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Autore: Cris Valdez    18/03/2017    5 recensioni
"Sembrava che il destino avesse deciso che Ron Weasley non dovesse dormire, quella notte." - Grazie a Francesca per il prompt
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, Dopo la II guerra magica/Pace
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Sembrava che il destino avesse deciso che Ron Weasley non dovesse dormire, quella notte. Mentre gli ultimi studenti rientravano in sala comune, infatti, Crosta ne aveva approfittato per sgattaiolare fuori, attraversando una foresta di piedi e gambe e sgusciando attraverso la fessura tra il muro e la porta che stava chiudendosi. Quando finalmente il suo padrone se ne accorse, era già troppo tardi per andarlo a cercare. Ma Ron non era un normale studente. Ron era il migliore amico di Harry Potter, ed Harry Potter aveva un mantello dell’invisibilità. Così, chiesto il permesso all’amico e acciuffato il mantello, il ragazzo si avviò lungo i corridoi bui e silenziosi, alla ricerca del suo stupido topo.
Un paio di volte rischiò di farsi scoprire da Gazza, imbattendosi prima in lui, cosa che lo costrinse ad appiattirsi dietro un pilastro, nella speranza che il guardiano non sentisse il suo respiro, e poi nella sua maledetta gatta che, percependo chissà come la sua presenza, iniziò a miagolare insistentemente per richiamare il suo padrone. E allontanandosi di fretta, tra un corridoio e l’altro, finì su una delle rampe di scale, che ovviamente decise di muoversi proprio in quel momento. Rassegnato, si incamminò verso qualunque fosse il luogo in cui lo avevano condotto le scale. Scoprì che si trattava della torre d’astronomia. Non era sicuro di cosa fosse, ma qualcosa, un presentimento, gli diceva di salire in cima. Forse, pensò, era il suo sesto senso che gli comunicava la presenza di Crosta lì sopra. Forse lo avrebbe finalmente riacciuffato e sarebbe andato a dormire.
Ma una volta in cima non trovò Crosta. A dire il vero, una volta in cima dimenticò di essere salito per cercare il proprio topo, perché quello che vide fu una massa di capelli ricci, la cui proprietaria era seduta a terra e piegata a guardare il cielo attraverso un telescopio, con una pergamena sulle gambe, una penna d’oca incastrata sull’orecchio e un paio di libri di astronomia aperti a terra. Ron non voleva avvicinarsi di soppiatto, ma aveva dimenticato di avere indosso il mantello e così, quando si accovacciò e toccò la spalla di Hermione, lei cacciò un urlo, afferrò d’istinto la propria bacchetta e quasi lo affatturò.
Rendendosi conto di essere invisibile, il povero Ron fece scivolare immediatamente il mantello.
«Ferma Hermione, sono io!»
«Ron! Ti ha dato di volta il cervello?!»
«A me?» Ron rise. «Tu che ci fai qui a quest’ora?»
«Studiavo»
«Studiavi? A quest’ora? Gli altri sono già tutti in sala comune, è tardi» le fece notare Ron spalancando gli occhi.
«Be’, a quest’ora è più tranquillo. E poi non mi pare che tu sia in sala comune, ora» ribattè Hermione alzando un sopracciglio. «Che ci fai qui?»
«Io… Cavolo, è vero! Stavo cercando Crosta»
«Allora…»
Ma la frase di Hermione fu interrotta sul nascere dal risuonare inconfondibile delle scarpe di Gazza sulle scale, che aveva fatto drizzare le orecchie ai due amici. D’istinto Ron afferrò il mantello e li coprì entrambi, accovacciati a terra com’erano. Hermione, con uno sguardo allarmato, gli fece silenziosamente segno di coprire anche i suoi strumenti, per evitare che Gazza, vedendoli, si mettesse a cercare loro due. Ron si avvicinò ancora di più alla sua amica e allungò il mantello sopra il telescopio.
Nella penombra, mentre Hermione restava con gli occhi puntati sulla porta, Ron la osservò più da vicino e più attentamente di quanto non avesse mai fatto. Fugacemente, il pensiero di come Hermione fosse diventata bella, oltre che brillante e coraggiosa, gli attraversò la mente. Immediatamente lo scacciò via, sentendo le proprie guance avvampare: erano così vicini che temeva che Hermione potesse sentire il calore che sentiva emanarsi dalla sua faccia. E poi lei era sua amica. Non poteva pensare queste cose.
Mentre Ron si dibatteva tra questi pensieri, Gazza aveva continuato a perlustrare la cima della torre, puntando la propria lampada da un capo all’altro del terrazzo. A un certo punto la puntò esattamente su di loro e, aggrottando le sopracciglia, accennò un paio di passi nella loro direzione. D’istinto Hermione afferrò la mano di Ron, preoccupata, cosa che lo fece avvampare di nuovo. Quando poi il guardiano, non vedendoli, si voltò e tornò sui suoi passi, entrambi si rilassarono ed Hermione ritirò la mano con un sorriso imbarazzato.
«A-Allora… cosa stavi studiando?» chiese Ron, ripiegando il mantello.
«Cercavo di riconoscere le varie costellazioni. Anzi, adesso mi rimetto a lavoro».
Fece per andare a sistemare il telescopio, che si era spostato, quando Ron, quasi come se il suo braccio si fosse mosso da solo, la afferrò per il gomito.
«Hermione…»
Lei si voltò a guardarlo con un sguardo a metà tra il divertito e il confuso.
«Che c’è, Ron?»
«Io…» rendendosi conto di ciò che stava facendo, cominciò a guardare le stelle ed annunciò «so riconoscere le stelle!»
Iniziò ad indicarle e ad attribuire loro nomi completamente inventati, che Hermione non aveva mai sentito. All’inizio restò perplessa, ma poi iniziò a ridere.
«Ron, ma queste stelle non esistono!»
«Lo so. Speravo di ingannarti e farti credere che avessi studiato anche io».
Hermione, ancora ridendo, si sdraiò per terra invitandolo a fare altrettanto. Mise un braccio sotto la testa e con l’altro iniziò ad indicare stelle, pianeti e costellazioni ed a spiegare a Ron come si chiamassero e quali fossero le loro caratteristiche. Gli raccontò di come le stelle nascono e di come muoiono, gli spiegò come trovare la stelle polare, migliore amica dei marinai babbani, gli fece vedere Cassiopea e Orione. Ron la ascoltava sinceramente interessato e finirono per passare in quel modo quasi tutta la notte.
La mattina seguente Ron non voleva saperne di alzarsi. Continuò ad avvolgersi di più nelle coperte e ad ignorare i richiami di Harry, finché quest’ultimo non lo buttò giù dal letto a forza di spintoni.
«Hai delle occhiaie spaventose. Che hai fatto ieri notte? Sei uscito a cercare Crosta e non sei più tornato».
Un lampo attraversò la mente di Ron, quando sentì nominare il suo topo. Dopo la notte passata a studiare le stelle con Hermione, aveva completamente dimenticato di cercarlo.
Si nascose la faccia sbadigliando, nel tentativo di non far capire al suo migliore amico di essere stato colto in fallo.
«L’ho cercato quasi tutta la notte, ma non sono riuscito a trovarlo» mentì.
Scesero in Sala Grande per la colazione, dopo essersi vestiti in tempo record, e lì trovarono Hermione, che si era già servita. Anche lei, naturalmente, aveva delle occhiaie particolarmente evidenti. Quando Harry le chiese cosa avesse combinato, rispose che aveva studiato astronomia per tutta la notte, che si sentiva particolarmente ispirata. Non era poi del tutto falso.
Harry andò a prendersi del bacon e gli altri due si lanciarono uno sguardo complice e divertito, che li fece quasi scoppiare a ridere.
Per fortuna Harry Potter non era mai stato particolarmente sveglio, per certe cose.

19 anni dopo
Sembrava che il destino avesse deciso che Ron Weasley non dovesse dormire, quella notte. Aveva fatto fatica ad addormentarsi, per via del caldo umido che dall’inizio di quell’agosto infestava Londra e che la ricopriva come una cappa, quasi solido. Quando finalmente era riuscito ad addormentarsi, il fastidio dell’afa non lo aveva abbandonato, causandogli strani sogni e incubi. Alla fine si era definitivamente svegliato.
Si voltò verso l’altro lato del letto, a cercare Hermione, ma lei non c’era. Pensando che fosse andata nella camera dei ragazzi, magari svegliata dal piccolo Hugo che non riusciva a prendere sonno, andò a controllare. Ma non era nemmeno lì. Guardò in cucina, in bagno e alla fine uscì in giardino. E la trovò.
Era bellissima, anche con i pantaloncini e la canotta del pigiama e con i capelli raccolti in uno chignon arruffato e disordinato. Era sempre bellissima. Stava appoggiata all’altalena dei bambini e guardava assorta le stelle.
Ron si avvicinò silenzioso e le toccò una spalla. Sussultando, lei si girò e poi gli sorrise.
«Hey»
«Hey, non dormi?»
«Non ci riuscivo, c’è troppo caldo. E mi è venuta voglia di provare a riconoscere ancora le stelle, anche se non le studio da tanti anni»
«Ah, io le riconosco» fece Ron con una sorta di orgoglio, stringendola con un braccio.
Come tanti anni prima, iniziò ad indicare le stelle e ad inventare per loro dei nomi. Hermione rise di gusto e gli cinse il collo con le braccia.
«Sei sempre il solito, Ronald Weasley»
«Anche tu, Hermione Granger in Weasley»
Si avvolsero in un bacio, illuminati dalle stelle.
   
 
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