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Autore: Levyan    24/03/2017    0 recensioni
Due anni dopo gli eventi dello speciale Omega Ruby e Alpha Sapphire, molte cose sono cambiate. E molte vecchie conoscenza avranno modo di reincontrarsi ad Holon, un resort per Allenatori in cui tradizioni e leggende sono sostituite da comodità e attrazioni. Sarà necessario far fronte ad un nuovo pericolo. Purtroppo non tutti gli amici che si hanno accanto sono sempre quello che crediamo siano.
Ma la follia è come la gravità, basta solo una piccola spinta.
Genere: Avventura, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Levyanbräu (Pokémon Adventures)'
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Capitolo 7: Malibu pt. 1
 
 
Il sole faceva capolino dagli spiragli delle persiane. Sapphire lasciò che la sua luce le aprisse dolcemente gli occhi.
Si ritrovò in un letto sfatto, all’interno di una camera d’hotel che non conosceva, senza la minima cognizione di che giorno o che ora fosse. Verificò allungando un occhio verso la sveglia digitale che era sul comodino. Erano le nove e mezza del ventinove giugno. Si sentiva incredibilmente riposata, come se avesse recuperato energia dopo un incredibile sforzo. Effettivamente era passato parecchio tempo dall’ultima volta che qualcuno era riuscito a farla stare sveglia fino a così tardi per fare sesso.
Stirò ogni muscolo facendo le fusa nel letto ovviamente vuoto e tentò di alzarsi. Cercò eventuali messaggi o tracce lasciati da Ruby ma tutto ciò che era rimasto dopo quella notte, lo aveva Sapphire addosso. Era la camicia nera del ragazzo, di seta, con le iniziali ricamate dentro:
R.H.
Ossia Rubin Harmonia. Era stata sicuramente realizzata su misura da qualche sarta esperta che si era fatta pagare una fortuna. Ruby aveva giustamente rinunciato a recuperarla, per non svegliare la ragazza. Sfilare le camicie di dosso alle persone era difficile persino per lui. E intanto, Sapphire rideva sempre più pensando all’immagine di Ruby che volava via in groppa ad un Flygon a petto nudo alle prime luci del mattino. Poi perse immediatamente il sorriso quando ripensò all’immagine del corpo del ragazzo. Il suo petto, aveva potuto constatarlo quella notte, era solcata da migliaia di tatuaggi: linee rosse e blu che indicavano che l’organismo avesse assorbito le gemme dentro di sé. Il centro focale di queste linee era lo sterno, le ramificazioni andavano poi a scemare man mano che ci si allontanava da esso, le più lunghe raggiungevano le spalle o la vita. Il complesso disegno ricordava in qualche modo una sorta di insetto con un esorbitante numero di zampe sottili e lunghissime. Lui stesso aveva detto che, se i due cristalli avessero dovuto riunirsi, il suo corpo avrebbe iniziato un lento processo di corrosione e decadimento. Si costrinse a non pensarci. In qualche modo, quella mattina si era svegliata serenamente, ma a poco a poco si stava riavvicinando alla realtà piena di merda che aveva abbandonato la sera precedente.
Si fece una doccia, giusto per togliersi di dosso l’odore di Ruby.
Mezz’ora dopo era scesa al piano di sotto, per riunirsi con gli altri. Ovviamente trovò le facce da funerale del giorno prima che nemmeno una abbondante colazione poteva trasformare in sorrisi.
‒ Non abbiamo più una pista ‒ fece notare Blue, sconsolata.
‒ Dovremmo prelevare Ruby con la forza e interrogarlo ‒ ripropose Gold.
‒ Sarebbe inutile, adesso l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un ostaggio ‒ lo criticò Green.
‒ Cercare Kalut? ‒ ribatté.
‒ Abbiamo già provato, non esiste nessuno al mondo che risponda a quel nome, da dove inizieremmo? ‒ lo informò Blue.
‒ Che idea avete, allora?
Nessuno parlò.
‒ Forse c’è una minima possibilità ‒ mormorò Sapphire.
Tutti i presenti finirono con gli occhi su di lei. A tutti pareva che la ragazza si fosse svegliata dal lato giusto del letto, quella mattina.
‒ Murdoch viene ucciso, poi Zero, colpevole dell’omicidio, sparisce… a distanza di due giorni, muore pure Fenix, altro Superquattro di Zero… potrebbe non essere stato proprio un incidente ‒ elencò. ‒ Rocco e Camilla non avevano detto che ora che Kalut non è più con Zero, non c’è più nessuno che riesca a domarlo?
Si poteva percepire all’orecchio il rumore dei meccanismi dei cervelli di tutti i presenti che cercavano di distillare una deduzione.
‒ Non hai torto, cerchiamo gli altri Superquattro ‒ propose Blue, entusiasta dalla nuova strada da percorrere.
‒ Dopo gli ultimi avvenimenti, è difficile che si trovino alla Lega ‒ ricordò Green. ‒ Sapphire, chiama Rocco, vedi se lui sa dove potremmo trovarli.
 
‒ Avete avuto una buona idea ‒ approvò l’ex Campione di Hoenn, dal suo ufficio di Altelia. ‒ Ma non so se è effettivamente la cosa migliore, si tratta pur sempre dei sottoposti dell’uomo che, a Vivalet, avrebbe voluto lasciare di voi solo una macchia sul terreno.
‒ Tu dicci quello che sai ‒ rincarò Sapphire.
‒ È poco sicuro.
‒ E io sono maggiorenne, mamma.
‒ Vi abbiamo dato delle informazioni riservate per aiutarvi o per mandarvi a morire?
‒ Rocco, abbiamo bisogno di trovare Tiana e Axel, per ora loro sono l’unica pista che possiamo seguire ‒ Sapphire era ferma e decisa e il suo interlocutore, sotto sotto, sapeva di star solo temporeggiando prima di cedere alle sue insistenze.
‒ Senti, facciamo una cosa, io vi dico dove è possibile che riusciate a trovarli, tu mi prometti che non andrai a cercare nessuno ‒ trovò un compromesso per tenersi la coscienza pulita.
‒ Se ti fa sentire meglio, ok.
‒ So bene che non manterrai la promessa ‒ chiarì l’uomo gettandosi in gola un bicchierino di cognac, dall’altra parte della linea.
‒ Non lo farò.
‒ Axel ha una Villa a Olivinopoli, se è vero che si sono allontanati da Holon, lo troverai sicuramente lì. Altrimenti smettete di cercare e tenetevi alla larga da tutti e due.
‒ Grazie, Rocco ‒ asserì Sapphire, attaccata al PokéNav.
‒ Non ringraziarmi, mi fa sentire in colpa.
‒ Ok.
‒ Fa’ attenzione…
Presero ovviamente il primo volo per Johto che partisse da Ciclamipoli. Sarebbero scesi all’aeroporto di Fiordoropoli attorno alle tre del pomeriggio, era poi previsto anche un viaggetto in groppa ai loro Pokémon volanti che li avrebbe lasciati a Olivinopoli per le tre e mezzo circa.
Sapphire, in aereo, si autoconvinse che prima o poi quei continui cambi di altitudine le avrebbero rotto i timpani e scombussolato la circolazione. E poi sentiva ancora addosso i postumi del cambio di fuso orario dell’ultimo viaggio.
Ma sapeva bene che niente sarebbe cambiato per tutto il corso della sua vita da Allenatrice. Spostarsi tra regione e regione era la normalità, anzi, era quasi divenuto usuale. Purtroppo funzionava così: le mete che piacevano a lei, quelle piene di Allenatori, medaglie e sfide, erano tutte oltremodo isolate. Sinnoh distava da Kanto così come Hoenn distava da Unima. E così via, piccole e lontane regioni che lei e i suoi amici erano abituati a percorrere a piedi in un mese o due, realtà ristrette, rese comode e percorribili al fine di agevolare e perpetrare la tradizione più diffusa nella sua nazione: la sfida alle Palestre. E poi le grandi città, le industrie, il tessuto urbano: tutta roba opportunamente nascosta e mimetizzata.
‒ Hai visto Sapphire? Sembra più sorridente oggi ‒ sussurrò Blue a Green, i due erano seduti vicini, mentre la Dexholder di Hoenn stava nella fila di posti adiacente.
‒ Non ci avevo fatto caso ‒ rispose lui con fare distratto.
‒ E la sua camera sapeva di sesso ‒ aggiunse, sapendo che il maschio che era suo interlocutore avrebbe drizzato di più le antenne.
‒ Quando ci sei entrata? ‒ chiese allora Green, preso all’amo.
‒ Prima di uscire, le ho dato una mano con la valigia.
‒ Avrà trovato tempo per farsi rimorchiare, ieri sera, beata lei ‒ commentò Green, malato come tutti.
‒ Nella sua regione? Difficile, lo avrebbero scritto sul giornale.
‒ E allora che pensi?
‒ Escludo Lino ‒ mise le mani avanti, Blue.
‒ Come minimo.
‒ Non mi viene in mente nulla.
‒ Potresti pure aver sbagliato ‒ la stuzzicò Green.
Il loro parlare a bassa voce non riusciva ad attirare la distratta attenzione di Gold e Silver, il primo dormiva e il secondo giaceva nella sua solita calma turbolenta. Totalmente distaccata era invece Crystal, la quale non scambiava che qualche parola abitudinaria coi suoi amici da giorni, ormai. Tutti lo avevano notato, qualcuno aveva provato a parlarle, nessuno ne aveva tratto risultati. Era oltremodo nervosa e furente per la morte di Emerald. Bolliva in una silenziosa rabbia celata, come una pentola a pressione che, prima o poi, si sarebbe decisa ad esplodere.
‒ Lei è quella che è rimasta più sola ‒ commentò Green, parlando sempre di Sapphire. ‒ Insomma, noi, Silver, Red… ci conosciamo da così tanto. Lei chi ha?
‒ Non dovresti essere così negativo. Siamo una squadra, ma prima di tutto siamo amici ‒ lo riprese la ragazza.
‒ Sì, siamo colleghi divenuti amici nel tempo. È abitudine, non affinità. Condividiamo i nostri impegni, non le nostre passioni.
‒ Secondo me è proprio qui che ti sbagli ‒ ribatté allora la castana. ‒ Siamo tutti diversi, questo è vero, ma è un fatto positivo. Inoltre abbiamo vissuto insieme i momenti più importanti delle nostre vite. E lo abbiamo fatto per nostra scelta, non per costrizione.
‒ Ah, sì. Ricordo quando siamo rimasti pietrificati insieme, oppure tutte le volte che abbiamo rischiato di morire per fare la cosa giusta. Tutti si amano nel pericolo, è come in un film americano, hai presente?
‒ Sei uno stupido, il lavoro ti ha reso noioso.
‒ Tu invece sei diventata tenera, queste amicizie ti hanno ammorbidito ‒ ribatté calcando sulla parola “amicizie”.
Blue era stata toccata nel vivo ‒ Credi che sia il tuo lato duro e distaccato che mi abbia spinto a letto con te ogni volta? Cos’è, una specie di gioco erotico per te? ‒ disse, con tono normale.
‒ È solo la verità, non puoi affidarti a nessuno. Prima o poi quel qualcuno o sparisce o si dimentica di te o muore.
‒ Pensi che tutti siamo come Ruby? ‒ Blue alzò leggermente la voce, attirando l’attenzione di Sapphire che aveva udito fuggevolmente il nome del ragazzo che aveva lasciato entrare dentro di sé quella notte.
‒ Abbassa la voce… e comunque no, penso soltanto che nessuno di loro possa salvarti la vita: siamo sempre soli, alla fine.
Blue sbuffò, provando il sentore del disprezzo per quella persona con cui stava parlando, ‒ Secondo me invece hai solo paura ‒ fu vicinissima a lui, sussurrò quelle parole al suo orecchio. ‒ Ora che vedi il pericolo, hai paura di perderli perché ti sei affezionato ad ognuno di loro.
Green non ribatté. La ragazza decise di alzarsi per sparire in bagno per qualche minuto. Si voltò all’ultimo verso il ragazzo per ribadire il concetto.
‒ E comunque non credevo tu fossi tanto insensibile, nessuno di loro potrà salvarmi la vita, ma sicuramente tutti me l’hanno cambiata. E in meglio ‒ e andò via.
Il resto del viaggio scorse nel silenzio totale, persino tra i due di Kanto.
Furono tutti a Olivinopoli per l’orario stabilito. Già dal primo momento risultò evidente che Gold e Silver si sentissero più a casa. Crystal invece accennò quasi ad un’ombra di serenità. Esagerando, anche lei era felice di rivedere la sua terra, ogni tanto.
Seguendo le indicazioni di Rocco e affidandosi a qualche elenco telefonico, articolo di internet e chiacchiera locale, scoprirono che la villa che risultava appartenere al Superquattro Axel era quella in stile Tony Stark che giaceva sulla costa frastagliata e rocciosa dell’isola. Una roba poco economica, sicuramente. Olivinopoli era un po’ come Spiraria a Unima: un resort per i ricconi. Il clima era molto simile, lì neanche l’inverno riusciva ad abbassare la temperatura drasticamente. L’oceano era uno spettacolo, il panorama di più. La villa dava inoltre verso sud est, per godere dell’alba senza prendersi il sole in faccia. La costa rocciosa non permetteva di uscire dal lato mare, ma permetteva di osservare i surfisti che si esibivano, un centinaio di metri più lontano.
‒ Che facciamo, bussiamo piano o bussiamo forte? ‒ scherzò Gold che era già solleticato dall’idea di demolire il patrimonio che sicuramente sarà costata quella costruzione.
‒ Neanche per sogno, idiota ‒ lo richiamò Silver.
‒ Io ho un’idea ‒ si intromise Sapphire, che quel giorno era fin troppo creativa. ‒ Ma forse sarebbe più il caso di spiare dentro di nascosto, prima. Giusto per capire che cosa abbiamo davanti.
‒ Ok, era ovvio, ma qual è l’idea? ‒ la stimolò Gold.
‒ La massima naturalezza e la limpidità, tanto che potrebbe farci Axel? Se facciamo capire alla stampa che ci troviamo qui, non può neanche toccarci.
‒ Non è male ‒ commentò Green. ‒ Per il sopralluogo mi mobilito io, concedetemi mezz’ora, ritroviamoci di fronte al Centro Pokémon ‒ e sparì sul suo Charizard.
‒ Che facciamo nel frattempo? ‒ domandò Gold, notoriamente impaziente.
Ognuno di loro trovò impiego. Sapphire telefonò a suo padre per aggiornarlo, Blue fece lo stesso col professor Oak. Silver, Gold e Crystal, invece, sparirono misteriosamente.
Quando Green tornò, pronto a riferire tutti i dati che aveva ottenuto, trovò un circolo di persone annoiate.
‒ Allora ‒ esordì. ‒ la villa è messa in sicurezza da alcune guardie che girano costantemente all’esterno. Sono tutte armate, ovviamente, ma non dovrebbero costituire un problema, se dovessimo entrare in veste di normali ospiti. Ovviamente, se ci sono le guardie Axel dev’essere all’interno, ma c’è un'altra auto parcheggiata all’esterno, non è una delle sue, quelle le tiene nel garage sotterraneo. Comunque è una Jaguar rosa perlaceo, da maschio mi vergognerei a portare una macchina come quella. Deduco che sia quella di una probabile moglie/fidanzata ‒ il resoconto di Green era abbastanza dettagliato. Avevano trovato il loro obbiettivo. Ed erano pure sicuri che qualche reporter aveva diretto la sua attenzione verso di loro. Per questa ragione, erano intoccabili.
‒ Possiamo procedere, siamo qua per indagare dopo la vicenda di Vivalet, la morte di Fenix e sulla sparizione di tutto il resto della Lega di Holon, non sospettiamo di lui o dei suoi colleghi fin quando la cosa non si fa evidente ‒ ricordò a tutti Sapphire. ‒ E non tiriamo in ballo Ruby e la Faces, se non ce n’è bisogno ‒ aggiunse, con una frecciata.
Entrare in una villa sorvegliata da una guarnigione di guardie vestite di nero fu una delle esperienze più strane che fosse mai capitata ad ognuno di loro. Dovettero perquisirli prima di farli anche solo avvicinare al citofono. Nessuno di loro comprese il motivo di tanta sicurezza, ma non si fecero domande. Erano persone importanti e Axel, o chi per lui, li invitò cordialmente ad entrare.
Si ritrovarono in un salotto dal soffitto altissimo nel quale risuonava il cristallino suono di una fontana da interni.
Attesero alcuni minuti con un cameriere che offrì loro qualsiasi tipo di bevanda. Solo dopo quell’accoglienza greca videro presentarsi davanti a loro un soggetto la cui età era poco deducibile ma aleggiava tra i venti e i trenta. I capelli erano castani chiari, quasi biondi, aveva un paio di Rayban da vista sul naso e celava il suo fisico né gracile né muscoloso sotto un abbigliamento casual: una maglietta e dei bermuda. Axel li squadrò tutti con occhi attenti.
‒ Non aspettavo visite, mi dico stupito ‒ esordì.                                                                                              
‒ Perdona il nostro arrivo improvviso, Axel, non ci conosciamo ma siamo sicuri che tu sappia già chi siamo ‒ rispose Green, facendosi portavoce del gruppo.
‒ Ovvio, e ho pure intuito il motivo per cui vi trovate qui ‒ era uno di quelli con la risposta pronta, si annotò mentalmente ognuno di loro.
‒ Forse no ‒ ribatté allora Green.
Axel si incuriosì. Si sedette su uno di quei divanetti di pelle bellissimi ma scomodi come poche cose al mondo. Era proprio di fronte a loro e sorseggiava una tisana: Axel, Superquattro della Lega di Holon, collega di due morti e sottoposto di un terrorista.
‒ Sai, stiamo indagando su quello che è successo a Vivalet, non potevamo farne a meno.
‒ Ah, Vivalet, che sciocco ‒ si picchiettò le tempie con le dita. ‒ Vi porgo i miei ringraziamenti per aver fermato Rayquaza, io sono stato costretto dai miei agenti ad allontanarmi subito dopo l’attacco. È stata una terribile tragedia, ma senza di voi si sarebbe potuta trasformare in un disastro di dimensioni ben maggiori.
‒ È stato dovere ‒ borbottò Gold.
‒ Comunque, stiamo seguendo una delle poche piste possibili e siamo rimasti colpiti dalla sparizione dell’intera Lega di Holon e poi, con quello che è successo ieri... ‒ spiegò Green.
Axel sembrò concedersi un attimo. Pensava a Fenix, ma il suo cervello lavorava più di quanto lasciasse intendere.
‒ Effettivamente, capisco come un avvenimento simile possa aver insospettito molti.
‒ Holon ha conosciuto l’inferno, la sua Lega è scomparsa ‒ lo accompagnò Green.
‒ Avete delle idee su chi possa essere il responsabile?
Prima bugia, ogni Dexholder individuò la finta ingenuità di Axel. Sapevano bene che lui era a conoscenza del piano di Zero, voleva solamente capire quanto fossero vicini alla verità. Era buon segno, poiché significava che non erano stati seguiti nel loro processo di investigazione. D’altra parte, però, ricordava loro che, seduto amabilmente su quel divanetto a sorseggiare una tisana da una tazza etnica in terracotta proveniente da Alola, c’era il complice di un assassino. Non sapevano ancora da che parte stesse il Superquattro, e lo avrebbero scoperto soltanto rischiando la pelle, ma nessuno di loro quella mattina si era alzato dal letto con l’intenzione di entrare nella tana del lupo: ragion per cui avevano già deciso unanimemente di mantenersi generali con lui, in modo tale da non infastidire un eventuale complice di un pluriomicida.
Abbiamo qualche idea, ma stiamo cercando di fare luce sul quadro generale ‒ rispose innocentemente Green.
‒ Ok, allora vi aiuto: è stato Zero ‒ disse con massima naturalezza. Aveva bluffato, voleva capire quanto a fondo i suoi interlocutori fossero scesi.
I Dexholder rimasero inverosimilmente spiazzati.
‒ È un criminale, è il responsabile della morte di Fenix e sono certo che abbia ucciso pure quel poveraccio di Murdoch ‒ stava rincarando la dose senza alcuna paura delle conseguenze. ‒ Zero va fermato, la Lega di Holon ormai non esiste più.
‒ Aspetta, aspetta… che significa tutto questo? ‒ lo interruppe Green, tenendogli il gioco.
‒ Zero sta cercando tutti noi, ora ‒ chiarì, lasciando senza far luce su nulla.
Green assottigliò lo sguardo.
‒ Va bene, dobbiamo intervenire immediatamente per fermare Zero ‒ si intromise Sapphire. ‒ E da quanto ho capito siamo anche sulla strada giusta. Axel, se è vero quello che hai detto su Zero, abbiamo bisogno che tu ci dia una mano e continui a dirci tutto ciò che sai ‒ esclamò con decisione.
‒ Sì, Zero aveva intenzione, come immagino già saprete, di fare una strage di tutti i maggiori Allenatori presenti all’Holon World Stadium. Ha costretto Murdoch ad agire per suo conto, poi lo ha eliminato per cancellarne le prove. Per fortuna, da quanto ho capito, una soffiata a proposito del suo piano è arrivata a Rocco e successivamente a Ruby, che ha potuto ostacolarlo insieme a voi, purtroppo non senza conseguenze…
‒ Stiamo cercando di raggiungerlo e fermarlo, dobbiamo solo capire la motivazione che spinge le sue azioni ‒ continuò Sapphire.
‒ Forse occorre che capiate come stanno realmente le cose, prima ‒ precisò Axel convocando il maggiordomo. ‒ Bernard, chiama la nostra ospite ‒ ordinò.
Stupendo tutti, comparve all’interno del quadretto un ultimo soggetto: una bellissima donna dalla carnagione color caffellatte. Vestiva anche lei casual, con un pareo e degli shorts, ma la sua bellezza colpì ognuno dei presenti. La riconobbero, lei era un po’ più conosciuta, visivamente, rispetto ad Axel: si trattava di Tiana, ultima Superquattro di Holon. Evidentemente, la proprietaria della Jaguar rosa parcheggiata fuori.
La bellezza salutò tutti introducendosi elegantemente nella situazione.
‒ Zero è arrivato al punto di rivolgersi persino contro di noi ‒ spiegò, gelido, Axel. ‒ Siamo fuggitivi.
E un forte rumore di vetri infranti colse tutti alla sprovvista. Bernard, il maggiordomo di Axel, cadde a terra, con il buco di una pallottola nel collo. Entrò in casa attraverso la vetrata appena infranta una delle guardie vestite di nero che sorvegliavano l’esterno della villa. Era grosso e piazzato, brandiva una calibro quarantacinque dotata di silenziatore che maneggiava con dei guanti di pelle. Puntò minacciosamente l’arma contro Axel e fece fuoco.
   
 
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