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Autore: VENDA    09/03/2017    8 recensioni
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Prompt originale di Zenya_59
Fandom o originale
Genere: introspettivo
Coppia: slash o femslash
Prompt: "Sotto i petali di mille alberi di ciliegio, il vento soffia ancora"
Dal testo - Soffiava un vento molto forte quella sera, un vento che faceva muovere rumorosamente i rami di tutti i ciliegi del Parco del Palazzo. E i rami, muovendosi, facevano piovere petali fino a formare un compatto strato rosa sopra alla terra scura. E i petali conciliavano i pensieri e i ricordi. E i sogni. Stronzi.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giappone, giorni nostri.

L'Ordine dei Maestri di Spada sopravvive ancora da secoli, i più antichi sono morti, di altri narra la leggenda che non abbiano ancora lasciato questa terra e la loro prima vita. Creature eccezionali, i Maestri di Spada, esseri che invecchiano lentamente, che conoscono il misticismo, i veleni, che sanno maneggiare una lama come se fosse la naturale estensione del loro corpo. Donne eccezionali, i Maestri di Spada, perché, da quando se ne ha memoria, solo a loro è concesso di diventare più forti, davvero forti.

Soffiava un vento molto forte quella sera, un vento che faceva muovere rumorosamente i rami di tutti i ciliegi del Parco del Palazzo. E i rami, muovendosi, facevano piovere petali fino a formare un compatto strato rosa sopra alla terra scura. E i petali conciliavano i pensieri e i ricordi. E i sogni. Stronzi.
Alcuni si posarono sulla visiera del casco del motociclista che si era appena fermato sul limitare di quel boschetto color pastello. La figura, coperta di vestiti aderentissimi di pelle nera e rossa, scese dal veicolo e fece qualche passo in avanti, senza ancora cedere al desiderio di sentire quel vento sulla pelle. Non rimase solo a lungo, o forse non lo era mai stato.
«Sei in ritardo» disse una voce femminile, che prese corpo quando una giovane donna balzò giù da uno dei rami più bassi di un albero poco distante. «Le senti le urla che vengono dal Palazzo?»
Il motociclista non si scompose.
«L'Altissima si sente oltraggiata, è normale che urli» rispose, con un pizzico di ironia.
«Beh, vedi di non attirare troppo l'attenzione visto che in fondo è per te che sta urlando, Sakura.»
«Oh, ti prego, Sourei! Almeno quando siamo io e te fuori dal Palazzo potresti non chiamarmi con quel nome? Non capisco perché alle donne piaccia tanto!»
Sourei rise di gusto, un suono intonato, quasi ipnotico. Il motociclista misterioso finalmente si tolse il casco. Non dimostrava più di vent'anni ed era bello, molto bello, con un aspetto così efebico che senza conoscerlo non avresti saputo dire se era un uomo o una donna: aveva lineamenti delicati, occhi neri e allungati, bocca sottile, capelli scuri con evidenti striature color platino, lunghi e lisci.
«Bentornato, Akito.»
«Ecco, così va meglio.»
Sourei corse ad abbracciare l'amico, che non vedeva da più di un anno per via dei suoi continui soggiorni in Europa.
«Mi aggiorni?» chiese lui, quando si lasciarono.
«Veramente sei tu che dovresti aggiornare me. Comunque niente di nuovo, gira ancora voce che un uomo abbia osato insediarsi con l'inganno tra i ranghi superiori dell'Ordine, quelli riservati alle donne, non so se hai presente.» Nella voce c'era una marcata ironia.
Akito si strinse nelle spalle.
«Sfrutto quello che la natura mi ha dato: un corpo androgino e un bel visino.»
La ragazza rise di nuovo. «Guarda che non devi giustificarti con me!» esclamò.
Insieme si sedettero sotto l'albero da cui lei era scesa pochi minuti prima. Restarono parecchio in silenzio, come se non avessero bisogno di raccontarsi cosa avevano fatto nell'ultimo anno. La cosa non insospettì Akito come forse avrebbe dovuto.
«Perché te ne resti in Giappone?» le chiese all'improvviso. «Perché non vieni in Europa con me? L'Inghilterra è stupenda... Se non allarghi un po' le tue esperienze va a finire che divento più forte di te.» 
Ancora Sourei rise, nello stesso identico modo delle due volte precedenti, ma neanche questo lo insospettì.
«Lo stai aspettando» disse lei, come se lui non le avesse chiesto nulla.
«Cosa?» Akito non capiva. 
Una nuova folata di vento alzò i petali più freschi da terra e, quando Akito guardò Sourei, notò per la prima volta che i suoi capelli non si muovevano.
«Ehi, Akito...» Le labbra della ragazza si mossero, ma la voce che ne uscì non era la sua.
«Ma che diavolo...?»    
«Akito, svegliati!»
Akito aprì gli occhi, guardandosi attorno confuso. Era seduto sotto uno degli alberi di ciliegio del Parco del Palazzo, circondato dai petali caduti che gli mulinavano attorno sollevati dal vento. Il casco era poggiato poco distante e di fronte a lui c'era un uomo accoccolato; aveva un'espressione preoccupata, forse anche un po' angosciata, che sparì appena lui si svegliò.
«Silver...?» Non era una domanda, sapeva che era lui, ma la confusione del risveglio ancora lo teneva sulla corda.
«Stavi sognando, vero?» Anche questa era una domanda retorica.
Akito annuì soltanto mentre tornava a poggiare la nuca contro il tronco dell'albero. Un'altra folata di vento, che mosse le falde del soprabito che nel sogno non indossava, portò fin lì delle urla provenienti dal Palazzo e lui sorride, capendo.
«L'Altissima si sente oltraggiata, è normale che urli...» mormorò, più a sé stesso che all'altro uomo, che intanto si era seduto al suo fianco. «Che ci fai qui?» gli chiese poi, guardandolo.
Silver, anche da seduto, era quasi trenta centimetri più alto di lui, nonché decisamente più massiccio. 
«Mi stavi aspettando» rispose con voce ironica.
Akito sbuffò.
«Perché oggi dite tutti la stessa cosa?» borbottò.
«Tutti chi?»
Akito scosse la testa.
«Lascia perdere...» 
Non era la prima volta che in un sogno Sourei gli faceva qualche allusione del genere. Era sempre pronta a dirgli che qualcuno lo aspettava, o che lui aspettava qualcuno, e il fatto che, in qualche modo, quando si svegliava c'era sempre Silver, poteva non voler dire niente. Avevano entrambi una vita che andava oltre loro due.
«Sul serio, Silver, che ci fai qui?» 
«Accompagno Abraham in visita diplomatica all'Ordine.»
«"Abraham" e "diplomatico" nella stessa frase? Sicuro?» gli chiese il Maestro di Spada, scettico.
«Non le senti le urla che vengono dal Palazzo?» domandò l'altro in risposta, ironicamente.
Sì che le sentiva, così come sentiva il vento che sembrava non volersi fermare e che ora muoveva sia i capelli suoi sia quelli di Silver, come per rassicurarlo che fossero entrambi veri. Erano state queste due cose insieme a creare quel sogno, un sogno in cui c'era il vento, c'erano i ciliegi e c'era ancora Sourei.
«Ma tu dovevi sapere che saremmo venuti oggi» disse Silver, come se avesse realizzato solo in quel momento una cosa ovvia.
Akito non riuscì a non sorridere. Lo sapeva, sì. E sì, lo stava aspettando, dannato fantasma della sua migliore amica che non riesce a farsi i fatti suoi neanche da morta! Lo stava aspettando perché sapeva che Silver non poteva non fermarsi a salutarlo, non dopo quasi tre anni che non si vedevano; e sapeva anche che lo avrebbe cercato lì, dove lui aveva finito con l'addormentarsi nell'attesa. 
Dal canto suo Silver aveva fatto tanti chilometri dalla Francia al Giappone per lo stesso motivo, perché anche per lui tre anni erano troppi.
«Quanto resti?»
«Una settimana. Abraham ha delle tracce da farmi seguire nei dintorni.»
Abraham, uno degli membri anziani della Congregazione dei Cacciatori, era un uomo orribile sotto molti punti di vista, ma per rendere possibile quell'incontro Silver aveva accettato di seguirlo. E restare una settimana per seguire tracce per loro voleva dire passare una settimana insieme, da soli, inventando poi scuse o storie con l'Ordine e la Congregazione. Non potendosi permettere di più, quello andava più che bene.
«Allora, Principessa, ti sono mancato?»
Principessa. Quel soprannome irritante che per fortuna usava solo Silver.
«Vedi di smetterla subito, o ti accoltello appena mi volti le spalle» rispose Akito, scostando il lato lungo del soprabito per mostrare l'impugnatura del tantō che portava appeso alla cintura e che sguainò di un centimetro col pollice.
«Non lo faresti mai» rispose Silver, divertito. «E io non ho intenzione di voltarti le spalle neanche per un secondo per tutta la settimana» aggiunse con fermezza.
«Allora ti taglio la gola. O qualcos'altro...»
Silver stavolta scoppiò proprio a ridere.
«Contegno, Principessa, siamo nel Parco del Palazzo dell'Ordine dei Maestri di Spada» declamò, con tono pomposo, «non c'è la giusta privacy!»
«Dio, già non ti sopporto più!» 
Alla seconda volta Akito aveva già smesso di protestare per il soprannome e coprì di nuovo l'arma.
Il vento si portò via altre risate, quello stesso vento che, loro non lo sapevano, aveva condotto Silver dove qualcuno lo stava davvero aspettando.
   
 
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