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Autore: Columbrina    12/03/2017    4 recensioni
A giorni senza chimeri o minacce extraterrestri, hanno fatto fatica ad abituarsi. I giorni sono diventati anni e senza nemmeno rendersene conto, Ichigo sta affrontando la fine della storia d'amore con Masaya; Minto una cognata perfetta, che la adombra agli occhi dei genitori e dell'amato fratello; Zakuro una svolta definitiva per la sua carriera; Purin le difficoltà di riprendere gli studi, del ritorno di suo padre, di Yuebin e di una promessa che temeva dimenticata e Retasu sta pensando solo agli esami o quasi.
Un capriccio di un alieno troppo testardo per cedere alle imposizioni, riavvicinerà le ragazze, Ryou e Keiichiro in un modo decisamente inaspettato.
Kisshu amava da morire le entrate trionfali. .
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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~1. Ichigo - Riunione

Lieve presenza di OOC, essendo le ragazze praticamente cresciute.

 

Sentì una vibrazione pizzicarle leggermente la tasca destra dei pantaloni beige, ma lei era troppo occupata a trafficare con la borsa per poterci pensare ora.
Si maledì silenziosamente per aver assecondato le follie di sua madre di fare una manicure, dato che quelle unghie quanto mai simili ad artigli – a suo dire – non facevano che impigliarsi tra i lembi del rivestimento interno e i fili delle scuciture. Con un simile fardello alle dita, anche un’azione semplice come quella di prendere uno specchietto diventava un’impresa titanica. Poi tutto le scivolava tra le mani, per colpa della lunghezza troppo eccessiva per le sue dita, piccole e un po’ tozze, una delle poche cose di lei che non erano cambiate da quando era tornata dall’Inghilterra, un bel po’ di anni fa.
Sì, perché nessuno avrebbe detto che quella ragazza dai pantaloni a sigaretta, una fine maglietta a righe bianche e blu, la frangetta tagliata dritta e il rossetto color lampone fosse Ichigo Momomiya.
Il telefono, intanto, insisteva.
A quel punto, tutti avrebbero scosso la testa e tirato un sospiro di sollievo, perché Ichigo lasciò cadere arrendevolmente la borsa e tirò un grido isterico di esasperazione, in quel modo acuto e divertente che solo lei sapeva fare; tutti sarebbero scoppiati a ridere e, forse, Minto avrebbe fatto uno dei suoi commenti sarcastici. Eppure, tutti sarebbero stati sollevati dal fatto che non fosse cambiata di una virgola.
Ichigo sbuffò e, non senza difficoltà, infilò le mani in tasca e prese il cellulare, con il serio rischio di farlo cadere rovinosamente a terra.
Gli erano arrivati due messaggi di Masaya.
Nel primo, la salutava con un semplice “Ciao”.
Il secondo, arrivato in un lasso di tempo necessario affinché si capisse che non riusciva a trovare niente da dire, diceva: “Cosa fai?”.
Nonostante le unghie alte, scrivere al cellulare le riusciva ancora naturale, pertanto rispose velocemente.
“Sono davanti al Café, sto aspettando le ragazze” e inviò. Appena le spunte diventarono due, scrisse un secondo messaggio, in cui gli chiedeva altrettanto cosa stesse facendo.
Spense il cellulare e lo ripose in tasca. Non avrebbe risposto prima di qualche minuto.
Ormai le loro conversazioni erano divenute tanto sporadiche quanto meccaniche, ma del resto era già strano che due ex-fidanzati si sentissero a distanza di anni dalla fine della loro storia.
Tutto tra Ichigo e Masaya si era incrinato già in Inghilterra, quando capirono troppo tardi che fosse tutto troppo affrettato, che loro fossero stati trascinati dalla corrente di emozioni che li aveva anche costretti a crescere in fretta. Eppure entrambi non avevano dimenticato il dolore e la paura di perdersi, dopo che Masaya aveva rischiato la vita per salvare quella di tutta l’umanità.
Per questo, all’inizio e dopo il ritorno dall’Inghilterra, tutto era acqua sotto i ponti e vivevano la loro storia con la spensieratezza di una giovane coppia.
Tuttavia, le acque erano divenute troppo torbide ad un certo punto e, forse, in uno dei pochi attimi lucidi della loro giovane età, decisero di comune accordo di troncare.
Per il primo anno, si erano sentiti solo per gli auguri di Natale e dei rispettivi compleanni. Lui era troppo concentrato sugli studi e sullo sport, mentre lei cercava di trovare diversivi come meglio credeva. Sperava che Ryo avrebbe tenuto aperto il Café Mew Mew, in modo da buttarsi a capofitto nel lavoro part-time, ma a quanto pare i rischi di tenere una base segreta in un bar per ragazzi erano troppo alti per uno prudente come lui; in un eccesso di buona fede, Ichigo pensò che aveva preso la decisione di chiudere perché non voleva che tutte loro lavorassero, ora che il Progetto Mew non aveva più senso di esistere. Poi, era troppo ricco per investire in attività redditizie.
Una sera, quando lei e Masaya avevano rotto già da quasi due anni, lui le scrisse un messaggio; le disse che aveva preso la decisione di partire a fine anno per completare gli studi all’estero e, tra un racconto e un altro, presero nuovamente a sentirsi, senza che vi fosse un qualche coinvolgimento significativo. Erano conversazioni semplici, cordiali, quasi forzate per certi versi, che tendevano a diventare più fredde quando – involontariamente – si sfiorava l’argomento tanto temuto dalle ex-coppie. Il riprovarci.
In quei tre anni che seguirono la fine della loro storia, si videro solo la sera prima della partenza di Masaya e un paio di pomeriggi quando lui tornava in Giappone per le feste comandate, ma non andavano mai oltre il semplice caffè al bar o la passeggiata nel parco.
Ichigo si stupì di quanto quella scelta avesse fatto maturare entrambi, al punto da sentirsi completamente libera di stare con lui senza avere il timore che potesse succedere qualcosa di spiacevole o qualcosa potesse incrinarsi ulteriormente; l’ultima volta che si erano visti, due mesi fa, aveva anche riso a crepapelle per una cosa che aveva raccontato a Masaya, come quando era l’impacciata dodicenne che nascondeva maldestramente la sua cotta.
Questo perché, nonostante tutto, Masaya, le ragazze, Ryo, Keiichiro e perfino il gatto selvatico di Iriomote e il robottino Masha rimanevano tra le persone più importanti nella sua vita, perché avevano – indirettamente – sancito la fine della Ichigo maldestra e impacciata, lasciando il posto alla giovane donna grintosa e sicura di sé che osservava ogni mattina allo specchio o, per meglio dire, allo specchietto, per controllare che la frangetta fosse in ordine.
Con tempismo sorprendente, non appena Ichigo ripose lo specchietto nella borsa, il telefono vibrò nuovamente. La risposta di Masaya si era fatta attendere il più del previsto, pensò.
“Oggi grande riunione?” era scritto sul display, in una nuvoletta bianca.
“Sì!” rispose Ichigo, con fervente entusiasmo, al solo pensiero che tra poco le avrebbe riviste.
La risposta a Masaya, però, le parve troppo affrettata e, per paura che potesse risultare infastidita, digitò velocemente: “Credici o no, ma sono la prima ad essere arrivata” e inviò prima di dargli il tempo di replicare.
Nonostante il timore di essere risultata infastidita avesse leggermente smorzato il suo entusiasmo, immagini della possibile reazione alla fatidica riunione con le sue amiche allargavano il sorriso di Ichigo, che le ricordavano il perché della sua incrollabile grinta, anche dopo la rottura con Masaya.
Loro le erano sempre state vicino, ognuna nel suo personale, significativo modo; non passava giorno che Purin non imbastisse uno spettacolo circense per farla ridere e – perché no – intascare qualche monetina o che Minto non le facesse un commento sarcastico sul suo vestito o sui suoi capelli, con il fine di vederla sull’attenti e permalosa come sempre, come solo Ichigo sapeva essere.
Nonostante il Cafè Mew Mew avesse chiuso già da un paio d’anni e loro non si vedessero quasi mai, il 6 Aprile era un evento imprescindibile, un giorno per commemorare come tutto era iniziato e un giorno per stare insieme. Nessun impegno e nessuna distanza erano più importanti; una volta Zakuro,di ritorno da un viaggio, le raggiunse al Café direttamente dall’aeroporto, addirittura.
Anche Ryo e Keiichiro erano consapevoli di questa singolare ricorrenza, al punto che aprivano il Café solo per loro, allestendo un tavolino dove potersi sedere, bere una tazza di tè, assaggiare le nuove ricette dello chef e gustare succosi pettegolezzi.
Ognuna a turno, raccontava del proprio anno, dei propri progetti, dei propri desideri e, sebbene si sentissero spesso e fossero bene o male al corrente della vita dell’altra, era sempre bello sentire nuovi dettagli, che magari erano sfuggiti ad una ed erano meno nuovi all’altra.
Il telefono vibrò ancora, in un modo incessante. Ciò colse alla sprovvista Ichigo che si aspettava il breve pizzicorio del messaggio di Masaya; per un attimo, balenò nella sua testa che la stesse chiamando proprio lui, salvo correggersi subito poiché il ragazzo si trovava all’estero e non avrebbe certo speso una fortuna in credito telefonico solo per sentirla.
Infatti, lesse sullo schermo il nome di Minto.
<< Pronto? >> rispose Ichigo, soffocando una risata. Era sicurissima che Minto l’avesse chiamata per assicurarsi che non fosse in ritardo.
<< Ichigo, dove sei? Spero non a casa, a letto, a poltrire come sempre >>.
Appunto.
<< Tu dove sei? >> chiese Ichigo, sempre cercando di non ridere. Avrebbe lasciato Minto senza parole e non c’era nulla che riusciva ad appagarla quanto il volto esterrefatto dell’amica quando sapeva di avere torto.
<< Io? Davanti al Café, in assoluta puntualità, come al solito. Tra poco, arriverà anche Zakuro. Naturalmente, voi siete le solite inaffidabili >>.
Potevano passare anni, ma nulla riusciva a smorzare il tono presuntuoso di Minto Aizawa. Di questo, Ichigo ne fu calorosamente rincuorata.
<< Ah sì, davanti al Café? >> fece Ichigo, con un certo sarcasmo, che lasciò la sua amica a bocca asciutta, per una volta.
Stranita, Minto le chiese se fosse impazzita.
<< Cosa intendi per impazzita? >> rimarcò sorniona Ichigo, riuscendo a intravedere la figura piccola, esile e incredibilmente azzurra di Minto. Era di spalle, non l’avrebbe vista.
<< Senti, non ho idea di cosa ti sia successo. Posso portarti da un bravo neurologo, se lo desideri. Ne conosco uno bravo, amico di famiglia… Smetti di perdere tempo e muoviti >>.
Ichigo cercò di trattenere le risate alla scena di Minto, che mulinava forsennatamente proporzionatamente alla frustrazione di saperla a casa, ancora negli abiti trasandati da casa e l’ora del tè che si sarebbe allontanata sempre di più.
<< Girati! >> concluse Ichigo, chiudendo la chiamata.
Minto sentì distintamente la voce dell’amica alle sue spalle e si irrigidì tutto ad un tratto. Trasse un profondo respiro, prima di girarsi e fingersi indifferente, accogliendola con il solito sguardo stuccato, perfettamente costruito, come se un enorme tubo fognario le stesse pendendo dal naso.
<< Complimenti, Ichigo. Hai provato una nuova emozione oggi; sei impeccabilmente puntuale >>.
<< Ciao anche a te, Minto! >> sorrise Ichigo, riponendo il cellulare nella borsa, in modo che ogni minima vibrazione venisse soffocata dalla sua enorme capienza.
Minto sorrise rigidamente, in modo da non scalfire l’impeccabilità del suo sguardo e della sua postura. I retaggi di ballerina classica, le facevano sempre assumere una postura dritta, come se un grosso palo di metallo la costringesse con la schiena all’indietro, il ventre in dentro, il mento sofisticatamente all’insù e i piedi in terza posizione; probabilmente, aveva questo portamento anche quando dormiva. Nonostante non la vedesse da un anno, Ichigo era talmente abituata a quella postura che le sarebbe parso strano vederla con le spalle in avanti, rilassata, con le braccia ciondolanti e, nonostante, lei fosse più alta di lei, Minto pareva sempre guardarla da un altissimo piedistallo, con l’umiltà di un pavone di platino.
Le era mancato.
Quando arrivò Zakuro, Minto si sciolse come su una griglia rovente e quella aggraziata e gessata statua di presunzione lasciò il posto ad affettuose e leziose moine.
<< Scusate il ritardo >> esordì Zakuro, accogliendo i saluti di Minto con un sorriso educato, ma pieno d’affetto.
<< Tu non sei mai in ritardo, Zakuro! >> cinguettò Minto, le cui ciglia battevano come ali di farfalla.
<< Ma sentila… >> mugugnò Ichigo a mezza voce, piccata.
Però, effettivamente, a una bellezza statuaria come quella di Zakuro, divenuta ancora più bella e alta di quanto non fosse già, si sarebbe perdonato tutto.
Tra le domande di rito – Come state? Che state facendo al momento? Dove hai comprato questo e quello? – quasi non si accorsero dell’arrivo simultaneo di Retasu e Purin, probabilmente le sorprese più grandi di quest’incontro.
Nonostante Ichigo, Minto e Zakuro fossero innegabilmente cresciute, il loro era stato un cambiamento che aveva seguito il disegno impercettibile del tempo; quello di Retasu e Purin era stato decisamente improvviso.
Dinanzi a loro, non stavano camminando più la bimbetta scimmiesca e vivace o l’occhialuta timida e impacciata, ma due persone completamente diverse.
Di Retasu si poteva dire che fosse più donna. Aveva una luce diversa nello sguardo, più brillante, diventava più splendente anno dopo anno e non credeva che un semplice cambio d’acconciatura avrebbe lasciato le sue amiche così a bocca aperta.
<< Ma cosa hai fatto? >> sospirò Minto, visibilmente impressionata, il che era tutto dire.
Le guance di Retasu si colorarono di rosso lampone e, toccandosi istintivamente i capelli, disse che aveva semplicemente deciso di lasciarli sciolti quel giorno. Erano davvero lunghissimi, ondulati e fluenti, come onde d’oceano smeraldino.
<< Stai benissimo, ti mettono in risalto il viso così >> fece Zakuro, con fare esperto.
<< Puoi dirlo forte >> concordò Ichigo, visibilmente meravigliata.
Ad ogni complimento, il rossore sulle guance di Retasu si espandeva su tutto il viso. Come sempre, non sapeva come reagire quando qualcuno le faceva notare che occhiali e atteggiamento timido non la marchiavano per forza come racchia; anzi, Zakuro e Ichigo più di tutte la ritenevano una gran bella ragazza.
<< Dovresti reagire con più naturalezza ai complimenti. Ormai, sei cresciuta anche tu >> disse Zakuro, con la saggezza che l’aveva sempre contraddistinta. Lei, più di tutte, riusciva a leggere sempre al di là delle apparenze.
<< Hai ragione, è solo che non riesco a controllarmi >>.
<< Ehi, ma cosa sono tutte questi complimenti? Vi ricordo che ci sono anch’io!!! >> sbottò Purin che, seppur non avesse più la voce infantile dei suoi dieci anni, conservava la solita vivacità e desiderio di essere al centro dell’attenzione.
Nonostante i complimenti riservati a Retasu, fu Purin la sorpresa più grande di quella giornata.
Era diventata più alta, quasi quanto Minto, più atletica e aveva fatto crescere i capelli, che portava in una treccia morbida, lasciando che folti ciuffi le ricadessero lungo il profilo del viso, meno rotondeggiante e più simmetrico.
Ad Ichigo venne quasi da piangere nel vederla così cresciuta. Pensare che quella bimbetta portentosa e piena d’energie, che le chiedeva monetine nel parco stava diventando una donna dinanzi ai suoi occhi,senza che potesse far niente per fermare il tempo.
Riunitesi tutte insieme, bussarono al portone del Café, accolte calorosamente da Keiichiro, che si chiedeva quanto ci avrebbero messo ad entrare. Spontaneamente, Ichigo prese il cellulare dalla borsa e scrisse a Masaya che aveva appena rincontrato le altre e ora si stavano sedendo a prendere il tè, senza nemmeno leggere la risposta che lui le aveva mandato dieci minuti fa, soffocata dalla capienza della borsa.
Mancava da un anno anche in quel posto, ma non indugiò a contemplarlo a lungo, dato che l’arredamento, la disposizione dei tavoli, la lucentezza del parquet, la suggestiva luce del tramonto che dava alle pareti una sfumatura rosata erano fin troppo naturali per lei, come se fosse tornata a casa dopo una vacanza.
D’un tratto, il caffè venne riempito dal crescente vociare delle ragazze e di Keiichiro, che rispondeva alle domande di ognuna di loro.
<<  Cosa ci hai preparato di buono quest’anno? >> chiese Purin, gli occhi luccicanti e la bocca straripante d’acquolina.
<< Tartine al limone >>.
<< E hai fatto anche i bigné? >> incalzò Ichigo, anche lei sempre di buon appetito. Cosa di cui Keiichiro fu contento; credeva che vedendola truccata e con le mani curate, fosse cambiata repentinamente.
<< Certamente, del resto è da un anno che non li mangi >>.
<< Beh dai, non esageriamo. Non è mica un anno che non mangio i bignè! >>.
<< Non mangi quelli fatti da me, però. >>.
Keiichiro le fece l’occhiolino e Ichigo sorrise caldamente. Sembrava che nulla fosse cambiato, che non fosse passato un anno, che fosse passato giusto qualche minuto, che quella fosse una delle tante giornate dopo il lavoro, in cui si fermavano a chiacchierare e scroccare le prelibatezze avanzate dalla cucina.
In breve tempo, il tavolino al centro della sala fu imbandito di tè, un vassoio di tartine al limone e bigné e anche una torretta di tramezzini salati, che facevano tremendamente gola a Purin. Retasu prese una sedia in più, per permettere a Keiichiro di unirsi a loro e chiacchierare con loro.
<< Ryo non c’è? >> chiese Zakuro, in modo che, nel caso ci fosse, venisse presa un’altra sedia. Retasu si morse l’interno della bocca, senza nemmeno rendersene conto. Anche ad Ichigo fece uno strano effetto sentire il nome di Ryo e avvertì d’un tratto i brividi che provò la prima volta che si incontrarono e quando credeva che fosse il Cavaliere Blu.
<< No, è partito per Osaka, ma farà ritorno domani mattina >> rispose cordialmente Keiichiro.
<< Cosa mai è andato a fare ad Osaka? >> chiese Minto, portandosi la tazza di tè alle labbra.
<< Una convegno all’università. Tanto per cambiare, insomma. Dovevo accompagnarlo, ma mi ha chiesto di rimanere qui perché sapeva che sareste venute oggi>>.
Retasu, allora, si sedette, ricevendo una vivace gomitata da Purin.
<< Ti è andata male >> bisbigliò la ragazzina bionda all’amica, con fare sornione.
Il viso di Retasu andò a fuoco, ma era sollevata del fatto che gliel’avesse detto a bassa voce. In altri tempi, Purin avrebbe saltellato in giro, spiattellandolo ai quattro venti.
<< Ancora con questa storia? Ormai è passato >> fece di rimando lei, sussurrando.
<< Cosa è passato? >> fece Zakuro, afferrando un tramezzino.
<< Beh… >>.
Purin stava per esordire catastroficamente, ma Retasu la precedette, liquidando la conversazione con un affrettato: << Niente, niente di niente. Sciocchezze >>.
Nonostante fosse evidente che quel niente sottendeva un mondo di qualcosa, le ragazze non furono assai insistenti con Retasu. Avrebbero rischiato di metterla in imbarazzo, portandola così al centro dell’attenzione.
Tra cibo e chiacchiere, la riunione entrò finalmente nel vivo.
Minto stava raccontando del suo imminente spettacolo di danza, del fatto che fosse stata scelta come prima ballerina e che fosse un grande onore. Due anni fa, era riuscita ad entrare in una prestigiosa accademia, tra le più rinomate del Giappone, un vero e proprio trampolino di lancio per la carriera professionale. Nulla si addiceva maggiormente a lei, pensarono tutte all’unanimità.
<< Ah, Seiji sta uscendo con una ragazza >> annunciò tetramente Minto, portandosi nuovamente la tazza alle labbra per prendere un lungo sorso. Fu talmente rumorosa che la reazione generale fu di evidente sorpresa.
<< Strano che non sia ancora morta >> fece Ichigo, addentando una tartina.
<< Dove sarebbe il problema? Anche Uri sta uscendo con una ragazza, sai? Tutto sta nel superare la prima settimana, dopo quasi non ci fai più caso >> disse Retasu, cercando di mostrarsi conciliante.
<< Scommetto che la sua ragazza non è fastidiosamente perfetta come lei >>.
La ragazza di Seiji, spiegò Minto, era un’avvocatessa in carriera, socia di uno studio legale molto importante e, nonostante fosse di due anni più grande di suo fratello, era stata benvoluta dalla sua famiglia sin da subito, accolta con l’ammirazione che i suoi genitori non le avevano mai riservato.
<< Non vedo dove sia il problema >> commentò Ichigo, con disarmante naturalezza. Keiichiro ridacchiò, Zakurò si portò una mano alla fronte e Minto digrignò spaventosamente i denti.
<< Come non vedi il problema? Solo un cieco non lo vedrebbe >> sbottò lei che, nonostante la gracilità del suo corpicino, sembrava fosse in grado di ribaltare l’intero tavolo con la forza di un solo dito.
<< Beh? >> la incalzò ulteriormente Minto.
Ichigo assunse, per una manciata di secondi, un’espressione visibilmente pensierosa, salvo poi smentirsi con un candido: << Ancora non capisco >>.
Livida in volto, Minto si trattenne dal battere furiosamente le mani contro il tavolo, placata dal rivolo caldo del tè che scendeva inesorabile lungo la sua gola.
Se avesse avuto più prontezza di spirito, Ichigo avrebbe capito che Minto stava ancora, inesorabilmente soffrendo di quanto fossero maldestri e disattenti i suoi genitori. Forse nemmeno lo facevano con cattiveria, ma Minto aveva sempre saputo in cuor suo che la sua famiglia desiderava per lei una certa elevazione nella società, non solo nel cognome, ma anche nel mondo della finanza o della medicina o dell’avvocatura, non certo in quello della danza. Incompetenti che non capiscono la danza, così li aveva sempre definiti ed era infelice del fatto che nemmeno questa volta non l’avessero smentita. E non le piaceva nemmeno che le facessero notare quanto fosse inappropriata, dinanzi ai loro occhi, nonostante finanziassero loro le costose spese dell’Accademia, dei costumi e delle scarpette.
Purin cercò di riportare l’allegria, dicendo che tra poco sarebbe ritornato suo padre a casa e che si stava impegnando fortemente nello studio, un po’ per responsabilizzarsi maggiormente e un po’ per dare il buon esempio ai suoi fratellini.
<< E dove studi? Vai a scuola? >> chiese Keiichiro, particolarmente felice del fatto che si stesse dedicando così devotamente all’istruzione.
<< Studio da privatista, mi da’ una mano l’ex maestra d’asilo della mia sorellina >>.
<< Sono convinta che tuo padre ne sarà molto contento >> disse Retasu, sorridendo calorosamente.
<< Sì, oltre ad avere una figlia forte e coraggiosa,avrà una figlia colta e diplomata >>.
E quella mezz’oretta fu allietata dagli aneddoti del padre di Purin, dei loro allenamenti, dai giochetti da giocoliera con i tramezzini, alcuni dei quali andarono a finire direttamente nel piatto di Minto, spruzzando un po’ di maionese.
<< Esibizionista… >> fece Minto, velenosa.
Zakuro non aveva nulla da raccontare, se non dei suoi occasionali impegni di modella che, ormai, non la ripagavano più come un tempo. Nonostante avesse solo vent’anni, gli anni in cui una professionista del suo calibro raggiunge l’apice, non aveva intenzione di spingersi oltre le semplici sfilate per gli atelier da sposa, le pubblicità o i cataloghi per le marche dei grandi magazzini.
<< Ho una mezza idea di riprendere a fare recitazione >>.
Ai suoi tempi da guerriera Mew Mew, a Zakuro venne chiesto di partecipare a una produzione hollywoodiana, sulla scia della fama che aveva guadagnato in Giappone. A quanto pare, aveva accantonato le ambizioni da attrice per dedicarsi a quelle di modella, credendo che sarebbe stato più stimolante; effettivamente, la sua bellezza eterea e le sue misure, così lontane dai delicati e discreti standard giapponesi, le avevano aperto molte porte, al punto da aver partecipato ad una sfilata d’alta moda qualche tempo fa, solo per il gusto di provare, senza trarne particolare piacere.
<<  Zakuro, sei un’attrice favolosa. Sono sicura che non avrai problemi a trovare un produttore. Se vuoi, posso parlare con qualcuno. Mio padre conosc… >>.
Il lezioso monologo di Minto venne interrotto da un cenno educato di Zakuro, che disse di aver già chiesto al suo agente di cercare un regista per tenere un provino.
<< S-sì, è un’ottima idea. Hai fatto benissimo >>.
Minto in difficoltà era un pasto decisamente più gustoso delle tartine e dei bignè di Keiichiro per Ichigo, che sorrideva sorniona dietro la tazza di tè.
Anche Retasu aveva poco da raccontare. Studiava biologia all’università e aveva una buona media; aveva intenzione di specializzarsi in oceanografia una volta terminato il primo ciclo di studi. Tutto in lei era così incredibilmente giusto, come se stesse seguendo il percorso naturale delle cose, al punto che Ichigo non poteva fare a meno che guardarla con calore e tenerezza, allo stesso modo di Jo con Beth in Piccole Donne. Non c’era paragone più calzante, probabilmente.
<< Hai conosciuto qualcuno all’università? >> chiese Keiichiro. Anche il suo volto era attraversato da un sorriso affettuoso, come quello di un fratello maggiore.
<< Sì, alcune ragazze e ragazzi al corso. Sono molto simpatici, ogni tanto andiamo a mangiare qualcosa insieme dopo il periodo degli esami >>.
<< E nessuno ti ha ancora chiesto di uscire ora che sei diventata uno schianto? >> fece Ichigo, furbescamente. Atteggiamento che venne subito sostenuto da Minto.
Nemmeno a dirlo, Retasu arrossì vividamente. Mandò giù il suo tè tutto d’un fiato, rischiando di tossire quando Purin le chiese il nome di un ragazzo per calcolare l’affinità e la probabilità di arrivare al secondo appuntamento.
<<  Al momento, non mi piace nessuno. Ma non fa niente, va benissimo così. Del resto, per piacere agli altri, devi innanzitutto piacere a te stessa, no? Evidentemente, ho ancora molto da lavorare su me stessa prima di poter arrivare ad una fase più profonda della mia vita. Ma del resto, come si dice, la mela che sta sulla cima dell’albero, può solo essere raccolta da un uomo impavido e molto paziente >> spiegò Retasu, placida come poche volte. Mai Ichigo l’aveva vista così consapevole di se stessa.
<<  Del resto, questa mela è anche la più rossa e dolce di tutte >> fece Zakuro, sorridendo caldamente.
<< Grazie, Zakuro >>.
Gli occhi grandi, ingenui e dolci di Retasu luccicavano di gratitudine da dietro gli occhiali. Anche Minto ed Ichigo erano d’accordo con Zakuro, mentre Purin sussurrò a mezza voce qualcosa che fece nuovamente arrossire l’amica che, concitatamente, si rivolse all’ultima rimasta tra loro.
Ichigo ancora non aveva raccontato nulla di ciò che aveva fatto in quest’ultimo anno.
<< Beh, io… >>.
Rimase sorpresa.
Era convinta di avere tanto da raccontare, si era anche preparata mentalmente le cose da dire nel tragitto da casa al Café, ma le sembravano tutte talmente irrilevanti. Indugiò sulla sua tazza di tè ancora piena, per qualche istante, prima di decidere di improvvisare qualcosa, incalzata da Minto, spazientita.
<< Ecco, io… Effettivamente non ho fatto nulla quest’anno. A parte diplomarmi, non ho fatto chissà che cosa se non un part-time per qualche mese. Non ho nemmeno le idee chiare su quello che voglio fare veramente. Vorrei iscrivermi all’università, ma non so in quale facoltà, ce ne sono talmente tante che se ne scegliessi una, probabilmente rimpiangerei l’altra. Poi non ho nemmeno frequentato una scuola di preparazione. Penso che un anno sabbatico sia l’opzione migliore…>>.
<< Un altro? >> osservò puntigliosamente Minto, visibilmente contrariata.
Ichigo sapeva che l’amica aveva ragione a biasimarla, ma al tempo stesso non poteva forzare se stessa e i suoi genitori ad investire in qualcosa che non avrebbe portato a niente.
<< Ho tanto bisogno di pensare >>.
<< Per questo, vai in giro con le unghie alte e il rossetto sulle labbra? >>.
<< Minto! >> la richiamò Retasu.
Nonostante la maggior parte delle volte, il tono di Minto fosse pregno di un sarcasmo che faceva parte del suo essere e che nessuno poteva scalfire, a volte rasentava il pessimo gusto. Nessuno se lo sarebbe aspettato da una ragazza raffinata come lei, ma con Ichigo era come se i suoi filtri si dissolvessero in una nuvola di fumo.
Tuttavia, quella volta, Ichigo non poté nascondere un certo disappunto.
<< Che intendi dire? >>.
Aveva le sopracciglia lievemente piegate verso il basso, a formare un flebile solco di fastidio nello spazio appena sopra il naso. Minto sorseggiò placidamente il suo tè, vuotando finalmente la tazza.
<< Come sei suscettibile, a volte. Dico solo che dovresti concentrarti di più su te stessa e meno sulla ragazza forte e indipendente che vuoi far vedere. Andiamo Ichigo, quante ragazze di diciotto anni portano uno smalto così vistoso sulle unghie? Solo quelle che vogliono distogliere l’attenzione dalla loro vera essenza >>.
L’aria divenne tesa all’improvviso, come se una cappa di energia negativa stesse rivestendo la stanza, come una nuvola progenitrice di tempesta. Non si sentiva che il tintinnio delle stoviglie che Keiichiro stava sparecchiando, una scusa per mettersi saggiamente da parte.
Ichigo, in fondo, aveva capito che Minto, nel suo modo contorto e perverso, stava cercando di dirle che non doveva più sforzarsi di sorridere per compiacere gli altri o iniziare a curarsi solo per dare l’impressione di avere un’idea chiara del mondo davanti a sé. Nonostante sembrasse una studentessa universitaria che aspettava la fine dei corsi per sentire il suo fidanzato e che aveva come passatempo le lunghe passeggiate e la lettura, Ichigo non era che una normale diciottenne spaventata dagli sbagli che avrebbe potuto compiere. Camminava con prudenza su un terreno disseminato da cocci di vetro, quelli dei suoi errori, che non aveva mai avuto cura di raccogliere per cercare di metterli da parte. Minto le stava dicendo, sempre nel suo modo contorto e perverso, che per rendersi la vita più semplice, doveva affrontare le sue sfide più difficili.
In quel clima così saturo di tensione, però, non lo realizzò subito; pensò che la stesse solo giudicando, come era suo solito fare.
<< Senti ancora Aoyama, non è vero? >> fece ancora Minto, vedendo che non otteneva alcuna replica.
Ichigo strinse le mani tra le gambe unite, a mo’ di scudo protettivo, come per recuperare il calore che aveva abbandonato le sue ossa.
<< Ogni tanto >> ammise, un velo di colpevolezza nella voce flebile, bassa.
Minto sorrise, vittoriosa.
<< Ecco, appunto >>.
<< Cosa appunto? Cos’è così ovvio per te? >> sbottò Ichigo, risentita. Cercò, comunque,di non mostrarsi plateale, non voleva rovinare un giorno così speciale per loro. Dopo avrebbe capito che un’atmosfera così disincantata, così informale e così libera, era l’unico modo per Minto per spronarla definitivamente, per farla uscire da quella bolla di monotonia in cui era inevitabilmente caduta.
<< Ichigo, dico semplicemente che non dovresti avere paura di sbagliare, di investire in qualcosa in cui pensi di poter riuscire. Ciò non sarà possibile, se prima non impari di nuovo a volerti bene >> concluse Minto, con una tranquillità di cui non la credeva possibile: << Ah, per la cronaca… Quel colore sulle unghie è volgarissimo, hai le dita troppo tozze, così sembri ancora più uomo. Cambia anche colore di rossetto, non sei più alle medie, per l’amor del cielo! >>.


Nonostante la schiettezza mista a sarcasmo di Minto potesse risultare inappropriata in contesti come quelli, Ichigo non riuscì totalmente a biasimarla, nemmeno in quel frangente, quando si sentiva totalmente bloccata; la sua consapevolezza cresceva proporzionalmente ad ogni frase, mettendola inevitabilmente con le spalle al muro. Tuttavia, l’istinto felino di sopravvivenza, l’aveva portata a raggirare il muro senza avere il coraggio di saltarlo, per paura di cadere.
I felini cadono sempre sulle zampe, però.
Lei non lo era nemmeno più, quindi perché cercare di tirarsi su con frasi fatte?.
Salutò le ragazze con un abbraccio – anche Minto – promettendo come ogni anno di farsi sentire più spesso e con un inchino ringraziò Keiichiro per l’ospitalità.
Erano passate le sette, la luce dei lampioni spezzava la penombra delle strade, brulicanti di lavoratori che tornavano a casa e bambini che protestavano con le mamme perché non volevano andar via dal parco. Ichigo mandò un messaggio a sua madre, dicendo che tra poco sarebbe arrivata a casa e uno a Masaya, in cui gli diceva di stare tornando a casa.
Premette il tasto invio con un nodo di colpa che le attorcigliava la gola, al punto da non riuscire a deglutire, mentre le tempie pulsavano delle parole di Minto, che risuonavano con molta più veemenza dentro la sua testa, mischiate al brusio brulicante dei passanti, dei suoni urbani dei clacson, dei motori e delle saracinesche dei negozi che chiudevano.
Sospirò, poi, esasperata.
<< Ma perché devo dare ascolto a quella smorfiosa, dico io? Io faccio quello che voglio e nessuno può dirmi cosa è giusto o meno fare, chiaro? >> gridò mentalmente, mentre la sua coscienza assumeva le sembianze della Ichigo dodicenne, quella con i codini disordinati e la collana col campanellino, quella forza della natura che non aveva paura di affrontare i suoi sbagli e gli alieni.
Più camminava, più il suo respiro prendeva a farsi sempre più regolare e più i suoi battiti tornavano ad essere impercettibili e placidi. Questo perché si era resa conto, appunto, di quanto Minto avesse cercato – appunto nel suo modo contorto e perverso – di farla reagire, di incoraggiarla, in un modo che Retasu, troppo buona, e Purin, troppo piccola per capire, non avrebbero mai fatto. Zakuro non aveva proferito parola, ma Ichigo era consapevole che avesse dato ragione a Minto  per tutto il tempo, forse biasimandone i modi, ma non c’era altro modo per scuoterla e farle capire di dover ricominciare tutto a piccoli passi.
Non che in questi anni avesse perso tempo o chissà cosa, ma semplicemente aveva un obiettivo ben definito – la sconfitta degli alieni e il diploma – che l’aveva trascinata troppo nel presente e distolta dal futuro.
Aveva appena diciotto anni, il tempo davanti per fare tutto c’era, anche in una città che corre frenetica come Tokyo, ma la miccia doveva pur essere innescata.
Era quasi arrivata a casa, mancavano pochi isolati. Stava pensando ai vari modi per innescare questa miccia, aizzata dalle parole rivelatorie di Minto.
Aveva una mezza idea di riprendere a fare ginnastica ritmica, salvo poi ricordarsi di non avere più dentro di sé il DNA il gatto selvatico di Iriomote, quindi la sua agilità avrebbe potuto risentire parecchio.
Magari parlare con i suoi genitori, l’avrebbe aiutata, incoraggiata magari; sua madre era sempre riuscita ad insinuarsi con delicatezza nei suoi pensieri e toccare i tasti giusti per farla sorridere.
Pensava al fatto che avrebbe potuto prendere ad uscire con qualche ragazzo, magari. Mandare solo qualche messaggio a Masaya, anzi Aoyama, sì l’avrebbe chiamato Aoyama d’ora in poi e magari parlarci definitivamente quando sarebbe tornato, con l’intenzione di chiudere per sempre quell’assurda situazione.
<< Ma come siamo pensierosi >>.
Non era una voce dei suoi pensieri, realizzò subito Ichigo.
Era comparsa talmente all’improvviso che non ebbe modo di realizzare a chi appartenesse, però. Di scatto, si voltò all’indietro, ma non vide nessuno, pertanto riprese a camminare con una falcata più spedita.
Era arrivata nel viale di casa sua, che si trovava giusto in fondo. Tutti i vicini erano in casa o, comunque, a poca distanza più indietro.
<< Cerchi di scappare? Vedo che non è cambiato niente. Mi sento quasi sollevato nel farti ancora quest’effetto, lo sai micetta? >>.
Ichigo si fermò di colpo, come colpita da una stalattite di ghiaccio, che le rese impossibile perfino respirare. Non aveva nemmeno il coraggio di guardare sopra la sua testa o alle sue spalle. Il cuore iniziò nuovamente a scalpitare, un po’ spaventato e un po’ emozionato.
<< Non è possibile >> si disse, mentalmente. Un po’ per prendere nuovamente coscienza di sé e un po’ per innescare un ulteriore risposta, per essere sicura che non fosse una sua allucinazione.
Sentì una risata inconfondibile.
Stavolta, però, non era intrisa della malizia della prima volta, quasi stentava a crederci. Sembrava sinceramente divertito.
<< Sei irresistibile, Ichigo. Ti confesso che mi piaci ancora di più dell’ultima volta >>.
Senza che avesse il tempo di alzare la testa, ora che aveva finalmente realizzato tutto, il suo respiro venne mozzato da labbra sottili, che baciavano le sue con minore esitazione rispetto alla prima volta, quasi come se avesse una cartina di dove avrebbe dovuto premere per assaporarne tutta l’irresistibile morbidezza. Sentì il sentore dolciastro del rossetto al lampone mischiarsi con il respiro bollente delle sue narici diafane, mentre i suoi occhi balenavano dall’inconfondibile punta smussata delle sue orecchie e la folta distesa verdastra dei capelli che non aveva mai tagliato, ne era sicura.
Non c’era nulla da fare.
Kisshu amava da morire le entrate plateali.

 

   
 
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