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Autore: Hermes    21/03/2017    0 recensioni
Diciassette anni di giorni da spiegare e mettere a fuoco.
Un’autopsia al tempo fra la nebbia di San Francisco e la polvere del deserto, per arrivare nel presente che potrebbe essere solo una possibilità nel futuro.
Il mondo è costruito sulle nostre scelte.
[Questa storia fa parte della serie 'Steps']
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Steps'
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I'm trying very hard to have patience with
the ones who keep letting me down.
Never saying anything,
expecting me to be their clown.
Richard Ashcroft ~ Make a wish

Quella corsa gli aveva fatto un mondo di bene.
Era tornato bagnato fradicio e si era buttato sotto la doccia, il momento in cui era arrivato all’angolo cucina si sentiva di nuovo una persona totalmente normale.
Si era preparato per pranzo un’insalata mista fischiettando ed aveva consumato il tutto stravaccato sul divano con i playoffs dell’NBA alla tv.
Il pomeriggio quindi lo aveva passato a fare avanti ed indietro fra i suoi libri di psicologia profilare ed qualche piccola tesi che, sentiva, aveva ancora bisogno di qualche input per potersi considerare perfetta.
Le ombre si allungavano dietro le vetrate a specchio e Kurt aveva deciso di cenare al Alien Diner di Rachel quindi si era vestito pesante ed si era incamminato sotto la luna piena appena sorta, armato di torcia, mantenendo con buon passo la direzione grazie alla posizione di Vega ed Altair.
Per fortuna la casa non era così distante dai limiti della microscopica cittadina, tre quarti d’ora ed l’insegna mezza fulminata del locale iniziò a brillare all’orizzonte.
Appena entrati il primo odore che raggiungeva l’olfatto era quello dell’olio della friggitrice e del grasso bruciato sulla piastra dei burger.
Le imprecazioni del tavolo di poker mandato avanti dai pensionati nel booth d’angolo ed il rumore rotondo di un vecchio jukebox che suonava vecchie glorie.
Il locale non era molto frequentato, Rachel era un buco in fondo, e la sua entrata fece alzare tutte le teste dei presenti.
Perché era il figlio di Lagden.
Linds nel corso del tempo aveva dato una mano alla gente del posto, progettando nel suo tempo libero un nuovo tipo di pompa per pozzo idrico azionata dal vento.
La leggenda era che, giocando con nuovi materiali a disposizione degli scienziati dell’Area 51, avesse scoperto una nuova lega metallica così leggera e resistente da sostituire le pale normalmente usate con altre capaci di girare da sole in assenza di vento grazie ad un complesso gioco di pendenze e piccoli pesi regolabili a seconda delle esigenze.
Linds quindi aveva brevettato la lega ed il meccanismo, sostenendo economicamente la costruzione delle nuove pompe di Rachel: cinque in tutto.
Da quel momento l’acqua non era più stata un problema ed era iniziata una produzione di Crop Circles di mais con ricavi nell’ordine dei quattro zeri se l’annata era buona.
Suo padre aveva creato un’invisibile oasi d’oro sfruttando le falde sotto i loro piedi, come il più perfetto degli eroi.
Peccato che non si potesse dire lo stesso per lui.
“Ohi! Kurt, ciao ragazzo!”
Kurt spense la torcia, fece un cenno al tavolo da gioco e si sedette in uno dei due booth centrali senza guardarsi intorno.
Quella sera aveva spento lo smartphone per godersi una seratina tranquilla indisturbato senza messaggini o altro, tanto era certo che suo padre non l’avrebbe chiamato nemmeno se fosse stata una questione di vita o di morte. Ma non fatemi ridere…proprio lui!
“Cosa vuoi ordinare?”
“Cheeseburger doppio, bud media, patatine grande.”
In a minute.
Nell’attesa si sfilò la giacca mentre uno degli uomini al di là dei cinquanta aveva posato un braccio sullo schienale del sedile di vinile e lo stava guardando con un sorriso.
“Come butta tutto solo con il babbo?”
“Come al solito.” Aveva alzato le spalle, per niente desideroso di parlare di Linds al momento e farsi passare l’appetito.
“Quando viene qui sembra che non tocchi cibo da una settimana, un po’ come te!”
Gli stava dando la schiena, una fortuna.
“Smettetela e lasciatelo mangiare in pace!” Wendy, la cameriera era tornata con un vassoio carico di cibo spazzatura bollente e che emanava un profumino invitante tanto che il suo stomaco brontolò.
Il rumore aveva fatto scappare un risolino alla ragazza, sedutasi di fronte a lui.
Wendy era più vecchia di lui di qualche anno e – per qualche strano scherzo del destino – anche lei era condannata a passare una parte delle sue vacanze estive in quel buco di posto.
Era una ragazza mora, sveglia ed intelligente ma con una sensibilità particolare, aveva appena finito il suo secondo anno a Tonopah come Assistente insegnante in una scuola superiore
Era la nipote dei padroni del diner e si erano conosciuti quasi dieci anni prima, il primo Giugno che Kurt avesse mai passato interamente con Linds.
All’epoca lo vedevano talmente spesso a pranzo e cena che alla fine l’avevano praticamente adottato e gli permettevano di mangiare qualsiasi cosa volesse, immaginava che suo padre saldasse il conto quando ripartiva per SF.
Il ragazzo ringraziava di averla conosciuta in quel momento della sua vita o, probabilmente, sarebbe morto di fame a causa dell’assenza totale del padre dal villino appena al di là del gate della base.
“Stai contando i giorni vero?” aveva domandato di punto in bianco Wendy, con un sorriso.
You have no idea.
Un’altra risatina limpida proprio come gli occhi azzurri di lei, luminosi come il cielo sopra il deserto; crescendo quegli occhi erano rimasti uguali e facevano a pugni con la maglietta viola con lo stemma del locale: un disco volante con la testa di un UFO che sbucava fuori.
Intanto aveva affogato le patatine fritte nel ketchup e spinse il cartoccio verso Wendy che accolse l’offerta.
“Come stanno Meg e Jack?”
“Come al solito…vispi e-”
WEN!!!
“…-e dittatori!” finì Kurt con un ghigno mentre Wendy roteava gli occhi e gli lasciava un piccolo calcio sotto il tavolo del booth, rispondendo al richiamo.
Intanto in quei cinque minuti rimasti aveva divorato il burger ed il resto della birra, si era passato un tovagliolo sulla bocca e le mani ed aveva cacciato fuori dieci dollari “Tieni il resto, Wen. Vado a ripulire le tasche al tavolo dei quaranta ladroni.”
Questa volta la ragazza rise sul serio “Sei una faccia di bronzo, Kurt!”
“Beh, se devo sopportarmi una serata di commenti sulla santità di mio padre che almeno sia pagato per farlo!” replicò sfregandosi le mani e avvicinandosi al tavolo dei pensionati.

~

Era tornata a San Francisco per il weekend ma l’ora e mezza di volo – due ore e mezza a sentire il suo orologio – da San Diego l’aveva gradatamente resa partecipe che intanto a casa non avrebbe trovato nessuno ad aspettarla.
Il June Gloom che avvolgeva la city poi l’aveva intristita maggiormente mentre aveva preso un taxi per arrivare al loft.
Il momento che aveva scalzato i tacchi dodici e si era lasciata cadere sul divano, aveva sentito il silenzio totale che le premeva nelle orecchie, l’immobilità completa dell’ambiente intorno a lei.
Questa casa vuota è…
Le metteva la voglia di andarsene subito via.
Purtroppo di lavoro non se ne era portata ed Paul - il suo assistente giù a San Diego – era partito per una due giorni in barca con la sua clique.
All’aeroporto aveva composto il numero di Kurt ma il figlio aveva spento il telefono come era solito quando non voleva essere disturbato.
Manco a farlo apposta, Hugo era anche lui fuori città per una riunione politica a Sacramento.
E lei si ritrovava lì, nel bel mezzo di un silenzio di tomba che un po’ la spaventava pure.
Non aveva alcuna idea sul come passare la serata quindi Michelle aveva optato per una doccia in primis, secundis una pizza da asporto se il frigo era vuoto.
Quindi aveva fatto una veloce sortita nella cabina armadio e poi era entrata nella doccia scivolando fuori dall’abito aderente che aveva indossato dodici ore prima.
Per un momento la sua mano era scesa sotto l’ombelico ma per fortuna era riuscita a combattere l’istinto di grattare la cicatrice in bella vista sul suo ventre.
Era una sottile striscia argentea ma a volte la stoffa la irritava ancora, anche dopo tutti quegli anni.
C’era stato un periodo nel suo passato in cui si era vergognata di quel segno sulla sua pelle.
Alla fine è più un fattore emotivo che fisico.
Per fortuna – tornata in accappatoio nel living – aveva trovato una porzione di pasta al forno vegetariana ed un semifreddo al cocco nel frigo, cortesia di Alice.
E per quella sera la sua felicità poteva considerarsi completa davanti alla tv.

~

Elvis is my daddy, Marilyn's my mother,
Jesus is my bestest friend.
We don't need nobody 'cause we got each other,
Or at least I pretend.
[...]
I sing the body electric
Lana del Rey ~ Body electric

Elizabeth Cone, anche conosciuta come Betty o Lisa, era appena tornata da un pomeriggio di shopping con le sue compagne di classe che aveva coinvolto anche un incontro ravvicinato di terzo tipo con un Sugar Daddy a caccia di vittime per i suoi ovvi intenti pedo-pornografici.
Era talmente facile incontrarne uno in California, bastava lanciare un’occhiata un po’ azzardata è un po’ da Barbie rincretinita ed il gioco era fatto…non ci voleva nemmeno troppo se eri già bionda!
Al porco avevano sganciato la bellezza di cinquanta dollari fra tutte loro con la scusa di un gelato nella gelateria più bio ed in della city e poi l’avevano salutato con un bacetto sulla guancia ed il palmo di naso.
Solo a pensarci mi viene il vomito, bleah!
Aveva raggiunto il vialetto della villa dei suoi, saltando lo scalino ed infilando la chiave nel cancelletto blindato mentre il tramonto allungava le ombre delle palme piantate più di cent’anni prima.
Era fuori coprifuoco ma i suoi genitori non c’erano quindi l’unico che avrebbe potuto farle la ramanzina era il mastino Rock…peccato che l’intelligente bestia non avesse il dono della parola comunque.
L’aveva seguita un po’ correndo un po’ saltellando fino alla porta di casa per poi sedersi sul suo tappetino accanto all’isola della cucina, in attesa.
Aveva aperto lo sportello e fatto scivolare una porzione di crocchette corredata da qualche pezzo di carne poi aveva recuperato un bicchiere di Kool-Aid e si era allontanata per il cortile dietro dove l’acqua clorata della piscina brillava fosforescente alla luce delle lampade subacquee.
Con i piedi a bagno aveva tirato fuori l’i-phone dalla tasca posteriore degli shorts per vedere se Kurt era tornato online.
Dove cavolo è finito!
Era da due giorni che non l’aveva più sentito ed iniziava ad preoccuparsi un pochino.
Elizabeth sapeva benissimo che il suo interessamento nei confronti di quel ragazzo sforava dal ridicolo all’ossessione da prima cotta.
Non era innamorata di lui.
La verità era che Kurt era il suo migliore amico onesto.
Al ragazzo non gli era mai fregato niente se era figlia di un manager e di una giornalista di moda che giravano il mondo senza di lei, o se aveva l’armadio traboccante di abiti parigini.
Kurt l’aveva subito inquadrata per quella che era…una ragazzina che passava troppo tempo da sola davanti allo specchio ed in giro con la ‘compagnia’.
Beh…quella realtà era cambiata in parte e di questo bisognava anche ringraziarlo…

L’aveva visto per la prima volta qualche anno prima in un allenamento d’atletica quando lei aveva appena iniziato le superiori ed era entrata a fare parte delle cheerleader junior, ovvero le riserve.
Si era adattata alla mentalità quasi come una seconda natura.
Aveva iniziato a fare attenzione ai capelli, tingendoli di un biondo più chiaro ed imparato a truccarsi la prima settimana.
Nel giro del primo anno aveva raggiunto una buona posizione nel club dove tutte le componenti abbagliavano con confortanti sorrisi fluorescenti ed un coltello sempre pronto nascosto dietro la schiena: la lama da infilarti in mezzo le scapole il momento in cui avessi fatto il primo errore.
Aveva imparato il gioco del tira-e-molla con i ragazzi quasi di pari passo.
Fra lei e Kurt c’era un anno di differenza e non si erano mai rivolti la parola anche se frequentavano quasi la stessa gente per andare in spiaggia il pomeriggio.
Si vedeva subito che il ragazzo - a differenza dei suoi coetanei - non aveva alcun desiderio di farsi notare, non prendeva parti, non era turbolento e non fischiava dietro le ragazze quando era con il suo nugolo di amici anche se si godeva il panorama.
Riempiva perfettamente la parte del ragazzo tenebroso e di poche parole del pacchetto e più di qualche ragazza della compagnia diceva che i suoi occhi neri puntati davano la pelle d’oca.
Elizabeth non era d’accordo: Kurt non era che un adolescente e non aveva niente di diverso dagli altri.
Da cosa aveva sentito mentre lo osservava aveva voti perfetti, passava i suoi free period nella biblioteca della scuola od a programmare nel club informatico.
L’aveva notato più di una volta in caffetteria accerchiato dai suoi compagni di classe che speravano in qualche dritta.
Faceva anche parte della squadra di atletica, guadagnando ottimi tempi grazie al suo fisico leggero ed alle sue gambe lunghe e nervose.
In spiaggia giocava spesso e volentieri a pallavolo sotto il sole estivo in pantaloncini corti, due strani cicatrici a forma di punto perfettamente allineate su una gamba. Mollava delle schiacciate formidabili per essere così smilzo.
Quel giorno alcune ragazze l’avevano preso apertamente in giro per il suo fisico scarno e pallido.
E, per qualche motivo che Lisa non capiva, quelle stesse ragazze più grandi quando lo guardavano sospiravano e commentavano enigmatiche, come se fossero privè di qualche grande verità insvelata.
Dal canto suo non l’aveva mai preso in considerazione, e come avrebbe potuto?
Ormai era abituata ad essere al centro dell’attenzione, guardata e fischiata dai ragazzi.
Non usciva di casa se non era perfetta.
I capelli tinti di biondo, la piega talmente rigida che non si sfaldava mai grazie ai doppi appuntamenti settimanali dal parrucchiere.
A due anni dal suo arrivo alle superiori la sua vita era perfetta, era popolare e vezzeggiata, faceva parte fissa nella squadra delle cheerleader ed ogni sua parola era ascoltata e presa in considerazione dalle vamp più grandi che vedevano in lei la continuazione del loro status di fighe.
Una totale pesca sciroppata.
In quell’esatto momento del suo passato Kurt non esisteva nemmeno come zerbino.
Tutto questo almeno fino ad un sabato sera di un’estate piena di ritrovi nei dance club e party in piscina.
Rabbrividiva al solo pensarci.

Quel sabato sera - fra un drink di troppo ed uno spinello - aveva attaccato bottone con Craig, un ragazzo più grande che faceva parte di una squadra di baseball non della loro scuola che prima le aveva procurato lo spinello e poi aveva cercato di infilarsi senza troppe cerimonie fra le sue gambe.
Stava cercando – nella bruma opaca che le era calata sul cervello – di toglierselo di dosso quando in un momento il ragazzo era sparito dalla sua visuale.
Aveva alzato gli occhi, la testa leggera come un palloncino, non ci vedeva bene ma una macchia scura sembrava essersi materializzata in quell’angolo del giardino accanto alla piscina.
Craig stava prendendo a pugni Lagden ed un secco crunch! era risuonato mischiato alla musica, il sangue era caduto come al rallentatore in piccole gocce brillanti al suolo.
Aveva visto Kurt, sfregarsi l’avambraccio sulla faccia cercando di portare via inutilmente il sangue che aveva preso a scendergli dal naso e sgocciolava dalle labbra al mento.
Quegli intensi occhi neri – normalmente così tranquilli - che iniziavano a bruciare e prendergli tutta la faccia.
Il sorriso freddo macchiato di rosso, quasi un ghigno dove spuntavano i denti mentre respirava con la bocca.
Un momento dopo era addosso all’altro con uno scatto, violento e feroce, la sola vista l’aveva rimessa sobria e spaventata.
Il minuto dopo Kurt si era dimostrato preciso e per niente debole anche se l’apparenza smilza avrebbe detto il contrario. Il fatto che l’altro avesse abusato dei stupefacenti rendeva solo le cose più facili.
Impresso nella sua memoria rimaneva lui che afferrava per le spalle Craig e lo colpiva allo stomaco con una ginocchiata che l’aveva fatto piegare in due, Craig lanciò un verso soffocato somigliante quasi ad un guaito.
Quindi l’aveva spinto con un calcio per terra, si era seduto sulla sua schiena con un tonfo, togliendogli il respiro e facendo passare un braccio intorno al collo e stringendo.
Tutto questo l’aveva fatto in completo e totale silenzio, incurante del sangue che aveva iniziato a macchiargli lo scollo della maglietta nera.
Lisa vedeva come in slow motion il viso di Craig cambiare colore, le labbra prendere una sfumatura bluastra e gli occhi iniziare a sporgere mentre le iridi scivolavano dentro l’interno del cranio ed il ragazzo che cercava disperatamente di liberarsi, afferrando il braccio di Kurt e graffiandolo, sputando saliva.
“Basta!” aveva strillato, spaventata “Basta! Smettila! Non respira!”
Per un altro, lunghissimo istante non ci furono cambiamenti poi Kurt allentò la stretta, fissandola mentre l’altro inghiottiva aria e tossiva, per poi svenire.
Quegli occhi neri che la inchiodavano sul posto e sembravano risucchiarla, elettrici.
Un attimo dopo aveva distolto lo sguardo e si era alzato dalla sua posizione senza più degnarla.
Aveva tastato il naso con una smorfia e – Liz non ci avrebbe creduto se non l’avesse visto con i propri occhi - l’aveva rimesso in posizione con un grugnito poco confortante ed una nuova perdita di sangue che non sembrava preoccuparlo più di tanto.
Quindi le aveva voltato le spalle per inginocchiarsi sul bordo della piscina illuminata e lavare via il sangue in una piccole nube rossa.
Con la calma di una fiera che si lecca le ferite.
Il silenzio vibrava di tensione e la sua voce indifferente, leggermente distorta per la botta, la sorprese “Vattene da qui, trova una delle tue amichette e tornatene a casa.”
Aveva preso un asciugamano per tamponare il poco sangue che ancora usciva poi se n’era andato.
L’aveva fatta sentire una mocciosa con il moccolo al naso che giocava a fare la donna fatale quando non aveva nemmeno messo via le bambole.
Da quel momento aveva guardato con luce diversa Kurt Lagden.
Aveva scoperto presto, cercando di attaccare bottone con lui, che non gli interessavano le sue chiacchiere e che
“Noi due non abbiamo niente in comune quindi fammi un piacere: tornatene da dove sei venuta.”
Nonostante l’acido si era decisa a bucare la sua corazza perché – in fin dei conti - non era una ragazzina stupida.
Aveva sempre avuto dei buoni voti ed un desiderio - nonostante le apparenze e finite le superiori - di entrare al college.
A Kurt questo non interessava ma Lisa non aveva intenzione di dargliela vinta.

Non era stato facile.
C’era voluto molto tempo prima che Kurt iniziasse a fidarsi di lei ed ancora di più perché si sbottonasse un po’.
Kurt le dava la certa impressione che fosse convinto di non aver bisogno degli altri.
Il suo menefreghismo sorpassava il limite il più delle volte.
Ma i suoi occhi cinici e freddi non mentivano mai.
Le aveva detto che sarebbe tornato.
Quando faceva una promessa, Kurt la manteneva.

This world is so full of people,
they're just masquerading.
I wanna know the real you
Not the mask you have been wearing.
Richard Ashcroft ~ Make a wish

~~~

Canzone del capitolo:
- Richard Ashcroft ~ Make a wish;
- Lana del Rey ~ Body electric.

Le note di questo capitolo sono:
- L'Alien Diner di Rachel esiste davvero! Completo di grill ed meta di turismo per il solo fatto di essere vicino all'area 51. LoL Offre anche una zona all'aperto all'ombra di una gru con disco volante incluso... fate un giro su GEarth perché è da vedere LoL;
- Sì Kurt sta navigando di notte in mezzo al deserto grazie alle stelle, not kidding! Rispettivamente Vega è una stella bluastra di prima magnitudine della costellazione della Lira ed Altair appartiene allo costellazione dell'Aquila. Vi dico già che la loro posizione è in linea con il cielo estivo notturno di quelle parti quindi non preoccupatevi, Kurt sa perfettamente quello che sta facendo;
- I Crop Circles tradotti letteralmente come 'Cerchi di grano' sono delle colture a circonferenza variabile che si possono trovare facilmente in vari punti aridi della nostra terra grazie a GEarth. Praticamente si scava un pozzo o si pone una potente pompa di irrigazione nel mezzo e si semina tutt'intorno rimanendo dentro al suo raggio d'azione. In questo modo non si spreca una goccia d'acqua ed è possibile coltivare vari tipi di cereali anche nei posti più impensati...basta avere l'acqua!
- La città di Tonopah si trova a sud rispetto a Rachel ed ha qualcosa come 2600 abitanti;
- Il June Gloom è un fenomeno meteorologico tipico della baia di San Francisco. È anche conosciuta come 'Aria condizionata'. La città è circondata dal mare su tre lati e l'aria fredda che spira dall'oceano si scontra con l'aria più calda ed umida che scende giù dalla Sierra, questo mix crea una nebbia densissima somigliante a delle vere e proprie nuvole che - in assenza di vento - possono rimanere ferme sulla città anche per giorni di seguito, lasciandola inghiottita nel buio;
- La Kool-Aid è una famosa marca di bevanda in polvere originaria del Nebraska che in preparazione si mischia ad zucchero ed acqua. Una curiosità della bevanda è che la colorazione varia in base al gusto e può anche essere usata per tingere i capelli o la lana. xD
- Nel flashback a fine capitolo ho descritto Kurt che si rimette in posizione il naso...questa cosa in determinati casi è possibile. Il naso è composto da un osso nasale e da un certo numero di cartilagini ed in caso di frattura lieve (tipo una hairline) basta solo rimetterlo in posizione. Sarebbe meglio comunque farsi vedere da uno specialista ma sappiamo per esperienza che Kurt è già stato in mezzo a delle risse e che ha l'esperienza e le nozioni per rimetterlo in sesto. Mi raccomando non fate come lui!

Ehhhh…
Sono imperdonabile e cronicamente in ritardo…mi capita spesso in questi ultimo tempi! -___-“
Nuovo capitolo di transizione/flashback ma che mi ‘serve’ per porre delle basi.
Nel prossimo andremo in ottovolante fra presente e passato con una sfilza di cose e la storia inizia a partire sul serio! *Herm sa per filo e per segno dove vuole arrivare ma ha difficoltà a mettere i propri pensieri su carta in questo periodo…*
Nonostante la mia assenza da EFP devo ringraziare le due anime buone che hanno recensito UT e ML: Petitecherie e Chexemille.
Spero di aggiornare presto la prossima volta dato che due terzi del sesto ci sono già xD
Nel frattempo buona settimana a tutti! <3
Hermes

  
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