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Autore: cin75    16/03/2017    6 recensioni
Dalla storia:
"Dean perchè sei qui?"
"Perchè mio fratello è morto e io ho tentato il suicidio. Sono solo e non riesco ad accettarlo!"
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“Allora, Dean. Che cosa ti ha spinto a richiedere un ricovero volontario in questa struttura per malattie mentali?!” chiese con calma e senza tono di giudizio il medico che sedeva al di la della scrivania oltre la quale era seduto il cacciatore.
Dean alzò appena lo sguardo verso il dottore. Il volto del nuovo paziente era spento, stanco e il dott. Miller avrebbe potuto dire benissimamente che quel ragazzo era rassegnato al suo dolore. Un dolore che a quanto poteva vedere aveva avuto il sopravvento su di lui.
“Due settimane fa, Sam, mio fratello, lui …” e deglutì come se ancora non accettasse ciò che era successo, come se per lui ancora non potesse essere reale.
“Prenditi il tempo che ti serve!” lo confortò Miller.
Dean respirò e provò ad andare avanti. “Lui è morto. È stato…è stato ucciso!”
“Mi dispiace molto.” fece sinceramente il medico, notando la sofferenza sul volto dell’altro. “Ti va di dirmi cosa è successo?”
“Non l’ho protetto come avrei dovuto, come era mio compito fare. Ecco cosa è successo.” parve accusarsi. “È sempre stato il mio compito proteggere il mio fratellino da ogni male. E questa volta ho fallito e lui è morto.” disse velocemente come se confessarsi in quel modo avrebbe reso la cosa più semplice. Ma non lo era!
Miller si strinse le labbra tra i denti intuendo il profondo senso di colpa che attanagliava l’anima di quel nuovo paziente.
“Ma a volte le cose brutte capitano comunque, Dean, anche se noi ci impegniamo al massimo per evitare che possano accadere. Perché ti dai la colpa di ciò che è successo a tuo fratello?!” chiese con calma.
“Perché non ero con lui. Quella sera avevamo discusso e io sono uscito per schiarirmi le idee e quando sono tornato , il bastardo che lo ha ucciso ancora non andava nemmeno via dalla nostra camera di motel. Guardavo lui, guardavo Sam riverso a terra in una pozza di sangue. Mi sono congelato e per la prima volta in vita mia non sapevo cosa fare. Qualcosa è scattato dentro di me solo quando quel bastardo è scappato lanciandosi letteralmente dalla finestra. Stavo per seguirlo quando un gemito di Sammy mi ha fermato. Era vivo! Mio fratello era ancora vivo e io…io non potevo lasciarlo da solo. Ho chiamato il 911 e sono rimasto con lui. Ma quando i soccorsi sono arrivati, Sammy se n’era già andato.”
“Gli hai potuto dire addio!” provò a consolarlo Miller.
“Non ci siamo detti niente. È sempre stato così tra noi. Niente parole. Ci bastava guardarci per capire quello che pensavamo. Ed è stato così anche quella notte.” disse con un lieve sorriso sulle labbra, ricordando quella particolare complicità che legava lui a Sam.
“E cosa vi siete detti guardandovi?!” chiese facendo sua la spiegazione di Dean.
“Che avrei dovuto accettarlo. Accettare quello che era successo.”
“E tu? Tu lo hai accettato?!”
“No. E non ci riuscirò mai, penso!”
Per qualche minuto, Miller, lasciò Dean ai suoi pensieri. Lui si dedicò a prendere appunti e quanto sul volto del ragazzo iniziò a veder di nuovo una sorta di disagio e forse anche panico, riprese a parlare con lui.
“Perché sei qui, Dean?!” chiese e vide Dean sospirare quasi di sollievo. Come se il giovane avesse gradito il fatto di non essere più in silenzio. Da solo.
“Perché adesso non ho più nessuno. Sono solo. Sammy era quello che mi rimetteva in riga. Che mi mostrava il lato buono delle cose e delle persone.  Sam era la mia unica e sola famiglia e quando mi sono reso conto che avrei passato la mia vita nella più completa solitudine, io…”
“Che hai fatto, Dean?!”
“Cinque giorni fa ho tentato il suicidio.” rispose immediatamente, quasi senza vergogna.
“E invece sei qui! Fortunatamente!”
Dean annuì anche se sembrava ancora poco convinto di quel salvataggio. “La persona che mi ha salvato me ne ha dette talmente tante che mi ha spinto a fare questo passo!” ammise indicando la struttura in cui si trovava.
“Questo tipo ha fatto molto bene e dovresti ringraziarlo un giorno.”
“Lui si chiama Castiel, Cass.”
“Cass?!” alludendo al diminutivo.
“Io lo chiamo così.” rispose Dean.
“E’ un tuo amico o era solo l’uomo giusto al momento giusto?”
Dean sorrise quasi amaramente ammettendo a sè stesso la verità di quella domanda. “Direi entrambe le cose!”
“Spiegami!”
“Cass è stato con noi, con me e Sam intendo, per tanto tempo. E’ diventato il nostro migliore amico e in molte situazioni assurde era come ha detto lei, una sorta di…. “uomo giusto al momento giusto!” !” e sorrise ancora. “Decisamente un angelo custode.”
“Beh! allora se questa è l’opinione che hai di questo Castiel o Cass, non sei del tutto solo. Non credi , Dean?”
“No, no. Lo sono.” confermò con decisione quella sua solitudine. “Cass ha…come dire….un mondo tutto suo da rimettere in piedi e io, nelle condizioni in cui sono, gli sarei solo di intralcio e dopo tutto quello che ha fatto già per me e per…” e quella dolorosa tristezza parve di nuovo affiorare sul volto del ragazzo. “…e per Sam, io, non posso fargli questo.”
“Quindi sei qui per…”
“Perchè anche Sam o meglio la sua memoria , il ricordo che ho di lui e del suo coraggio, non meritano quello che ho fatto o che ho provato a fare.  Sono sicuro che se ci fossi riuscito, Sam, ovunque sia, non me lo avrebbe mai perdonato. Così…”
“Chiedere aiuto è il primo passo verso la guarigione!” sembrò rivelare Miller.
“Ok e a quanto pare io sto chiedendo aiuto.” Convenne Dean.
 
Il mondo era davvero alla fine se Dean Winchester chiedeva aiuto. Per sè stesso , tra l’altro!
 
“D’accordo. Allora, per adesso cominciamo con un ricovero standard di 72 ore, poi dopo le varie sedute sia private che di gruppo, vedremo come affrontare la cosa e decidere sul da farsi. Ti va bene?!”
Dean non rispose. Annuì soltanto.
 
Un attimo dopo la porta dello studio del dott. Miller si aprì e un altro medico fece ingresso.
“Bene, è qui!” fece Miller al medico appena entrato nella stanza. “Dean, ti presento il dott. Anderson. Ti seguirà nelle prime sedute, poi interverrò io in caso tu lo voglia o ne abbia bisogno.” disse al neo paziente e poi fissando il medico che era appena entrato. “Dott. Anderson, lui è Dean Smith. Sarà nostro ospite fin quando non si sentirà di nuovo bene.”
“Prego, Dean. Vieni, seguimi. Ti mostro la tua stanza e poi , se ti va, ti faccio conoscere un po’ di gente. Parlare con qualcuno ti farà stare meglio, vedrai.” lo spronò bonariamente il medico che era decisamente più giovane di Miller.
“Sì, parlare. Come no?!” borbottò appena Dean.
“Vedrai!” insistette l’altro, mentre uscivano dallo studio. “Potresti trovare le risposte che cerchi da chi meno te lo aspetti.” profetizzò e chiuse la porta dello studio.
 
Appena giunti nella grande sala comune dove i vari “ospiti” della struttura sanitaria si riunivano o per chiacchierare o giocare a noiosi giochi da tavolo o anche solo per andarsene in giro a parlare da soli o con persone immaginarie, un assordante rumore di un vassoio caduto a terra, fece sobbalzare un po’ tutti.
“Ehi, amico! sta attento!” si sentì subito dopo. Due infermieri accoccolati, raccoglievano quello che era finito così rumorosamente in terra.
“Scusa, sono nuovo e non…”
“Ok! Sarai nuovo, ma un vassoio è un vassoio. Quindi tieni strette quelle mani perché alcuni dei nostri amici…” fece indicando le persone intorno a loro. “… non aspettano altro che infilarsi in gola quante più pasticche possibili!”
“Ho capito!” fece il nuovo arrivato.
“Perciò ora noi prendiamo la lista dei nomi e contiamo quello che c’è a terra. Tutto deve quadrare, ok!?”
“Ok!” e si misero all’opera.
Dean e il dott. Anderson passarono solo a pochi passi dai due infermieri intenti a rimettere a posto le cose e il nuovo arrivato alzò appena lo sguardo verso di lui e Dean lo vide imbarazzarsi.
Senza fermarsi gli disse solo: “Tranquillo amico, sono nuovo anche io!” e passò oltre.
 
Paradossalmente e in un modo che poteva sembrare perfino comico, Dean sapeva cosa gli aspettava.
Lui e Sam si erano già infilati in una struttura simile, quando, anni addietro, cercavano Martin e si erano imbattuti in uno spettro ghiotto di follia umana.
Sapeva, perciò, del tour de force di sedute private con i vari psicologi o psichiatri di turno. Sapeva e odiava ( ancora!!) le sedute di gruppo perché avrebbe dovuto aprire il suo cuore e la sua anima e tutto il resto ad un gruppo di stramboidi schizzati che non sapevano assolutamente che cosa fosse il vero dolore. Che fosse quello fisico o quello mentale!
Ma a quanto pare , contro ogni sua convinzione, aprirsi in qualche modo, parlare anche senza dover dare delle spiegazioni, aveva un suo perché e un senso.
E sapeva di dover ascoltare racconti e racconti e racconti su situazioni strane, presenze svilenti, voci nella testa. Sorrise discretamente all’idea che sembrasse nel pieno di una caccia.
 
E così, Dean, si ritrovò a parlare di lui, di Sam, dei loro viaggi, del loro lavoro di “disinfestazione”. Di quanto gli mancasse quel suo fratellino troppo nerd e troppo più intelligente e savio di lui. Di quei capelli sempre troppi lunghi e quella mania del mangiar sano. Di quanto avesse capito l’errore che aveva compiuto cercando di uccidersi. E piano piano, iniziando ad ammettere con sempre più convinzione che ciò che aveva fatto era sbagliato e che , anche, quella sottile rabbia che provava verso Sam e la sua morte, stava svanendo, lasciando posto all’accettazione.
 
La sera del secondo giorno, Miller, in accordo con dott. Anderson, fu sinceramente colpito e onestamente convinto che forse, ben presto, il ragazzo , sarebbe potuto uscire, se non proprio dopo le classiche 72 ore, poco tempo dopo. Che quello che Dean, aveva vissuto, era stato un momentaneo crollo psicologico, da cui, fortunatamente sarebbe ben presto uscito.
 
Poi la notte del terzo giorno, accadde.
 
Le luci della stanza di Dean iniziarono a sfarfallare. Il cacciatore acuì immediatamente i suoi sensi. Sapeva che cosa significavano quegli sbalzi di corrente e il fatto che , all’improvviso, nella stanza si gelasse, ne fu conferma.
Un fantasma.
Dean non fece in tempo a formulare quella sua consapevolezza, che una figura tetra e angosciata e decisamente infuriata gli si manifestò dinnanzi.
Dean si guardò intorno come se cercasse qualcosa.
“Niente ferro qui, cacciatore!” lo anticipò il fantasma.
“A quanto pare tu sai chi sono io, ma io non so chi sei tu!” provò a prendere tempo. Quel tempo che gli serviva per mettere insieme una possibile via di salvezza.
“Non importa. E’ talmente poco il tempo che ti resta da vivere su questa terra che è inutile sprecarlo nelle presentazioni!” disse avanzando verso Dean che invece si ritrovò ad indietreggiare e finire con le spalle all’angolo della stanza.
“Che cosa vuoi?!” sussurrò il cacciatore.
“Che cosa voglio? Tu osi chiedere a me che cosa voglio?!” ripetè offesa e improvvisamente alterata, la presenza. “Tu e tutti quelli come te, non fate che venire qui, battervi per qualche giorno la mano sul petto, confessare la vostra pena e la vostra colpa, chiedere perdono e poi andarvene  via felici e contenti come se niente fosse.” lo accusò rabbioso.
“Io non sono né felice né contento!” replicò Dean cercando di spostarsi dall’angolo in cui il fantasma lo aveva costretto.
“Fermo!” gli urlò contro con una voce che sembrò all’improvviso più un ringhio feroce che una voce e poi forzò, con un gesto veloce della mano, il cacciatore, al pavimento. “Tu raggiungerai gli altri. E avrai l’eternità per compiangere e compiangerti. Tu avrai ciò che ho avuto io!” disse come chiara minaccia.
“Tu?!” sibilò Dean sentendo contro il proprio petto la forza invisibile del fantasma. “E cosa avresti avuto, tu?”
“ Io ho avuto colpe, ho avuto rimpianti, ho avuto rimorsi, ho avuto dolore!” elencò soddisfatto. Soddisfazione che , un attimo dopo, gli svanì da volto cupo, poiché Dean gli stava inspiegabilmente sorridendo.
“Già, hai detto bene!” affermò, infatti, il cacciatore.
“Cosa? Cosa significherebbe questo?!”
“ “Hai avuto” , ciò significa che adesso non hai più questioni in sospeso!”
“Tu, tu sei la mia sola questione in sospeso! Il tuo rimpianto, il tuo senso di colpa per la morte di tuo fratello sono le mie questioni in sospeso.” lo accusò il fantasma.
“Certo! Lo sarei se io fossi davvero in colpa o avessi rimpianti o tutte le stronzate che hai appena elencato. Ma , mi dispiace, figlio di puttana. Io sto benissimo!” gli fece con aria soddisfatta e compiaciuta e poi lanciando uno sguardo alla porta. “ORA!!!!”
 
In quel preciso momento , la porta della stanza di Dean si spalancò e Sam e Castiel vi  entrarono in tutta fretta accerchiando il fantasma confuso ma sempre più infuriato per quell’insubordinazione.
“Noooo!!” gridò alla sua preda mancata.
I tre poggiarono a terra, formando un triangolo, tre oggetti che erano appartenuti al fantasma quando era in vita.
“Sei un fantasma senza più questioni in sospeso, quindi niente fuoco per te , stronzo.” fece Dean con tono soddisfatto.
“Ma un biglietto espresso per l’aldilà e senza ritorno questa volta!” concluse Sam, accanto al fratello.
Mana toret levi. Mana toret dacura!!” furono le parole pronunciate da Castiel nonostante le grida furenti dello spettro e non appena finì, un lampo portò via ciò che dello spirito vendicativo era rimasto nel mondo dei vivi.
 
Poi fu di nuovo tutto immerso nella penombra della stanza del finto folle.
“Ben fatto, Dott. Anderson!” e Sam sorrise. “Ehi, amico!” fece poi guardando Castiel che riponeva in una scatola gli oggetti che avevano usato.
“Per favore, smettetela di chiamarmi così. Ho un nome e vorrei tanto che lo usaste.” lo  rimproverò Castiel.
“Wow!” esclamò Dean, mentre aiutato da Sam , si rimetteva in piedi. “Qualcuno è permaloso!”
“Quel qualcuno non ti ha perso d’occhio da ben 72 ore!” sembrò rimproverarlo Sam.
“Ok!Ok! gli offrirò una birra non appena saremo fuori da qui!”
“Beh! in effetti dovremmo proprio svignarcela.” si intromise giustamente proprio Castiel.
“Lo credo anche io!” convenne Sam.
 
Qualche ora dopo, i tre, erano ben lontani dalla struttura psichiatrica e soddisfatti dell’ennesima caccia andata a buon fine, festeggiavano in un bar al loro solito modo: birra e cheeseburger per Dean, insalatona salutare per Sam, un sandwich giusto per salvare le apparenze per Castiel.
"Sam levami una curiosità!" fece il maggiore. "Spara!" "Sto cercando di ricordare, ma proprio non riesco a ricordare chi sia questo Anderson o di quale band faccia parte!!" chiese con aria di curiosità.
"Scherzi?? Richard Dean Anderson? McGyver? Dio il settimo giorno invece di riposare inventò le graffette e il nastro adesivo perchè Mac potesse salvare il mondo?" spiegò con aria quasi offesa il minore. Cass lo guardò stranito e con aria innoccente ma certa dei suoi ricordi provò a correggere ciò che aveva appena sentito.
"Sam non credo che Dio abbia mai ...."
"Poi ti spiego Castiel!" lo fermò Sam.
Dean, dal suo posto, fissò entrambi e dopo aver dato un altro morso vorace al suo panino, disse la sua.
"Ok! comunque sia...per me se non ha un paio di stivali da cowboy , un camice da dottore e si fa ogni dottoressa o infermiera che trova in ascensore, in tv , non esiste!!"
Detto questo , il maggiore ebbe in risposta uno sguardo stranito da parte dell'angelo e una sguardo sconfortato da parte del fratello.
“Questo giro tocca a te!” fece poi Sam, indicando le bottiglie di birra vuote e parlando con il fratello.
“Giusto. Giusto!!” fu d’accordo il maggiore. “Allora vediamo a cosa dobbiamo brindare!?” si domandò pensieroso.
“Andiamo!! Non credo che sia così difficile!” lo incoraggiò il fratello e lanciando uno sguardo furtivo all’angelo al loro fianco.
“Hai ragione, Sammy.” Asserì deciso. “Quindi…. brindo a Cass!” esclamò soddisfatto della sua scelta e della sorpresa che vedeva sul volto dell’amico.
“Cosa? Come? A me? Perchè!?” quasi balbettò l’angelo colto di sorpresa.
“Una domanda alla volta Castiel!” lo prese in giro Sam.
“Ma…”
“Si, Cass. Brindo, anzi, brindiamo alla risoluzione del tuo primo caso!”
“Il mio primo…”
“Beh! tu hai scovato il caso su quel giornale locale. Tu hai messo giù un piano, anche se farmi passare per suicida psicotico e accoppare Sam, non mi andava a genio. Tu hai scoperto che quel bastardo non era un fantasma , come dire, negli standard e tu, con la tua formuletta magica lo hai mandato definitivamente oltre l’arcobaleno. Io e Sam, questa volta, ti abbiamo fatto da spalle. Due splendide spalle, ma insomma , il merito è tutto tuo , amico.”
“Io non so che…che dire!” fece perfino imbarazzato da tanto riconoscimento.
“Non devi dire niente, Castiel!” si accodò Sam. “A Cesare ciò che è di Cesare!”
“Perciò brindiamo a Cass!” esclamò Dean portando a mezz’aria la sua bottiglia di birra e aspettando che gli due lo imitassero e quando ciò accadde, sorrise ad entrambi e poi , fissò l’attenzione sul “festeggiato”
“A Cass. L’uomo giusto al momento giusto!” recitò , ricordando il modo in cui lo aveva descritto Miller.
“A Cass!” fece in concordo anche Sam.
“Grazie!” quasi esalò Castiel battendo il collo della sua bottiglia su quelle degli altri due.
I tre brindarono e tornarono a godersi quella momentanea tranquillità.
“Ma non farci l’abitudine, angioletto.” Disse dopo un po’ Dean. “Siamo io e Sam i protagonisti di questo show!”
Sam alzò gli occhi al cielo, frustrato dall’ennesima uscita stramba del fratello.
Castiel sorrise.
“Credimi…” fece, poi, deciso. “…con tutto quello che passate, non ci tengo a prendere il vostro posto! Mi accontenterò del ruolo del co-protagonista misterioso!!”
“E bravo il nostro angelo del mistero!” convenne , ridendo di cuore di Dean, così come rise sincero anche Sam.

 
 



N.d.A.: Vi prego non datemi la caccia. Niente cerberi. Nessun demone assassino.
Mi fustigherò da sola, per questa cosa!!
 
Baci, Cin!!
   
 
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