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Autore: Ellery    19/03/2017    6 recensioni
Tutti avevano invitato i padri a celebrare quella giornata speciale. La “festa del papà” era spesso fonte di agitazione tra i piccoli studenti della Wall Sina Academy. I bambini avevano lavorato per tutta la settimana, tagliuzzando con forbici a punta arrotondata, incollando cartoncini colorati e preparando bigliettini profumati. Ogni cosa era al suo posto: i festoni lungo le pareti e sopra alla porta d’ingresso; i banchi adornati con piccoli cravattini di carta e, per finire, dei piccoli portaritratti di argilla, dove ciascun alunno aveva raffigurato il genitore.
Levi guardò il proprio, sconsolato. il ritratto di Kenny era decisamente uno sgorbio malriuscito!

La ff partecipa al concorso "La comicità è il pane quotidiano", indetto da Czerwony - Prima classificata
NB. Qualcosina potrebbe essere considerato spoiler per chi segue solo l'anime.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dot Pixis, Erwin Smith, Kenny Ackerman, Levi Ackerman, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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Specchietto introduttivo:

Nickname: Ellery /Ellery-EFP (sul forum)
Titolo: Festa del papà
Fandom: Attack on Titan
Personaggi: Pixis, padre di Erwin, padre di Petra, Kenny (adulti)
Erwin, Levi, Nile, Mike, Petra, Farlan, Isabel, Auruo (studenti)

Introduzione: Alla Wall Sina School gli alunni si preparano a festeggiare i loro papà. Il professor Pixis ha pensato di invitare alcuni genitori in classe, perché possano parlare ai ragazzi del loro lavoro.

[Storia partecipante al contest “La comicità è pane quotidiano” indetto da Czerwony sul forum di EFP] - Prima classificata

Note: Ho aggiunto l'avvertimento AU perché immagino i protagonisti in un universo alternativo ove frequentano la stessa classe (nonostante, naturalmente, nel manga abbiano età completamente differenti). So che è un po' sciocco, ma... ci tenevo a pubblicarla oggi, in occasione della festa del papà.
Al solito, ho lasciato degli "spazietti" all'interno della storia (utilizzo l'html di efp e senza il provvidenziale "invio / a capo" risulterebbe un unico blocco di testo; personalmente, preferisco distanziare per leggere più facilmente).


 
 
Festa del papà


Tutti avevano invitato i padri a celebrare quella giornata speciale. La “festa del papà” era spesso fonte di agitazione tra i piccoli studenti della Wall Sina School. I bambini avevano lavorato per tutta la settimana, tagliuzzando con forbici a punta arrotondata, incollando cartoncini colorati e preparando bigliettini profumati. Ogni cosa era al suo posto: i festoni lungo le pareti e sopra alla porta d’ingresso; i banchi adornati con cravattini di carta e, per finire, dei piccoli portaritratti di argilla, dove ciascun alunno aveva raffigurato il genitore.

Levi guardò il proprio, sconsolato. il ritratto di Kenny era decisamente uno sgorbio malriuscito! La testa era troppo grande e la barba copriva tre quarti del volto. Era riuscito a riprodurre gli occhi soltanto con due miseri puntini, mentre aveva speso più tempo per un fumetto che usciva dalle labbra storte del parente e che recava la semplice scritta “Bastardo ingrato”, che l’insegnante aveva prontamente cancellato.

«è davvero brutto» Mike si sporse verso il quadretto, allungando la prominente appendice nasale «E puzza pure! Con cosa lo hai colorato?»

«Niente che ti interessi!» Levi strinse a sé il ritratto, abbassando il capo solo per dargli una rapida annusata. L’odore non era dei migliori, ma nei bassifondi non aveva trovato altra tintura che la sciacquatura dei piatti del venerdì pomeriggio. In effetti, il regalo possedeva un vago retrogusto di cipolla marcia, condita a pomodoro rancido.

«Perché hai fatto un quadretto per la festa del papà? Tu non ce l’hai nemmeno un papà» sollevò lo sguardo, incrociando quello sottile e sfrontato di Nile. Quello stupido lecchino! Si vantava tanto perché i suoi genitori erano ricchi commercianti di stoffe.

«Fatti i cazzi tuoi, rompipalle! Hai disegnato un unicorno verde al posto di tuo padre!»

«Ackerman, modula il linguaggio!» il professor Pixis entrò a passo svelto, posizionandosi alla cattedra e battendo le mani due volte per richiamare l’attenzione «Benvenuti, cari ragazzi, alla lezione speciale sulla festa del papà. Abbiamo invitato i vostri genitori così che possano parlarci delle loro esperienze lavorative e…» una sveglia trillò accanto alla cattedra «Oh, scusate. È ora della mia consueta tisana. Lo sapete, no?, che è una tisana? Drenante, per giunta!» l’insegnante trangugiò velocemente da una fiaschetta, prima di proseguire «Diamo il benvenuto al primo papà. Il signor Ral!»

Un uomo corpulento entrò nell’aula, salutando i bambini con un cenno della mano. Il suo sguardo si incollò, tuttavia, immediatamente alla figlioletta che, dalla prima fila, sventolava il proprio regalo con grande entusiasmo.

«Petra, tesoro!» il signor Ral si avvicinò alla ragazza, arruffandole i capelli ramati «Fammi vedere il tuo disegno. Oh, ma sono io! In forma di… albero?»

Il sorriso trionfante della bambina lo indusse a non porre altre domande. Pixis, tuttavia, si affrettò a spiegare:
«Sì, emh… sua figlia è una grande appassionata di botanica. Ha un pollice verde meraviglioso»

«Lo so! Pensi che l’anno scorso ha coltivato una quercia sul balcone di casa!»

«Oh, mh… e dove l’avete piantata?»

«Beh, l’abbiamo lasciata nel vasetto, ovviamente. Ora viviamo direttamente sull’albero. È un po’ scomodo quando dobbiamo uscire a fare la spesa, ma d’estate la frescura è impagabile»

«Molto bene, emh… potrebbe dirci di cosa si occupa, signor Ral?»

«Io sono un arrampicatore sociale professionista!» l’uomo cavò dal taschino una serie di lettere, tutte sigillate con della ceralacca rossa; prese a distribuirle ai maschietti, cominciando da quelli delle prime file «Non faccio altro tutto il giorno, vedete? Scrivo lettere a potenziali mariti per mia figlia.» lasciò cadere una busta sul banco di Nile e una su quello di Mike «Naturalmente, scelgo il meglio del meglio, quindi…» saltò il banco di Levi «Tu no, perché mi sembri un pezzente»

Pochi attimi dopo, però, tornò sui propri passi «Va beh, tienila anche tu. Non si sa mai, metti che un domani fai carriera» disse, scansando invece il banco di Auruo «Tu sei vecchio per lei»

«Ma… ho la sua stessa età!» il bambino provò a difendersi, ricevendo in cambio una frettolosa alzata di spalle:

«Sei troppo brutto, comunque. Petra, tesoro!» il genitore attese l’attenzione completa della figlia «Non ti fidanzare con questo, hai capito? È cesso…»

«Signor Ral!» fu l’insegnante a riprendere il controllo della situazione «Tutti i bambini sono belli»

«Questo no» l’uomo tornò al suo posto, accanto alla cattedra «Allora, avete domande?»

Una quindicina di mani si alzò bruscamente.

«Bene, prendiamo uno di voi a caso… tu, ragazzino biondo con l’aria da moribondo. Sì, tu seduto accanto a quella graziosa ragazzina coi codini. Come ti chiami?»

«Farlan»

«Ti ho dato la lettera?»

«Sì»

«Bene, cosa vuoi sapere?»

«Cos’è un arrampicatore sociale?»

«Ottima domanda. Chi mi sa rispondere?» questa volta solo un braccio rimase sollevato «Nessuno? Davvero deludente»

«Mi scusi!» una voce dalla prima fila si inserì prontamente «Un arrampicatore sociale è una persona che cerca in tutti i modi di elevare la propria condizione sociale, sia esso per fini economici, politici oppure per prestigio personale.»

«Hai parlato senza permesso, Smith. Non sai trattenerti o provi orgoglio ad essere un insopportabile so-tutto-io?» Pixis mise a tacere quell’intervento con un gesto secco della mancina, tornando al suo ospite. «Prego, signor Ral, continui pure»

«Un arrampicatore sociale è un ottimo esempio di virtù, tanto per cominciare. Egli si prodiga a leccare i sederi a destra e a manca, per garantirsi una migliore condizione. Poco importa che sia nato contadino, notaio o commerciante: l’arrampicatore sociale saprà sempre guadagnarsi un ambito posto nelle alte sfere, sfruttando solo la propria capacità di rendersi un amabile zerbino pronto a tutto. All’occorrenza, è capace di strisciare ai piedi dei superiori, pur di compiacerli ed ottenere una facile via d’accesso alla bella vita.» una pausa ed uno sguardo ai ragazzi «Questo è, ovviamente, il motivo della lettera che stringete tra le mani: se un domani qualcuno di voi dovesse diventare un pezzo grosso, beh… ricordate che la mia adorata figliola è disponibile ad un matrimonio combinato!»

«Bene, emh… grazie signor Ral! Prego, facciamo entrare il prossimo papà» Pixis indicò la porta «Avanti signor Smith»

«Ma lo conosciamo già…» la classe si sollevò in un sottile mormorio. Tutti, ovviamente, conoscevano il professor Smith, dato che insegnava in quella stessa scuola; le malelingue sussurravano che fosse il reale motivo degli ottimi voti del figlio.

«Lo so, ma diamogli la possibilità di parlare del suo lavoro. Venga professore» Pixis accolse l’uomo con una stretta di mano, spingendolo poi verso la cattedra «Ci dica… come è insegnare?»

«Un’ottima esperienza, ma intensa e dura, alle volte. Avere a che fare con gli studenti non è semplice, perché sono tutti ragazzi vivaci. Anche se spesso si addormentano durante le lezioni di geografia»

«Oh, si addormentano anche durante le mie, se è per questo»

«Credo sia normale. Avete domande da farmi, ragazzi?»

Tutti alzarono le mani.

«Cominciamo da…» il professor Smith si guardò attorno, indicando la ragazzina con i codini ed i capelli rossi «Isabel, prego. Cosa vuoi chiedermi?»

«Come è andata l’ultima verifica?.»

«Bene. Hai preso un sette pieno»

«Oh, anche io voglio sapere il mio voto!» Mike scatto in piedi, seguito da Nile:

«Anche io, professore!»

«Io cosa ho preso?»

«Sono arrivato alla sufficienza?»

«Posso recuperare?»

«Perché mi ha messo una nota? Stavo solo lanciando pomodori dalla finestra!»

Un coro di voci si fuse nell’aula, senza che il docente potesse arrestarle. Provò a rispondere a tutti, ma senza successo. Più cercava di sfuggire a quell’interrogatorio e più si ritrovava sommerso dai quesiti.

Dopo quasi un quarto d’ora di chiacchiericcio selvaggio, Pixis richiamò tutti al silenzio:
«Basta così!» sbottò arricciando i baffetti ancora umidi per l’ennesimo sorso di tisana drenante «Vuole dare uno sguardo al regalo che le ha preparato suo figlio?»

«Con molto piacere»

Erwin si alzò in piedi e, mal celando l’orgoglio, sfilò da sotto il banco un plastico dell’aula, con una fedele raffigurazione del padre alla lavagna:
«Ecco, visto che il ritratto mi sembrava un regalo scontato» attaccò celere «Ho pensato che una riproduzione in scala della nostra classe sarebbe stato un regalo ben più gradito. Ecco, questo se tu che ci spieghi la storia delle mura. Poi c’è Mike che si scaccola, nell' angolo» l’indice andò rapidamente ad indicare un modellino con un dito nel naso, per poi seguire a quello accanto «Nile, che disegna unicorni. Levi che sta rubando la merenda ad Hanji, la quale è troppo intenta a vivisezionare una rana per accorgersene. Qui c’è Petra che mostra un libro di botanica ad Auruo, mentre questo sono io che, come al solito, pongo domande infinitamente intelligenti, ma inopportune»

«Oh, le tue domande non sono mai inopportune, figliolo»

«Davvero? Allora, senti… tu sostieni che ci siano altri esseri umani oltre le mura e che il governo stia cercando di insabbiare tutto quanto. Secondo te, potrebbe essere un…»

Il padre giunse rapido a tappargli la bocca, prima di rifilargli un sacchetto di patatine:
«Che scemenze. Io? No, mai detto niente del genere!» si affrettò a negare il signor Smith,  gettando una occhiata preoccupata alla classe attonita «Sono sicuro che non ci siano forme di vita intelligente fuori dalle mura! Probabilmente, non ce ne sono nemmeno dentro. Erwin, tesoro… mangia le patatine e stai zitto. Ne riparliamo a casa»

«Il plastico non lo prendi?»

«Sì, certo… lo metterò sul caminetto, insieme agli altri venticinque che hai fatto.»

«Accanto a quello con il re ghigliottin…»

Erwin si azzittì nel sentire uno scappellotto volargli dritto sul capo.

«Quello con il re in trionfo, ma certo!» corresse immediatamente, osservando poi il genitore allontanarsi in fretta dall’aula. Tornò a mangiucchiare il suo snack, senza preoccuparsi ulteriormente.

Pixis riprese la parola, dopo l’ennesimo sorso di tisana depurativa:
«Accogliamo ora il signor Kenny Ackerman, il papà di Levi»

«Non sono suo padre! Sono suo zio.»

Una figura ammantata di nero irruppe nella classe: l’impermeabile svolazzava sotto l’effetto del maligno vento che, all’improvviso, si era sollevato nella stanza. Sotto la larga tesa del cappello scuro, lo sguardo severo di Kenny cadde sulle innocenti anime degli studenti.

«Che cazzo ci faccio qui?» domandò l’uomo, rivolgendo un’occhiata seccata al docente.

«Vede, signor Ackerman, lei è qui in qualità di padre di Levi»

«Non sono suo padre! Quante volte lo devo ripetere?»

«Sì, ma… legalmente è il suo tutore»

«Circa… anche se sto cercando di cederlo a qualche mercante di schiavi. Accidenti, è così difficile trovare qualcuno che lo compri a buon prezzo. Forse potrei rivenderlo ai trafficanti di organi. Ne conosce qualcuno di affidabile?»

«Mh, perché vuole disfarsi del ragazzo?»

Levi colse un indice ossuto puntare in sua direzione; si schiacciò sulla sedia, facendosi ancora più piccolo.

«è magro come un picco, soffre di carenze d’affetto, non sa fare niente di buono a parte spazzare il pavimento. Cosa me ne faccio di uno così?»

«Beh…» il maestro non trovò altro da dire, affrettandosi a cambiare argomento «Ci dica signor Ackerman, lei di cosa si occupa?»

«Oh, sono un serial killer»

«Incantevole. Può specificare meglio?»

«Ammazzo gente.» l’uomo rivolse uno sguardo alla classe: i bambini lo stavano seguendo affascinati, pendendo dalle sue labbra «Lavoro su commissione per lo più, ma a volte lo faccio anche per hobby. È uno splendido passatempo, molto rilassante. In ogni caso, il mio impiego non ha orari o compensi precisi. Dipende un po’ da chi devo ammazzare: se è un omicidio facile, in genere chiedo una cifra abbastanza modesta. Viceversa, se è un pezzo grosso il prezzo sale. Naturalmente, sono un libero professionista ed emetto regolare fattura» si frugò nelle tasche del lungo impermeabile, cavandone un foglietto spiegazzato «Ad esempio, questa è l’ultima ricevuta. Dovete inserire nome e cognome dell’assassinato, codice fiscale e poi l’importo. Specificate sempre “omicidio di Pincopallino”, così potrà scaricare le spese dalla dichiarazione dei redditi»

«Davvero interessante. Ci dica, quante persone ha ucciso sino ad ora?»

«Mah, non ho tenuto il conto. In genere, lo tabuliamo con il commercialista a fine anno, quando consegno le fatture. L’anno scorso, ad esempio, ho compiuto centoventidue omicidi. Tutti andati a buon fine, ovviamente»

«Come uccide?»

«Dipende dalle circostanze. Il coltello è sicuramente silenzioso, ma spesso troppo scomodo. La pistola, viceversa, fa rumore, ma basta un colpo ben assestato. Il veleno non mi piace moltissimo: difficile da reperire, puzza e temo sempre che quel cretino di mio nipote lo scambi per camomilla e me lo serva la sera.»

«Capita che qualcuno le sfugga?»

«Raramente. Per lo più, sono fastidiosi quando supplicano. Alcuni cercano di fuggire, ma con scarsi risultati. D’altronde, non sarei il migliore se mi lasciassi scappare le vittime, non crede?»

«Sarebbe sconveniente, lo confesso. Un assassino deve avere doti particolari?»

«Beh, innanzi tutto occorre una buona dose sangue freddo e spiccate attitudini organizzative. Bisogna saper pianificare tutto: controllare le possibili scappatoie, essere sicuri di farla franca, lasciare meno indizi possibili, almeno per l’inizio. Poi, naturalmente, potrete anche trovarvi una firma adatta. Tempo fa, per esempio, c’era un collega che si firmava con una faccina sorridente disegnata col sangue. Si faceva chiamare John il Rosso. Poi sono arrivato io e… beh, ha dovuto cambiare hobby.»

«E che cosa fa adesso, il signor Rosso?»

«Guarda le margherite dalla parte delle radici» una pausa e un leggero sogghigno, prima di continuare «Comunque, l’organizzazione è importante. Dovete tenere sempre una agenda con voi, per segnare gli appuntamenti. Fate attenzione a non accavallare i delitti, perché le vittime si aspettano massima professionalità da voi.»

«Davvero intrigante. Sono sicuro che molti dei miei alunni vorranno seguire il suo esempio»

«Sarebbe splendido. Sto giusto pensando di aprire una scuola per aspiranti assassini. Sarebbe bellissimo avere qualche giovane leva. Se siete interessati, ragazzi…» si rivolse alla classe, sfilando un plico di volantini colorati «Potete contattarmi per le iscrizioni. Come vedete, sulla locandina vengono riportati i miei recapiti ed alcuni esempi dei lavori che andremo a svolgere» indicò il disegno di una testa mozzata «Omicidi su commissione» poco oltre un sacchetto di denaro «Estorsioni» e poi un venditore di paccottiglia «Truffe ai danni degli onesti cittadini. Tieni» lasciò cadere le brochure sul primo banco «Fai passare. Naturalmente, dovrete portarmi un certificato medico e l’autorizzazione scritta dei vostri genitori»

Dall’uscio sbucò il volto del signor Ral:
«Credete si possa rimorchiare un buon partito, frequentando un corso simile?»

«Naturalmente! Altre domande?»

Fu il professor Smith a palesarsi all’ingresso:
«Cortesemente, gradirei che mio figlio non ricevesse l’invito.»

«Suo figlio? Sarebbe…»

«Quel ragazzino biondo»

«Scemenze!» cacciò tra le dita di Erwin ben due volantini «Ha la faccia da serial killer, si vede lontano un miglio. Ha grandi prospettive e farà carriera, vedrà. Non ha nulla di cui preoccuparsi. Anzi, se vuole… le propongo uno scambio. Mi da suo figlio in cambio di mio nipote?»

«No, grazie»

«Perché? Levi è educato, mangia poco e sporca solo sulle traversine»

«Preferirei tenere Erwin»

Il professore si eclissò e Pixis ne approfittò per riprendere il controllo della situazione con una nuova domanda:
«In genere come svolge la sua attività?»

«Beh, vi sono vari trucchi del mestiere. In effetti, se desiderate assistere ad una dimostrazione pratica, ho portato con me un volontario! Vieni pure, Peter…»
Un tizio mingherlino si affacciò sull’uscio, con un sorriso smagliante dipinto sul volto scavato.
«Peter vuole farsi decapitare, quindi… vieni, non essere timido! Possiamo usare questa?» cercò di impadronirsi di una seggiola, ma il docente lo fermò immediatamente:

«Non credo sia il caso, signor Ackerman. Senza dubbio, i bidelli entrerebbero in sciopero se si ritrovassero a dover pulire la scena di un crimine. Per tacere dello smaltimento cadaveri. Non sapremmo dove metterlo!»

«Capisco. Mh, ha ragione… non ci avevo pensato. Sa, non mi occupo quasi mai della tumulazione. In genere, li lasciò per terra e me ne vado»

«è comprensibile, ma… prego, ci dica.. qual è il segreto di un bravo omicida? Qualcosa che non preveda uccisioni o squartamenti, logicamente»

Kenny rifletté qualche attimo, prima di trovare la giusta soluzione. Naturalmente! C’era qualcosa che tutti gli assassini professionisti portavano; qualcosa, anzi, che era particolarmente legato alla storia della famiglia Ackerman. Si portò la destra alla fronte, toccando la tesa nera del suo copricapo:

«Il cappello! Ricordatelo sempre. Un vero killer porta sempre il cappello e non lo perde mai! Uccide con il cappello, dorme con il cappello, mangia con il cappello, si fa persino il bagno con il cappello. Non dovete mai toglierlo, mai dimenticarlo. Il cappello sarà il vostro compagno di vita. Questo, ad esempio…» lo sfilò dalla testa, sollevandolo per mostrarlo meglio «è stato tramandato di generazione in generazione nella famiglia Ackerman. Era di mio nonno, che lo ha passato a mio padre; infine, è giunto fino a me. Quando morirò…»

«Me lo regalerai, vero zio?» Levi si alzò immediatamente, con un sorriso entusiasta ed un bagliore speranzoso negli occhi sottili.

«Nemmeno per sogno» Kenny lo ignorò «Quando morirò, mi farò seppellire con questo cappello. Tu non sei degno di portarlo, né mai lo sarai.»

«Magari da grande diventerò un assassino fighissimo, invece, proprio come te»

«Tsk, figuriamoci. Sarai uno dei tanti perditempo capaci solo di prendere decisioni cretine. Continua a frequentare quei due buoni a nulla seduti laggiù» indicò Farlan e Isabel con un gesto seccato «E ti ritroverai tre metri sotto terra, vedrai!»

Scorse il nipote riaccomodarsi sulla seggiola, nascondendosi dietro all’orribile ritratto che aveva disegnato per lui. Provò un moto di pietà; in fondo, Levi gli aveva perfino fatto un regalo. Davvero meritava un trattamento simile? Scosse il capo, incerto. Forse avrebbe dovuto ringraziarlo o esprimere gratitudine per quel pensierino fatto con il cuore. Sbuffò, arricciando la punta del naso; probabilmente, si stava rammollendo, ma quel moccioso era l’ultima eredità di Kuchel. Avrebbe dovuto incoraggiarlo, spingerlo a dare  il meglio di sé, crescerlo nel ricordo della sua amata, ma defunta sorella. Sospirò, avvicinandosi al banco del bambino e picchiettandogli delicatamente su una spalla per richiamare la sua attenzione:
«Levi…»

Lo vide alzare il capo e fregarsi gli occhi, come ad eliminare ogni traccia di malinconia. Prese il ritratto tra le mani, studiandolo attentamente: la testa era troppo grossa, gli occhi due orribili puntini e i capelli coprivano tutto il resto del disegno. Qualcuno aveva cancellato una parolaccia scritta da dita tremanti.

«Non apprezzi mai quello che faccio» il piagnucolare del nipote gli dava sui nervi, ma si sforzò di non darlo a vedere.

«Non è vero. Io apprezzo i tuoi sforzi. Per esempio… questo disegno di merda è bellissimo» mentì, squadrando ancora il ritratto.

«Davvero ti piace?»

Kenny sorrise, sforzandosi di apparire convincente.
«Ma certo!» esclamò infine «Lo appenderemo sopra alla spazzatura, va bene?»
  
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