Capitolo
7: Malibu pt.
1
Il sole faceva
capolino dagli spiragli delle persiane. Sapphire lasciò che la sua luce
le
aprisse dolcemente gli occhi.
Si ritrovò in un
letto sfatto, all’interno di una camera d’hotel che non conosceva, senza
la
minima cognizione di che giorno o che ora fosse. Verificò allungando un
occhio
verso la sveglia digitale che era sul comodino. Erano le nove e mezza
del
ventinove giugno. Si sentiva incredibilmente riposata, come se avesse
recuperato energia dopo un incredibile sforzo. Effettivamente era
passato
parecchio tempo dall’ultima volta che qualcuno era riuscito a farla
stare
sveglia fino a così tardi per fare sesso.
Stirò ogni
muscolo facendo le fusa nel letto ovviamente vuoto e tentò di alzarsi.
Cercò
eventuali messaggi o tracce lasciati da Ruby ma tutto ciò che era
rimasto dopo
quella notte, lo aveva Sapphire addosso. Era la camicia nera del
ragazzo, di
seta, con le iniziali ricamate dentro:
R.H.
Ossia Rubin
Harmonia. Era stata sicuramente realizzata su misura da qualche sarta
esperta
che si era fatta pagare una fortuna. Ruby aveva giustamente rinunciato a
recuperarla, per non svegliare la ragazza. Sfilare le camicie di dosso
alle
persone era difficile persino per lui. E intanto, Sapphire rideva sempre
più
pensando all’immagine di Ruby che volava via in groppa ad un Flygon a
petto
nudo alle prime luci del mattino. Poi perse immediatamente il sorriso
quando
ripensò all’immagine del corpo del ragazzo. Il suo petto, aveva potuto
constatarlo quella notte, era solcata da migliaia di tatuaggi: linee
rosse e
blu che indicavano che l’organismo avesse assorbito le gemme dentro di
sé. Il
centro focale di queste linee era lo sterno, le ramificazioni andavano
poi a
scemare man mano che ci si allontanava da esso, le più lunghe
raggiungevano le
spalle o la vita. Il complesso disegno ricordava in qualche modo una
sorta di
insetto con un esorbitante numero di zampe sottili e lunghissime. Lui
stesso
aveva detto che, se i due cristalli avessero dovuto riunirsi, il suo
corpo
avrebbe iniziato un lento processo di corrosione e decadimento. Si
costrinse a
non pensarci. In qualche modo, quella mattina si era svegliata
serenamente, ma
a poco a poco si stava riavvicinando alla realtà piena di merda che
aveva
abbandonato la sera precedente.
Si fece una
doccia, giusto per togliersi di dosso l’odore di Ruby.
Mezz’ora dopo era
scesa al piano di sotto, per riunirsi con gli altri. Ovviamente trovò le
facce da
funerale del giorno prima che nemmeno una abbondante colazione poteva
trasformare in sorrisi.
‒ Non abbiamo più
una pista ‒ fece notare Blue, sconsolata.
‒ Dovremmo
prelevare Ruby con la forza e interrogarlo ‒ ripropose Gold.
‒ Sarebbe
inutile, adesso l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un ostaggio ‒ lo
criticò
Green.
‒ Cercare Kalut?
‒ ribatté.
‒ Abbiamo già
provato, non esiste nessuno al mondo che risponda a quel nome, da dove
inizieremmo? ‒ lo informò Blue.
‒ Che idea avete,
allora?
Nessuno parlò.
‒ Forse c’è una
minima possibilità ‒ mormorò Sapphire.
Tutti i presenti
finirono con gli occhi su di lei. A tutti pareva che la ragazza si fosse
svegliata dal lato giusto del letto, quella mattina.
‒ Murdoch viene
ucciso, poi Zero, colpevole dell’omicidio, sparisce… a distanza di due
giorni,
muore pure Fenix, altro Superquattro di Zero… potrebbe non essere stato
proprio
un incidente ‒ elencò. ‒ Rocco e Camilla non avevano detto che ora che
Kalut
non è più con Zero, non c’è più nessuno che riesca a domarlo?
Si poteva
percepire all’orecchio il rumore dei meccanismi dei cervelli di tutti i
presenti che cercavano di distillare una deduzione.
‒ Non hai torto,
cerchiamo gli altri Superquattro ‒ propose Blue, entusiasta dalla nuova
strada
da percorrere.
‒ Dopo gli ultimi
avvenimenti, è difficile che si trovino alla Lega ‒ ricordò Green. ‒
Sapphire,
chiama Rocco, vedi se lui sa dove potremmo trovarli.
‒ Avete avuto una
buona idea ‒ approvò l’ex Campione di Hoenn, dal suo ufficio di Altelia.
‒ Ma
non so se è effettivamente la cosa migliore, si tratta pur sempre dei
sottoposti dell’uomo che, a Vivalet, avrebbe voluto lasciare di voi solo
una
macchia sul terreno.
‒ Tu dicci quello
che sai ‒ rincarò Sapphire.
‒ È poco sicuro.
‒ E io sono
maggiorenne, mamma.
‒ Vi abbiamo dato
delle informazioni riservate per aiutarvi o per mandarvi a morire?
‒ Rocco, abbiamo
bisogno di trovare Tiana e Axel, per ora loro sono l’unica pista che
possiamo
seguire ‒ Sapphire era ferma e decisa e il suo interlocutore, sotto
sotto,
sapeva di star solo temporeggiando prima di cedere alle sue insistenze.
‒ Senti, facciamo
una cosa, io vi dico dove è possibile che riusciate a trovarli, tu mi
prometti
che non andrai a cercare nessuno ‒ trovò un compromesso per tenersi la
coscienza pulita.
‒ Se ti fa
sentire meglio, ok.
‒ So bene che non
manterrai la promessa ‒ chiarì l’uomo gettandosi in gola un bicchierino
di
cognac, dall’altra parte della linea.
‒ Non lo farò.
‒ Axel ha una
Villa a Olivinopoli, se è vero che si sono allontanati da Holon, lo
troverai
sicuramente lì. Altrimenti smettete di cercare e tenetevi alla larga da
tutti e
due.
‒ Grazie, Rocco ‒
asserì Sapphire, attaccata al PokéNav.
‒ Non
ringraziarmi, mi fa sentire in colpa.
‒ Ok.
‒ Fa’ attenzione…
Presero
ovviamente il primo volo per Johto che partisse da Ciclamipoli.
Sarebbero scesi
all’aeroporto di Fiordoropoli attorno alle tre del pomeriggio, era poi
previsto
anche un viaggetto in groppa ai loro Pokémon volanti che li avrebbe
lasciati a
Olivinopoli per le tre e mezzo circa.
Sapphire, in
aereo, si autoconvinse che prima o poi quei continui cambi di altitudine
le
avrebbero rotto i timpani e scombussolato la circolazione. E poi sentiva
ancora
addosso i postumi del cambio di fuso orario dell’ultimo viaggio.
Ma sapeva bene
che niente sarebbe cambiato per tutto il corso della sua vita da
Allenatrice.
Spostarsi tra regione e regione era la normalità, anzi, era quasi
divenuto
usuale. Purtroppo funzionava così: le mete che piacevano a lei, quelle
piene di
Allenatori, medaglie e sfide, erano tutte oltremodo isolate. Sinnoh
distava da
Kanto così come Hoenn distava da Unima. E così via, piccole e lontane
regioni
che lei e i suoi amici erano abituati a percorrere a piedi in un mese o
due,
realtà ristrette, rese comode e percorribili al fine di agevolare e
perpetrare
la tradizione più diffusa nella sua nazione: la sfida alle Palestre. E
poi le
grandi città, le industrie, il tessuto urbano: tutta roba opportunamente
nascosta e mimetizzata.
‒ Hai visto
Sapphire? Sembra più sorridente oggi ‒ sussurrò Blue a Green, i due
erano
seduti vicini, mentre la Dexholder di Hoenn stava nella fila di posti
adiacente.
‒ Non ci avevo
fatto caso ‒ rispose lui con fare distratto.
‒ E la sua camera
sapeva di sesso ‒ aggiunse, sapendo che il maschio che era suo
interlocutore
avrebbe drizzato di più le antenne.
‒ Quando ci sei
entrata? ‒ chiese allora Green, preso all’amo.
‒ Prima di
uscire, le ho dato una mano con la valigia.
‒ Avrà trovato
tempo per farsi rimorchiare, ieri sera, beata lei ‒ commentò Green,
malato come
tutti.
‒ Nella sua
regione? Difficile, lo avrebbero scritto sul giornale.
‒ E allora che
pensi?
‒ Escludo Lino ‒
mise le mani avanti, Blue.
‒ Come minimo.
‒ Non mi viene in
mente nulla.
‒ Potresti pure
aver sbagliato ‒ la stuzzicò Green.
Il loro parlare
a bassa voce non
riusciva ad attirare la distratta attenzione di Gold e Silver, il primo
dormiva
e il secondo giaceva nella sua solita calma turbolenta. Totalmente
distaccata
era invece Crystal, la quale non scambiava che qualche parola
abitudinaria coi
suoi amici da giorni, ormai. Tutti lo avevano notato, qualcuno aveva
provato a
parlarle, nessuno ne aveva tratto risultati. Era oltremodo nervosa e
furente
per la morte di Emerald. Bolliva in una silenziosa rabbia celata, come
una
pentola a pressione che, prima o poi, si sarebbe decisa ad esplodere.
‒ Lei è quella
che è rimasta più
sola ‒ commentò Green, parlando sempre di Sapphire. ‒ Insomma, noi,
Silver,
Red… ci conosciamo da così tanto. Lei chi ha?
‒ Non dovresti
essere così
negativo. Siamo una squadra, ma prima di tutto siamo amici ‒ lo riprese
la
ragazza.
‒ Sì, siamo
colleghi divenuti amici nel tempo. È abitudine, non affinità.
Condividiamo i
nostri impegni, non le nostre passioni.
‒ Secondo me è
proprio qui che ti sbagli ‒ ribatté allora la castana. ‒ Siamo tutti
diversi,
questo è vero, ma è un fatto positivo. Inoltre abbiamo vissuto insieme i
momenti più importanti delle nostre vite. E lo abbiamo fatto per nostra
scelta,
non per costrizione.
‒ Ah, sì. Ricordo
quando siamo rimasti pietrificati insieme, oppure tutte le volte che
abbiamo
rischiato di morire per fare la
cosa
giusta. Tutti si amano nel pericolo, è come in un film americano,
hai
presente?
‒ Sei uno
stupido, il lavoro ti ha reso noioso.
‒ Tu invece sei
diventata tenera, queste amicizie ti hanno ammorbidito ‒ ribatté
calcando sulla
parola “amicizie”.
Blue era stata
toccata nel vivo ‒ Credi che sia il tuo lato duro e distaccato che mi
abbia
spinto a letto con te ogni volta? Cos’è, una specie di gioco erotico per
te? ‒
disse, con tono normale.
‒ È solo la
verità, non puoi affidarti a nessuno. Prima o poi quel qualcuno o
sparisce o si
dimentica di te o muore.
‒ Pensi che tutti
siamo come Ruby? ‒ Blue alzò leggermente la voce, attirando l’attenzione
di
Sapphire che aveva udito fuggevolmente il nome del ragazzo che aveva
lasciato
entrare dentro di sé quella notte.
‒ Abbassa la
voce… e comunque no, penso soltanto che nessuno di loro possa salvarti
la vita:
siamo sempre soli, alla fine.
Blue sbuffò,
provando il sentore del disprezzo per quella persona con cui stava
parlando, ‒
Secondo me invece hai solo paura ‒ fu vicinissima a lui, sussurrò quelle
parole
al suo orecchio. ‒ Ora che vedi il pericolo, hai paura di perderli
perché ti
sei affezionato ad ognuno di loro.
Green non
ribatté. La ragazza decise di alzarsi per sparire in bagno per qualche
minuto.
Si voltò all’ultimo verso il ragazzo per ribadire il concetto.
‒ E comunque non
credevo tu fossi tanto insensibile, nessuno di loro potrà salvarmi la
vita, ma
sicuramente tutti me l’hanno cambiata. E in meglio ‒ e andò via.
Il resto del
viaggio scorse nel silenzio totale, persino tra i due di Kanto.
Furono tutti a
Olivinopoli per l’orario stabilito. Già dal primo momento risultò
evidente che
Gold e Silver si sentissero più a casa. Crystal invece accennò quasi ad
un’ombra di serenità. Esagerando, anche lei era felice di rivedere la
sua
terra, ogni tanto.
Seguendo le
indicazioni di Rocco e affidandosi a qualche elenco telefonico, articolo
di
internet e chiacchiera locale, scoprirono che la villa che risultava
appartenere al Superquattro Axel era quella in stile Tony Stark che
giaceva
sulla costa frastagliata e rocciosa dell’isola. Una roba poco economica,
sicuramente. Olivinopoli era un po’ come Spiraria a Unima: un resort per
i
ricconi. Il clima era molto simile, lì neanche l’inverno riusciva ad
abbassare
la temperatura drasticamente. L’oceano era uno spettacolo, il panorama
di più.
La villa dava inoltre verso sud est, per godere dell’alba senza
prendersi il
sole in faccia. La costa rocciosa non permetteva di uscire dal lato
mare, ma
permetteva di osservare i surfisti che si esibivano, un centinaio di
metri più
lontano.
‒ Che facciamo,
bussiamo piano o bussiamo forte? ‒ scherzò Gold che era già solleticato
dall’idea di demolire il patrimonio che sicuramente sarà costata quella
costruzione.
‒ Neanche per
sogno, idiota ‒ lo richiamò Silver.
‒ Io ho un’idea ‒
si intromise Sapphire, che quel giorno era fin troppo creativa. ‒ Ma
forse
sarebbe più il caso di spiare dentro di nascosto, prima. Giusto per
capire che
cosa abbiamo davanti.
‒ Ok, era ovvio,
ma qual è l’idea? ‒ la stimolò Gold.
‒ La massima
naturalezza e la limpidità, tanto che potrebbe farci Axel? Se facciamo
capire
alla stampa che ci troviamo qui, non può neanche toccarci.
‒ Non è male ‒
commentò
Green. ‒ Per il sopralluogo mi mobilito io, concedetemi mezz’ora,
ritroviamoci
di fronte al Centro Pokémon ‒ e sparì sul suo Charizard.
‒ Che facciamo
nel frattempo? ‒ domandò Gold, notoriamente impaziente.
Ognuno di loro
trovò impiego. Sapphire telefonò a suo padre per aggiornarlo, Blue fece
lo
stesso col professor Oak. Silver, Gold e Crystal, invece, sparirono
misteriosamente.
Quando Green
tornò, pronto a riferire tutti i dati che aveva ottenuto, trovò un
circolo di
persone annoiate.
‒ Allora ‒
esordì. ‒ la villa è messa in sicurezza da alcune guardie che girano
costantemente all’esterno. Sono tutte armate, ovviamente, ma non
dovrebbero
costituire un problema, se dovessimo entrare in veste di normali ospiti.
Ovviamente, se ci sono le guardie Axel dev’essere all’interno, ma c’è
un'altra
auto parcheggiata all’esterno, non è una delle sue, quelle le tiene nel
garage
sotterraneo. Comunque è una Jaguar rosa perlaceo, da maschio mi
vergognerei a
portare una macchina come quella. Deduco che sia quella di una probabile
moglie/fidanzata ‒ il resoconto di Green era abbastanza dettagliato.
Avevano
trovato il loro obbiettivo. Ed erano pure sicuri che qualche reporter
aveva
diretto la sua attenzione verso di loro. Per questa ragione, erano
intoccabili.
‒ Possiamo
procedere, siamo qua per indagare dopo la vicenda di Vivalet, la morte
di Fenix
e sulla sparizione di tutto il resto della Lega di Holon, non
sospettiamo di
lui o dei suoi colleghi fin quando la cosa non si fa evidente ‒ ricordò
a tutti
Sapphire. ‒ E non tiriamo in ballo Ruby e la Faces, se non ce n’è
bisogno ‒
aggiunse, con una frecciata.
Entrare in una
villa sorvegliata da una guarnigione di guardie vestite di nero fu una
delle
esperienze più strane che fosse mai capitata ad ognuno di loro.
Dovettero
perquisirli prima di farli anche solo avvicinare al citofono. Nessuno di
loro
comprese il motivo di tanta sicurezza, ma non si fecero domande. Erano
persone
importanti e Axel, o chi per lui, li invitò cordialmente ad entrare.
Si ritrovarono in
un salotto dal soffitto altissimo nel quale risuonava il cristallino
suono di
una fontana da interni.
Attesero alcuni
minuti con un cameriere che offrì loro qualsiasi tipo di bevanda. Solo
dopo
quell’accoglienza greca videro presentarsi davanti a loro un soggetto la
cui
età era poco deducibile ma aleggiava tra i venti e i trenta. I capelli
erano
castani chiari, quasi biondi, aveva un paio di Rayban da vista sul naso
e celava
il suo fisico né gracile né muscoloso sotto un abbigliamento casual: una
maglietta e dei bermuda. Axel li squadrò tutti con occhi attenti.
‒ Non aspettavo
visite, mi dico stupito ‒ esordì.
‒ Perdona il
nostro arrivo improvviso, Axel, non ci conosciamo ma siamo sicuri che tu
sappia
già chi siamo ‒ rispose Green, facendosi portavoce del gruppo.
‒ Ovvio, e ho
pure intuito il motivo per cui vi trovate qui ‒ era uno di quelli con la
risposta pronta, si annotò mentalmente ognuno di loro.
‒ Forse no ‒
ribatté allora Green.
Axel si
incuriosì. Si sedette su uno di quei divanetti di pelle bellissimi ma
scomodi
come poche cose al mondo. Era proprio di fronte a loro e sorseggiava una
tisana: Axel, Superquattro della Lega di Holon, collega di due morti e
sottoposto di un terrorista.
‒ Sai, stiamo
indagando su quello che è successo a Vivalet, non potevamo farne a meno.
‒ Ah, Vivalet,
che sciocco ‒ si picchiettò le tempie con le dita. ‒ Vi porgo i miei
ringraziamenti per aver fermato Rayquaza, io sono stato costretto dai
miei
agenti ad allontanarmi subito dopo l’attacco. È stata una terribile
tragedia,
ma senza di voi si sarebbe potuta trasformare in un disastro di
dimensioni ben
maggiori.
‒ È stato dovere
‒ borbottò Gold.
‒ Comunque,
stiamo seguendo una delle poche piste possibili e siamo rimasti colpiti
dalla
sparizione dell’intera Lega di Holon e poi, con quello che è successo
ieri... ‒
spiegò Green.
Axel sembrò
concedersi un attimo. Pensava a Fenix, ma il suo cervello lavorava più
di
quanto lasciasse intendere.
‒ Effettivamente,
capisco come un avvenimento simile possa aver insospettito molti.
‒ Holon ha
conosciuto l’inferno, la sua Lega è scomparsa ‒ lo accompagnò Green.
‒ Avete delle
idee su chi possa essere il responsabile?
Prima bugia, ogni
Dexholder individuò la finta ingenuità di Axel. Sapevano bene che lui
era a
conoscenza del piano di Zero, voleva solamente capire quanto fossero
vicini
alla verità. Era buon segno, poiché significava che non erano stati
seguiti nel
loro processo di investigazione. D’altra parte, però, ricordava loro
che,
seduto amabilmente su quel divanetto a sorseggiare una tisana da una
tazza
etnica in terracotta proveniente da Alola, c’era il complice di un
assassino.
Non sapevano ancora da che parte stesse il Superquattro, e lo avrebbero
scoperto soltanto rischiando la pelle, ma nessuno di loro quella mattina
si era
alzato dal letto con l’intenzione di entrare nella tana del lupo: ragion
per
cui avevano già deciso unanimemente di mantenersi generali con lui, in
modo
tale da non infastidire un eventuale complice di un pluriomicida.
‒ Abbiamo qualche
idea, ma stiamo cercando di fare luce sul quadro generale ‒ rispose
innocentemente Green.
‒ Ok, allora vi
aiuto: è stato Zero ‒ disse con massima naturalezza. Aveva bluffato,
voleva capire
quanto a fondo i suoi interlocutori fossero scesi.
I Dexholder
rimasero inverosimilmente spiazzati.
‒ È un criminale,
è il responsabile della morte di Fenix e sono certo che abbia ucciso
pure quel
poveraccio di Murdoch ‒ stava rincarando la dose senza alcuna paura
delle
conseguenze. ‒ Zero va fermato, la Lega di Holon ormai non esiste più.
‒ Aspetta,
aspetta… che significa tutto questo? ‒ lo interruppe Green, tenendogli
il
gioco.
‒ Zero sta
cercando tutti noi, ora ‒ chiarì, lasciando senza far luce su nulla.
Green assottigliò
lo sguardo.
‒ Va bene,
dobbiamo
intervenire immediatamente per fermare Zero ‒ si intromise Sapphire. ‒ E
da
quanto ho capito siamo anche sulla strada giusta. Axel, se è vero quello
che
hai detto su Zero, abbiamo bisogno che tu ci dia una mano e continui a
dirci
tutto ciò che sai ‒ esclamò con decisione.
‒ Sì, Zero aveva
intenzione, come immagino già saprete, di fare una strage di tutti i
maggiori
Allenatori presenti all’Holon World Stadium. Ha costretto Murdoch ad
agire per
suo conto, poi lo ha eliminato per cancellarne le prove. Per fortuna, da
quanto
ho capito, una soffiata a proposito del suo piano è arrivata a Rocco e
successivamente a Ruby, che ha potuto ostacolarlo insieme a voi,
purtroppo non
senza conseguenze…
‒ Stiamo cercando
di raggiungerlo e fermarlo, dobbiamo solo capire la motivazione che
spinge le
sue azioni ‒ continuò Sapphire.
‒ Forse occorre
che capiate come stanno realmente le cose, prima ‒ precisò Axel
convocando il maggiordomo.
‒ Bernard, chiama la nostra ospite ‒ ordinò.
Stupendo tutti,
comparve all’interno del quadretto un ultimo soggetto: una bellissima
donna
dalla carnagione color caffellatte. Vestiva anche lei casual, con un
pareo e
degli shorts, ma la sua bellezza colpì ognuno dei presenti. La
riconobbero, lei
era un po’ più conosciuta, visivamente, rispetto ad Axel: si trattava di
Tiana,
ultima Superquattro di Holon. Evidentemente, la proprietaria della
Jaguar rosa
parcheggiata fuori.
La bellezza
salutò tutti introducendosi elegantemente nella situazione.
‒ Zero è arrivato
al punto di rivolgersi persino contro di noi ‒ spiegò, gelido, Axel. ‒
Siamo
fuggitivi.
E un forte rumore
di vetri infranti colse tutti alla sprovvista. Bernard, il maggiordomo
di Axel,
cadde a terra, con il buco di una pallottola nel collo. Entrò in casa
attraverso la vetrata appena infranta una delle guardie vestite di nero
che
sorvegliavano l’esterno della villa. Era grosso e piazzato, brandiva una
calibro quarantacinque dotata di silenziatore che maneggiava con dei
guanti di
pelle. Puntò minacciosamente l’arma contro Axel e fece fuoco.