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Autore: Steffa    05/06/2009    7 recensioni
Roy non rispose, ma allungò una mano per afferrare quella di metallo di Edward.
“E’ calda…” commentò.
Il biondo sbatté un paio di volte le palpebre incredulo.
“Era a contatto con la tazza calda, c’è stato il trasferimento di calore dato che è un conduttore.” spiegò in modo pragmatico.
Il moro allora se la avvicinò al viso per poterla osservare meglio, aiutato dall’arrendevolezza di Edward che gli lasciò fare.
“Acciaio.” mormorò quindi stringendo un poco le palpebre.
A quella parola il biondo trattenne il fiato.
L’aveva pronunciata con quella stessa cadenza, trascinando leggermente le lettere “a” e troncando subito la “o”.
Quel tono, quella voce, quegli occhi, era lui ed allo stesso tempo non lo era.
Edward sentì la confusione di quegli accostamenti quasi perfetti mentre poteva percepire il profumo della cioccolata sprigionarsi dalle sue labbra socchiuse, rendendo il tutto quasi familiare.

Terza classificata al concorso di RoyxEd 4Ever "A Contest For The Chocolate"
Attenzione, Alter!Roy presente... Ebbene si, l'ho fatto!
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Roy Mustang
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Beginning’s Chocolate


Berna
Svizzera 1924


Mentre osservava il paesaggio scorrere via attraverso il finestrino del treno sul quale stava viaggiando con suo fratello Alphonse, si convinceva sempre più d’aver fatto la scelta giusta, nel lasciare la Germania per andare a cercare un qualsiasi altro luogo in cui potersi ricostruire una sorta di vita.
Era lampante quanto la situazione tedesca non fosse delle migliori, indi aveva raccolto le poche cose che aveva lasciato nella casa che condivideva con Alfons e si era trascinato il fratello in quel viaggio improvvisato.
Anche se non conosceva ancora bene quel mondo, credeva che il Paese sul quale era ricaduta la sua scelta, fosse quello giusto, per lo meno lo sperava ardentemente.
La Svizzera, con le sue verdi vallate attraversate da limpidi fiumi, il tutto sovrastato da quella catena montuosa di cui non ricordava il nome, gli sarebbe sicuramente sovvenuto in seguito.
La prossima fermata sarebbe stata la loro, Berna, una città che avrebbe dato loro l’opportunità di ricominciare daccapo.
Suo padre gli aveva detto tempo addietro che quella città era fornita di un’università che sfornava studiosi di tutto rispetto.
Edward lanciò uno sguardo al fratello, accovacciato sul sedile di fronte al suo, sprofondato in un sonno che probabilmente di ristoratore aveva ben poco.
Doveva ammetterlo, gli faceva uno strano effetto ritrovarselo davanti in quelle sembianze, con un corpo umano, con un viso capace di esprimere espressioni e con quell’irritante altezza.
Ma era felice, come non lo era stato da tanto, troppo tempo, ritrovarselo anche da quella parte del portale era stata più d’una semplice bella sorpresa, aveva rinunciato di nuovo a tutto quanto, ma a quanto pareva, il fato aveva voluto fargli un regalo inaspettato.
Quando udì i freni del treno cominciare a fischiare nel rallentare il mezzo, si alzò in piedi, allungando le braccia sopra la testa per stirare un poco i muscoli intorpiditi.
Si chinò poi verso il fratello, scuotendolo per una spalla con delicatezza.
“Al, sveglia, siamo arrivati.” mormorò per non svegliarlo di soprassalto.
Dopo qualche mugugno indispettito e qualche altro scossone, il più giovane si convinse ad aprire gli occhi, sbadigliando poi vistosamente.
“Mmmmh… Nii-san, siamo a Berna?” domandò masticando un poco le parole per il sonno.
“Certo, avanti, andiamo!” esclamò con entusiasmo il biondo, prendendo la misera valigia che costituiva i suoi possedimenti per fiondarsi poi fuori dallo scompartimento, seguito prontamente da Alphonse.
Una volta scesi dal mezzo, rimasero entrambi sbalorditi dalla grandezza di quella stazione, pareva addirittura delle stesse dimensioni di quella di Central City e non era affatto poca cosa.
“Ah… Voglio visitare tutta la città, andiamo Al!” dichiarò Edward avviandosi verso l’uscita della stazione.
Il fratello parve un poco dubbioso e mentre tentava di stargli alle calcagna, espresse i suoi pensieri.
“Nii-san, non credi sia il caso di cercare un posto in cui poter passare la notte per lo meno? Siamo venuti qua senza avere niente con noi, come pensi che faremo?”
Il più anziano sbuffò spazientito, muovendo una mano guantata nell’aria come per scacciare le parole dell’altro ed atteggiando l’espressione in un broncio.
“Oh, avanti, ce la caveremo in qualche modo, come abbiamo sempre fatto, non rovinare il momento.”
Interdetto, Alphonse si ritrovò catapultato nelle affollate strade della città, tentando di non perdere d’occhio il fratello, che, senza cattiveria nei pensieri, sarebbe potuto letteralmente svanire tra i passanti da un momento all’altro.
Girovagarono senza metà per buona parte della mattinata, finché non giunsero nei pressi della famosa università di Berna, in fondo il luogo che maggiormente aveva attirato la loro attenzione.
Nonostante la più che certa convinzione di Edward di voler visitare l’edificio e magari informarsi su qualche corso che avrebbero potuto seguire, il suo stesso stomaco ritenne necessaria una pausa, facendosi udire con forza nel brontolio.
Non fu per loro difficile trovare un locale in cui fermarsi per mangiare qualche boccone.
Entrando, non poterono fare a meno di notare la grande affluenza di giovani, probabilmente studenti universitari, per cui, la loro presenza passò alquanto inosservata mentre prendevano posto ad uno dei pochi tavolini rimasti liberi.
Una giovane cameriera si prodigò velocemente nel raggiungerli per prendere le loro ordinazioni, lanciando smaglianti sorrisi ad entrambi.
“Nii-san, non pensi d’aver ordinato un po’ troppo? Non abbiamo tanti soldi con noi, se continui in quel modo, li finiremo anche troppo velocemente.” commentò il più giovane, osservando la gran quantità di cibo che il fratello aveva davanti.
Edward s’era lasciato prendere la mano ed aveva ordinato un po’ di tutto, troppo curioso di poter gustare quei piatti nuovi, per pensare al portafoglio, che effettivamente non straripava di contanti.
“Suvvia, Al, non penserai che sia cresciuto di tutti questi centimetri restando con lo stomaco vuoto?!” ribatté prontamente con aria saccente, avventandosi poi sulla prima portata che gli era capitata sotto mano.
Proprio per la sua voracità, non vide l’occhiata scettica che gli rivolse il più giovane e probabilmente fu un bene, altrimenti non l’avrebbe fermato nessuno dal cominciare uno dei suoi sproloqui sulla sua dubitabile altezza, attirando l’attenzione di tutti quanti.
Alphonse si rassegnò all’ingordigia del fratello e s’apprestò, scuotendo lievemente il capo, a seguire il suo esempio e cominciare a mangiare, seppur magari un poco più di finezza non sarebbe bastata.
Fu per un movimento casuale dello sguardo che fissò i propri occhi su una figura fin troppo familiare, nel bel mezzo di quell’ignoto che era quel mondo.
Per la sorpresa, lasciò cadere la forchetta nel piatto, rimanendo con le labbra socchiuse in un’espressione incredula, attirando in tal modo l’attenzione del fratello, che inghiottendo a forza un boccone fin troppo consistente, inclinò il capo verso una spalla incuriosito.
“Si può sapere che hai visto, Al?” domandò, muovendo poi una mano davanti al suo viso per constatarne le reazioni.
“Il… E’…. T…Taisa… Mustang….?” balbettò incredulo, sbattendo poi più volte le palpebre.
Edward nel sentire quelle parole, sentì un brivido percorrergli la schiena.
No, non era possibile, gli aveva detto di restare dall’altra parte per distruggere il portale, non poteva essere lì.
E se invece non lo avesse ascoltato?
Se fosse saltato assieme ad Alphonse senza che loro se ne accorgessero?
Lentamente si voltò per sbirciare alle sue spalle, nella direzione che Alphonse stava ancora fissando con insistenza e lo vide.
Seduto al bancone in una posa composta, vestito in abiti civili semplici ma che gli ricadevano elegantemente sul corpo.
Una mano, puntellata con il gomito sul ripiano, gli sosteneva il capo, perdendosi nella chioma d’ebano dei suoi capelli, le labbra piegate in un sorriso mentre scambiava convenevoli con la cameriera che poco prima li aveva serviti e gli occhi scuri che scintillavano appena per la luce che filtrava dalla vetrina.
Un momento, Edward ricordava bene il Taisa, in fondo come avrebbe potuto dimenticarlo?
L’ultima volta che l’aveva visto, il suo occhio sinistro era coperto da una scura benda, mentre in quel momento stava ammiccando con entrambe le iridi verso la giovane donna.
Un moto di stizza fece assottigliare lo sguardo del biondo, un momento prima che si rendesse conto di quale fosse la realtà.
Giusto quando stava per rigirarsi ed avvisare Alphonse del disguido, chissà per quale motivo, l’uomo al bancone voltò il capo nella sua direzione, fissando le iridi nelle sue dorate ed il tempo parve fermarsi per un istante.
Un lieve fastidio al petto, al livello del cuore, colse il giovane mentre il sangue affluiva alle gote, infine si girò di scatto, abbassando il capo per ricominciare a mangiare.
“Smettila di fissarlo, Alphonse, quello non è Mustang.” borbottò indispettito.
Già, perché quello non era Roy, quindi non gliene poteva importare di meno di quello che faceva con le cameriere di tutti i bar di Berna.
Il fratello gli lanciò uno sguardo spaesato.
“Ma sì, ricordi quella storia degli alter ego?” sbottò ancora l’ex Fullmetal con un moto indispettito.
Al parve d’un tratto ricordarsi di quel piccolo ma non insignificante particolare, sinceramente gli era passato di mente e quando aveva visto quell’uomo identico al Taisa, non aveva pensato ad altro che a lui.
Notando come il fratello fosse in seguito caduto in un silenzio ostinato, decise di non prolungare oltre quel discorso, cercando di ignorare quella presenza tanto familiare quanto sconosciuta.
Continuarono a mangiare in silenzio, o per lo meno, lui mangiava, mentre Edward si era messo a giocherellare con il cibo che aveva nel piatto, proprio come quando era piccolo ed era stato sgridato dalla loro madre per qualche marachella.
Fece per aprire bocca e chiedergli che cosa avesse, quando la calda e familiare voce del Taisa, o meglio dell’alter ego del Taisa, non giunse alle sue orecchie.
“Chiedo scusa per il disturbo, ma non mi sembra di avervi mai visto prima d’ora, siete studenti stranieri?”
L’uomo si era accostato al loro tavolo, poggiando con eleganza una mano sul bordo per sostenersi e chinandosi di poco verso di loro per non dover alzare ulteriormente la voce, le scure iridi scorrevano tra i due ragazzi con educata curiosità.
Edward, perso nelle sue tiritere mentali, non si era accorto del sopraggiungere dell’uomo e quando udì all’improvviso quella sua voce, a tal punto conosciuta, sobbalzò non riuscendo a trattenersi, lanciando poi uno sguardo infuocato al nuovo giunto.
Quello, incapace di comprendere il perché di quell’espressione adirata nei suoi confronti, accigliò il viso per la sorpresa, finché non venne distratto dal parlare del più giovane degli Elric.
“Ah, si siamo stranieri, ecco, noi…”
“Noi siamo tedeschi, qualcosa in contrario?” sovvenne all’improvviso Edward con tono duro e osservando il moro come per sfidarlo a contraddirlo.
L’uomo inarco un sopracciglio sorpreso da tale reazione, ma non fece in tempo a ribattere, che il biondino si alzò in piedi, battendo con forza con la mano destra sul tavolo, facendolo scricchiolare sinistramente per il peso dell’acciaio.
“Andiamo, Al, abbiamo da fare.” sbottò rivolto al fratello, per poi afferrare la giacca e aggirare il tavolo, senza degnare d’un ulteriore sguardo l’uomo li vicino, dirigendosi poi verso l’uscita.
Alphonse balzò in piedi, seguendolo con lo sguardo basito, voltandosi poi verso il moro che pareva ancora non aver compreso la situazione.
S’inchinò profondamente per scusarsi, arrossendo per la vergogna del comportamento del fratello.
“Scusi mio fratello, per favore, non l’ha detto con cattiveria. E’ che siamo appena arrivati e deve essere stanco per il viaggio.”
Quando udì l’altro ridacchiare, si alzò sorpreso, corrugando un poco la fronte per la preoccupazione.
“Non importa, non mi sono offeso.” lo tranquillizzò scuotendo il capo. “Al, giusto? Io sono Roy, Roy Klee.” si presentò tendendo la mano verso di lui.
“Piacere, Alphonse Elric, mio fratello, lui è Edward Elric.” rispose un poco titubante, stringendogli infine la mano con leggerezza.
“Beh, dato che siete appena arrivati, avete già un posto dove passare la notte?” domandò quindi Roy, passandosi una mano distrattamente tra i capelli.
“Ehm… A dire il vero… No.” ammise il più giovane, scuotendo il capo.
Il sorriso che colorò il viso dell’uomo, però, non lo tranquillizzò per nulla.
“Allora, potreste venire a vivere nel mio appartamento, stavo giusto cercando un paio di inquilini con cui condividere l’affitto.”
La proposta di Roy, se ponderata con la mente lucida, non era poi così deprecabile, ma Alphonse prima d’ogni altra cosa, avrebbe dovuto parlarne con il fratello, indi si ritrovò in difficoltà ancora una volta.
“Ecco.. Io dovrei chiedere al nii-san..” mormorò indeciso.
“Nessun problema.” affermò con sicurezza l’uomo, prendendogli la mano che stava abbandonata lungo il fianco per lasciargli un foglietto di carta nel palmo. “Qua c’è scritto il mio numero di telefono e l’indirizzo. Se vi vedo arrivare questa sera, vorrà dire che avrete accettato.” concluse, strizzandogli l’occhio e facendolo arrossire.
“Al!! Che diavolo stai facendo?” si sentì l’urlo di Edward sovrastare tutte le altre voci senza alcuna difficoltà.
Al che, il ragazzo sobbalzò sul posto, inchinandosi velocemente davanti all’uomo per ringraziarlo e scusarsi, per poi correre all’uscio tenuto aperto dal fratello, che lo scrutava con sguardo infervorato.
Pochi attimi dopo Alphonse si ritrovò a dover trotterellare dietro al passo deciso e furioso del fratello.
“Che diavolo voleva da te quel dannato?” domandò con un ringhio nervoso.
Il giovane respirò profondamente prima di alzare gli occhi al cielo e decidersi a parlare.
“Mi ha detto che cercava dei coinquilini con cui condividere un appartamento.” disse tutto d’un fiato, incassando subito la testa tra le spalle per prepararsi alla sfuriata del fratello che non tardò certo ad arrivare.
Ma come si permetteva quel Colonnello di merda di fare proposte del genere al suo nii-chan?
Certo che doveva avere una bella faccia tosta, gli avrebbe fatto assaggiare il suo automail, peccato che non avrebbe potuto trasmutarlo in una lama affilata.
Poco gli importavano gli sporadici commenti di Alphonse che lo avvisava che quello non era il Taisa, erano comunque della stessa pasta: stessa faccia da schiaffi, medesimo sorriso sghembo, anche gli occhi neri e profondi erano gli stessi ed il modo in cui i capelli ricadevano dispettosi ed eleganti sulla fronte…
Era dannatamente uguale a lui, ringhiò sommessamente al pensiero che lo colse, chiudendo ed aprendo le dita dell’automail per scaricare la tensione, facendolo scricchiolare sinistramente.
“Nii-san, quanto tempo è che non fai della manutenzione all’automail?” gli domandò d’un tratto Alphonse, facendolo sobbalzare avendo colpito un tasto dolente.
“Oh, ehm… Da un po’, ma vanno bene così.” ridacchiò nervosamente.
Lo sguardo sospettoso del più giovane, però, non lasciò scampo al biondo, che fu costretto silenziosamente a capitolare.
“ok, tranquillo, lo farò appena avremo trovato una locanda.” propose speranzoso.
Alphonse alzò gli occhi al cielo con fare esasperato.
“Avanti, nii-san, non abbiamo tutti quei soldi da spendere e nemmeno un lavoro con cui procurarcene al momento. Se andiamo a vivere con quell’uomo, avremo poi più possibilità di vivere normalmente.”
Il discorso del fratello non faceva una piega ed Edward lo sapeva, ma era ancora restia ad alzare bandiera bianca.
“Non so, Al. Non lo conosciamo neanche in fondo. Potrebbe essere un maniaco, un criminale, un assassino…”
“Cosa vuoi che possa farci, dopo tutto quello che abbiamo passato? Anche senza alchimia potremo metterlo fuori combattimento senza difficoltà.” ribatté prontamente Alphonse.
“Ma Al…” si lamentò il biondo.
Successivamente l’espressione implorante e gli occhioni luccicanti di cui si era munito il più giovane degli Elric, lo fecero capitolare senza possibilità di salvezza.
Mentre s’incamminavano alla ricerca della casa del moro, Edward si ritrovò a maledire la propria arrendevolezza.
Certo, non era più abituato a simili ricatti emotivi da parte del fratello, che, probabilmente, era anche migliorato nella tecnica rispetto agli anni dell’i delle stesse dimensioni di quelo già da qualche ora alla ricerca di quel famoso appartamento, poiché, a detta dell’ex Fullmetal Alchemist, lui non necessitava di chiedere informazioni alla comune gente di strada, convinto d’esser in grado di poter trovare tal luogo semplicemente grazie al suo ottimo orientamento.
“Adesso basta nii-san, sai che fra qualche ora farà buio? Ora ci penso io.” si impose il più giovane, avvicinando il primo passante e ricavando senza difficoltà le informazioni per poter raggiungere l’appartamento in pochi minuti.
Fu con un Edward mortalmente offeso e bofonchiante chissà che cosa, le braccia incrociate al petto, che Alphonse si apprestò a suonare il campanello, sperando che il moro fosse già rientrato.
Pochi attimi dopo, poterono udire la sua voce annoiata rispondere al citofono.
“Si?”
“Ehm… Signor Klee, sono Alphonse Elric, c’è anche mio fratello. Ecco, noi…”
“Ah, perfetto!” esclamò con rinnovato entusiasmo l’uomo, quasi come se li stesse attendendo. “Salite! Terzo piano, prima posta sulla sinistra.” detto ciò interruppe la conversazione.
“Andiamo nii-san.” ammonì il castano, afferrando il ragazzo per un braccio impedendogli una probabile fuga e sospingendo il portone.
Quando raggiunsero il piano giusto, trovarono l’uomo ad attenderli sulla soglia di casa, le braccia incrociate al petto ed una spalla poggiata allo stipite con un sorrisetto sghembo a ridisegnargli le labbra.
“Che ha da sorrider quello?” bofonchiò il biondo guardandolo storto.
“Sii gentile, nii-san.” lo interruppe il fratello, salutando poi l’uomo. “Salve, ecco, ci scusi per…”
“Nah… Stai tranquillo Alphonse, avanti, entrate.” lo interruppe l’altro, precedendoli all’interno.
Vi fu una breve visita guidata dell’appartamento costituito da un piccolo salottino, una cucina ben accessoriata e due camere da letto con tre letti in tutto.
“Ovviamente avrete la camera doppia.” precisò Roy con un sorriso.
Edward arricciò il naso in una smorfia, lanciando la valigia su uno dei letti con un grugnito.
“Ehm… Che ne dite se preparo qualcosa da mangiare?” propose Alphonse sperando di poter mitigare l’umore del biondo con qualche buon piatto.
“Direi che è un’ottima idea, ma temo che la dispensa sia vuota.” ridacchiò il più grande con un’espressione colpevole in volto.
“Nessun problema, ho visto un negozio arrivando, faccio un salto a prendere qualcosa.”
Edward non fece nemmeno in tempo ad aprir bocca che il fratello gli aveva sfilato il borsellino dei soldi dalla tasca, fiondandosi poi fuori dall’appartamento.
“Che entusiasmo.” commentò Roy, lanciando un’occhiata all’altro, che stava silenziosamente sfilandosi la giacca per lasciarla ai piedi del letto.
Ricevendo in risposta un grugnito che non fu in grado di interpretare, decise che era meglio lasciar la stanza, mettendosi alla ricerca di qualcosa da mangiucchiare in attesa dell’arrivo di Alphonse.
Il biondo, invece, si sedette sul bordo del letto, sospirando mentre si sfilava entrambi i guanti candidi, abbandonandoli accanto a sé.
Si dedicò poi alla camicia, sbottonandola velocemente e togliendosela per poter controllare l’automail, in fondo l’aveva promesso al fratello.
Frugò brevemente nella valigia, estraendone una scatolina contenente dell’olio lubrificante, qualche cacciavite di diverse misure e delle viti di ricambio.
Sorrise tra sé e sé, Winry aveva pensato a tutto.
Indesiderata, si fece spazio nella sua mente una chioma color dell’ebano e dovette scuotere il capo con forza nel tentativo di cacciarla, decidendo di dedicarsi completamente alla manutenzione per non dover pensare all’altra parte.
Mosse lentamente il braccio per percepire qualche parte cedevole o qualche scricchiolio, oliando per bene le giunture e sostituendo un paio di bulloni.
L’aveva detto che andava bene, in fondo non aveva più combattuto contro folli conquistatori di potere.
Era così concentrato su ciò che stava facendo, da non accorgersi dell’ingresso di Roy, ma percepì all’istante il dolce profumo della cioccolata calda che l’aveva accompagnato.
Volse il viso verso quell’odore, trovando il moro fermo sulla soglia della stanza con due tazze fumanti strette nelle mani.
“Ah, scusa, non volevo disturbare. Ho pensato che nell’attesa ti avrebbe fatto piacere un po’ di cioccolata calda.” si giustificò lui alzando le tazze. “La migliore di tutto la Svizzera!” si vantò poi.
Edward inarcò un sopracciglio nel valutare se fosse stato meglio cacciarlo o accettare.
L’acquolina che gli si era formata in bocca all’odore invitante, rispose per lui.
“Grazie.” disse solamente, facendogli cenno col capo di entrare mentre riponeva nella scatola gli arnesi che aveva usato, la gamba decise che l’avrebbe controllata più tardi.
Tentò di non far caso al materasso che cedeva sotto il peso di un altro corpo che prendeva posto accanto al suo ed alzò lo sguardo verso il moro che gli sorrise porgendogli una tazza.
Istintivamente il biondo mosse la mano destra, facendo tintinnare il metallo contro la ceramica e poté facilmente notare lo sguardo dell’altro posarsi prima sulla mano, per poi seguire tutto il braccio fino al torace dove svettavano le cicatrici della congiunzione con la protesi.
“Scusa, forse dovrei coprirmi.” borbottò arrossendo sulle gote, in fondo quell’uomo non l’aveva mai visto, quindi avrebbe anche potuto provare disgusto a quella vista.
Si diede dell’idiota mentalmente per non averci pensato immediatamente, allungando la mancina per afferrare la camicia, ma venne fermato a mezz’aria da quella dell’uomo che la strinse.
“No.” gli disse, fissando le iridi scure in quelle stupite del biondo. “Cioè, non è il caso, ecco… A me non da fastidio, se non lo da a te.” precisò con un tono un poco imbarazzato, che però venne mascherato da uno dei suoi soliti sorrisi.
Edward ne rimase sorpreso e non fece altro che arrossire maggiormente, passando lo sguardo verso le loro mani unite tra loro, rendendo il moro consapevole del gesto e facendogli mollare all’istante la presa.
Scostarono entrambi gli sguardi, nascondendo l’imbarazzo dietro le loro tazze.
Il gusto amarognolo della cioccolata invase la bocca di Edward, che socchiuse le palpebre per gustarsela al meglio.
Amava quel mescolarsi di dolce ed amaro, quel calore che si diffondeva dalle labbra, espandendosi poi nella gola ed infine nello stomaco, scaldando tutto il corpo.
Era rilassante, aveva il potere di scacciare ogni pensiero molesto, ripescando solamente quelli felici.
Ricordò la cioccolata che sua madre preparava nelle giornate invernali per scaldare lui e suo fratello dopo che erano rimasti a giocare sulla neve per tutto il giorno.
Aveva lo stesso gusto.
“Com’è successo?” chiese d’un tratto Roy, interrompendo quel flusso di pensieri.
Improvvisamente Edward non ebbe più voglia di bere quella cioccolata.
Tentò di passare la tazza verso la mancina, ma ritrasse velocemente le dita poiché scottava troppo e si limitò a posarla sul comodino affianco al letto.
Si prese qualche istante per riflettere sulla risposta che avrebbe dovuto dare, in fondo quello non era il Taisa, si ripeté per l’ennesima volta.
Fissò il palmo d’acciaio decidendosi a parlare, evitando accuratamente di alzare lo sguardo.
“E’ stata una bomba, durante la guerra. E’ esplosa ed io ero nel raggio d’azione.”
Sarebbe stata una scusa più che plausibile, in modo da non scatenare l’interesse per porre ulteriori domande ed inoltre, non avrebbe certo potuto raccontargli la verità.
“Deve essere stata dura. Ma è andata bene, potevi perdere altro.” commentò il moro.
Con un sorriso amaro, Edward chiuse a pugno la mano destra, battendola poi sul ginocchio sinistro e facendo risuonare il rumore metallico in risposta.
“Ma poteva comunque andar peggio, sono sopravvissuto in fondo.” concluse semplicemente.
Roy non rispose, ma allungò una mano per afferrare quella di metallo di Edward.
“E’ calda…” commentò.
Il biondo sbatté un paio di volte le palpebre incredulo.
“Era a contatto con la tazza calda, c’è stato il trasferimento di calore dato che è un conduttore.” spiegò in modo pragmatico.
Il moro allora se la avvicinò al viso per poterla osservare meglio, aiutato dall’arrendevolezza di Edward che gli lasciò fare.
“Acciaio.” mormorò quindi stringendo un poco le palpebre.
A quella parola il biondo trattenne il fiato.
L’aveva pronunciata con quella stessa cadenza, trascinando leggermente le lettere “a” e troncando subito la “o”.
“Non ho mai visto niente del genere. Sembra alta tecnologia. Non pensavo che i medici avessero simili conoscenze, per lo meno non qui in Svizzera.” parlò ancora incurante il moro, passando ad esaminare il braccio.
Il biondo si riscosse, allontanando velocemente la mano dalla presa dell’altro.
“Ho viaggiato molto e comunque è soltanto un prototipo.” si giustificò, ma non appena alzò lo sguardo si ritrovò il viso del moro a pochi centimetri dal suo.
Il movimento improvviso, l’aveva fatto sbilanciare e per non crollare aveva poggiato le mani sul letto ai fianchi del giovane.
“Una protesi d’acciaio, geniale.” disse il moro, incurante della situazione imbarazzante e con un sorriso sghembo ad ornargli il volto.
Edward poté giurare di aver sentito il cuore fare una giravolta nel suo petto.
“Ridillo.” mormorò fissando le iridi dorate in quelle scure che si mostrarono interrogative a quella richiesta.
“Che cosa?” domandò infatti.
“Il materiale.” rispose appena l’altro.
Roy assottigliò lo sguardo e seppur non comprendendone il significato, lo accontentò.
“Acciaio.” sussurrò avvicinandosi sino a far sfiorare i loro nasi.
Quel tono, quella voce, quegli occhi, era lui ed allo stesso tempo non lo era.
Edward sentì la confusione di quegli accostamenti quasi perfetti mentre poteva percepire il profumo della cioccolata sprigionarsi dalle sue labbra socchiuse, rendendo il tutto quasi familiare.
Inconsciamente socchiuse le palpebre mentre stava per dire addio alla sua mente confusionaria.
“Nii-san, ti è andata bene, il latte era finito.” si sentì la voce di Alphonse dall’ingresso.
Per la sorpresa Edward sobbalzò, scivolando dal bordo del letto e finendo con il sedere per terra in un tonfo sordo, lasciando con un palmo di naso Roy, che un istante dopo scoppiò a ridere.
Il biondo ringhiò arrossendo vistosamente per l’imbarazzo, massaggiandosi la parte lesa chiuse forte il pugno d’acciaio producendo un rumore minaccioso.
“Alphonse!” udrò balzando in piedi in tutta la sua esigua altezza.
Il più giovane si affacciò sulla soglia con uno sguardo angelico.
“Che c’è?” domandò con un sorriso. “Oh, copriti nii-san, potresti prendere freddo. Hai fatto la manutenzione?”
Quando in risposta ricevette un altro ringhio, ridacchiò innervosito.
“Che ho fatto? Dai nii-san, non puoi pensare di poter picchiare il tuo unico fratellino.” tentò in propria difesa.
“Avanti Alphonse, ti faccio vedere quanto funziona bene l’automail.” minacciò il biondo avvicinandosi.
“Waaa… No nii-san, chi preparerà al cena poi?”
A quelle parole il biondo si fermò ad un soffio dal fratello e borbottando frasi sconnesse ritornò al letto, afferrando la camicia ed infilandosela.
“Vedi di dare del tuo meglio.” lo ammonì, fulminandolo con lo sguardo. “E tu che hai da ridere?” chiese poi minaccioso al moro che stava ancora sghignazzando.
“Niente, niente. Vado ad aiutare Alphonse.” si affrettò a dire, dirigendosi verso la cucina. “Ti chiamo quando è pronto, Acciaio.” gli disse un attimo prima di lasciarlo, lanciandogli uno sguardo malizioso ed un sorriso sghembo.
Edward rimase immobile, incredulo alle proprie orecchie, infine tentò di trattenere un sorrisetto soddisfatto, leccandosi le labbra che sapevano ancora di cioccolata.




Angolino dell'autrice
Ebbene… Scrivendo questa storia mi sono divertita un sacco, lo ammetto, però devo dire che a me non piace! >.<
Non chiedetemi perché, ma c’è qualcosa che non mi convince…
Mah, sarà paranoia, considerando che sono riuscita a raggiungere il terzo posto del concorso… °_°
Non ci credo ancora, ma sono felice! *lascia saltellante l’ultimo posto a cui si era affezionata*
Bellissimo il bannerino, lo adoroooo!
Vi lascio il commento della cavissima giudice! **

Commento:
Bravissima! *_*
Mi hai fatto adorare - innamorare quasi - di questa storia! *_*
E' davvero carina e adorabile!
Originale, dolce e stucchevole allo stesso tempo!
I miei più sentiti complimenti!
Però, dopo i complimenti, ti devo dire cosa non è andato bene: la grammatica.
Cioè, era molto buona nella sostanza, accompagnata anche da un'altrettanta buona sintassi, ma tanti piccoli errorucci, sommati, hanno porta quel sette e mezzo che non avrei voluto darti.
Tuttavia, hai recuperato sull'originalità - dolcissimamente originale :D - sul giudizio personale e sullo stile.
Molto brava, complimenti. ^^

- 7,5 punti alla grammatica;
- 9 punti all'originalità;
- 8,5 punti allo stile;
- 8,9 punti per l'utilizzo dell'elemento cioccolatoso;
- 5 punti al giudizio personale.

E il bannerinoooooo! *zompa di qua e di là*

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Kiss
  
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