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Autore: gigliofucsia    25/03/2017    0 recensioni
Ametista è una strega sotto copertura con un'allergia grave a tutto ciò che è sacro. Dopo il rogo della madre viene mandata in un orfanotrofio religioso. Se scoprissero i suoi poteri magici rischierebbe di morire come la madre, quanto tempo riuscirà a resistere?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9

8 Novembre 1869


 


 


 


 


 


 


 


 


 

«Sei stata tu? E dove li hai trovati?»Esclamò Pirito con i libri stretti al petto. Io infilandomi la giacca risposi « indovina un po'? Nel cassetto della cella di Luigina».

Pirito spalancò gli occhi. All'improvviso una ragazzina si avvicinò a me con un ciondolo in mano, «un momento vorresti farmi credere che tu frughi nelle stanze delle suore?».Io mi voltai, «Per chi mi hai preso? Per una ladra? no... il secondo giorno, sono arrivata in ritardo alla lezione di Giada perché mi aveva chiesto di sistemare la cella di suor Ambra...» lei mi guardò strana «ti giuro che non mento» esclamai guardando il viso stranito della ragazza « d'istinto ho aperto il cassetto del suo comodino e ci ho trovato, un mucchio di oggetti, tra cui anche roba mia... quel giorno ho preso solo la mia perché ero di furia ma ieri sera ci sono passata davanti così ho pensato, per scrupolo, di entrarci per restituire gli oggetti rubati».

Ma come facevi a sapere che questo ciondolo era mio?». Io indicai il ciondolo «le tue impronte digitali, tu sei la proprietaria quindi lo hai toccato molto più di chi l'ha rubato. Io ho creato una reazione sugli oggetti, in modo che fossero attirati dal suo proprietario» la ragazza sembrava indecisa sul cosa pensare, la vidi cambiare espressione da stranita a pensierosa in pochi secondi

Io presi il libro e mi sedetti sul letto. Perla uscì dal gruppo di gente che si era formato intorno a me: «Io non posso credere che suor Giada ti abbia mandato a pulire la stanza di Ambra e poi ti abbia punito», molti cominciarono a dargli ragione.

«Certo! Con voi non lo farebbe mai, ma lei ha sempre saputo che cosa sono, non ne era certa, però questi pregiudizi che tutti avete su di me sono abbastanza per pensare di mettermi in disparte, umiliarmi e darmi una lezione per delle colpe che non esistono. Io non centro nulla col diavolo questo ve lo dovete mettere in testa. Io sono quello che sono per genetica, per farmi diventare una persona normale Don Quarzo dovrebbe cambiare il mio DNA, ma dato che è impossibile prima o poi non mi vedrete più state tranquilli. Un bel rogo e io sparirò dalla faccia della terra, basta poco tempo forse meno di un mese». La cosa mi dette i brividi.

Tutti indietreggiarono in silenzio. Mi sedetti sul letto e mi afferrai la fronte. Pirito deglutì e disse « Cosa fareste voi al suo posto? Non vi rendete proprio conto del comportamento delle suore nei suoi confronti? Ieri lei si è difesa da Alessandrito e Ambra ha punito lei. Giada il primo giorno l'ha vista arrivare per ultima e l'ha punita lo stesso. La interroga per ogni cosa. Io non so come fate a pensare che sia colpa» disse indicandomi.

Massaggiandomi gli occhi mi alzai piano «ma non ti preoccupare Pirito, non c'é bisogno di parlare, prima o poi lo vedranno con i loro occhi e i più intelligenti capiranno»

In quel momento Suor Ambra gridò di muoversi. «Grazie comunque» disse la ragazzina con il ciondolo.

Pirito mi guardò stranito e disse «Non ti senti bene?». Io scossi la testa «sono solo stanca».


 

Anche oggi io e Pirito non ci disturbammo ad entrare in Làcolonia e venimmo ripresi di nuovo da Suor Acquamarina. In ogni caso non riuscì a smuoverci nemmeno con le minacce più incredibili. Poi andammo a colazione e seguimmo il resto del gruppo nel bosco per raccogliere la legna.

Stare lontano da quel posto, tra i pini della foresta mi faceva sentire libera. Perla aveva le labbra sigillate. Una paura mi aveva colto. All'improvviso sentì rumori di foglie schiacciate dietro di me. Ci badai solo quando si fermarono... alle mie spalle. La voce del biondo borbottò «Strega!». Io mi girai «Cosa vuoi Biondo?» chiesi.

Lui si mise le mani sui fianchi raddrizzando la schiena «Non ti sei comportata bene con Gemma ieri. Chiedile scusa». Io alzai le sopracciglia guardandolo ad occhi aperti «io... chiederle scusa?... è lei che si è messa a fare la mammina. È lei che dovrebbe chiedere scusa se permetti».

Non avrei mai immaginato che il biondo fosse vendicativo fino a quel punto. Con una mossa veloce mi afferrò per il collo sbattendomi contro il tronco di un pino. «Chiedile scusa o ti uccido».

Io gli afferrai il polso e con voce strozzata borbottai «tu sei pazzo!». Lui mi strinse ancora di più stringendomi gli occhi cercai di resistere. Non mi avrebbe ucciso. Pirito fece un passo avanti «lasciala! la strozzi».

« e chi se ne importa?» rispose «È una strega! Se la uccidessi farei felice tutto l'istituto».Mi sentivo il collo stretto in una morsa ma non avrei ceduto. Gli avrei dimostrato che lui non poteva nulla contro di me, perché io ero una strega.

La vista cominciò a sfocarsi. Con sforzo gli afferrai il polso. Lui gridò «scusati!...». Gli arti si facevano pesanti, gli occhi si chiudevano. Ma riuscì comunque a ricoprire il suo braccio di una povere nera. Lui la vide. Spalancò gli occhi. Cominciai a sentire il braccio come se fosse mio, ma prima che potessi fare qualcosa il biondo gridò «aiuto». Gemma gli afferrò il braccio e lo tirò via da me.

Io crollai in ginocchio ansimando. Pirito si inginocchiò accanto a me, Elio rimase fermo a guardarmi. «Tutto bene? Per un attimo ho pensato che ti avrebbe ucciso» mormorò.

«Lo avrebbe fatto...» mormorai «se non fossi intervenuta» ansimai. Il mio cuore doleva al ricordo della frase che biondo: ... e chi se ne importa? È una strega! Se la uccidessi farei felice tutto l'istituto!...

Strinsi i pugni sbriciolando le foglie secche e chiusi gli occhi. Il biondo e e Ambra se ne andarono e la voce di Eliodoro mormorò «ti ha detto delle cose orribili». Io con la voce tremolante mormorai «e non è neanche la prima volta».

...tua mamma è una strega!... vattene infedele!...se fossi in te pregherei di morire, non puoi vivere senza Dio...


 

«Come se tu avessi fatto qualcosa di male» mormorò Elio. Io mi alzai, «meno male che c'é anche gente intelligente qui dentro».

Io, con rammarico, mi aspettavo che da un momento all'altro arrivasse Suor Ambra a farmi un rimprovero con i fiocchi ma presentai la legna davanti a lei e la suora non sapeva nulla.

Quando finimmo di fare giardinaggio, l'alba era già passata da un pezzo. Ci fermammo vidi suor Ambra camminare verso di me con lo sguardo fiero. Il mio stomaco si ribaltò e con i pugni stretti trattenni il fiato. Lei si fermò davanti a me e con un falso sorriso disse «è arrivato il momento del primo passo per estirparti dal demonio Ametista» queste parole mi facevano venire la nausea, indietreggiai e scossi la testa. «Forza! Andiamo a confessarti il prete ti aspetta» e avanzò la mano.

Io indietreggiai ancora, «non mi guardi con quella faccia, non ho niente da confessare a nessuno. Non ho fatto nulla di sbagliato».

Lei si avvicinò a me «Dai non fare così! Tutti abbiamo i nostri peccati da confessare». Lei cercò di prendermi la mano ma io la ritrassi, «Perché non volete a capire?...» tanto non avevo nulla da perdere, ormai tutti sapevano chi ero e cosa ero in grado di fare. «Voi mi state discriminando senza motivo, sono fatta così non potete sperare di cambiarmi tramite le favole!».

Lei scattò e mi afferro il polso «ora basta Ametista! Stai diventando una bambina cattiva. Adesso vieni in Làcolonia e ti fai confessare».

Io con i denti stretti liberai il braccio. Sentii la presa delle dita della suora anche dopo che me lo tolse, «ma vi rendete conto di essere ridicoli?... insomma io devo sopportare questi soprusi perché voi non sapete accettare persone diverse da voi? Anche se siamo una minoranza facciamo parte del mondo e meritiamo rispetto come ogni altro essere umano di questo mondo».

Lei non esitò a cercare di riafferrarmi dicendo «vieni qua e smetti di fare la bambina». Io mi spostai guardandola negli occhi infernali. «Siete voi ad essere infantili!...cercate di vederla dal mio punto di vista, cosa fareste voi al posto mio?».

Lei mi seguì «mi farei confessare!». Io feci un passo indietro quando lei cercò di afferrarmi per l'ennesima volta, nessuno mosse un dito. «Se decidessero che i Làcoloniani sono demoniaci e dovrebbero essere uccisi, voi accettereste il vostro destino senza battere un ciglio? Non fatemi ridere».

Ambra, ansimando, guardò oltre me e ordinò «Alessandrito aiutami a prenderla!». I miei occhi si spalancarono. Non feci in tempo a girarmi, due mani mi afferrarono le braccia. Io mi dimenai ma Gemma aiutando il biondo con l'altro braccio mi trattennero.

«Andiamo» disse suor Ambra scuotendo la mano come per dire di seguirli. Pirito corse «Aspetti!» Suor Giada si fermò pirito gli andò davanti «perché si deve confessare per forza?».

Ambra riprese il suo sorriso «Perché per essere purificata per prima cosa deve riconoscere i propri peccati». Pirito ribatte «Ma lei ha detto che non ha niente da confessare, quindi è inutile costringerla».

«Non abbiamo tempo da perdere è in gioco la nostra fede. Tu devi capire che Ametista è pericolosa, è stata generata da Sefe con l'unico obbiettivo di allontanarci da Dio e farci andare all'inferno. Non possiamo permetterlo».

A quel punto gridai « IO NON SONO PERICOLOSA! e il mio obbiettivo... è VIVERE! Smettetela di dire scemenze e LASCIATEMI ANDARE!». Mi dimenai Gemma e il biondo mi tennero ferma. Ambra mi guardò poi ritornando su Pirito disse «vedi? La faccenda è grave. Torna al tuo posto».

Io sospirai. Pirito venne spinto da parte e tutti e quattro ci incamminammo verso il monastero.

Mi sentivo così frustrata. Quando fui davanti alla Làcolonia mi preparai.

Le porte si spalancarono. Una particolare energia mi investi mi sentii tremare. Gli occhi mi prudettero e i due ragazzi mi lasciarono. Nella chiesa non c'erano che poche monache e monaci. Ambra mi condusse sulla navata principale, verso un tale seduto su una panca.

Io con lo sguardo basso mi sedetti. Mi rifiutai di guardare quel monaco negli occhi. Ma lui con tono gentile mormorò «ho saputo che hai molto peccato» sbuffai.

Scuotendo la testa «vi hanno detto una bugia».Lui esclamò «ah! Ma non è vero mia cara. Abbiamo tutti qualcosa da confessare». Lui avanzò la testa verso di me «siamo tutti peccatori!» io mi voltai affacciandomi sulla navata principale. Lo vidi allontanarsi con la coda dell'occhio. Ambra si era seduta su una panca molto più indietro.

«Ho saputo che hai peccato di stregoneria» io sentì uno scatto doloroso allo stomaco «di orgoglio, di spite» ogni parola era come un colpo al cuore, ma il colpo di grazia venne alla fine: «e di apostasia». Lunghi attimi di silenzio ci investirono.

«Io trovo incredibile... che l'orgoglio, la ribellione e la stregoneria possano essere considerati dei peccati» mormorai sperando che non mi sentisse.

«Se c'é un pentimento, qualsiasi peccato può essere perdonato», più lo ascoltavo e più mi saliva la rabbia era inutile che ci provavano. « Non c'é niente di male ad essere orgogliosi di se stessi ed è un dovere ribellarsi quando le cose vanno male». Con calma mi alzai. Il prete mi mormoro di aspettare ma io non mi fermai. Oltrepassai Ambra, che fece in tempo solo ad alzarsi, ed uscì dalla Làcolonia respirando aria fresca.

Mi avviai verso l'orto. Vidi il mio amico in lontananza con la zappa in mano. Cercando di calmarmi mi avvicinai. Lui sentì i miei passi e si girò. «Cosa ti hanno detto?» chiese. Io risposi «... mi hanno dato l'ultimatum,mi hanno detto: “se ti penti possiamo anche lasciar perdere” una cosa del genere».

«Non fanno altro che dirti che sei sbagliata. Poi si domandano perché non stai con nessuno» mormorò. Io risi «vero».

Durante l'arco delle ore parlammo di molte cose. Come niente arrivammo a pranzo. Gemma però non si trattenne dal farmi ancora da badante. «Ametista sempre con questi gomiti sul tavolo!» Io guardando Pirito con gli occhi comicamente spalancati dissi «poi mi manda il biondo perché la tratto male! È così difficile per lei farsi gli affari propri? ».

«Non trattarmi come se fossi io quella arrogante! Non si disubbidisce alle suore. Loro meritano rispetto.» Io mi alzai «ah! E io non merito rispetto? Da quando avete scoperto chi sono non fate altro che trattarmi come... come se fossi uno scarto della società!...» io mi morsi il pugno per farmi stare zitta « Vai a fare la sapientona da un'altra parte, perché se mi provochi ancora un po' non so cosa ti potrei fare».

Mi risedetti. Pirito mi sussurrò di stare calma perché tanto se ne stava andando via. Infatti dopo pochi secondi si girò e tornò al suo posto.

Dopo un'oretta mi era quasi passata. Nel pomeriggio in genere ci suddividevano nei soliti gruppi e ci davano da sistemare il monastero. Erano le uniche ore in cui potevo stare tranquilla con Perla e Pirito. Poi la campanella suonò e tutti ci dirigemmo verso la classe. Ogni volta che mi avvicinavo alle suore mi sentivo male, ancora di più quando si trattata di Suor Giada.

Mi sedetti al banco fremente. Giada prese il bastone e lo schiaffò sulla mano libera dicendo «bene! Oggi parleremo di streghe». Io battei un, contenuto, pugno sul banco prendendomi la testa fra le mani, «Perché? Perché solo a me? Cosa ho fatto di male per meritarmi questo?»mormorai.

«Ametista!» quell'esclamazione di Giada mi fece sobbalzare, alzai lo sguardo con un colpo al cuore «dato che tu sei l'esperta di questo argomento, spiegaci: cosa sono le streghe?».

Con i pugni stretti mi alzai. Il cuore mi martellava in petto così veloce da temere che mi scoppiasse in petto. «Allora...» e mentre cercavo di formulare la definizione buona la mia rabbia si trasformò in odio «Le streghe e gli stregoni, sono persone... capaci di produrre una sostanza chiamata “magia” che oltre a servire da protezione ed energia, può essere usata per intervenire sul mondo circostante». Sentì la mano di Pirito stringere la mia e la sua voce sussurrò «stai calma».

Giada annuì e rispose «Questa è la teoria della scienza ma, come sappiamo tutti, la scienza non è attendibile, invece la parola di Reve è indubitabile e la fonte dice con chiarezza...» dal cassetto tirò fuori una copia della fonte che comincio a sfogliare «... nel terzo capitolo, paragrafo nove, verso 56:...» a questo punto prese un gessetto e si mise a scrivere alla lavagna «...dubitate di coloro che posseggono poteri magici perché essi sono mandati da Sefe».

Lei si girò verso di me con un ghigno soddisfatto sul volto «Secondo lei... una favola scritta da un uomo di duemila anni fa... sarebbe più attendibile di una prova scientifica?».

Lei schiaffò una mano sul banco facendomi sobbalzare di nuovo. Tremavo dalla testa ai piedi «Non ti permettere di dire queste bestemmie! Questa è la parola ispirata da dio attraverso Làcolono e la parola di Dio è indubitabile»

Io feci un respiro profondo e a poco servì « lei è libera di pensarla come le pare. Ma dov'è la prova che Dio esiste davvero?».

Quando Giada con passi pesanti si avvicinò a me io non riuscivo a muovermi. Nonostante ciò rimasi impassibile. Si fermò truce davanti ai miei occhi «Sappi che non ti abbiamo ancora bruciato solo per la misericordia di Don Quarzo» Io chiusi gli occhi.

«E lei sappia che non vi ho ancora disintegrata solo per scrupolo» ribattei. «Ti sembra il modo di parlare ad un insegnante?». Io mi risposi «questo lo chiedo io a lei... non mi sembra una cosa carina da dire ad una ragazza che si prende lo scrupolo di assistere ad una sua lezione».

Suor Giada mi fissò in silenzio, con uno sguardo così concentrato da far paura. Poi allungò un dito verso la cattedra, «Adesso vai alla lavagna e ti scusi davanti a tutti».

Io risposi «Mai!». Lei appoggiò la mano sul mio banco «oh! Invece sì che lo farai. Altrimenti sceglierò una persona a caso e la farò dormire in giardino»

Mi sentì tremare in tutto il corpo «non potete farlo». Lei annuì con un ghigno che mi diede più fastidio dell'acqua santa «e invece sì che posso».

Abbassando lo sguardo scossi la testa con energia ad occhi chiusi «perché a me?» sussurrai. «chi manderò fuori a prendere aria sta notte?» ghignò guardandosi intorno «Pirito?», un singhiozzio mi salì in gola, «Perla?» chiese. «no» Dissi con voce strozzata. «O quella ragazzina laggiù?». Alzai gli occhi umidi verso la ragazza indicata. Era la ragazzina con il ciondolo.

Io scossi la testa, «va bene». Raddrizzai la schiena, mi feci largo tra la sedia di Pirito e il banco di Perla e mi diressi a pugni stretti verso la lavagna. La suora mi seguì. Quando alzai lo sguardo verso la classe tutti mi guardarono con espressioni diverse. «Forza, dì: sono una stupida strega e suor Giada ha ragione».

Io volsi lo sguardo sulla spalla e quasi sussurrando «sono...»non ce la facevo. Sentì un rumore acuto in fondo alla classe. La voce di Pirito spezzò il silenzio «smettetela! La fate sentire male, non siete voi che proclamate la compassione?».

Mi asciugai una lacrima prima che qualcuno la vedesse, nessuno mi aveva mai difeso, mi sentì riempire come se fino a quel momento avessi avuto uno spazio vuoto.

«Con le streghe bisogna essere severi!» rispose. In quel momento mi venne un'idea «è inutile Pirito la qui presente suor Giada ci tiene ad avere ragione, quindi...» mi girai guardandola negli occhi « va bene.. io sono una stupida strega e voi avete ragione» poi mi voltai verso la classe «lei è Dio sceso in terra, ha la risposta a tutto!» e detto questo ritornai al banco. Afferrai la giacca dalla sedia. Con un lesto gesto me lo infilai e con tutta la fierezza che mi era rimasta, uscì dalla classe dicendo «Poi dicevano che IO ho peccato di arroganza».

Non riuscì a fare due passi nel corridoio perché sentì la porta dell'aula spalancarsi. La voce di suor Giada echeggiò sulle pareti del corridoio «Non ti rivolgi a me in questo modo! E non esci dalla mia classe senza il mio permesso!» sentì i suoi passi avvicinarsi a me. Mi voltai nel momento in cui Giada aveva alzato il bastone. Io lo fermai con il braccio e lo afferrai. «Voi state mettendo a dura prova la mia pazienza» dissi glaciale, strinsi quel bastone con forza, dalla mia mano uscì un fumo «se volessi potrei corrodervi pezzo per pezzo,» il bastone venne ricoperto dal fumo e cominciò a marcire e cadere a pezzi «Ma la vita è la cosa più preziosa e io non sono così crudele da toglierla a qualcuno».

Giada spalancando gli occhi mollò il bastone come se fosse ricoperto di formiche indietreggiando di qualche passo. Io mi voltai e me ne andai. Quando arrivai alla porta delle scale dei passi corsero verso di me. Passi conosciuti che non mi fecero paura. Pirito mi prese la mano e io aprì la porta e me ne andai.

Scesi le scale. Uscì nel cortile. Uscì dal monastero e mentre camminavo tra i campi Pirito mi chiese «dove stiamo andando?». Io alzando le spalle risposi «non lo so, lontano. In un posto in cui nessuno possa trovarmi.».

Mi trovai davanti ad un bivio, una strada portava verso i campi, io presi quella che si introduceva nel bosco. «Cosa facciamo nel bosco?» chiese Pirito.

Io risposi «non sto scappando, voglio solo un po' di tranquillità». Le fronde dei pini lasciava entrare solo dei frammenti di cielo turchino e di sole. Cinguettii mi arrivavano alle orecchie mentre seguivo il sentiero.

Lungo il sentiero ci trovammo davanti ad uno spiazzo verde e ripido, oltre esso, in lontananza vidi delle casupole. «Cos'è quel villaggio?» chiesi. Pirito rispose « è White Village, l'unico villaggio nel raggio di kilometri»

Io mi sedetti sui piedi di un albero «quanto ci vorrebbe per arrivarci?». Lui si sedette accanto a me «vuoi andartene?» rispose.

«no! Era semplice curiosità» risposi guardandolo alla luce del sole. Lui rispose «un paio d'ore penso».


 

Rimasi lì per molto tempo. Tornai per l'ora di cena. Nessuno mi disse nulla, nemmeno Gemma mi fece la ramanzina. La vidi sbiancare mentre mi guardava.

Quelle ore di tranquillità mi avevano rinfrancato, ero pronta a ricominciare da capo. Quella sera senza problemi Pirito mi accompagnò in cantina ad esercitarmi.

Io posai la mano sul pavimento e questo formò una figura trasparente, simile ad un manichino. Era fatta apposta per gli incantesimi. Io rimasi ferma con le mani incrociate e attaccate palmo a palmo. Stavo sistemando le mie energie in modo da scagliarle contro quel manichino tutte insieme. Il problema era tutto nel dosare la magia perché se ne lanciavo troppa potevo distruggere qualcos'altro oltre ai pregiudizi e se ne lanciavo troppa poca correvo il rischio che i pregiudizi si ricostruissero dopo un po'.

Quando lo lanciai, un proiettile di fumo colpì la testa della sagoma. Se avevo fatto bene o male me lo diceva lei con i gesti. In quel momento stava vibrando la mano spostandola verso l'alto voleva dire che dovevo mettercene un po' di più. Così ci riprovai con lo stesso risultato. «Un altro po» mormorai cascando sul pavimento con il fiato corto « forse è meglio se ti riposi».

Io annuii. «Anche se quello che lancio è delle dimensioni di un proiettile, è comunque un terzo della magia che ho in corpo. La devo comprimere altrimenti non passerà mai dalla testa.» Pirito ci rimase a bocca aperta. Mi afferrò per il braccio e mi aiutò a tirarmi su. «Senti perché non la comprimi alle dimensioni di un ago?» chiese Pirito.

Io lo guardai con gli occhi aperti « Questo richiederebbe un ulteriore dispendio di energie ma... credo nel valga la pena. A forma di ago si vedrà meno ed entrerà meglio di un proiettile. Ci proverò la prossima volta però, adesso... devo riposare».

Pirito fu d'accordo. Con circospezione tornammo nel dormitorio.

  
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