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Autore: Lucius Etruscus    24/03/2017    0 recensioni
Stringere alleanza con il diavolo ha sempre dei costi, ma il maggiore Dunja è disposta ad accettarli. Sull’Avamposto di ricerca scientifica Adullam sbarcano Dunja e Boyka per stringere alleanza con il dottor Lichtner, uno scienziato specializzato nella costruzione... delle armi più inaspettate dell’universo. È solo questione di tempo prima che la situazione esploda...
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di 20th Century Fox (Aliens) e Nu Image / Millennium Films (Boyka). Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
In fondo al testo riporto tutte le fonti che ho utilizzato per la stesura.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dunja fissava ancora lo spazio vuoto dove qualche istante prima c’era l’enorme Regina aliena pronta a maciullarla. Non riusciva ad alzarsi semplicemente perché non provava neanche a muoversi: lo stupore per essere ancora viva era un qualcosa che andava gestito lentamente.

Si sentì sollevare e in un attimo si ritrovò in piedi. «Per un pelo», sentì dire, ma la voce di Boyka proveniva da lontano, come ovattata. Mentre il lottatore proseguiva alla volta di Eloise, Dunja d’un tratto fece mente locale: i suoi uomini! Se sull’astronave avevano aperto le maledette casse che Lichtner aveva inviato loro... Agguantò il suo trasmettitore con gesti compiuti quasi in sogno e cominciò a cercare di comunicare con la Verloc, malgrado sentisse la propria voce come in lontananza. «Dimitri, mi senti? Ti prego, rispondi...»

Boyka intanto aveva raggiunto la sua allieva, che ancora stringeva l’enorme coda mozzata della Regina. «Non male come primo giorno della tua nuova vita», le disse.

Eloise gettò lontano il resto alieno con un gesto di stizza. «Ho fallito. Maledizione, ero sicura di poter affrontare una Regina...»

«Magari un giorno ci riuscirai», cercò di consolarla Boyka, vedendola davvero delusa. «Non puoi chiedere troppo dal tuo primo incontro: un lottatore migliora andando avanti, non si è subito campioni.»

«Non avevo pensato al dannato sangue acido», continuò la donna guardandosi le mani. «Mi ero inorgoglita con le mie “sorelle” e ho sottostimato un nuovo nemico.»

«Ma hai imparato, ed è questo l’importante. Non essere dura con te stessa.» Il lottatore si voltò a salutare con un cenno Olimpia. «Grazie per l’aiuto, temevo che ci avessi traditi.»

La donna-robot accennò un semplice gesto del capo ma subito si diresse da Dunja, che continuava a cercare un contatto con l’astronave. Olimpia aveva nel frattempo annullato il blocco del segnale imposto dal dottore, ma era stato un gesto inutile, lo sapeva benissimo. «Non le risponderà nessuno, maggiore» si limitò a dire, con un tono di voce che cercava di imitare, senza riuscirci, la compassione umana.

Dunja la fulminò con gli occhi. «Perché dici questo? Sai qualcosa...?»

Olimpia annuì. «Mi sto collegando in remoto con il computer centrale della Verloc: segnala che ieri sera c’è stata una violazione nel protocollo di sicurezza della nave. Lei sa cosa vuol dire, vero?» Dunja la fissò immobile. «Risulta che nelle ore successive alcune sezioni della nave sono state sigillate ma non sembra sia servito a molto: il database del sistema d’areazione mostra un’interruzione della percentuale del riciclo di anidride carbonica.» La donna rimase in attesa di una reazione che non arrivò, così proseguì. «Sembra che nessuno stia più respirando, sulla nave.»

Dunja continuava a fissare Olimpia, sperando che tutto quello fosse solo uno stupido scherzo di quella donna artificiale, che fosse l’ultimo tiro mancino di Lichtner, che non fosse vero niente. Che quella maledetta missione non avesse fatto morire tutti gli uomini. Che non avesse sulla coscienza la morte del suo intero equipaggio. Compresi quelli che le avevano salvato la vita eleggendola capitano della nave. Ovviamente si erano sbagliati, puntando su di lei...

«Dimitri...» provò di nuovo il maggiore, bisbigliando nella trasmittente. «Ti prego... rispondi...»

«È inutile, Dunja, nessuno ti risponderà.»

«Lasciala provare comunque.» Olimpia si voltò a guardare Boyka, che si era avvicinato e probabilmente aveva sentito tutto. «Piuttosto dovresti guidarci verso una qualche navetta per lasciare questo posto.»

«Per andare dove?» sbottò Dunja, fissando con occhi sofferenti il lottatore. «Non c’è più un’astronave a cui tornare, non possiamo lasciare questo pianeta di merda.»

«Non serve lasciarlo: ci stanno venendo a prendere», disse Olimpia.

Il silenzio calò improvviso e tutti guardarono la donna. «Chi ci sta venendo a prendere?» chiese Dunja per tutti.

«Ieri sera, appurato che eri dalla nostra parte, ho chiamato la Casata perché iniziassero a mandare qualcuno a darci man forte. Poi tutto è crollato velocemente, ma dovrebbe arrivare tra poco l’astronave Yutani per portarci via.»

«Yutani...» quasi bisbigliò Dunja.

«Sì, la tua Casata. Li ho informati del tuo operato e sono stati lieti di sapere che ti sei battuta per fermare il dottore, che rappresentava un grave pericolo per loro. Vogliono che torni in famiglia.» Olimpia girò lo sguardo verso Boyka ed Eloise. «Anche voi, ovviamente. Li ho informati di tutto e vi considerano una preziosa risorsa.»

Sia il lottatore che la ginoide si limitarono a guardare silenziosamente Dunja: a loro non importava minimamente far parte di una Casata, ma avrebbero seguito il maggiore.

Dunja era frastornata. «Non ho più contatti con la Casata, con quella che tu chiami “famiglia”, da tanto di quel tempo...»

«Loro sono disposti ad accoglierti e a dimenticare, per iniziare un nuovo futuro insieme.»

«Aspetta... dimenticare cosa?»

«Dagli archivi risulta che la Casata non ha più preso in considerazione la tua riammissione in famiglia dai tempi dell’incidente sul pianeta Korari: una nota specifica che il tuo comportamento in quell’occasione, con tutti quei morti che hai provocato, non è degno della classe dirigenziale Yutani. Però è passato molto tempo e sono disposti...»

«Che cosa?» gridò Dunja sdegnata. «Su Korari io non ho fatto niente, è stata tutta opera di quell’infame di...»

«Vi sono mancato?»

Tutti si girarono verso la breccia aperta nella parete della stanza... aperta proprio dall’armatura attraverso cui ora Rykov li guardava. «Grazie per esservi preoccupati per me, che ho volato per mezza città» disse sarcastico il generale.

«Hai dato a me la colpa del massacro di Korari?» gli gridò Dunja andandogli incontro.

Attraverso la visiera dell’armatura Berserker era difficile stabilire l’espressione di Rykov, ma tutto lasciava pensare ad un ghigno. «Perché rivangare il passato? Comunque non è il caso che la Yutani sappia di questo», ed alzò i mitragliatori ancora collegati all’armatura: una raffica di proiettili attraversò la stanza.

Tutti si gettarono immediatamente a terra, ma la raffica fu brevissima. Boyka ed Eloise si guardarono per sincerarsi che non avessero subìto ferite e lo stesso fece Dunja. Solo dopo un attimo si accorsero che Olimpia stava rantolando a terra, con il corpo che vibrava ed emetteva strani ronzii.

«Così non potrà raccontare la verità alla Casata», disse Rykov, avvicinandosi.

«Non era amico nostro?» chiese Eloise bisbigliando a Boyka.

«Rykov non è amico di nessuno», rispose l’uomo. «Prima spara da una parte e poi spara dall’altra. Dargli un’armatura invincibile non è stata una grande idea.»

«Davvero è invincibile?»

«Praticamente sì. L’unico suo punto debole è...» Boyka si voltò di scatto a fissare Eloise. «Non può resistere alla forza fisica degli alieni...»

Rykov si avvicinò fino a troneggiare su Dunja, che lo stava insultando da per terra. Con un sorriso arcigno il generale puntò una delle mitragliatrici verso la donna. «È stato un onore averti come mia allieva, Dunja, e ti ringrazio di non avermi consegnato a Lichtner, ma conservare i favori della Yutani è più importante. Ora che sai di Korari, non posso portarti con me.»

«Dopo tutto questo tempo, generale...» Dunja sputò, «non hai ancora imparato la lezione più importante di tutte.»

Incuriosito, Rykov esitò divertito. «E quale sarebbe?»

Dunja lo fissò con disprezzo. «Mai tirarla per le lunghe prima di premere il grilletto.»

Un attimo dopo il corpo muscoloso di Eloise impattava pesantemente con l’armatura del generale, costringendo Rykov ad indietreggiare. Prima che l’uomo potesse realizzare cosa stesse succedendo, la ginoide stava adottando lo stile del combattimento a corta distanza, inondando di pugni potenti e a corto raggio il centro dell’armatura: per quanto fossero potenti i suoi muscoli non poteva arrecare particolare danno, ma le serviva per destabilizzare il generale. Il quale cominciò ad agitare le braccia davanti a sé, nel tentativo di scacciare quella donna.

Ad ogni tentativo di scacciarla, Eloise cambiava posizione e colpiva nello spazio lasciato scoperto sull’armatura, acquisendo sempre più velocità, finché non scivolò dietro Rykov e gli si avvinghiò sulla schiena, tenendosi ferma con le gambe alla vita dell’armatura. Cominciò a rallentare i pugni ma ad aumentarne la forza: ogni goccia di sangue xenomorfo cominciò a ribollire nelle sue vene umanoidi, finché il metallo dell’armatura non cominciò vistosamente ad ammaccarsi.

«Togliti di dosso, maledetta!» gridava Rykov agitandosi, frustrato dal non riuscire a scacciare quell’essere dalla potenza micidiale.

Ammaccate le spalle, Eloise agguantò il casco e iniziò a premere verso l’alto, mentre schivava le braccia dell’armatura che tentando di colpirla in realtà sbattevano contro la testa stessa di Rykov.

Ogni muscolo del corpo di Eloise era contratto oltre ogni umana condizione: a parte la mera forma esteriore, nulla c’era più di umano in lei. A forza di tirare, un rumore di metallo torturato fu il segnale che l’armatura Berserker stava cedendo: una piccola crepa si aprì nell’attaccatura del casco al resto del corpo. A Dunja non serviva altro.

La donna scattò in avanti e piantò il suo coltello nella fessura, raggiungendo la gola di Rykov. In pochi secondi la visiera dell’armatura si imbrattò di sangue, finché le braccia iniziarono a rallentare i loro movimenti nell’aria. Dunja premette ed agitò la lama, mentre urlava contro la visiera ormai piena di sangue: impossibile vedere il volto di Rykov. Infine la Berserker crollò, sotto il peso delle due donne ma anche perché il generale aveva perso il controllo. Era morto soffocato in una visiera ripiena del suo stesso sangue.

Finito di urlare, stringendo ancora il coltello fino a rendere completamente bianche le dita, Dunja chinò la fronte fino a posarla sull’armatura immobile. Non voleva che gli altri la vedessero versare lacrime per aver perso di nuovo una famiglia, per essere di nuovo sola contro l’universo.

Eloise si allontanò per raggiungere Boyka, che intanto si stava sincerando delle condizioni di Olimpia. La donna-robot aveva perso la funzionalità del corpo ma la sua testa era ancora attiva. Quando Eloise si avvicinò la donna si voltò a guardarla e il suo volto robotico si allargò in un sorriso. «Non male, per una ginoide.»

~

Quando l’astronave Yutani iniziò le manovre di atterraggio, Dunja e Boyka la guardarono in lontananza, seduti sul tetto della dimora del dottor Lichtner. La donna era voluta salire perché dabbasso diceva le mancasse l’aria, ma probabilmente cercava un posto per rimanere sola. Non ci riuscì, visto che Boyka la seguì quasi subito.

«Sei pronta ad incontrare la tua nuova vecchia famiglia?» le disse il lottatore, a metà fra il serio e lo scherzo.

I due erano stati in silenzio tutto il tempo. Lui l’aveva raggiunta sul tetto ma non aveva detto una parola: erano rimasti così, semplicemente vicini.

«Non sono mai stati la mia famiglia», rispose con un filo di voce Dunja. «Non lo saranno certo ora.»

«Vuoi che ti racconti i rapporti con la mia famiglia in carcere?»

Dunja sbottò in una risata. «Basta coi tuoi racconti carcerari, Boyka.» Poi, dopo un attimo di silenzio. «Grazie per non aver cercato di consolarmi o per non aver infierito.»

«Non sono bravo con le parole», rispose lui, cambiando posizione, «volevo però farti sapere che ci sono. A volte basta questo.»

Dunja annuì. «A volte basta questo», ripeté.

«Perdere tutto a volte è un modo per cambiare vita. Ora puoi scegliere un altro percorso, un’altra strada da seguire.»

«Sarebbe bello», rispose amareggiata la donna, «ma l’unica strada sarà quella che mi consentirà la Casata: se vorranno mettermi a guardia dei maiali, sarà quella la mia nuova “strada”.»

Boyka sorrise. «E allora sarai la migliore guardiana di maiali dell’universo.» Risero. «E quando ti sarai stufata ce ne andremo e faremo qualcos’altro.»

Dunja si voltò a guardarlo per la prima volta. «D’un tratto usi il plurale? Sembra quasi che siamo una coppia...»

Boyka rispose allo sguardo, sorridendo. «Il maggiore Dunja era troppo seriosa, sembrava una gino-cosa, la semplice Dunja la trovo più umana, e mi piace l’idea di stare con lei.»

Dunja tornò a guardare la navetta che stava atterrando in lontananza. «Dev’essere una donna fortunata, questa Dunja.»

«Inoltre questa Dunja è molto meno spietata dell’altra. Per esempio non sta pensando che Eloise potrebbe battere qualunque avversario del Dead Or Alive, non pensa che partecipando a quel torneo potrebbe mettersi in mostra con la casata.»

La donna si voltò a guardarlo allibita. «Stai proponendo di mettere in atto la follia di Lichtner? Vuoi far partecipare quella ginoide al DOA?»

Boyka scosse le spalle. «L’essere stato un pazzo non vuol dire che il dottore abbia sbagliato tutto. Vincendo il DOA credo entreresti subito nelle grazie della Yutani...»

I due rimasero in silenzio per un po’, mentre i Colonial Marines della Weyland-Yutani venivano a prenderli per portarli in un nuovo mondo.

«Sai che la tua allieva dovrà combattere con dei vestiti addosso?»

L’uomo scoppiò in una sonora risata. «Facciamo così: vestiamo lei... e spogliamo te.»

I due risero, e dal basso nessuno poté vederli baciarsi.

FINE

(A presto con Aliens vs Boyka 3: Death or Alive ma prima, le fonti che ho utilizzato)

   
 
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