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Autore: BrownRabbit    12/03/2017    2 recensioni
"Skinny love" viene usato per indicare un tipo di relazione fra due persone innamorate, o che hanno una cotta l'una per l'altra da tanto tempo, ma sono troppo imbarazzate per esprimere i propri sentimenti. La relazione è "skinny" perché devono ancora esternare e spiegare ciò che provano. Non vi è comunicazione, per questo non si può definire davvero come relazione.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Sto male.
Stark.
 
Tony inviò il messaggio sicuro di essersi salvato la giornata. Quella mattina era stata abbastanza faticosa e non era riuscito a dormire durante le due ore di Storia a causa di Bruce, il quale aveva deciso di mettersi sempre affianco all’amico così da tenerlo sveglio e vigile.
No, mezza giornata con James Barnes non l’avrebbe sostenuta. Sicuramente quest’ultimo non avrebbe pianto dal dolore per dover rimandare quella giornata, era abbastanza palese che ricambiasse il sentimento.
 - Fra dieci minuti sono lì.
 Barnes.
Stark sgranò gli occhi per poi accasciarsi sulla scrivania emettendo un verso quasi disperato.
Era già Mercoledì e non avevano ancora niente di pronto per quel Sabato sera, nemmeno come vestirsi. Aveva stilato una lista di scuse che l’avrebbero esonerato dalla festa di Clint, ma sapeva che non avrebbe avuto il coraggio di farlo, si sarebbe sentito terribilmente in colpa. Gli toccava passare del tempo con il ragazzo dal codino facile pur di non deludere Barton. In quel momento avrebbe tanto voluto essere il menefreghista che gli piaceva interpretare.
«Signorino Stark, c’è un nuovo ragazzo per lei.» Tony alzò la testa dalla scrivania e si voltò con un sopracciglio inarcato verso Jarvis, entrato con passo silenzioso nella stanza.
Il maggiordomo era poco abituato a vedere gente nuova aggirarsi per la casa, si era appena adattato allo Steven del Sabato, era troppo vecchio per un altro ragazzo del Mercoledì pomeriggio.
«Tolto il dente, tolto il dolore.» Il ragazzo si spinse lontano dalla scrivania e si alzò pronto ad affrontare la giornata.
Più o meno.
 
 
 
«Buster Keaton e Charlie Chaplin.»
Bucky e Tony si erano sistemati nel salotto di Vila Stark. Inutile dire che Tony s’era sistemato subito sul divano, cercando di occuparlo il più possibile, mentre l’altro aveva optato per la poltrona vecchio stile.
«Due hipster.»
Il moro ignorava del tutto i suggerimenti di Bucky, il quale stava per perdere la pazienza. Era con lui da solo cinque minuti e già avrebbe voluto tirargli il tavolino addosso, come diavolo faceva Steve a starci un’ora senza spaccargli qualche dente?
«Stark, una mano?» L’interpellato gli rivolse uno sguardo accigliato e poi se ne tornò ad esaminare le cuciture del divano.
Bucky alzò le mani in segno di resa. «Okay, allora finiamola qui.» Tirò fuori il telefono sotto lo sguardo incuriosito del “partner”. «Ciao Clint, volevo dirti che io e Stark non riusciamo a combinare niente, mi dispiace davvero rovinare così la tua festa, ma purtroppo...»
«Keaton e Chaplin.» Bucky sorrise vittorioso, per poi girare il telefono verso l’altro ragazzo mostrandogli lo schermo ancora bloccato.
«Allora non sei proprio senza cuore.» Tony si maledisse almeno dieci volte nell’arco di quindici secondi. Assottigliò gli occhi e puntò il dito verso il ragazzo con il codino.
«Mi hai imbrogliato.» L’altro fece spallucce.
«Almeno abbiamo deciso.» Si alzò dalla sedia e si avvicinò al divano, allungando una mano al compagno. «Io faccio Keaton.»
«Non ti avrei mai ceduto Chaplin.» Stark scansò la mano di Barnes e fece leva sulle proprie braccia per tirarsi in piedi.
Ora dovevano solo trovare i vestiti, non avrebbero mai provato. Nessuno dei due voleva.
 
 
 
«Che?» Steve guardò Bruce con un sopracciglio inarcato ed un mezzo sorriso stampato in volto.
«Giuro, ora lo googlo.» Banner si voltò verso il computer di camera sua e si mise a digitare abbastanza velocemente.
In quel momento venne spontaneo a Rogers confrontarlo a se stesso che scriveva con due dita e sbagliava anche, mentre Bruce in meno di mezzo minuto aveva già aperto la pagina che stava cercando.
Portò il cursore su un punto della pagina e fece segno all’altro ragazzo di avvicinarsi per leggere con i suoi occhi. «Vedi? Gli americani fecero degli esperimenti, ma nessuno sa se siano andati a buon fine oppure no.»
«Certo molti non fecero una buona fine.» Steve storse la bocca, per poi rimettersi eretto ed incrociare le braccia al petto. «Però ci potrebbe stare.»
Bruce annuì e sorrise. Non era stato difficile mettersi d’accordo con il biondo, poi aveva il fisico perfetto per essere un probabile super soldato. Come aveva scoperto quella storia non si ricordava, però gli era rimasta impressa: durante la Seconda Guerra Mondiale degli scienziati americani fecero esperimenti su dei soldati per poterli rendere invincibili. Molti non ci credevano –tanto meno lui- ma sentiva che Steve era fatto per interpretare un super soldato e lui non doveva preoccuparsi tanto di trovare dei vestiti: avrebbe usato il suo camice e qualche vestito del padre.
«Beh, ora devo solo preoccuparmi del vestito.» Il biondo si portò una mano al mento mentre fece mente locale su dove potesse trovare una divisa militare di quel periodo. Sua madre aveva venduto tutte le cose del nonno per racimolare un po’ di grana, avevano preso le cose più belle e quelle di più valore, inutile dire che vi era anche la divisa.
Sicuramente esistevano negozi che vendevano costumi per feste in maschera, avrebbe dovuto girare tutta la città per giorni, però.
«Io conosco un posto dove dovrebbero averne una.» Bruce si alzò dalla sedia e prese in mano il giubbino appoggiato sul porta abiti.
La sua stanza era tremendamente ordinata, cosa inusuale per un ragazzo della sua età, eppure per uno come lui ci stava a pennello. Appena ci aveva messo piede Steve aveva pensato “Sì, è da Bruce”. Da un ragazzo come lui nessuno si sarebbe aspettato una camera disorganizzata, perfino i libri sugli scaffali erano divisi in ordine alfabetico e tra libri di scuola e di “piacere” –tra tante virgolette, visto che rientravano saggi di illuminati scienziati che Steve sarebbe riuscito a capire solo dopo una centina di anni-. Anche se ci fosse finito per sbaglio, avrebbe capito a chi apparteneva quella camera.
«Va bene se prendiamo la tua macchina? Sono un ottimo tom-tom.» Steve sorrise ed annuì, seguendo il ragazzo che era appena uscito dalla stanza.
 
 
 
Banner si aggirava tra gli scaffale di un negozio che vendeva vestiti di differenti epoche, portati lì da chi non sapeva cosa farne. Rischiavano tutti di prendere polvere in un vecchio baule, invece lì potevano sperare in una nuova vita. In più era tutto scontato visto che andava poca gente.
«Bruce?» Scostò lo sguardo dai vestiti e cercò di individuare la persona che lo aveva chiamato.
«Clint!»
«Ragazzi!» I due si voltarono, trovandosi davanti Rhodey e Natasha, la quale aveva un vestito appoggiato sulle braccia.
Nel vedere la rossa il viso di Clint si illuminò per poi abbracciarla e darle un bacio a stampo.
«Ehi, guardate che sono geloso.» Sam uscì da uno dei camerini, poco distanti dal gruppo, con un broncio in volto che fece ridere i ragazzi.
Ovviamente sarebbero andati a cercare i vestiti in quel negozio: se non avevi idee te ne venivano a palate, se ne avevi una sicuramente lì trovavi quello che cercavi.
«PRENDI QUEL CAPPOTTO E NON ROMPERE, STARK.» Beh, a quanto pare avevano deciso di andare tutti lo stesso giorno alla stessa ora.
«Dovresti prendere dei calmanti, Barnes. Prova con la camomilla prima di andare a dormire, così ogni sera per una settimana.» Il moro parlava mentre camminava all’indietro con un malloppo di vestiti tra le mani.
Non moriva dalla voglia di provarsi abiti di altre persone, ma secondo Barnes andare a spendere più di venti dollari per qualcosa che probabilmente non avrebbero più messo era fuori discussione e almeno quella cosa dovevano farla insieme. E meno male, visto che Tony si trovò davanti i componenti degli altri tre gruppi, almeno potevano vedere che i due ci avevano provato.
«Vatti a provare quei vestiti o ti tiro la prima cosa che capita.» Anche Bucky entrò finalmente nel campo visivo degli altri, li salutò con un sorriso ed un movimento della mano incurante di come potevano prendere quella frase gli amici di Stark.
«Vedete? Mi tratta male.» I ragazzi della Revenclaw scossero la testa, mentre gli altri tre cercarono di trattenere una risata. «Molte grazie per il sostegno, sappiate che me la segno.» Poi si voltò per entrare in uno dei camerini.
Già, almeno quello era l’intento, se solo non fosse uscito un tizio all’improvviso dal camerino davanti a Tony.
«Penso che possa andare, devo solo sistemarmi i capelli.» Steve si passò una mano tra la chioma bionda per cercare di appiattirgli e dare l’idea di come sarebbero stati quella sera. 
«Wow, Rogie! Sei nato nell’epoca sbagliata.» Solo alle parole dell’amica si accorse che lui e Bruce non erano gli unici clienti del locale e gli scappò una risata. Certe cose non succedevano quando viveva in Ohio, gli sembrava assurdo che fosse successo in una città come New York.
«Già...» Barnes si avvicinò al suo compagno di festa, appoggiando il braccio sulla spalla di questo. «…non pensi anche te, Tony?»
Da quando s’era trovato davanti Rogers in quella divisa verde militare Stark era rimasto immobile a fissarlo. Lui non se n’era accorto, ma ci aveva pensato Bucky a farglielo notare.
Alle parole dell’amico lo sguardo del biondo si spostò verso il ragazzo davanti a lui. Niente, Tony si ritrovò a pregare di diventare improvvisamente invisibile perché sentì le guance diventare calde e scomparve impulsivamente nel camerino senza rispondere minimamente al commento di Barnes.
Si guardò allo specchio situato sulla parete davanti a lui e si poggiò le mani sulle guance arrossate.
‘FANCULO.
Tirò un calcio al muro laterale, pentendosene poco dopo.
Fuori dal camerino i ragazzi erano rimasti immobili mentre facevano mente locale su ciò che era appena successo. Bucky si riteneva pienamente soddisfatto, lo evidenziava la sua espressione vittoriosa. Lo sguardo severo dell’amico lo lasciò del tutto indifferente. Aveva avuto una bella conferma e sicuramente non si sarebbe fermato perché qualche settimana prima si era detto di lasciar perdere la questione “Stony” –il nome l’aveva deciso Clint-, dunque aspettò che il biondo tornasse in camerino a cambiarsi per poi avvicinarsi al gruppo.
 
 
 
Se Steve aveva pensato fosse stata una fatica mettersi la divisa in modo quasi perfetto, toglierla senza fare un disastro era ancora peggio. Riuscì a farcela in un tempo accettabile -10 minuti-, ma quando uscì si trovò davanti il deserto. Le uniche persone presenti oltre a lui erano la proprietaria e qualcuno che borbottava nel camerino affianco. Sapeva che non poteva essere Bruce: uno non aveva bisogno di comprarsi alcun vestito, due non era tipo da borbottare così tanto. Tirò fuori il telefono per poter contattare il suo partner, ma ci aveva già pensato quest’ultimo a fargli sapere che aveva avuto un’emergenza e che ci aveva pensato Bucky, il quale gli chiedeva con un altro messaggio di portare a casa Stark perché era rimasto a piedi. Si era perso il momento in cui avevano deciso di ricominciare a rendergli la vita impossibile con il “fattore Stark”, evidentemente era stato l’unico del gruppo.
Si passò una mano sulla fronte lasciandosi andare sui puff marroncini appoggiati alle vetrate. Doveva solo portarlo fino in Villa, massimo venti minuti con troppo traffico. Musica a palla e via, come se Stark non fosse mai salito sulla sua macchina.
Ce la posso fare.
 
 
 
Tony si era appena rimesso i suoi vestiti dopo essersi rifiutato di uscire conciato in quel modo -soprattutto dopo Rogers vestito da perfetto soldatino- quando lesse il messaggio di Barnes.
-Ti porta a casa Stebe, non ringraziarmi.
La prossima volta l’avrebbe inseguito con un machete, quello sarebbe stato il suo ringraziamento. Anche se per quel ragazzo era l’opposto, Stark non aveva intenzione di passare troppo tempo con Steve. Le cose stavano iniziando a prendere una piega che poco gli piaceva e quelle frecciatine non erano sicuramente d’aiuto. Infondo chi diavolo sarebbe rimasto impassibile davanti ad un fustacchione vestito in quel modo? Era abbastanza comprensibile la sua reazione, sì.
Non hai una cotta per Rogers.
Quella frase sarebbe stata come un mantra da quel momento in poi; una specie di frase motivazionale. Non poteva essere il contrario. Non doveva essere il contrario.
 
 
 
«Dove stai andando, Stark?» Steve stava arrivando all’esasperazione.
Dopo aver pagato gli abiti erano usciti nel più completo silenzio e lui si era diretto verso la macchina, rendendosi conto solo dopo alcuni passi che l’altro ragazzo aveva avuto un’idea diversa andando in tutt’altra direzione. “Voglio una ciambella” aveva detto, guarda caso lì vicino c’era una delle migliori pasticcerie della città. Ed ecco mezz’ora buttata in una coda infinita. Ogni tanto il moro cercava di intavolare un discorso, il quale finiva nel giro di massimo tre minuti. Arrivati davanti al cassiere Tony ordinò due ciambelle con ripieno di cioccolato, una per lui ed una per Steve. Stupefatto, il biondo ringraziò con un sorriso. Sorriso che si spense appena Tony si diresse verso un tavolo piuttosto che verso l’uscita. Voleva gustarsi la ciambella comodo, povero. Via altri dieci minuti sempre molto pieni di conversazione.
Quando uscirono Steve pensava di potersene andare finalmente a casa, se non che il moro aveva ben altro per la testa.
«Voglio sciacquarmi la bocca, c’è uno Starbucks all’angolo.» Indicò dall’altra parte della strada e, senza aspettare risposta, si buttò sulle strisce pedonali facendo inchiodare una macchina facendo prendere un colpo al biondo che si era ritrovato a scusarsi con il guidatore ed a seguire il moro.
Fa’ che sia l’ultima volta o giuro che lo lascio qui.
Almeno in quel locale non c’era tanta coda e riuscirono ad arrivare alla cassa in meno di cinque minuti dove vi era una giovane ragazza dai capelli biondi che strabuzzò gli occhi nel veder entrare Anthony Edward Stark nel locale in cui lavorava. Per fortuna i due ragazzi erano troppo intenti a leggere la lista delle bevande dietro di lei per potersi accorgere della sua reazione.
«Un frappuccino al cioccolato per me e per lui…» Tony si voltò verso lo sventurato compagno ormai sceso a patti che non sarebbe andato a casa prima di una mezzora.
«Uno alla fragola, grazie.» L’altro si trattenne dal fare battutine sul frutto afrodisiaco, perché davvero stava rischiando già troppo nel farlo girare a destra e sinistra, non voleva sicuramente trovarsi con qualche dente in meno. L’idea proprio non gli piaceva.
Nel mentre Tony si immaginava senza tre denti, Steve prese il portafoglio dalla tasca del giubbino e pagò il conto prima che il moro riuscisse a tirare fuori i suoi soldi. L’ultima cosa che voleva era avere debiti con uno Stark, già lo infastidiva particolarmente avere delle ripetizioni gratuite.
Tony, dal canto suo, rimase un attimo imbambolato a guardare il biondo che prendeva lo scontrino e ringraziava la ragazza. Era la prima volta che succedeva una cosa del genere. Ovvio, nessuno si preoccupava di pagare anche per lui, già era tanto se si ricordavano di pagare la loro parte quando c’era Stark in circolazione; certo, non si era reso la cosa semplice quando aveva deciso di offrire da bere a mezza scuola durante l’ultima gita, comunque non se l’era sentita di fare la figura del tirchio e fare il giro del pullman per riscuotere i conti. Il gesto di Rogers era stata un’altra conferma dell’idea che piano piano si stava facendo su di lui e si trovò ad inarcare leggermente all’insù i lati delle labbra.
«Ehi, stai bene?» La voce del biondo lo riportò con i piedi per terra, facendolo rendere conto di come lo stava fissando. Inutile dire che si sentì le guance diventare sempre più calde. Abbassò lo sguardo sui bicchieri che aveva in mano il ragazzo davanti a lui e prese quello con striature marroni senza dire una parola, per poi avviarsi verso un tavolo per due libero sotto lo sguardo accigliato di Steve, che ringraziò la cameriera e seguì Tony.
Non hai una cotta per Rogers.
 
 
 
«Hai intenzione di farti avanti?» Steve aveva iniziato a seguire con lo sguardo la ragazza che li aveva accolti e serviti dopo che era passata per la terza volta in parte al loro tavolo. La cosa non era certo sfuggita al moro seduto di fronte a lui, il che gli aveva dato particolarmente fastidio.
«Non è il mio tipo.» Spostò lo sguardo dalla ragazza a Tony. Se gli avesse detto che riteneva abbastanza sospettoso il suo aggirarsi lì intorno, considerando che c’erano altri clienti, era sicuro l’avrebbe preso in giro e chiamato paranoico, meglio tenersi certi dubbi per sé.
«Poco seno?» Scherzò il moro, visto che di difetti fisici non sembrava averne.
«Poco testosterone.» Con la più completa disinvoltura lasciò Tony talmente di stucco che gli uscì un Ah stupefatto. Nonostante il comportamento di Barnes non aveva mai pensato a quell’opzione. «Spero non sia un problema.»
«No, anzi.» Si rese conto di averlo detto a voce alta solo quando vide il sopracciglio di Steve inarcarsi. Mandò giù il sorso di frappuccino che aveva appena aspirato e si affrettò a recuperare. «Nel senso che va bene. Non mi infastidisce per niente, davvero.» Stava peggiorando le cose, lo sapeva, perciò decise di spostare lo sguardo da Steve ed il suo sorriso divertito all’interessantissimo bicchiere mezzo vuoto che teneva fra le mani.
Dal canto suo Steve pensava che Stark avesse solo sbagliato a parlare, a volte capita di non saper come dire determinate cose e combini un disastro, però non ci sarebbe stato alcun male nel divertirsi un po’.
«Sai, Tony…»  Il biondo staccò la schiena dalla sedia e si protrasse verso il tavolo facendo scivolare il bicchiere, che teneva con entrambe le mani, un po’ più vicino a quello del moro andando poi a sfiorargli le dite con le sue. «…se ti piaccio basta dirlo.»
Tilt. Completo tilt momentaneo da parte del cervello del genio.
Odiava quando le cose gli sfuggivano di mano in tale modo, soprattutto quando degli occhi così azzurri lo osservavano.
Dannato Rogers.
Non gliel’avrebbe data vinta.
Decise di rispondere incrociando le sue dita con quelle dell’altro ragazzo, guardandolo con un sorrisetto beffardo stampato in volto. «Covi delle speranze, Steve?»
Ci furono cinque secondi di silenzio in cui si fissarono, riempiti poi dalla risata del biondo che si lasciò andare allo schienale della sedia staccandosi dall’intreccio di dita.
«Dai, finisci che andiamo.»
Tony ridacchiò prima di finire il suo ultimo sorso di frappuccino mentre il biondo si alzava dalla sedia. «E dove mi porti, casa mia o casa tua?» Intanto si era alzato anche lui ritrovandosi l’altro di fronte, il quale sorrise nuovamente.
Voleva continuare quel gioco? Okay, andata.
Steve si avvicinò, fece scivolare un braccio dietro la vita di Tony per tirarlo a sé ed avvicinò le labbra all’orecchio del più basso. «Dovrai aspettare almeno la terza uscita per altro, scusa.» Lasciandogli un bacio sulla guancia come ciliegina finale.
Non hai una cotta per Rogers.
Però intanto il cuore aveva preso un ritmo indegno anche per un corridore e le guance ribollivano.
 
 
 
La cameriera li seguì con lo sguardo mentre uscivano e si dirigevano dall’altra parte della strada. Sapeva che prima o poi avrebbe fruttato il suo lavoro da Starbucks. Poteva già sentire il telefono squillare la mattina successiva.
Guardò per un attimo la schermata del suo telefono ammirando con soddisfazione la galleria foto piena di scatti rubati ai due giovani ragazzi. Non era un’amante del gossip, ma da qualche parte doveva pur cominciare.    





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Note dell'autrice: Buonasera a tutti quanti. Mi sembra un po' più lunghino questo capitolo rispetto agli altri, ma non mi piaceva l'idea di dividere in due la giornata. 
Come al solito spero vi piaccia, ogni recensione è ben accetta e dannati apprendisti giornalisti. 

Un bacio, 
BR.
   
 
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