Prologo
l sole stava tramontando e si
insinuava, fastidioso,
attraverso il parabrezza della Chevrolet, oltre gli occhiali da sole.
L’uomo gettò
il giornale nel sedile posteriore e
accendendosi una sigaretta scrutò alunni e professori
che uscivano dal Liceo dall’altra parte della strada.
Nonostante la folla, gli fu facile
individuare il suo
obbiettivo, malgrado non spiccasse in altezza. La sua pelata rifletteva
il sole
caldo delle quattro e il movimento ciondolante lo distingueva dalla
massa
atletica e giovanile dei suoi studenti.
- Criilin! –
chiamò l’uomo dalla macchina, non potendo
trattenere un velenoso sorriso divertito.
Il
piccoletto di
irrigidì ma si trattenne dal voltarsi e continuò
a spasso spedito.
L’uomo nella macchina
ridacchiò e fischiò per attirare
l’attenzione.
Una ragazza si girò per
rispondergli in malo modo, ma appena
lo vide gli sorrise e lo salutò.
Lui sorrise di rimando ma
tornò a concentrarsi sul
professore che si era troppo allontanato per i suoi gusti.
- Criilin! –lo
richiamò con voce più severa.
A quel punto, come preso per un
orecchio , fermò la sua fuga,
si sistemò la giacca scura e, stringendo con forza la
valigetta che teneva in
mano, si avvicinò alla macchina, con lo sguardo fisso sul
terreno.
- Era ora! –disse
l’uomo sporgendosi dalla macchina –
Fingevi di non vedermi?
-Non mi devi chiamare in quel
modo…e non devi venire qui.
Ad udire quelle parole, il suo
sguardo cambiò
improvvisamente. I suoi occhi neri e sottili si affilarono , come lame.
Ma non
si spense il sorriso, ancor più pericoloso, sul suo volto
ambrato.
- Mi stai forse dando degli
ordini…Criilin?
Il professore istintivamente fece un
passo indietro.
-No assolutamente...
-Allora aspetta che ti rinfreschi le
idee. - disse l’uomo balzando
fuori
dalla cabriolet.
La figura non era particolarmente
slanciata ma la stazza
invidiabile premeva contro la camicia bianca.
- Tu ti sei messo in affari con Don
Freezer. E finché non
chiudi i tuoi affari con Don Freezer, lui può decidere di
chiamarti come
minchia vuole e io sto a quello che decide lui. Pensi che il nome
Vegeta mia
madre lo abbia scelto mentre era fatta di crack?
-No, io...- balbettò
l’ altro intimorito.
- E poi…sappi che io ho
ben di meglio da fare che stare qui
ad aspettare te, che esci da scuola. Ma se Don Freezer mi dice che sta
aspettando gli arretrati di due mesi, allora capisci che io devo fare
qualcosa.
Io ti ho portato da lui perché ti credevo una persona seria.
- Si, ma…io non li
ho…non ancora.- balbettò l’uomo
fissandosi insistentemente le scarpe.
Vegeta si tirò su le
maniche della camicia e poggio
delicatamente le mani sulle spalle di Criilin.
- Vedi…potremmo sempre
chiedere a tua moglie se ha ancora
voglia di fare qualche servizio nel mio club…
Le spalle cominciarono a tremare ma
con forza scosse la
testa calva.
- No?- chiese Vegeta falsamente
gentile. Poi strinse le
spalle con forza inaudita sentendo le ginocchia dell’altro
venire meno.
Stava per concludere quando una voce
alta e stridula li
interruppe
-Che stai facendo?
L’uomo si voltò
verso la voce. Davanti a lui una donna
vestita con un leggerissimo prendisole, i capelli blu a caschetto e il
seno
coperto dai fogli che teneva in grembo.
- Stanne fuori Barbara…-
rantolò Criilin
Vegeta lasciò
la
pres, spingendolo a terra.
- Lascia stare mio fratello!
– urlò lei.
- Va tutto bene…- la
rassicurò il professore, cosa che la
fece agitare ulteriormente.
Vegeta con un sorriso
risalì in auto e la accese. Il suono
dei 100 cv riempì l’eco sordo del mare.
-Puoi sempre portarmi lei al club
nanerottolo…
E sgommò via.