertarsi della
sua salute e a informarsi sui suoi progressi nello studio. Eppure lei sta
benissimo e svolge tutti i compiti che le assegnano le maestre all’asilo. E
vorrebbe riferirgli queste informazioni lei stessa, educata e composta come le è
stato insegnato, aspettarsi un cenno di approvazione.
Non
le dispiacerebbe avere l’attenzione paterna, ricevere una carezza tra i capelli.
Non sa nemmeno cosa si provi ad abbracciare il genitore, non ha mai osato, lui è
distaccato di natura e non glielo permetterebbe mai.
Percepisce
che c’è un muro fra loro e lei, piccolina, non comprende tutta quell’altera
freddezza.
Con
un pennarello giallo, traccia delle linee rette verticali e orizzontali, un
reticolato su sfondo bianco.
Mai
è una bambina chiusa in una gabbia dorata da quando è nata. Se qualche volta
trova la chiave e riesce a uscirne, lo fa perché non le piace
piangere.
La
solitudine è brutta, la tristezza non è piacevole, lei vuole sempre giocare,
essere felice e spensierata, correre libera come le
farfalle.
Vuole
entrare nelle stanze proibite e scoprire più spesso il mondo esterno. Vorrebbe
farlo davvero, però non può.
Disegna
una semplice faccina che sorride.
Ci
sono giorni in cui riceve la visita di Jii-san e quelli sono i giorni più belli,
perché finalmente può sapere cosa sta facendo il
fratellone.
Una
volta, Mai è riuscita a raggiungere Onii-chama e lo ha fatto da sola, si è
sentita quasi grande. Scappare di casa può essere allettante, ma anche
pericoloso per una bambina di soli cinque anni. Mentre il maggiordomo la
riaccompagnava a casa, ha dovuto sorbirsi i suoi rimproveri pacati e si è
sentita dispiaciuta per le rughe accentuate intorno agli occhi biasimevoli,
eppure lei non si è pentita della sua azione istintiva.
In
fondo, se quella volta non avesse approfittato di una distrazione dei domestici
per convincere l’autista a portarla via, non avrebbe potuto passare qualche ora
con il suo fratellone.
Prova
a ritrarlo in più fogli. Anche se non gli viene benissimo, l’importante è il
pensiero.
Se
c’è una cosa che Mai capisce, su cui la bambina è sicura, è che lui non è come
il loro padre. Non la tiene lontana, non mette un muro tra loro, non la
rimprovera, non le nega mai una carezza.
Onii-chama
è
buono, la prende per mano, la accompagna, la controlla da lontano mentre gioca.
La gentilezza e l’affetto che legge nei suoi occhi non li ritrova negli altri
adulti.
Mai
vuole fidarsi del suo istinto, di quello che le appare chiaro: che quando
piangeva per uno strappo nel vestitino della sua bambola, che quando si
svegliava spaventata a causa di un incubo, che quando si intristiva perché fuori
pioveva a dirotto e non poteva uscire in giardino, suo fratello era lì per
lei.
Era
lui che accorreva, erano le sue braccia che la cullavano finché non si
riaddormentava, erano le sue mani che ricucivano lo strappo e che la guidavano
verso il pianoforte, dove lui si sedeva sullo sgabello e le suonava
qualcosa.
Allora
Mai non piangeva più, si asciugava le ultime lacrime e lo ascoltava mentre
cantava per lei.
La
sua voce è più bella di quella degli usignoli che cinguettano alle prime luci
del mattino. Delicata come la neve, intonata come uno strumento ben accordato,
intensa come un’emozione.
E
per qualche minuto si immagina in giardino, un giardino enorme dove la dolce
bambina saltella di fiore in fiore, dove viene baciata dai raggi del sole. Sulla
sua schiena spuntano bellissime ali di farfalla che le permettono di danzare
libera nell’aria tiepida, di raggiungere infine la sua mamma, che in questo
sogno a occhi aperti non è malata, riesce a reggersi perfettamente in piedi e a
sorriderle senza alcuna traccia di sofferenza nel farlo.
Si
tratta di una magia destinata a durare pochissimo, ma il senso di meraviglia e
di gioia che la pervade le fa dimenticare la tristezza, la solitudine,
l’indifferenza paterna. Masato non vive più a casa, sta facendo quello che
maggiormente desidera e che lo rende felice, e se lui è felice, anche Mai prova
felicità. Sarà anche piccolina, ma si sente orgogliosa di lui e se non ha tempo
di venire a trovarla, sarà la prima ad andare a cercarlo.
Inoltre,
le piace cambiare i soggetti, non disegna sempre la stessa persona. E quando
ritiene di aver fatto abbastanza, corre subito a sentire il parere di una
persona fidata.
Noriko
è il nome di una donna, una domestica incaricata di occuparsi di lei, di
accontentare ogni sua richiesta e di provvedere nel momento del
bisogno.
Per
Mai Hijirikawa, in verità, Noriko è diventata una figura di riferimento molto
importante, le è affezionata come a una seconda madre, tanto che la piccola
mette il broncio se qualcuno della servitù si permette di sovraccaricarla di
lavoro soltanto perché non sa farsi le cose da solo.
E
Noriko Kanzaki vede la signorina come la figlioletta che non ha mai avuto. È
stata la sua balia quando è nata, ha sostituito la sua vera madre che per
problemi di salute è spesso ricoverata in ospedale. Lei l’ha vista muovere i
primi passi e pronunciare le prime parole, l’ha vista correre e giocare, le ha
impartito l’educazione e il rispetto che si addicono a una bambina di buona
famiglia, le ha insegnato a disegnare, un’attività che Mai adora fare, quindi è
l’unica che può darle i consigli giusti sui suoi disegni.
«Noriko-san,
posso entrare?».
La
bambina dai capelli blu porta il dovuto rispetto a una donna più grande, anche
se in quanto padroncina potrebbe anche entrare senza battere ciglio.
Semplicemente, è abituata così. Tiene stretto il suo prezioso blocco da disegno
al petto mentre attende una risposta che non tarda ad
arrivare.
«Quante
volte dovrò ribadire che Mai-chan non mi disturba? Avanti, entra pure», la
invita ad avvicinarsi con tono informale e un sorriso amabile la donna dai
capelli castani costantemente raccolti e divisi in sei treccine, tre per lato,
mentre si dedica a realizzare una piccola composizione floreale. La bambina la
raggiunge e le siede volentieri accanto, sopra il tatami, guardando meravigliata il suo
lavoro.
«Noriko-san,
è bellissima! Vorrei tanto disegnare con la stessa cura che Noriko-san mette in
tutto quello che fa!» esclama ammirata Mai, sempre pronta ad adularla e a
riempirla di complimenti sinceri.
«I
fiori invernali sono belli, ma sono molto rari e difficili da reperire. Oggi ho
scelto i ciclamini e le camelie. Mai-chan, hai disegnato, vero? Fammi
vedere».
Allora
Mai sposta lo sguardo incantato dalla gradevole composizione alla donna,
annuendo felice, sfogliando quei fogli bianchi fino a ritrovare il disegno che
le interessa al momento per mostrarlo a lei. Noriko ferma le sue mani che
stavano intrecciando con cura delle foglioline di erica sugli steli e gli presta
la dovuta attenzione. Le linee non sono perfette, il tratto è ancora incerto, ma
constata con un certo orgoglio che la sua piccola allieva sta migliorando e che
le due figurine che si tengono per mano su uno sfondo verde disseminato di
fiorellini sono chiaramente riconoscibili – una di queste senza dubbio la
rappresenta.
«Che
disegno bellissimo, Mai-chan!» afferma semplicemente.
«Mi
è riuscito davvero?».
«Sì.
Davvero davvero».
E
continuano a parlarne per qualche minuto, Noriko nasconde sensibilità e
commozione dietro un’espressione stupita e accondiscendente, poiché Mai appare
molto gioiosa e la sua risata da bambina, chiara e cristallina, è capace di
allontanare temporaneamente le ombre del difficile passato dalla mente e dal
cuore di una donna che ha sofferto. E che adesso è lì, a rendersi utile nel
presente, a consigliare chi le vuole bene senza condizioni, a guidarla nella
vita come emerge da quel disegno, a sperare di esserci anche nel suo futuro. Si
toglie i guanti da lavoro, dona una carezza gentile alla sua testolina, sorride
di riflesso – un sorriso vero, dolce, simile a quello di una
mamma.
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Note:
Questa storia mi è stata ispirata da un prompt del contest "Raccontatemi di loro...", ma non potevo farla
partecipare per una questione di limiti nelle parole (erano ammesse solo drabble
e flashfic), quindi ho pensato di tenerla per questo giorno, per la festa della donna! *-* (Auguri a tutte
noi! ^O^)
Questa
storia, inoltre, è necessaria per la comprensione di un’altra che -spero- sarà
pubblicata presto.
Diciamo
che le storie che riguardano la piccola Mai in qualche modo sono tutte collegate
fra loro, diciamo anche che ci sto prendendo gusto e facciamo prima xD tutta
colpa delle scarse informazioni che ho trovato su di lei e che mi spingono a
inventarmi la figura di un OC, perché è più logico immaginare che ci sia una
donna a seguire una bambina nella sua crescita. Se mi scrivono che la madre è
sempre malata, il compito è per forza affidato a un’altra persona, no?
>.<
Spero
sia tutto chiaro e che nell’insieme vi piaccia :D inoltre vi comunico che ho
creato una nuova serie intitolata “Guidati dalla musica”. Comprende quasi tutte le
storie a tema postate su UtaPri.
Infine
mi auguro di portare a termine, prima o poi, le due raccolte in corso e mi scuso
immensamente per la lentezza degli aggiornamenti, in futuro cercherò di
rimediare ^^’
Grazie ai lettori silenziosi e a chi vorrà scrivermi un parere sincero :)
Rina