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Autore: dream_more_sleep_less    25/03/2017    0 recensioni
A diciotto anni non si sa mai esattamente cosa si voglia dalla vita, né chi si voglia diventare. Si passa il tempo a porsi domande accompagnate da porte in faccia, e rimaniamo indecisi fino all'ultimo. Leeroy invece è cresciuto con la convinzione di poter diventare esattamente ciò che vuole: un calciatore. Non ha mai voluto altro e non ha mai sognato altro. Gli studi non fanno per lui. La sua presunzione lo porta a distruggere i sogni della squadra del suo liceo proprio alla finale di campionato. Ha deluso soprattutto i compagni che stanno ormai per diplomarsi. Per loro non ci sarà un'altra possibilità, sono arrivati all'ultimo giro di giostra. Alla fine scenderanno da vincitori o da perdenti. Dipenderà tutto da Leeroy, che dovrà riuscire a mettere le redini al suo ego per andare d'accordo con il portiere. Secondo lui, Lance è la vera causa della loro sconfitta.Troppo calmo, troppo sicuro di sé. Ma il loro rapporto dovrà cambiare per permettere ad entrambi e al resto della squadra di guadagnarsi il titolo di campioni. { In corso }
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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The last chance
XXX
 

Se qualcuno l'avesse visto in quel momento, sicuramente avrebbe pensato che fosse impazzito. Adam se ne stava al centro della stanza, davanti aveva un quadro. La finestra aperta lasciava entrare il sole di una bella giornata e il freddo dell’inverno. Teneva gli occhi chiusi, mentre ascoltava la musica dalle cuffiette; il cellulare era infilato nei boxer, tra le mani aveva solo un pennello, la tavolozza e nient’altro addosso. Pelle e tatuaggi erano in mostra solo per la tela davanti a sé. La porta della camera era chiusa a chiave, non voleva essere disturbato mentre si lasciava andare. Non sentiva il gelo che entrava dalla finestra. Aveva i pensieri persi nell’opera. Ondeggiava testa e braccia a ritmo con le note, cercando di focalizzare. La carne gli rabbrividiva solo per quelle voci.

"Vieni e senti del mio core il frequente palpitar," disse lentamente, non riuscendo a raggiungere il cantante.

Era tutto troppo chiaro. C’era troppa luce là dentro, ma andava bene in quella tonalità per il quadro; erano i suoi occhi ad aver bisogno di vedere una tonalità più scura. Indossò gli occhiali da sole con le lenti tonde e la montatura fine in oro. Lei li adorava, e lui adorava lei. Non per niente gli servivano per dipingerla. Per mostrare tutta la sua bellezza agli altri, ma attraverso quelli, lui solo riusciva a vederla. La venerava.

Intanto Lance continuava a chiamarlo senza ricevere risposta.

*
 

“Sei sicuro della tua scelta?” domandò Abigail, soprappensiero. Era preoccupata per il fratello: da tre giorni non usciva da camera sua. La cosa ancora più strana era che non faceva alcun rumore. Solitamente si sarebbe sentita musica metal per tutta la casa.

Miles era furibondo, glielo si vedeva in faccia da come teneva le sopracciglia aggrottate e dagli occhi scuri. “Sì che sono sicuro. Lasciare il ruolo di capitano non può che farmi bene. Mi sono rotto le palle di fare il babysitter ad un adulto e a dei bambini, cristo santo," sbottò per poi prendere il telefono. Non smetteva di vibrare e lo stava innervosendo all’inverosimile. Lo mise sul silenzioso e lo lanciò a malo modo sul tavolo di casa Twain.

“Datti una calmata," disse Abigail con tono autoritario. Lo scatto del ragazzo l’aveva riportata con i piedi per terra. Dopo ciò che gli aveva raccontato, era sempre più convinta che l’ormai ex-capitano della S. Collins avesse fatto una puttanata.

“No che non mi calmo. Stan doveva dirglielo e invece no. Ha preferito fare finta di nulla, fregandosene di tutto," urlò quasi. “E chi ha la coscienza sporca? Io, non lui. Io non riesco a far finta di nulla. Era il posto di Leeroy, non di Lance, cazzo.”

Abigail lo afferrò per il colletto della maglietta, portandoselo ad un palmo dal naso. Miles si dimenticava spesso della forza della ragazza. Troppo spesso.

La padrona di casa piantò il proprio sguardo negli occhi dell’altro con durezza. “Datti una cazzo di calmata, sei in casa mia, cazzo. Se continui così ti sbatto fuori.”

Miles la guardò stralunato e con le sopracciglia ancora più aggrottate. “Dattela te una calmata," disse lui con tono più calmo.

La giovane Twain lo lasciò.

“Fai paura quando fai così. Dovevi andare a fare wrestling,  altro che pallavolo.” In tutta risposta rivide uno sguardo torvo.

“Ascoltami," disse allora Abigail, prendendo un respiro profondo prima di continuare. “Lascia le cose esattamente come stanno o potrebbero uscire altri casini. Se ora dici qualcosa a Leeroy causerai solo la divisione della squadra e questa volta sarà peggio.”

Reginald l’ascoltò con una certa irritazione. Non gli piaceva mantenere segreti, soprattutto se doveva farlo con i suoi amici. Lo odiava, gli procurava l’orticaria e quella sensazione fastidiosa di essere una pessima persona, o meglio, un pessimo amico.

“Se fossi tu al mio posto," osò dirle.

“Non cambierebbe nulla.”

“Se tu fossi al mio posto, staresti zitta per il bene di Katerina e Rebecca?”

Se avesse potuto, l'avrebbe ucciso con uno sguardo. “Terrei la bocca chiusa, dannazione. Peggiorerebbe tutto. Lance e Leeroy sono finalmente amici e tu vuoi rovinare tutto!?” Questa volta fu lei ad alzare il tono. Sperò solo che lui non notasse la troppa enfasi. Miles non poteva capire cosa stava succedendo realmente. Se Stark non gli aveva detto nulla della sua tresca, non sarebbe di certo stata lei a rovinargli la sorpresa. Potevano rimanere in una situazione di stallo per un po’. Era convinta che quando poi il portiere gli avrebbe spiegato dei nuovi risvolti della sua vita, anche Miles avrebbe convenuto che la scelta migliore era quella di chiudere il becco e lasciar morire quella storia.

Reginald afferrò il telefono dal tavolo e se lo mise in tasca. “Non so mantenere le bugie." Abigail ebbe come l’impressione che, mentre afferrava l’oggetto, avesse cambiato idea un milione di volte. Il ragazzo si alzò e si diresse alla porta, aveva bisogno di aria.

“Se glielo chiedi,Stan ti farà tornare ad essere capitano," commentò Abigail,  raggiungendolo. “Non voglio esserlo e non voglio supplicarlo. Ha sbagliato lui.”

La ragazza non rispose; prese la giacca dell’ospite dell’attaccapanni e poi gliela porse. La infastidiva vederlo andare via così. Probabilmente, una volta a conoscenza della verità, se la sarebbe presa anche con lei. Ciò però non le fece cambiare idea.

Adam comparve in quel momento in salotto e si stese sul divano. Lui e Miles si scambiarono un'occhiata. Uno annoiato, l’altro stupito.

“Cazzo guardi?” domandò il più grande, con ancora solo occhiali, boxer e pittura addosso.

Abigail alzò gli occhi al cielo, mandandolo mentalmente al diavolo. Reginald aprì la porta e uscì. La ragazza lo seguì ancora.

“Lascialo perdere, è così da quando Alex l’ha mollato.”
"Non mi frega un cazzo se ha il cuore spezzato.” 
“Promettimi che non dirai nulla.” lo pregò Abigail, prendendogli il viso tra le mani. Lo vide sospirare sconsolato e seppe di aver vinto.

*
 

Gli allenamenti alla Ravensburg, il più delle volte, avvenivano anche durante le ore di lezione, soprattutto nel caso in cui ci fosse stata una partita da disputare o in casi speciali.

Edward Lee, l’allenatore, infatti, aveva finalmente ricevuto la lista dei suoi giocatori scelti dai reclutatori. Era contento di vedere il nome di Oliver comparire fra questi ed era ancora più contento che la sua fosse una vera e propria lista. Sapeva che altre scuole avevano un solo giocatore candidato, mentre lui ne aveva ben quattro. Già sentiva decantare le sue lodi.

Tenne un breve discorso su quanto si era impegnato per riuscire a portare quei ragazzi dov’erano e sul loro impegno. La squadra lo guardava trepida d’attesa, tranne uno. Per Oliver il suo nome era scritto lì dalla nascita, non dubitava minimamente del contrario.

Rabbrividiva solamente all’idea di vedersi alla finale con la S.Collins, perché sapeva che tutto si sarebbe ripetuto. Voleva un nuovo confronto con Leeroy, un testa a testa per tutto o niente, e questa volta sul serio. Quando Edward lo chiamò, non esultò neppure, si limitò ad ammiccare.

Una volta finito, si avvicinò all’allenatore. Aveva una sola domanda e, anche pur conoscendo già la risposta - perché anche quella era scritta nelle stelle - voleva sentirsela dire. Voleva sentire che anche Leeroy Rogers era uno dei prescelti dal West Ham. Solo così avrebbe potuto iniziare a sentire il vero brivido del campionato. Non voleva vincere, voleva solo dimostrare che il migliore era lui.

“Hanno combinato un casino. È stato scelto il portiere. Ho saputo che Stan ha fatto pressione per farlo passare, anche se il West aveva scelto Rogers. Non capisco che diavolo combini quell’uomo," disse l’allenatore, controllando le chiamate al telefono. Andava di fretta, aveva una lezione tra pochi minuti ed era in ritardo.

Oliver rimase perplesso, come se gli avessero dimostrato che la Terra era piatta. Non era possibile. Si sentì preso in giro, l’unica persona che lo incentivava era tagliata fuori dalla scommessa. Com’era possibile che dopo una cosa del genere Rogers volesse continuare a giocare con quelli là?

Il suo numero però era ancora salvato in rubrica del suo cellulare.

*
 

La giornata era cominciata male. La sveglia non aveva suonato per nessuno dei due, non avevano assunto caffeina ed ora entrambi venivano chiamati alla cattedra per essere interrogati. Le innumerevoli scuse non erano servite a nulla. Leeroy e Jo marciarono al patibolo, senza alcuna speranza di essere salvati. Come se non bastasse, Daniele da dietro se la rideva sotto i baffi. Dallo sguardo della cugina, capì che l’italiano durante l’intervallo le avrebbe prese. Il che era una magra consolazione; cercò di immaginarsi la scena per tirarsi su di morale.

Tutto sommato non gli andò male, se la cavarono con una sufficienza striminzita e il professore concluse con un: “Spero che il fatto che siate cugini non accomuni anche la vostra possibile bocciatura.”

Leeroy gli avrebbe volentieri spaccato la faccia sulla cattedra, si era immaginato la scena molto vividamente, ma si limitò a sorridere sfacciatamente.

“Ne riparleremo alla fine dell’anno," lo sfidò invece Jo; la ragazza, a differenza del cugino, era brava se voleva. Aveva una buona possibilità di passare l’anno indenne.

“Vedremo.”

Quando l’uomo uscì, la ragazza lanciò il libro di inglese all’italiano, prendendogli una spalla. “Cazzo ti ridi!”

Tutti risero, tranne Daniele.

“Mi hai tolto le parole di bocca," commentò Leeroy contento, ammiccando all’amico. 
 


Sul campetto quel giorno l’umore era basso. Nessuno aveva voglia di correre come al solito o anche di tirare il pallone. Sicuramente era per colpa del freddo e della pioggia che pungeva come aghi. Rabbrividivano tutti negli scarpini e a pettavano solo la fine delle due ore per poter tirare un sospiro di sollievo e potersene andare a casa.

Miles, alla fine, fu l’ultimo ad entrare negli spogliatoi. Era stato trattenuto da Stan, che voleva parlargli. 
“Non posso dare il ruolo di capitano ad un altro.” 
"Non è un problema mio," aveva risposto, senza pensarci troppo. “Sai che se glielo dici torneremo punto e a capo?”

Dannazione se lo sapeva. Era fregato. Era stato fregato sin dall’inizio, avrebbe dovuto cantare subito, invece di prolungare quella tortura. Stan sembrava vivere bene con i sensi di colpa. Annuì. Non voleva aggiungere altro e si incamminò a raccogliere gli attrezzi.

Quando andò a cambiarsi, il locale era quasi vuoto, era rimasto solo il terzetto dei suoi incubi. Sapeva che Lance era scappato per via del lavoro, ma sinceramente non aveva molta voglia di vederlo. Non sapeva se sarebbe riuscito a restare muto ancora a lungo.

Si spogliò e andò dritto sotto la doccia. Voleva scacciare via tutto dalla sua mente. Non si sarebbe dovuto lasciar fregare da Abigail, ma lui non poteva dire no a quegli occhi. Strega, pensò divertito. Una volta fuori, si rivestì con calma, notando Leeroy ancora seduto solo quando uscì.

Era rimasto più del dovuto perché era stanco, gli era presa un'improvvisa sonnolenza e doveva aspettare che Jo uscisse dalla biblioteca. La ragazza era andata a studiare con Olivia, una ragazza della loro classe. Per sua enorme sorpresa, anche ieri era una patita della sua band preferita. La cosa gli aveva fatto alzare gli occhi al cielo, si era stancato di sentire quei cinque di prima mattina, in macchinq durante il tragitto per la scuola. Riusciva a mettere lei di buon umore, ma far crescere la morte nel cuore di lui.

Katy Perry’s on replay, she’s on replay. DJ got the floor to shake, the floor to shake…” si sorprese a canticchiare anche in quel momento. Rabbrividì e scosse la testa. Quando la canzone che odiavi ti rimaneva in testa per giorni,  era semplicemente orribile.

Il telefono del terzino squillò più volte con un numero da lui sconosciuto. Aveva sperato fosse la cugina, voleva andare a casa.

“Pronto?” disse con tono esasperato.

“Rogers, spiegami un po’ che cazzo sta succedendo,” tuonò la voce dall’altro capo. Per un momento Leeroy rimase interdetto, come non capendo di chi fosse. Subito dopo realizzò. “Ma di che cazzo parli, coglione?” rispose poi prontamente.

“Parlo del West Ham. Come cazzo è possibile che ci sia quel cazzo di portiere al posto tuo? Ti sei rincoglionito?”

I pettegolezzi erano già viaggiati fino alla Ravensburg.

“Non sono cazzi tuoi. E dove hai preso il numero?” fece con un senso di irritazione crescente. Che diavolo voleva Oliver da lui? Era così indignato perché non ci sarebbe stato lui nella grande scommessa? Quel figlio di puttana stava facendo di nuovo pressing psicologico come l’altra volta. Riuscire a mandare le persone fuori di testa prima e durante un incontro, era il miglior lavoro che Oliver sapesse fare. Questa volta non gliel'avrebbe permesso.

Sentì come una risata all’altro capo e poi un sospiro.

“Sono io a fare le domande, Rogers. Perché cazzo hai acconsentito a scambiarti con Stark?”
Leeroy non capì.

“Di che diavolo parli?”

“Stan ha scambiato te con lui per il West Ham. Mi spieghi che cazzo hai fatto?” Sentì come un colpo alle costole. Gli mancò il respiro. Non capiva.

“Che cosa?” gli uscì in un soffio.

“Non lo sapevi?” ci fu un silenzio pesante e non sentendo riposta, Oliver rispose e trasse le sue conclusioni. “Il West Ham voleva te, Stan ha fatto pressione per far passare Stark.”

Sentì come se le costole gli stessero comprimendo tutti gli organi interni. Stava per soffocare. “Mi prendi per il culo,” sibilò, stritolando il cellulare.

“No, porca puttana. Volevo delle risposte, porco cane. Doveva esserci il tuo nome su quella lista.” 
"Vai al diavolo." Riattaccò.

Lasciò lì il borsone e uscì di corsa, cercando Miles. Se qualcuno sapeva qualcosa, era lui. Si sentì stupido, esattamente come tutti lo descrivevano. Leeroy Rogers, un ragazzo ignorante che sa solo prendere a calci un pallone. Alla fine l'avevano trattato da tale. Era solo un idiota, si era fatto fregare. Non poteva perdere tutto un’altra volta, non poteva, dannazione. Tutti quei mesi a cosa erano serviti? Riappacificarsi con Lance a cosa cazzo era servito? Cristo, che cazzo aveva fatto? Continuava a guardare davanti a sé con  gli occhi spalancati all’inverosimile, cercando di mettere a fuoco, ma non ci riusciva.

Il sogno gli stava morendo tra le mani e non sapeva come rianimarlo.

Trovò il capitano svoltando per andare verso la scuola. Lo afferrò per la giacca.

“Che cazzo, Roy?"

“Stai zitto. Dimmi solo se è vero o no.”

Reginald non capì, non aveva mai visto gli occhi del terzino così cupi e vuoti. “Ma cosa?”

“Il cazzo di West Ham, avevano scelto me?”

Gli occhi di Miles si spalancarono increduli. Il corpo, per il senso di colpa,non si oppose più alla stretta del terzino. Avrebbe voluto dirgli che era una bugia, ma non ne fu in grado; tutto ciò che gli uscì dalla bocca fu: “Come lo sai?” con un fil di voce.

Non aveva realizzato le parole che aveva usato finché non sentì Leeroy mollargli la maglietta e fare qualche passo indietro. Sentì il rispetto che il terzino aveva portato nei suoi confronti fino a quel momento svanire e tornare come delusione ed incredulità. Si sentì raggelare il sangue nelle vene. Rogers sparì subito dopo a grandi falcate, in direzione del parcheggio.

Restò imbambolato per qualche secondo. Non era stato in grado di dire assolutamente nulla. “Sei un cretino,” disse a se stesso. Il presentimento che il ragazzo avrebbe combinato qualcosa lo assalì subito.

Lo vide da lontano. Stava camminando con Drew verso l’uscita. Indugiò per un secondo ma poi le sue gambe si mossero da sole. Andò ad istinto, non volendo ascoltare la testa. Sentì a malapena la voce di Miles provenire alle sue spalle. Lance, invece, l’aveva sentita, e si era girato. Avvenne quasi a rallentatore. Il portiere notò prima Leeroy dell’amico, e le labbra gli si incurvarono direttamente in un sorriso, senza nemmeno rendersene conto. Qualcosa dentro il terzino scattò e gli fece aumentare nuovamente il passo. Dietro di lui, l’ex capitano stava correndo.

Rogers buttò Drew a terra con forza prima di mirare alla faccia di Lance e tirargli un destro che lo fece barcollare ma non cadere.

“Cristo santo, Roy!” urlò Drew.

Ancora una volta non sentì nulla; era tutto ovattato, percepiva solo il proprio battito.

“Figlio di puttana!” gridò a sua volta, afferrando il portiere per il giubotto e portandoselo davanti alla faccia. “Quel posto era mio!” Gli sputò quasi addosso, con veemenza e con un odio che non aveva mai avuto. La sua testa centrò perfettamente e di prepotenza il naso del ragazzo.

Stark rantolò e il sangue uscì subito. In quel momento tutto scomparve, come se non ci fosse mai stato. Indietreggiò, coprendosi la faccia, ma Leeroy lo buttò a terra e gli salì subito a cavalcioni. “Sei un fottuto bugiardo!” Sferrò un altro colpo al viso.

Lance non era riuscito ad alzare un dito per l’incredulità. Che cazzo era successo?

Riuscì a bloccare il secondo pugno e ad assestarne uno a sua volta, facendo cadere Leeroy al suo fianco. Il naso gli bruciava, sentiva il sangue colargli fino al collo. Quando fece per tirarsi su, il terzino era già ripartito all’attacco, imprecando per tenerlo giù.

Prima che potessero fare altro, arrivò Miles, che afferrò Leeroy da sotto le ascelle, trascinandolo via. Il ragazzo, però, continuava a scalciare e fece perdere l’equilibrio ad entrambi, ma Reginald non mollava la presa.

“Calmati, cazzo!" urlò, cercando di tenerlo fermo; dovette ribaltare la posizione e schiacciarlo con la faccia sul selciato.

“Vaffanculo, lasciami! Cazzo, lasciami, vi ammazzo!” gridò Leeroy, non preoccupandosi di star dando spettacolo.

Drew si riprese solo in quel momento, andando a dar di mano a Lance per sollevarsi; era rimasto pietrificato da quella scena. Nemmeno la volta di Capodanno il terzino era stato tanto violento. Altri ragazzi accorsero a vedere cosa fosse successo, mentre Leeroy continuava a gridare.

Lance scansò l’amico con una spinta brusca e si tirò su, barcollando e pulendosi con la manica il sangue.

“Si può sapere che cazzo hai!?” tuonò incazzato. “Ti sei rincoglionito?” Leeroy sputò un misto di saliva e polvere in tutta risposta.

“Posso spiegare", disse Miles,cercando di calmare le acque e pregando di non finire anche lui in mezzo alla rissa, anche se sapeva di meritarselo però.

“No, cazzo. Non voglio saperlo da te. Voglio sapere da quello stronzo che cazzo sta succedendo, che cazzo ti ho fatto?” urlò Lance, sputando saliva e sangue. Reginald giurò di non averlo mai visto così.

“Non far finta di non sapere, cazzo! Me l’ha detto Reginald.”

“Di cosa cazzo stai parlando?”

“Te e quel bastardo di Stan mi avete fottuto. Il West Ham aveva scelto me, non te, e nessuno mi ha detto un cazzo. Ti ha fatto mettere in lista al posto mio, e tutti lo sapevate, cazzo! Ecco cosa è successo!” urlò ancora Leeroy.

Lance boccheggiò; ora era lui a non capire. Non lo sapeva. Fulminò subito Miles con lo sguardo, cercando una risposta. Sentì la pietà di Stan come un macigno.

Reginald lasciò la presa sul terzino, il quale si tirò in piedi e riscattò in un faccia a faccia con il portiere.

Questa volta fu Drew a mettersi in mezzo per allontanare Rogers; l’ex capitano non sembrava voler più aiutare.

“Smettetela ora!"

“Vaffanculo”, fece Leeroy, spintonandolo di nuovo via e tornando a fissare l’altro negli occhi con ira cieca. Non gli interessava più nulla di lui, di loro, di tutto. L'aveva ammazzato. “Fottetevi tutti e due. Cercatevi un altro giocatore", disse a denti stretti. Era cosciente che avrebbe potuto fare seri danni restando lì.

“Tu non sai un cazzo." Nonostante la sua espressione fosse di puro stupore, il terzino non riusciva a vedere nulla in Lance, solo una faccia come un altra, ed il sangue che la ricopriva non lo impressionava minimamente, non sentiva assolutamente nulla.

“Esatto, sono un gorilla cretino, quindi fanculo", disse, tornando indietro a prendere le sue cose. Non si voltò nemmeno a guardarli; tirò dritto, continuando a sentire il sangue pulsare nelle orecchie. Era tutto andato a puttane. Si chiuse a chiave dentro lo spogliatoio. Doveva calmarsi; cercò di respirare a fondo e si strofinò gli occhi lucidi dalla rabbia. Raccattò borsone e cellulare e rimase impalato per qualche secondo al centro della stanza. Ancora una volta qualcosa scattò dentro di lui e lanciò tutto. Era come se un ingranaggio si fosse rotto e ora non riuscisse più a funzionare, perdeva colpi dopo quella telefonata. Si mise poi a urlare, prendendo a calci le panche. Si sentiva soffocare da quanto era stato stupido. Voleva scomparire, non essere mai esistito, avrebbe voluto addirittura fondersi con il cemento. Voleva essere morto. Non ci sarebbero state altre possibilità. Doveva saperlo, dannazione. L’altra volta era finita allo stesso modo. Quella maledetta partita contro il Ravensburg era stata tutta colpa sua e di nessun altro. Lance era stato un fottuto sbaglio, Brighton era stata uno sbaglio e anche i suoi capricci. Sarebbe dovuto restare a Londra.

Si strofinò la faccia per togliere il lieve velo di sudore, ma quando si guardò le mani, scoprì sangue invece.

“Vaffanculo”, disse con un fiato, tirando un pugno al muro. I denti si serrarono, aspettandosi dolore, ma non sentì nulla. Cadde a terra. 
 

   
 
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