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Autore: Dixy    13/04/2005    2 recensioni
Il mondo non è solo un'eterna lotta tra il bene e il male. Si finisce sempre per lottare per o contro se stessi. E anche se sei un angelo arriva il tuo momento di stringere tra le mani una spada. Anche se sei un angelo devi combattere. Per non soccombere. Non di nuovo.
In assoluto la FF più strana che abbia mai scritto.
Genere: Dark, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Lost Angels


Capitolo I - Underground

Is anybody listening?
Can they hear me when I call?


Che schifo. Con la punta di uno stivale nero scosta disgustata la triste carcassa di un ratto, facendo levare una nube di quegli odiosi moscerini che non hanno di meglio da fare che abitare i cadaveri in decomposizione. Ascolta il monotono calpestio dei suoi piedi stanchi sul suolo umido e sporco, l’unica cosa che le tiene compagnia da anni, oltre ai topi di fogna e a qualche occasionale gatto randagio, che di certo non costituiscono un gran divertimento; non il migliore, almeno.
Inciampa in una lattina vuota e arrugginita, impreca sottovoce nascondendo la bocca con una mano, quasi a non voler svegliare qualche spirito dormiente. Macchè. Chi oltre a lei potrebbe vivere in quel posto orrendo? Tira un calcio infuriato alla lattina schiantandola contro il muro, con quel malinconico suono metallico che rimbomba nel silenzio, e si siede a terra, distrutta.
Un altro roditore dal pelo sudicio le passa velocemente sui piedi con un gemito angosciato. Lei si ritrae, e posa il mento sulle ginocchia. E pensa.
In che cazzo di posto è costretta a vivere! Settimane, mesi, anni, ridotta a nascondersi per sfuggire agli occhi di tutti, e questo perché altrimenti avrebbero cercato di ucciderla. Ma non è forse meglio morire che vivere rintanati e soli, celarsi nel buio a tutti i costi, senza poter emergere, senza poter vedere per un attimo la luce, senza poterne niente? Sì, avrebbe davvero voluto morire, e vedere quel mondo andare in rovina senza di lei, ma loro non sarebbero stati capaci di ucciderla. Ci avrebbero provato, ma non ce l’avrebbero fatta. Ci avrebbero provato perché l'avrebbero vista diversa, e per quegli stupidi umani tutto ciò che differisce dal loro tedioso vivere è nemico e va eliminato. Non ce l’avrebbero fatta semplicemente perché così è stato scritto. Gli uomini non sono abbastanza potenti per ucciderla, se la ferissero soffrirebbe e si indebolirebbe fino a quando le ferite non si fossero rimarginate. Non le va di soffrire ancora senza motivo.
Lei è immortale, esisterà per sempre, ed è proprio quest'eternità che le pesa. Quest'eterna solitudine.
Solo qualcuno come lei potrebbe farla scomparire da quello schifoso mondo, ma l'angosciante sensazione di essere un'apatica derelitta continua a penetrare la sua mente, cancellando ogni speranza, ogni certezza, tutto. Un brivido le attraversa la schiena come un'ago di ghiaccio e la riscuote.
Odia la sua vita.
Odia quel posto.
Odia chi ce l'ha mandata.
Odia la sua anima dannata.
Si odia con tutto il cuore.

***

I'm shooting signals in the air
'Cause I need somebody's help


Divertente. Orribilmente divertente. Si lascia andare a una risata agghicciante, senza allegria, mentre il guardiano del cimitero corre via incespicando, senza più nemmeno la forza di gridare, il volto fattosi improvvisamente slavato e gli occhi fuori dalle orbite.
Lui, scomodamente appollaiato sul ramo di una possente quercia, ammira il suo capolavoro con forzato piacere.
Dovrebbe trovare qualcosa di nuovo, ormai quel gioco sta diventando noioso e scontato, e per di più non corre mai nessun rischio di essere scoperto. In compenso ha fatto sì che attorno alla sua persona si forgiassero una serie di leggende, è diventato famoso. Il "Profanatore di tombe" e altri stupidi nomi scagionati dalla fervida fantasia degli umani. Profanatore di tombe... Carino, niente male, pensa mentre si appresta a riporre al suo posto il cadavere che ha dissotterrato e messo in bella mostra, per il solo gusto di vedere qualcuno terrorizzato dal frutto della sua opera. La luce argentea della luna bagna prima le sue mani sporche, poi il volto candido del defunto, ancora intatto. Non vi ha inciso orrendi tagli come fa solitamente, non questa volta. L'ha scelta a caso, come al solito, e liberata dalla tomba, come al solito, ma non l'ha toccata di più. La guarda di nuovo: una giovane donna, bellissima, forse sepolta il giorno precedente.
Allora è vero quando si sente la gente lamentarsi delle ingiustizie del mondo: se non è un'empiètà permettere che qualcuno lasci la vita nel fiore degli anni... Sicuramente era anche stata un'esistenza felice. Non come la sua, gli suggerisce una vocina nella sua testa. Non può negare. Non come la sua.
Rimane ancora a contemplare la giovane a lungo, il corpo perfetto, il mortale pallore della carne, i sottili capelli biondi... è un'ingiustizia. Vorrebbe essere lui al suo posto, almeno porrebbe fine a quella vita inutile e perversa di cui è schiavo. O magari non merita neanche di concludere i suoi tormenti. Lui, che potrebbe avere tutto, che è potente, straordinariamente potente, si sente affranto, fragile ma cerca di nasconderlo dietro tutta la crudeltà di cui è capace. E' giusto? Desidera consumarsi fino alla fine. Desidera tornare dal nulla da cui proviene.
Passa una mano pallida tra i capelli della ragazza; estrae un lungo pugnale d'argento finemente ageminato da una fondina di cuoio consunto e passa attentamente la lama sottile sulle labbra serrate della defunta, osservando il sangue vermiglio che ne sgorga gradualmente.
Avvicina il volto e dà una rapida leccata al fluido rosso scuro e si sente fremere, il cuore aumenta i battiti e non riesce a controllarlo. Compie lo stesso gesto più e più volte, finché non si considera appagato. Sangue umano. Non fa una cosa simile da tempo.
Ripone il cadavere nella cassa di legno intagliato e rimette quest'ultima, senza chiuderla, nella fossa. Scruta ancora il corpo per lunghissimi minuti alla triste luce della luna, poi si costringe a chiudere la bara e rimettere tutto a posto. Lo sente, si sta indebolendo. Per la prima volta da tempo interminabile prova qualcosa di simile alla paura, ciò che lo infastidisce è il non essere a conoscenza del motivo di fondo. Odia ignorare le cose che lo riguardano.
Volge lo sguardo verso la luna che riflette la sua sfera magica e vellutata negli occhi chiari di lui. La sensazione di percepire qualcosa di inconsueto e terribile lo colpisce, incrementando il suo senso d'inquietudine.
D'altronde, è stato lui a desiderare così ardentemente un cambiamento...

I can't make it on my own
So I'm giving up myself


***


I'm lost here
I can't make it on my own
I don't wanna die alone
I'm so scared
Drowning now
Reaching out


Ha fame. Sono giorni che non tocca cibo, e ora ha terribilmente fame. Veramente non ci aveva fatto caso, prima, mentre errava senza meta tra i vicoli astrusi della sua stessa mente, ma ora l'ha assalita uno schiacciante senso di spossatezza. Ha bisogno di energie. A fatica si alza in piedi e si raddrizza, fa qualche passo in avanti, si ferma, poi riparte, si arresta un'ultima volta e trattiene il respiro, immobile. C'è qualcuno. Le sue pallide labbra si stirano lentamente in un demoniaco sorriso. Adora essere una cacciatrice, le dà la possibilità di dimostrare a quel pubblico occulto che a volte pare circondarla, quant'è brava. E spietata.
Solitamente nessuno fa rogne per quelli che misteriosamente scompaiono da quelle parti; chi non ha meglio da fare che addentrarsi nelle tetre gallerie di una metropolitana in disuso da anni non deve godere di grandi amicizie.
Tende bene le orecchie appuntite per captare ogni passo della sua vittima. E' vicina e sta venendo dalla sua parte. Decide di aspettarla, tanto non avrebbe tardato molto ad arrivare. Si sistema in piedi al centro del marciapiede, le lunghe gambe leggermente divaricate, le braccia conserte, l'espressione corrucciata sul volto pallido.
Toc to toc... il suono delle pesanti scarpe dello sconosciuto a contatto con l'asfalto aumenta mano a mano d'intensità, insieme con i battiti del cuore della figura in fremente attesa. La debole luce di una torcia fa capolino alla fine della galleria, a una decina di metri da lei e la illumina fiocamente per un attimo. Strizza appena gli occhi, infastidita, ma non distoglie lo sguardo. Ci siamo quasi. Ancora qualche metro...
-Mark?- dice l'uomo a mezza voce. Niente.
-S-sei tu?- insiste quello con tono tremante e insicuro.
Avanza ancora di cinque o sei passi. Non sa di essere visto perfettamente da uno sguardo ottimamente adattato all'oscurità da anni di reclusione.
Lei lo scruta sempre più impaziente: non molto alto, sulla ventina o poco più, incredibilmente turbato da quel luogo. Una facile preda, ma preferisce farlo avvicinare ancora.
-Mark!- ripete a voce più alta.
-Dì qualcosa!-
Scatta la trappola. La figura immobile di fronte a lui spalanca di colpo due qualcosa ai lati del corpo con un leggero e bieco fruscio. Qualcosa di orrendamente simile a un paio d'ali. Per una frazione di secondo l'uomo rimane a guardare nelle tenebre quell'ombra più nera di tutte le altre, poi ha l'infelice idea di illuminarla con la torcia elettrica ormai agli sgoccioli. Un grido orrendo gli si gela in gola, e tutto ciò che riesce a proferire è un sospiro affannato. Ha davanti una ragazza completamente vestita in nero lucido, lo stesso colore della lunga chioma che contrasta con la carnagione mortalmente bianca, l'unico occhio visibile, perché libero dalla lunga frangia di capelli corvini, stretto in una fessura d'odio e di sofferenza, le sottili labbra serrate. Da dietro le spalle sbuca un paio di enormi e orrende ali coperte di piume nero pece. La bocca si storce in un orrendo e crudele sorriso.
L'uomo fa cadere la torcia che si spegne a terra con un rumore di vetro infranto, si volta e inizia a correre alla cieca, incespicando, il respiro pesante, gli occhi fuori delle orbite, quel nauseante senso di vuoto nello stomaco, la consapevolezza dell'avvicinarsi della fine. Una preda senza scampo.
Lei si alza in volo con un gesto maestoso e potente e in pochi secondi gli è sopra. L'altro non ha nemmeno il tempo di esalare per intero l'ultimo respiro che si ritrova con la schiena attaccata al muro e i piedi senza più alcun appoggio; una mano possente armata di trenta centimentri di lama gli squarcia il petto dallo sterno a metà ventre. L'uomo si spegne con uno spasmo pietoso, mentre il sangue gronda copiosamente sulle mani di lei, sul muro, scorre sul marciapiede colando fin sui binari in disuso.
Torna a terra trascinando la sua vittima lungo il muro, richiude le enormi ali nere e si ferma ancora lunghi attimi ad ammirare compiaciuta il frutto della sua facile caccia. Dannazione, fin troppo facile. L'adrenalina dei primi minuti è evaporata via troppo in fretta perché ora possa compiacersi appieno del suo risultato. Lei è nata per combattere, prendere parte a lunghe e amare battaglie una volta era la sua vita, e dovrebbe esserlo ancora. O almeno crede. Che fa, rimpiange il passato? Non c'è tempo per l'autocommiserazione adesso, è roba per i cedevoli, non per lei. Però sente un desiderio convulso e insopprimibile di ritrovare la libertà che l'aveva abbandonata anni prima.
Torna a rivolgere l'attenzione al cadavere squarciato dell'uomo che fino al quel momento aveva fissato senza realmente vederlo.
Con le mani nivee intrise di caldo sangue e con il pugnale allarga la ferita che con estrema facilità aveva inferto all'uomo, lacerandone il torace come fosse burro. Si nutre del suo sangue e della sua carne, recidendola con i denti affilati; mangia lentamente, lasciando che ogni fibra del suo corpo venga rigenerata e rinvigorita dall'energia perduta di quelle membra umane.
Se solo potesse uscire da quel luogo, anche solo per una volta...

***


Holding on to everything I love
Crying out
Dying now
Need some help


Ma sì, movimentiamo un po' la serata... Decide che non si è divertito abbastanza, i soliti giochetti non lo attraggono più. Forse è solo uno stupido capriccio, ma sente la necessità di qualcosa di nuovo e senza dubbio non è standosene appollaiato sul suo ramo o rintanato nella cripta nascosta nei sotterranei della cappella che lo troverà. E poi, c'è quel nuovo profumo che aleggia nell'aria... che gli è familiare e nuovo al contempo, lo attrae, lo inebetisce... seducente...
Respira a pieni polmoni una boccata di quell'energia inconsueta, poi un'altra e un'altra ancora. L'istinto gli dice di andare. Non sa dove, ma desidera andarsene da quel luogo funereo, ricolmo di morte. L'aria che respira ora è aria di vita.
Spalanca un paio di poderose ali di piume corvine, che sui giornali gli hanno anche fruttato l'appellativo di "Angelo della Morte", grazie alle testimonianze dei pochi che affermano di averlo visto. In effetti è consapevole di essere stato scorto un paio di volte, ma non se n'è mai preoccupato. L'Angelo della Morte... Se Samael lo venisse a sapere non ne sarebbe molto contento, pensa con un sorriso quasi divertito mentre tende le ali e si dà una leggera spinta sul terreno per prendere il volo. Dopo pochi secondi sorvola la città e la scruta da una trentina di metri d'altezza, con un certo compiacimento. Potrebbe essere visto da qualcuno ma non gli importa, al massimo penseranno di aver sognato o di essersi presi una sbronza troppo consistente, oppure lo scambieranno per un qualche tipo di strano volatile notturno. Scende di quota e sfreccia a pochi metri di distanza da un balcone, dove una bambina lo guarda ammirata e stupita. In tutta risposta lui fa un paio di piroette e sale nuovamente di una decina di metri. Sono sfortunati gli uomini a non poter volare, pensa, non si immaginano neanche la metà delle cose che si perdono.
Si stupisce quasi del senso di leggerezza che si prova a volare libero, solo, in una calda notte di fine Agosto, con le fragili stelle sfolgoranti sopra la testa, si rende conto che aveva dimenticato tutto questo; ora ha ritrovato una parte di sé. Si sente quasi come una volta...
Eccola. Di nuovo quella strana sensazione. Se l'era scordata. Arresta la sua corsa e osserva l'ambiente sotto di sé: è sospeso al di sopra ad uno squallido e lugubre quartiere di periferia. Qualunque sia la fonte di quell'energia, in quel luogo è incredibilmente forte, nitida come fosse realmente palpabile.
Improvvisamente sente le forze venirgli meno, la vista si offusca; scuote violentemente la testa e raccogliendo le energie, atterra.
Stordito si appoggia ad un muro e si accascia sull'asfalto freddo; trae lunghi e affannosi respiri, gli occhi chiusi, mentre una folata d'aria piacevolmente fresca gli accarezza il viso ora più pallido del solito. Dopo qualche minuto prova a rialzarsi. Va meglio. Fa qualche passo e decide di riprendere la sua ricerca, nonstante una certa debolezza non l'abbia abbandonato. Un rumore di vetri infranti lo informa che non è solo: un ubriacone ha lasciato cadere una bottiglia dopo essere stato vinto dal sonno, ed ora giace sul marciapiede. Patetico, si dice l'altro con un certo disprezzo.
L'aura di prima si fa sentire nuovamente, sempre più intensa.
Lui si volta e si trova di fronte una scalinata di cemento malconcia, che ha l'aria di non essere utilizzata da parecchio. Ha già visto più di una volta un posto simile: nonstante il cartello che lo indicava sia stato divelto, sa di stare per addentrarsi in una vecchia metropolitana.

Is anybody listening?


Note: Ero indecisa se pubblicare o meno questa storia, anche se sinceramente non so bene il perché. In ogni caso sono contenta di averla scritta, anche se è un po' strana (forse è per questo che sono contenta di averla scritta...), e la trovo sempre più ambigua ogni volta che rileggo quel poco che ho scritto, finirò per convincermi che sono pazza. Vi anticipo che ho creato alcuni personaggi incredibilmente eccentrici, altri anche un po' immorali, così non potete dire che non vi avevo avvertiti e magari riesco pure a trovare il pretesto per non farmi rinchiudere. Questo primo capitolo non è proprio così soddisfacente, spero di riuscire a fare meglio in seguito.
I due personaggi che ho presentato qui appaiono come due maniaci pervertiti, credo che dovrò cercare di dargli una regolata più avanti... Avevo fatto anche un disegno per questo primo capitolo, ma non so se si possono inserire qui... Vi pregherei di commentare anche (soprattutto) se non vi è piaciuta, mi farebbe piacere.
Credo che sia tutto... Buona fortuna. Dixy
  
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