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Autore: obidoia    15/03/2017    0 recensioni
Dal testo: "E ancora nei secoli successivi alla grande lotta, le persone terrorizzate pregavano rintanate e nascoste nelle loro case affinché gli Dei potessero garantire loro la sopravvivenza. Ma si sbagliavano, perché non sempre il Dio che ci si aspetta di vedere davanti è quello giusto."
Kalia non credeva. Chiusa nella sua piccola bolla di quotidianità e ignoranza non voleva credere o vedere. Poi incontra Lui.
"IO SONO DIO"
E lei gli crede.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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All'intervallo ero ancora scossa dalla sorpresa inaspettata e dall'ultimo incontro con lui, motivo per cui avevo deciso di starmene in un angolino a riflettere, ma mi era molto difficile a causa di alcune mie compagne di corso che non smettevano di parlare per un secondo del nuovo professore figo. Facendo finta di niente iniziai a origliare i loro discorsi.

<< Certo che abbiamo avuto fortuna, eh? Da quanto non ci capitava un professore così? >>

<< Hai proprio ragione Liz!! Mi domando se sia fidanzato... >>

Bene, le chiacchiere cominciavano a diventare interessanti.

<< Ma è ovvio che non sia fidanzato Maggie! Non hai visto durante la lezione come mi stava spogliando con lo sguardo? Ce l'ho ai miei piedi... Ok! Ho deciso. Lui sarà la mia prossima preda, te lo giuro. E quando Liz fa una promessa, la mantiene sempre. >>

Liz e Maggie iniziarono a ridere maliziosamente. Ma chi cavolo si credeva di essere quella li? Si doveva mettere in fila perché c'ero prima io! Ma poi... prima per cosa? Per provarci con Micael?! Ah-ah che ridere. Non avevo una sola speranza con lui.

 

Alla fine della scuola ritornai a casa, ma visto che non avevo voglia di passare l'intera serata a deprimermi sul divano, a mangiare gocciole e guardare film strappalacrime, decisi di uscire e farmi un giro da Starbuck's. Seduta a un tavolo con del cappuccino fra le mani e un libro davanti iniziai a guardarmi attorno, era pieno di ragazzini. Erano tutti in compagnia. Chissà cosa faceva Sharon in quel momento! Mi mancava da impazzire. Pensai che magari avrei potuto richiamarla domani, lei avrebbe saputo darmi spiegazioni su tutto quello che stava succedendo.

Il locale mi metteva un po' in soggezione, piccolo e angusto con poca luce. Le pareti verde scuro sembravano peggiorare ancor di più la situazione, per non parlare infine della cameriera che adocchiava ogni uomo che le passava davanti, i quali si fermavano ad ammirare il panorama, visto che indossava una camicetta non proprio abbottonata, e poi quando se ne andavano lasciavano una mancia. Che schifo di mondo che era questo. Alcune persone non meriterebbero neanche di vivere. Fuori iniziò a piovere e velocemente l'intensità delle pioggia aumentò. Bevvi frettolosamente il mio cappuccino ustionandomi la lingua ed uscii dal locale. Dato che il mio appartamento non era molto vicino avevo scelto di andarmene subito dal bar, visto che non avevo neanche un ombrello. Fuori era ormai buio, la strada era illuminata leggermente dall'unico lampione nell'arco di 100m. Essendo Settembre l'aria iniziava a farsi fresca di sera, inoltre a quell'ora in giro non c'era nessuno, solo un lieve odore di fumo mischiato all'umidità della sera. Ecco l'unica cosa che odiavo veramente di Londra e del resto dell'Inghilterra era il clima. Perché doveva sempre piovere? Attraversai di fretta il secondo incrocio, arrabbiata dal fatto che mi stavo bagnando come un pulcino. Lungo il percorso l'unico suono prodotto era quello dei miei passi, che rimbombavano ritmicamente nelle mie orecchie.

Un uomo con un cappellino di lana in testa e una bottiglia in mano si avvicinò barcollando ma minaccioso verso di me. Allibita ma anche spaventata arretrai di qualche metro cercando di cambiare strada, eppure dopo pochi passi mi ritrovai l'uomo di prima davanti a una distanza di circa un metro.

<< Ehi, ehi signorina, ma dove sta andando?! Lo sa che è pericoloso andare in giro di notte tutta sola? Eh-eh lasci che la accompagni fino a casa,venga con me. >>

Senza rendermene conto venni sbattuta con la schiena contro al muro, mentre l'uomo mi teneva bloccata. Non avevo via di scampo.

Cercai di liberarmi invano dalla sua presa, provai ad urlare ma non ce la facevo, il terrore mi stava paralizzando, non riuscivo neanche a respirare, mentre i miei occhi dilatati e spaventati al massimo guardavano freneticamente intorno in cerca di un possibile salvatore. Non c'era nessuno.

<< Eh-eh mi dispiace, ma non c'è nessuno in giro, questa sarà una stupenda notte per noi due, cosce d'oro. >> con una mano iniziò ad accarezzarmi le gambe, avido e io non riuscii a muovermi, nessun suono uscii dalla mia bocca, e sentii che il mio cuore stava impazzendo. I fianchi mi iniziarono a dolere e le ginocchia mi scricchiolarono. Stavo ormai per cedere, quasi svenendo quando mi accorsi di non essere più trattenuta al muro da quel tale. Infatti lui giaceva seduto a terra a circa due metri più a sinistra, con una mano si stava toccando delicatamente il naso, il quale sanguinava in maniera spaventosa, doveva essere rotto. Solo in quel momento mi resi conto che c'era una figura in piedi accanto al corpo accasciato del maniaco.

Micael stava guardando disprezzante l'uomo sotto di lui. Il suo sguardo era carico di odio, come se lo volesse uccidere. Il suo viso era pieno di rabbia, sembrava che stesse per esplodere da un momento all'altro, quasi fosse una bomba. Vederlo ora in queste condizioni mi provocava una strana sensazione, paura. Come se qualche mio sesto senso mi stesse avvertendo del pericolo che c'era in lui. Sapevo che questo era un'assurdità, ma quella sensazione non mi avrebbe abbandonata per un bel periodo di tempo. Era stato lui ad aggredire l'uomo? Lui mi aveva salvata....

Dopo aver lasciato per terra l'uomo sconosciuto mi prese per mano e senza proferire parola mi riportò a casa, tenendo lo sguardo basso e lasciandomi poi sola nel mio appartamento, sconcertata. Cosa era appena successo? Solo allora mi resi conto di tutto quello che effettivamente era accaduto e in silenzio iniziai a piangere, disperata, fiumi di lacrime uscirono. Il mio corpo era scosso da fremiti a causa dello shock appena subito.

Alla fine, esausta, un nuovo sentimento si propagò in me, rabbia cieca, così ancora tremando, pregai Dio di fargliela pagare a quell'uomo, cosi che non potesse scamparla vivo, e di fargli conoscere l'inferno. E Dio mi ascoltò.

 

L'indomani mattina lessi una notizia sul giornale. In un articolo era raffigurata la foto e descriveva la morte dell'uomo che mi aveva quasi molestata la sera prima, diceva:

 

<< Uomo cinquantenne ubriaco trovato morto in mezzo alla strada. L'autopsia non ha portato a nessuna conclusione effettiva, ma i medici hanno lasciato alcune informazioni, le quali riferiscono la stranezza e la perplessità delle condizioni del corpo nel ritrovamento. Pare infatti che i vasi sanguini all'interno del corpo siano stati trovati fusi, mentre l'esterno della persona è stato rinvenuto come in uno stato di avanzata ipotermia. Gli studi legali paragonano queste ferite a studi troppo avanzati per loro “come se fossero dell'altro mondo”. (...) >>

 

In qualche modo mi sentii rassicurata dalla notizia, anche se si parlava sempre di morte, e inoltre sembrava assurdo che Dio mi avesse ascoltata. L'unica cosa che mi preoccupava era una sensazione, strana, e questa sensazione mi provocava timore, come se qualcosa di terribile stesse per accadere. Scacciai dalla testa questi fastidiosi pensieri e mi concentrai sulla mia colazione, ormai fredda, latte e fette biscottate.

Dopo aver mangiato quel “cibo” a forza uscii di casa. Il cielo era sempre grigio e monotono come al solito, e come me del resto, l'unica notizia positiva era che non sembrava stesse per piovere.

Pur essendo domenica mattina le strade non erano affollate, alcuni bambini coi genitori, due vecchietti che camminavano fianco a fianco, e altre ancora che si dirigevano in chiesa per la messa. Io invece andai dritta per la mia strada, senza una meta ben precisa. Strinsi le mani nel mio golfino e continuai a camminare. La vita e le persone mi passavano lentamente davanti, come se io non appartenessi a questo mondo, e certe volte mi chiedevo se non fosse quello il problema. Non c'era nulla di anormale in questa città, eppure io ero qua, a pensare a molestatori, demoni e angeli caduti. Sospirai.

La mia vita era noiosa, niente di strano o vagamente divertente, anche se a dire la verità qualcosa, o meglio qualcuno, aveva movimentato la mia vita negli ultimi giorni. Micael. Già, lui era qualcosa di assurdamente perfetto e bellissimo, avrei detto divino, mentre il suo sorriso era stranamente ambiguo e malizioso, quasi avido. Anche se dovevo dire che quel suo aspetto misterioso lo rendeva ancora più accattivante. Dopo aver camminato per una mezz'ora buona con un sorriso da ebete stampato in faccia, mi sedetti su una panchina del parco più vicino al mio appartamento. C'erano molti cani che correvano avanti e indietro, si rincorrevano e giocavano tra loro. Un cane bianco come la neve mi si avvicinò leccandomi una mano, io di rimando gli accarezzai dolcemente la testolina. Poco dopo arrivò il suo padrone, o almeno pensai che lo fosse. Arrivò alla panchina dove ero seduta correndo. Mi sembrava carino. Un ragazzo di circa venticinque anni, biondo scuro e con un sorriso aperto. A guardarlo bene mi sembrava che avesse anche dei bei muscoli, però! Indossava un paio di jeans bermuda e una camicia a quadretti blu, ai piedi delle Vans. Era anche abbronzato, avrei detto che fosse il tipico ragazzo californiano.

<< Ehi ciao! Scusami per lei, ma è un cane molto socievole. >>

Mentre parlava non smise un attimo di sorridermi, che tenero.

<< Non ti preoccupare mi piacciono i cani. >> risposi sincera.

Si sedette accanto a me e iniziammo a parlare. Era un tipo molto loquace e simpatico. Come sospettavo era della California si chiamava Jason e aveva 26 anni, era arrivato da poco qua a Londra. Gli chiesi come mai era voluto venire in questo posto e lui mi rispose: << Sto cercando qualcuno, o qualcosa, appena lo avrò trovato e me ne sarò sbarazzato questo sarà un posto migliore per tutti >>.

Non volli fare altre domande su quell'argomento, mi sembrava già a disagio a parlarne quando gli avevo fatto la prima. Io d'altro canto gli raccontai di me e della mia famiglia. Mia madre che era mancata quando io ero ancora piccola, padre premuroso forse troppo, e figlia pasticciona. Questo era tutto quello che c'era da dire, non gli raccontai niente di proprio personale, lo conoscevo ancora da troppo poco. Comunque insisté per darmi il suo numero di telefono, e io non potei far altro che ricambiare. Disse inoltre che uno di questi giorni mi voleva rivedere, quindi probabilmente mi avrebbe chiamato più avanti. Tuttavia mi metteva un po' in soggezione, come se avesse una forza insospettabile e io ne fossi schiacciata.

  
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