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Autore: Pixel    25/03/2017    7 recensioni
Genova 1833.
"La verità è che Stefano nutriva dentro sè la speranza che il popolo fosse di natura un' entità romantica e avesse bisogno solo di una guida per conquistare ognuno di quegli ideali.
E per quanto poco umile potesse apparire, Stefano sapeva di essere mosso dal velleitario desiderio di essere uno di quei condottieri.
~
Era stato Mazzini a creare la Giovane Italia. Un movimento che perseguiva l'obiettivo di trasformare l'Italia in una repubblica unita e democratica. Un gruppo di ragazzi che sognava un paese fondato sui principi di libertà, indipendenza e unità.
Stefano ricordava la prima volta che ne aveva sentito parlare. Non era riuscito a dormire per l'intera notte, proprio come fa un innamorato, scosso da idee sconosciute ma talmente grandi da essere quasi tangibili.
Erano passati due anni da quella notte e quelle idee non erano più sconosciute ma sempre più vicine."
MiniLong 4 Capitoli (Completa)
[Storia partecipante al contest "Cantami, o Diva...” Indetto da Dollarbaby sul forum di EFP. Vincitrice del premio speciale “Bacio di Erato”: Alla storia d’amore più bella e coinvolgente.]
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
Capitoli:
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Capitolo 2.

 

"Non abbassarla." disse imperativo Stefano a Lorenzo, che nonostante lo sgomento obbedì e tenne la canna della pistola premuta contro la schiena del singolare prigioniero.

"Ad occhio e croce non mi pare una belva tanto feroce." affermò sornione Riccardo tenendo tra le mani il viso della donna che si ritrasse bruscamente.

 

"Capisco perchè non sei tu a dare gli ordini. Potrei essere un'infiltrata ed essere armata, approfittare di uno stupido ragazzotto che abbassa la guardia perchè sono una donna, e uccidere almeno due di voi."

 

"E tu vuoi dirci che non è così, giusto?" domandò Stefano, retorico, ma non troppo.

"Giusto."

"ma ammetterai che una donna incappucciata che siede al tavolo di una locanda sola a quest'ora della notte è una figura alquanto sospetta, giusto?"

"giusto."

Il ragazzo sorrise quasi affabilmente prima sfilare la sua pistola dai pantaloni per puntarlo sul grazioso viso.

 

"E ora ci spiegherai in modo dettagliato il perchè non dovrei ucciderti e buttare il tuo corpicino in fondo al mare. Giusto?"

 

Stefano era un ragazzo dal cuore d'oro, certo, ma a differenza del metallo, non era per niente duttile.

Amante della giustizia, fedele alla causa che aveva sposato, a tal punto da essere pronto ad eliminare chiunque costituisse una minaccia per quello in cui credeva.

Non era un assassino, non provava alcun diletto nella violenza, ma era un guerriero in grado di usare ogni genere di arma a sua disposizione. Se avesse potuto far la rivoluzione solo attraverso le parole lo avrebbe fatto volentieri. Ma Stefano era un idealista, non un ingenuo sognatore.

 

"Sono qua per quello per cui siete qua anche voi. Per Genova e per l'Italia, unità."

"Non vorrei metterti ansia, zuccherino, ma non mi stai dando spiegazioni dettagliate e io non ho tutta la notte"

"Pensavo che proprio tu, Stefano Menossi, non avresti avuto bisogno di altre spiegazioni."

"E invece mi dovrai spiegare anche come conosci il mio nome."

La fanciulla si lasciò andare ad una moderata risatina "tutti sanno il tuo nome, tutti sanno della Giovane Italia e tutti si chiedono quando vi deciderete a fare qualcosa per cacciare via gli Austriaci"

Isabella, furba, sapeva di aver già accattivato i suoi interlocutori.

"Ora, amerei continuare a parlare con dei gentiluomini, non con la canna di una pistola."

Stefano abbassò il braccio destro che teneva teso verso il viso della ragazza e Lorenzo fece per imitarlo quando fu fermato da un secco comando "tu, no."

La bocca di Isabella si incurvò in un sorriso lascivo, gesto capace di dipingere in un breve attimo l'intera personalità estremamente controversa della ragazza.

"Ti fa sorridere la probabilità di morire?" chiese Riccardo che dopo essere stato zittito poco prima non aveva smesso un secondo di scrutare con sguardo indagatore quella donna di cui aveva deciso, non si sarebbe mai fidato.

"Rispetto a qualche attimo fa si sono dimezzate le possibilità che una pallottola possa colpirmi, questo è un buon motivo per essere contenta. E sono contenta che abbiate optato per la pistola alla schiena, almeno se dovessi morire il mio viso rimarrà grazioso."

"E chi dice sia grazioso?"

"Tu sicuramente lo stai pensando."

"E tu mi sembri abbastanza intelligente da capire che il tuo grazioso viso non è un motivo valido per non ammazzarti." intervenne Stefano che non era noto per non amare sentire ironiche digressioni mentre si parlava di cose serie.

"Voi non mi ucciderete."

"E perchè mai?"

"Perchè, come ho già detto, vi conosco. E so che voi non ammazzate i vostri compagni."

"Compagni? Non è quello che sei. "

"È quello che voglio essere. "

Nessuno dei tre ragazzi cercò di camuffare le risate provocate da quella frase.

 

"Un nostro compagno? Vuoi che ti aiuti a controllare bene lì sotto?"

"Riccardo, non esagerare." lo bloccò subito Stefano "Siamo sempre gentiluomini."

"Grazie, stavo dicendo che.." Non fece in tempo a riprendere la parola che venne interrotta nuovamente "non hai capito, siamo gentiluomini e per questo prenderemo il tuo spiarci come la piccola follia di una ragazzina annoiata. Per questo ti lasceremo vivere, e uno di noi ti riaccompagnerà anche a casa, le strade sono pericolose a quest'ora della notte per una donna. Dopodiché, non vedremo mai più il tuo grazioso visino, se veramente vuoi che resti tale."

 

Ci fu silenzio. Isabella in una frazione di secondo abbassò lo sguardo dal ragazzo al pavimento di legno, per poi puntare, nel medesimo secondo, nuovamente gli occhi blu su Stefano. Poi sul viso si dispiegò nuovamente il sorriso lascivo.

 

"Lo sapevo" disse prima "anche tu trovi sia grazioso!"

La sfacciataggine di Isabella poco si adattava alle virtù che una donna avrebbe dovuto incarnare, ma faceva parte della sua bellezza delicata e potente allo stesso tempo, che nasceva negli occhi ma arrivava velocemente a coinvolgere tutti i sensi. Isabella aveva la capacita di confondere e stordire, come una belva rara.

"Cascano in molti nelle tue trappole?" Stefano era molto intelligente, tanto da essersi reso conto che la persona che si trovava di fronte era perfettamente in grado di passare dalla posizione di vittima a quella di carnefice nel giro di un attimo.

"Tutti, per questo potrei aiutarvi."

"In che modo?" chiese Lorenzo che fino a quel momento aveva preferito rimanere taciturno. Stefano disapprovò con lo sguardo quella sorta di intromissione, ma lasciò correre.

 

"Io e mia madre siamo alle dipendenze di una nobile famiglia, servo nei salotti frequentati dalle famiglie di Austriaci più importanti di Genova. So rendermi invisibile ai loro occhi, parlano mentre sparecchio le loro tavole, mi affidano i loro mantelli perchè li conservi, consegno i loro messaggi.."

"Basta così. Lorenzo, uccidila adesso!" Urlò Riccardo

"Tu non fai uccidere proprio nessuno." Replicò Stefano mantenendo una certa pacatezza

"Vive insieme agli Austriaci, è i loro occhi, i loro orecchi, la loro bocca"

"È vero, è quello che sono. E penso che nessuno possa offrivi di meglio di quello che sto facendo io. Vi sto dando gli occhi degli Austriaci perchè possiate accecarli, le loro orecchie a cui sussurrare informazioni ingannevoli e la loro bocca per cantare i loro segreti."

"Stefano, non ti lascerai abbindolare, non tu. Vero?" e poi ancora con più veemenza di prima "Uccidila, uccidila adesso."

"Oh, taci Riccardo! Non la ucciderò se me lo dice Stefano, tanto meno se me lo ordini tu."

"Le credi? " domandò semplicemente Stefano.

"Non lo so, ma non ho intenzione di far perdere la vita ad una ragazza che forse cercava solo di rendersi utile."

Calò un silenzio che durò per un tempo breve prima di essere interrotto da Stefano, a cui bastavano sempre pochi e intensi attimi per dichiarare le sue sentenze

"Dovresti ringraziare questo ragazzo" disse con gli occhi puntati sulla ragazza e il dito puntato su Lorenzo "se non fosse per la stima che ho nei suoi confronti ti avrei uccisa questa notte."

 

~

 

Genova avvolta dal mantello nero della notte pareva una donna misteriosa, tanto inquieta quanto affascinante. Anche se mai, mai e poi mai quella città avrebbe potuto trasmettere inquietudine a Stefano. L'affetto e la devozione che provava il giovane verso la sua terra era molto più nobile che l'amore che certi uomini millantano di avere per le proprie donne.

Non era mai andato via da lì e non aveva intenzione di farlo, a differenza di tanti suoi coetanei che vedevano nel sogno di spostarsi verso altri mondi l'apice del loro desiderio di libertà. Dopotutto, Genova è sempre stata una città di marinai, una terra di mare, un paradosso. Forse per questo l'amava.

Un giorno, dopo essere riuscito a rendere la sua amata una città libera, allora forse sarebbe partito anche lui. Ma per ritornare, sempre.

Anche quella notte, come tutte le altre notti, come tutti gli altri giorni, il profumo di mare e di pietra bruciata lo inebriavano riempiendo la testa di quei pensieri.

 

"Non sei molto di compagnia, avrei fatto prima a tornare da sola."

 

"Penso che se non ci fossi io qualche ubriacone sarebbe felice di farti compagnia, ma tu ne saresti un po' meno felice."

 

"Mi avresti uccisa stasera stessa , dicevi. E ora ti importa cosa potrebbe succedermi se girassi sola a tarda notte? Ti trovo un po' incoerente, Stefano Menossi."

 

"Risparmiarti la vita per poi lasciare che qualcuno ti stupri e te la rovini per sempre mi pare ancora più incoerente. Non sono il tipo d'uomo che prende una decisione e poi se ne lava le mani. E ho deciso che stanotte non saresti morta."

 

Tornò il silenzio tra i due che continuarono a camminare senza mai girarsi l'uno verso l'altra. Questa volta ad interromperlo fu, inaspettatamente, il ragazzo "Non mi hai detto come sai il mio nome" Isabella accennò ad un sorriso molto più timido e affabile rispetto agli altri che aveva sfoggiato quella sera "Tutto il popolo ti conosce, tutti quelli che sposano la nostra causa perlomeno. E il tuo nome risuona anche nelle bocca degli Austriaci, ma molto meno. Il fatto che tu sia così giovane li depista. Parlano di te come un ragazzino un po' troppo fervente, da tenere d'occhio, ma non da temere. Non credono che sia tu a poter guidare una rivolta. È un bene che non abbiano capito quanto tu sia fondamentale per la Giovane Italia."

 

"Non sono fondamentale, nessuno lo è più degli altri."

Il flebile sorriso si tramutò in una flebile risata. "Certo che lo sei. Non ti fa onore questa falsa umiltà. Sai benissimo di essere il generale di questa rivoluzione, ed è esattamente quello che vuoi essere."

Stefano rimase in silenzio, un po' perchè amava il silenzio, era il suo stato ottimale, un po' perchè nel profondo di sè stesso aveva sentito quella stretta allo stomaco che provoca la vergogna. Ma specialmente perchè amava il silenzio.

"Ma come dicevo, è un bene che loro non abbiano capito questo. Si perdono nella ricerca di qualcuno o qualcosa di più grande che sta dietro tutti voi studenti e che vi spinge a muovervi. Qualcuno che ovviamente non esiste, giusto?"

Questa volta fu il turno di ridere del ragazzo "bella mossa, ma non condividerei con te neanche un quartino di vino, visto che credo saresti in grado di avvelenarlo. Quindi non sperare che condivida con te un'informazione, neanche la minima sciocchezza."

"Tutta questa storia è ridicola. Mi dipingi come un'arpia, ma cosa puoi dire di me? Solo che sto cercando di aiutarti. E sai benissimo che potrei essere utile a te e a tutta la Giovane Italia, a tutta Genova." disse con una punta di stizza.

Lui rise nuovamente"Va bene, non offenderti. Se vorrai renderti utile quando verrà il giorno potrai farlo buttando fuori dalla finestra del bel palazzo dove lavori tutti i mobili che trovi" per la prima volta Isabella girò gli occhi verso il ragazzo per rivolgergli uno sguardo torvo e interrogativo "così potrai dare il tuo contributo con la costruzione delle barricate."

Lei sospirò visibilmente irritata, la infastidiva terribilmente il modo che gli uomini avevano di dispensare contentini alle donne.

"Non è una buona mossa sottovalutarmi."

"Non lo sto facendo, affatto."

 

"Buon per te." disse appena prima di dare una spintone al suo accompagnatore con tutta la forza che il suo fragile corpo potesse adoperare. Il ragazzo colto alla sprovvista perse l'equilibrio e cadde per terra. "Ma che...?" le sue parole furono sovrastate da alcuni colpi di arma da fuoco. Qualcuno sparato da una piccola pistola impugnata dalla mano della ragazza, altri provenienti dalla parte opposta. Stefano si girò, vide un uomo poco distante da loro armato a sua volta. Gli spari erano cessati poiché entrambi sotto tiro dell'altro. A quel punto il ragazzo decise di approfittare della situazione di stallo sfoderando a sua volta l'arma che teneva nella cintura. Sparò un colpo, ,ma la distanza era tale da far che il proiettile toccasse solo di striscio il braccio sinistro dell'uomo. A sua volta sparò tre colpi per costringere i ragazzi a cercare di ripararsi e approfittando della situazione l'aggressore si dileguò dietro il vicolo dal quale era apparso.

 

Stefano si rese conto di trovarsi ancora per terra, era successo tutto così velocemente che non aveva neanche avuto il tempo di rialzarsi prima di quel momento.

"Insomma, non mi ritengono importante ma cercano comunque di uccidermi."

 

"Non ti ritengono così importante, ma ti reputano comunque scomodo. Non c'è motivo per loro di non cercare di eliminarti. E poi, poteva essere solo un ladro, le strade di Genova a quest'ora non sono sicure."

 

"E, santo cielo, perchè una dama di compagnia di una famiglia nobile va in giro armata? Questo non dovrebbe essere sospetto?"

 

 

"Sta diventando veramente noioso questo tuo atteggiamento sospettoso. Ma se lo vuoi sapere, mio padre era un marinaio, stava lontano da casa per mesi, anche per anni. Ha sempre sofferto di dover lasciare sua moglie e sua figlia da sole, senza un marito o un padre a difenderle. Ci amava, ma non poteva fare altro lavoro che quello, diceva. Per sopperire a questa mancanza, ha voluto che imparassi a difendermi da sola, o per lo meno che avessi sempre le armi per farlo."

 

Sfilò nuovamente la piccola arma, una pistola corta da difesa, di colore argentato, fatto salvo per l'impugnatura in legno.

Isabella la porse a Stefano che la prese in mano. Constatò che era leggera, adatta ad una donna e di buona fattura.

"È l'unica cosa che ho di mio padre."

Erano molte le cose che Stefano era perfettamente in grado di gestire, i sentimenti altrui, non erano tra queste cose. Riconsegnò l'oggetto, che improvvisamente pareva aver acquistato inestimabile valore, alla legittima proprietaria, e si affrettò a riportare il discorso all'origine.

 

"Che fosse un Austriaco o un ladro non cambia il fatto che mi hai salvato la vita. Siamo pari, adesso."

 

"Siamo pari?"

 

"Io non ti uccisa questa notte al porto e tu mi hai salvato la vita adesso."

 

"Io non devo la vita a te, forse al tuo compagno, Lorenzo. Ma non certo a te. Non siamo pari, mi sei debitore."

 

"Che uomo sarei se combattessi per ideali di giustizia e poi non fossi onesto? Hai ragione." Si arrestò e prese la mano pallida della ragazza con la sua "quando avrai bisogno di un favore sarò a tua disposizione, saprai dove trovarmi, mi lady."detto ciò, piegò leggermente busto e capo, accennando un inchino. Se avesse potuto essere per un momento una fanciulla come le altre, probabilmente sarebbe arrossita. Invece alzò gli occhi e ritrasse la mano.

"Odio le false promesse."

Gli occhi neri di lui si assottigliarono in un penetrante sguardo interrogativo e vagamente offeso dall'insinuazione.

"C'è solo un favore che voglio da te, che mi concedi la tua fiducia per poter far parte della Giovane Italia."

Lui non esitò a scuotere la testa "posso darti la mia fiducia per ripagare il mio debito, ma non posso permetterti di entrare nella Giovane Italia." disse perentorio.

"Vedi che sei un bugiardo. Se veramente decidessi di riporre in me la tua fiducia, allora mi concederesti anche di aiutarvi."

Per l'uomo integerrimo che Stefano aspirava ad essere, venire messo davanti a una propria contraddizione costituiva un duro colpo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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