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Autore: gattina04    26/03/2017    2 recensioni
È un momento tranquillo ed Emma ha tutto ciò che ha sempre cercato e voluto; non c’è niente che possa desiderare, nemmeno il giorno del suo compleanno, ad eccezione di un piccolo insignificante rammarico. E sarà proprio quel pensiero a stravolgere completamente la sua esistenza catapultandola in un luogo sconosciuto, popolato da persone non così tanto sconosciute. E se ritrovasse persone che pensava perse per sempre: riuscirà a salvarle ancora una volta?
E cosa succederà a chi invece è rimasto a Storybrooke? Riusciranno ad affrontare questo nuovo intricato mistero? E se accadesse anche a loro qualcosa di inaspettato?
Dal testo:
"Si fermò e trasse un profondo respiro. «Benvenuta nel mondo delle anime perse Emma»."
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Robin Hood, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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10. Trovare la strada
 
POV Emma
Euridice ci guidò in una strana radura posta proprio nel mezzo di quell’intricata vegetazione. Là si trovava in una specie di accampamento, dove probabilmente lei viveva da anni. Non era un granché ma si poteva in qualche modo definire una sorta di casa.
«Accomodatevi», ci disse indicando delle pietre che potevano fungere da sedie. «Risponderò a tutte le vostre domande».
«Perché?», le chiesi, non approfittando di quella cordialità e rimanendo perciò in piedi. «Perché vuoi aiutarci così spontaneamente? Ognuno possiede un proprio tornaconto».
Euridice mi sorrise e mi guardò con uno sguardo serio. «Lo so che può sembrare strano, ma non ho davvero nessuna richiesta da farvi. In fondo avete fatto tanta strada solo per questo, per chiedere il mio aiuto. Per una volta puoi provare semplicemente a fidarti Emma».
Sbattei le palpebre sorpresa che conoscesse il mio nome; nessuno degli altri l’aveva pronunciato e lei non avrebbe potuto saperlo. Solo poche persone erano così informate; quel dettaglio non fece che aumentare i miei dubbi.
«Come conosci il mio nome?», le domandai continuando a non sedermi.
«So molte cose di te Emma, e anche di tutti voi». Indicò i miei compagni che, come me, erano rimasti in piedi e stavano osservando silenziosamente il nostro scambio di battute.
«Posso solo dirti», continuò la donna, «che mi ricordi me stessa, come ero molto molto tempo fa. Ti può bastare come incentivo per fidarti di me e permettermi di darvi una mano? Voglio solo aiutare delle anime così coraggiose da aver affrontato un viaggio come il vostro pur di salvarsi». La studiai attentamente cercando di capire se ci stesse o meno nascondendo qualcosa. Pensavo di scorgere bugie ad ogni sua parola, ma il mio istinto e il mio super poter mi suggerirono invece di fidarmi. Sembrava sincera e arrivai alla conclusione che forse lo era davvero.
«D’accordo», acconsentii sedendomi. Notai che anche gli altri mi imitarono, prendendo posizione accanto a me. «Prima però potresti dirci come sei finita qua e cosa ci fai tutta sola in questa strana foresta». Non erano delle domande bensì delle richieste.
Euridice mi sorrise benevola, forse aspettandosi quelle mie pretese. «Beh guardiamo come posso risponderti: conoscete qualcosa della mia storia?».
«Ti riferisci al mito di Orfeo ed Euridice?», domandò Robin.
«Non è proprio un mito, visto che si tratta della mia vita. Comunque sì; in pratica ciò che avvenne fu questo: io fui ingiustamente strappata ad Orfeo, ancora troppo giovane, così lui disperato scese nell’Oltretomba per salvarmi. Riuscii a procurarsi l’ambrosia, un frutto talmente raro che avrebbe potuto riportarmi in vita. Purtroppo ciò fece infuriare Ade che lanciò una sorta di clausola sulla mia salvezza. Orfeo non avrebbe dovuto guardarmi fino a che non fossimo stati entrambi sulla terra. Se conoscete la mia storia sapete che non ci è riuscito. La mia anima è stata spedita direttamente qua». Beh dal suo punto di vista era leggermente diversa da come ce l’aveva raccontata Ade. Ma cosa altro mi sarei potuta aspettare da un mostro come lui?
«E dopo cos’è successo?», le chiese Milah.
«Io sono finita qua ed ho capito subito di essere diversa dal resto dell’anime di questo mondo. L’ambrosia mi aveva riportato in vita, ma purtroppo la mia anima era stata persa».
«Tu sei ancora viva?», domandai di scatto. «Dopo tutti questi anni? Sei intrappolata qui come me?».
«Diciamo di sì, anche se non credo che userai il termine intrappolata dopo che avrai sentito il finale della mia storia. Infatti, stavo dicendo che mentre io sono finita qua Orfeo è tornato nel mondo dei vivi senza di me. Non so come sia successo, non ha mai voluto dirmelo, ma quando è morto è finito anche lui nell’Oltretomba. Ade era una persona vendicativa, una volta nel suo regno ha fatto in modo che la sua anima fosse perduta e non potesse passare oltre».
Potevo immaginare come continuasse la storia. «Tuttavia non sapeva che tu eri qua».
«Già. Non potete immaginare la mia gioia quando l’ho visto, spaesato in mezzo a tutte queste anime in pena. Tuttavia lui non era come me e lo stare qui lo ha lentamente annientato, cancellando l’Orfeo che conoscevo. A quel punto ho voluto allontanarmi da tutto il resto ed isolarmi qua dentro». Era una storia molto triste, ma avevo ancora troppe domande al riguardo. Perché non se ne era andata? Come riusciva a sapere così tanto di noi? Aveva la magia, qualche particolare potere?
«Risponderò a tutte le tue domande Emma», mi disse come se mi leggesse nel pensiero. Un momento: forse era in grado di leggermi nel pensiero? Questo avrebbe spiegato molte cose.
«Non sono in grado di leggerti nella mente», affermò facendomi però credere tutto il contrario. «Si dice che l’ambrosia sia il cibo degli dei. Avrebbe dovuto riportarmi in vita, ma visto che così non è stato, ha avuto su di me un effetto particolare. Mi ha reso, tra le tante, una specie di sensitiva».
«Deve essere terribile», affermò all’improvviso Milah sorprendendomi. «Adesso capisco perché tu ti sia ritirata in questo luogo».
«Non mi aspettavo che qualcuno ci potesse arrivare così velocemente», affermò Euridice sorpresa, voltandosi verso di lei.
«Non capisco», ammise Charlie prima che potessi farlo io, «perché deve essere terribile?».
«Pensaci Charlie», rispose Milah di getto. «Se lei è una sorta di sensitiva, riesce a percepire la sofferenza di tutte quelle anime in pena. Già è straziante per noi, immagina come deve essere riuscire a sentire costantemente tutto quel dolore». Era una spiegazione più che valida e che motivava la scelta del suo isolamento. Era logico che si fosse allontanata da quella orrenda città.
«Perché non sei scappata da qui se questo posto ti fa stare così male?», domandai. «Vuol dire che non c’è una via d’uscita?». Chiunque sano di mente sarebbe scappato; se lei non l’aveva fatto le opzioni erano solo due: o lei era pazza o non c’era nessun modo per andarsene.
«No, non è così. Non preoccupatevi, c’è una via d’uscita. Non sono scappata perché lassù non ho più niente, tutto ciò che mi rimane è quaggiù. Guardate, forse così capirete». Si alzò e, non aggiungendo altro, andò a scostare l’enorme fronda di una pianta. Dietro di essa si ergeva quello che sembrava un gigantesco bozzolo, al centro del quale si trovava imprigionato un uomo, o meglio l’anima di un uomo. Sembrava come addormentato, completamente rinchiuso nella pianta.
«È Orfeo?», chiesi pur sapendo di aver ragione.
«Sì, ma non chiedetemi altro su di lui, vi prego. È troppo doloroso», disse rimettendo tutto come prima e tornando a sedersi di nuovo di fronte a noi. «Emma prima mi hai chiesto come mai sono disposta ad aiutarti senza volere niente in cambio. Beh tu hai avuto il coraggio di scendere nell’Oltretomba e di lottare per il tuo amore; e grazie a te Ade ha avuto quello che si meritava. So cosa significa essere allo stesso tempo vicini ma anche lontani: è quello che è successo a me e ad Orfeo ed è quello che sta succedendo a te e al tuo Hook. Non voglio che la storia si ripeta nuovamente». Era un’affermazione forte e riuscivo a percepire la sua sincerità ad ogni parola.
«Tu puoi davvero aiutarci ad uscire da qui?», sussurrai.
«Sì e vi dirò come». Sentii la tensione salire fino a rendersi percepibile perfino nell’aria intorno a noi. Era quello che ci serviva, era quello che ci avrebbe permesso di salvarci tutti quanti. Era il motivo della nostra avventura; non avevamo fatto un viaggio a vuoto.
«Ti prego parla», la incalzò Robin per tutti.
«Certo, capisco la vostra impazienza. Dovete sapere che sono qui da così tanto da conoscere ogni luogo di questa terra desolata. Ho cercato una via di uscita per molto tempo, prima che arrivasse Orfeo e dopo il suo arrivo; purtroppo l’ho trovata troppo tardi. Ormai non era più lui e non era più in grado di riconoscermi, figuriamoci di seguirmi e di scappare».
«Dove si trova?». La mia voce era così flebile, che avrebbe anche potuto non sentirmi.
«Nella grotta oscura».
Fino ad allora conoscevo solo un posto che avrebbe potuto avere quel nome. «Quella dove siamo comparsi io e Robin?».
«Sì, esatto. Dovete sapere che in fondo a quella grotta, nella zona diametralmente opposta all’uscita, l’ampiezza della caverna va restringendosi. Quella grotta che sembra infinita in realtà nasconde nel suo angolo più remoto un passaggio segreto. È nascosto, non visibile, ma c’è».
«E dove conduce questo passaggio segreto?». Per un attimo mi chiesi come facesse a sapere tutto quelle cose e come diavolo avesse fatto a non sfruttarle. Bisognava essere tremendamente stupidi per restarsene in quel mondo o, come nel suo caso, tremendamente innamorati.
«Beh su questo non ne sono certa. Non sono mai arrivata così oltre, ma posso dirvi tutto quello che so. Per accedervi è necessario un cuore che batte ancora, qualcuno come te Emma. È una clausola che impedisce anche alle anime più temerarie di lasciare questo dannato fiume. Però tu sei qui e può funzionare».
«Intendi che così posso portare tutti loro con me?». Sarebbe stato fantastico, sarei stata la Salvatrice per tutti i miei nuovi, e vecchi, amici. Era il mio compito e avrei potuto svolgerlo anche lì.
«Sì. Dovrai portarli uno ad uno, non potranno lasciarti se vorranno passare e arrivare sani e salvi dall’altra parte».
«E dove credi che sia quest’altra parte?», domandò Milah.
«Nell’Oltretomba».
«Quando ero là», aggiunse Charlie all’improvviso, «ho sentito dire che in mezzo alla foresta si trovava una specie di pozzo e che era da quello che nascevano le acque di questo fiume maledetto».
«Il corrispettivo del pozzo dei desideri di Storybrooke, c’era da aspettarselo», commentai. Solo Robin annuì, mentre gli altri sorvolarono sulle mie parole.
«Può darsi che sbuchi là», continuò Charlie.
«Potrebbe essere», confermò Euridice. «Comunque una volta che sarete passati vi troverete davanti a una serie di prove. Una di queste consiste in un bivio: dovrete scegliere la strada esatta, altrimenti non so cosa potrebbe accadere. Non so quale sia la scelta giusta, ma posso solo dire che l’apparenza non conta. Ricordate le mie parole: non date niente per scontato, ciò che luccica non è sempre oro».
«D’accordo», acconsentii, incamerando le sue parole. «Quindi sarà necessario trovare questo passaggio segreto e poi semplicemente portarli tutti con me? Dovremo affrontare delle prove ma poi arriveremo nell’Oltretomba».
«Non solo. Ho detto che per passare è necessario un cuore che batte, ma non basta. Per trovare il passaggio segreto è necessaria la magia». A quelle parole tutte le mie speranze crollarono in mille pezzi. Era proprio quello che mi mancava. Potevamo affrontare tutte le prove del mondo, ma sarebbe stato inutile se non potevamo arrivare a quel punto senza magia.
«Io non ce l’ho», ammisi amaramente. «Pensavo lo sapessi?». Non conosceva tutto? Come poteva esserle sfuggito quel particolare?
«No, non è vero. Credi di non averla più, ma la magia è sempre dentro di te, devi solo riuscire ad esprimerla in questo mondo».
«Non ci riesco, ci ho provato». Eccome se ci avevo provato, mi sentivo quasi monca senza, eppure non avevo ottenuto risultati.
Euridice rise amaramente. «Credo che tu non ci abbia provato nel modo giusto. Penso che dovrai proprio allenarti prima di iniziare il vostro viaggio di ritorno».
 
Tentai per l’ennesima volta di concentrarmi per focalizzare la magia nella mia mano, ma, come era successo fino ad allora, non riuscii nel mio intento. Ero arrivata al massimo a sentire un leggero formicolio nel braccio, ma probabilmente era stata solo una mia suggestione e nient’altro. Per quanto potesse dirne Euridice, la mia magia sembrava essersene andata per sempre.
Dopo tutto ciò che ci aveva rivelato, Euridice si era semplicemente alzata invitando gli altri a rifocillarsi e costringendomi invece a sforzarmi per ritrovare la mia magia. Avrei davvero fatto di tutto per poterla riavere anche in quel mondo, ma ogni mio sforzo era risultato vano; mi sembrava inutile starmene lì a sforzarmi per qualcosa che sentivo benissimo di non riuscire a fare. Probabilmente stavo sbagliando approccio, ma lei avrebbe potuto darmi qualche suggerimento in più, visto che sapeva così tante cose.
«Ancora niente?». Charlie si sedette a terra accanto a me, incrociando le gambe.
«No», sbuffai infastidita. Non sapevo più cosa fare; avevo provato di tutto e mi sentivo esausta.
Strinsi forte l’anello di Liam, che avevo al collo, cercando di concentrarmi su Killian. Era sempre stato lui a spingermi e a incoraggiarmi: poteva riuscire a farmi ritrovare la mia magia. Avevo provato a pensare a lui, ad Henry, alla mia famiglia, a tutti quelli che mi incoraggiavano, ma niente.
«Cosa dovresti riuscire a fare in teoria?», mi chiese Charlie studiando la mia espressione.
«Molte cose», sbuffai. «In questo momento mi basterebbe focalizzare un po’ del mio potere sulla mano. Mi sembra di essere tornata a quando stavo imparando a conoscere la mia magia».
«È stato tanto tempo fa?», continuò.
«Non più di tanto. Solo che adesso ho molto più potere di prima. In teoria almeno».
«Ed è difficile usare la magia?».
«Beh sarebbe più facile se tu la smettessi di farmi domande e mi lasciassi concentrare», risposi brusca. La sua espressione mutò di colpo, rattristandosi per quel mio rimprovero.
«Scusa», sussurrai. «Sono solo nervosa e stanca. Tuttavia è necessaria la magia per andarsene da questo posto ed io risulto essere l’unica che prima di arrivare qua ne fosse provvista. Adesso non riesco neanche a farla arrivare alla mano».
«Credo che tu stia sbagliando approccio». La voce di Euridice alle mie spalle mi fece voltare. «Stai tentando di convogliarla nel tuo corpo, ma in questo momento tu sei un’anima esattamente come tutti gli abitanti di questo mondo».
La guardai esasperata: poteva almeno dirmelo subito e non dopo ore di allenamento! Lasciai perdere e cercai di capire cosa mi stesse suggerendo. Avevo sempre convogliato la mia magia dalla mente a una parte fisica del mio corpo; se lì non era possibile come avrei potuto sfruttare il mio potere?
«Emma», mi domandò vedendo la mia espressione confusa, «sai perché sei finita qua?»,
«No». Non con certezza almeno. «Credo che sia stato per un desiderio che non si è realizzato nel modo corretto».
La sua espressione si fece più seria. «No, mia cara, è proprio il contrario». Si sedette di fronte a me e sospirò stancamente. «Credo di doverti mostrare una cosa».
«Cosa?». Continuavo a non capire a cosa si riferisse. Cosa mi aveva portato là se la mia teoria era sbagliata?
Euridice mi poggiò le mani sulle spalle e mi catturò con lo sguardo. «Chiudi gli occhi, cerca di concentrarti sul tuo corpo, e aprili soltanto quando te lo dirò io». Anche se ero perplessa, feci come mi aveva detto. Sentii gli occhi di tutti fissi su di me, ma non vi badai e mi apprestai ad obbedire.
Mi concentrai sul mio corpo, su ogni piccola sensazione che riuscivo a catturare con i miei sensi rimanenti. Tenere gli occhi chiusi amplificava tutto ciò che sentivo: percepivo ogni centimetro del mio corpo seduto sul terreno freddo e duro, ogni millimetro delle sue mani posate sulle sue spalle, ogni mio battito cardiaco, ogni mio respiro.
«Adesso aprili». Feci come mi aveva detto e quando li riaprii davanti a me non c’era più Euridice e quella particolare foresta. Sapevo esattamente dove ero: nel loft e le persone che avevo davanti erano semplicemente la mia famiglia. Il primo che notai fu Killian, che andava avanti e indietro come un pazzo: stava parlando ma non riuscivo a capire le sue parole. Poi vidi i miei genitori: mio padre era accanto a Hook e teneva per mano mia madre. Regina era seduta al tavolo e stranamente accanto a lei c’erano Belle, Gold ed August. Cosa diavolo ci facevano tutti lì?
Qualcosa sfiorò la mia mano e solo allora vidi Henry seduto per terra accanto a me. Fu allora che notai quello che probabilmente Euridice voleva mostrarmi. Per la prima volta da quando avevo riaperto gli occhi, feci caso al mio corpo: le mie mani erano piccole, tutto il mio corpo era minuscolo, mentre tutti gli altri risultavano troppo grandi, sproporzionati rispetto alle mie dimensioni. Quello non era il mio corpo, o meglio, lo era ma non come lo ricordavo io. Era come se fossi tornata in un istante a quando ero una piccola e innocente bambina.
Tentai di parlare e di chiamare Killian per avvertirlo, ma ciò che uscii dalla mia bocca fu solo un balbettio indistinto del suo nome, mentre senza neanche accorgermene scoppiavo a piangere.
Con la stessa velocità con cui ero arrivata mi sentii tirare indietro e dopo un battito di ciglia mi ritrovai di nuovo nel mio vero corpo di fronte ad Euridice e a tutti gli altri.
«Cosa diavolo è successo?», domandai riprendendo fiato. «Come diavolo hai fatto?».
«Beh diciamo che è un altro dono speciale dell’ambrosia», mi rispose scrollando le spalle e tornando subito a guardarmi con sguardo serio. «Ciò che conta è che tu abbia capito quello che volevo mostrarti: il tuo desiderio si è avverato. Adesso capisci perché la tua anima si è persa?».
Non risposi e continuai a guardarla sconvolta. Sentivo il mio corpo e lo percepivo esattamente come prima, ma secondo ciò che avevo appena visto significava che non era più così. Ciò che rimaneva di me a Storybrooke era un corpo di una bambina che un tempo potevo essere io? Era assurdo eppure avrebbe spiegato tante cose. Il desiderio si era realizzato e per questo ero stata spedita lì. Ma se accettavo quello che avevo visto come la pura e semplice verità, avrebbe voluto dire che di me non rimaneva altro che un’anima senza nessun posto dove poter tornare. Era ovvio che Killian stesse agendo in senso contrario per cambiare la situazione, ma la questione non cambiava. Ero un’anima ancora viva ed incredibilmente ero più persa delle altre già morte. Cosa ne sarebbe stato di me se non fossi riuscita a recuperare il mio corpo? Cosa ne sarebbe stato della mia famiglia e di mio figlio? E di Killian e del nostro futuro?
Adesso era ovvio perché non riuscissi ad usare la magia. Tentavo di convogliarla nel mio corpo ma evidentemente, per quanto potesse essere assurdo, in quel momento non ne avevo propriamente uno. Ero solo un’insieme di emozioni, sentimenti e ricordi. Ero ciò che mi rendeva Emma Swan, ciò che ero stata e che sarei sempre rimasta.
«Emma guarda le tue mani», sussurrò Euridice.
Abbassai lo sguardo e vidi un alone bianco di magia circondare le mie dita. Con un solo battito di ciglia riuscii facilmente a trasformarlo in una tenue fiammella, come avevo fatto milioni di volte in passato.
«Guarda un po’», disse Charlie sorridendo, «qualcuno si è appena sbloccato».
 
POV Killian
Mi portai la mano tra i capelli, continuando ad andare su e giù per la stanza. Non c’era altra soluzione, io lo sapevo, e presto avrebbero dovuto riconoscerlo anche gli altri. Anche se continuavano a protestare, sapevo che se volevamo salvare Emma c’era solo una cosa da fare.
«Oh insomma Hook è ridicolo», proruppe Regina.
«Già. Non è sicuramente questa la soluzione», l’appoggiò Mary Margaret.
«Per quanto desideri salvare nostra figlia, non possiamo farlo», continuò David.
«Voi forse non potete», ribattei. «Ma io sì».
«Killian…». Anche Henry provò a protestare, ma lo fermai prima che potesse continuare.
«Mi pare ovvio che scendere nell’Oltretomba sia l’unica soluzione. Lei è là, cos’altro dobbiamo fare?».
«Beh non è tecnicamente là», mi fece notare Belle.
«E poi pirata cosa vorresti fare una volta sceso là sotto?». Ci si metteva anche il Coccodrillo a dare manforte a tutta quella combriccola? «Si trova in un fiume di anime perse, non è un luogo per i vivi. Dovresti ringraziare il fatto che tu lo sia di nuovo».
«Beh anche Emma è viva e non dovrebbe trovarsi là. Non dovrebbe per nessuna ragione essere imprigionata in un luogo come quello».
«Lo sappiamo», convenne Mary Margaret. «Ma il suo corpo è qui adesso, lei non è propriamente viva. Non come lo saresti tu là sotto». Sapevo ciò che voleva dire; non conoscevamo il modo per entrare nel fiume senza morire, ma il solo fatto di non conoscerlo non significava che non ci fosse.
«Beh questo lo so, ma intanto dovremo andare là e trovare un modo di tirarla fuori da quel dannato fiume».
«Hook», proruppe Regina, puntandomi un dito contro. «L’ultima volta che siamo scesi là sotto Robin è morto per questo. Avevamo un piano, un piano ben congegnato, ma alla fine chi ne ha pagato le conseguenze è stato lui. Ed è vero che adesso Ade non c’è più, ma non ti permetterò in nessun modo di riportarci in un luogo simile». Sospirai capendo le sue ragioni; erano lecite, ma lei doveva capire le mie.
«Voi non l’avete vista», sussurrai, fermandomi di colpo e guardandoli uno ad uno. «Era là, forte come sempre, ma io la conosco: quello è il suo modo di fare. Ha paura e le manchiamo, le manchiamo da morire. Ed anch’io ho paura; ho paura che se non scendiamo nell’Oltretomba ora non troveremo più il modo di salvarla. Ogni minuto che passa la baby Emma cresce e contemporaneamente l’anima di Emma si perde un po’ di più. Noi dobbiamo andare là».
Mary Margaret mi si avvicinò e mi posò una mano sulla spalla. «Lo so Killian, ma non possiamo andare alla cieca, non possiamo scendere nell’Oltretomba senza sapere come salvarla».
Alzai lo sguardo per osservare l’espressione di tutti. In quella stanza nessuno mi avrebbe appoggiato: Regina era troppo spaventata all’idea di scendere nel luogo che aveva in qualche modo decretato la fine del suo Vero Amore. Sulla collaborazione del Coccodrillo non avevo mai veramente contato e con lui perdevo anche l’appoggio di Belle: era una donna forte ed intelligente ma Tremotino non avrebbe mai permesso un suo coinvolgimento in qualcosa di così pericoloso. La coppia Azzurra, per quanto potesse rivolere la loro adorata figlia, non avrebbe messo in repentaglio altre vite innocenti. Erano d’accordo con Regina, c’erano troppe variabili irrisolte, troppi pericoli, troppi intoppi. La mia idea perdeva senso di fronte a tutto il resto.
Poi c’era Henry. Era seduto per terra e stava giocherellando con la piccola Emma. Sapevo che lui sarebbe stato forse l’unico d’accordo con la mia folle idea, ma non poteva certo opporsi alla volontà di tutti gli altri, compreso quella della sua madre adottiva. L’avrebbe fatto, forse mi avrebbe appoggiato, ma sicuramente l’avrebbe fatto in segreto. Sapevamo entrambi che se avesse provato a schierarsi dalla mia parte non sarebbe finita bene né per lui né per me.
«Io penso che Hook possa avere ragione». Mi voltai di scatto osservando l’unica persona su cui ancora non mi ero soffermato. Pinocchio mi stava osservando con sguardo pensieroso, mentre con una mano si sfiorava il mento; con le sue parole aveva attirato l’attenzione di tutti, creando un silenzio assoluto nell’attesa di un suo chiarimento.
«Cioè», provò a spiegarsi, «quello che voglio dire è che quassù non troveremo mai il modo di salvarla. Ho letto e sfogliato molti libri della biblioteca di Storybrooke e penso che nessuno possa trattare un argomento del genere. Se parlano di quel fiume è solo in termini metaforici o di semplici accenni; non ci basterà un accenno per tirarla fuori da là».
«Beh non sappiamo cosa possiamo trovare nella biblioteca», protestò Belle. «Ci sono davvero tanti libri, senza considerare quelli che ci si trovano nella casa dell’Autore».
«Però August ha ragione», intervenne Henry, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di sua madre. «Nell’Oltretomba c’era un corrispettivo della nostra biblioteca. Se consideriamo che i libri che si trovano qua parlano del nostro mondo, vuol dire che quelli che si trovano là parlano di quel mondo. È molto più probabile che la soluzione per salvare la mamma si trovi in quei libri e non in questi». Annuii e gli lanciai uno sguardo riconoscente, grato che anche lui si fosse schierato apertamente dalla mia parte.
«Penso che voi stiate correndo troppo», intervenne Regina. «Vi state forse dimenticando che se ci troviamo in questa situazione è colpa di un desiderio. Non ci serve sapere come tirare fuori Emma dal fiume delle anime perse se prima non sappiamo come far tornare il suo corpo come prima».
«Regina ha ragione», intervenne Gold. «In questo momento state dimenticando il fatto evidente che l’anima e il corpo di Emma Swan sono due entità separate. Non ci serve a nulla sapere come salvare la sua anima se non abbiamo un corpo in cui farla tornare».
Gli lanciai uno sguardo pieno di disprezzo anche se riconoscevo che la sua obbiezione era più che valida. Quell’affermazione, anche se non era riuscita a convincermi e a destabilizzare le mie intenzioni, riuscii a far vacillare i miei già deboli alleati. Dopo aver messo in chiaro quella cosa né August né Henry trovarono un appiglio per ribattere. Fui di nuovo schierato da solo contro tutti.
Ricominciai a camminare su e in giù per la stanza, tentando di smorzare la tensione. Ero sempre dell’idea che la soluzione si trovasse nell’Oltretomba e che una volta là avremo anche capito come annullare il desiderio. Finora i tentativi fatti a Storybrooke non avevano portato a granché, era ovvio che dovessimo scendere in u altro mondo per ottenere delle risposte.
Feci un respiro profondo e continuando a camminare cercai di spiegare civilmente il mio punto di vista. «Credetemi neanche io smanio dalla voglia di tornare nell’Oltretomba, ma ogni minuto è prezioso e qua a Storybrooke mi sembra di continuare a perdere tempo. Non vi sto chiedendo di venire con me, non voglio che nessuno mi segua se non se la sente, ma io devo scendere laggiù, lo devo fare per lei». Lei aveva fatto lo stesso per me ed io sentivo che quella era la strada giusta da percorrere. Ne ero certo anche se non ne conoscevo il motivo.
«Oh andiamo Hook», intervenne Mary Margaret, «lo sai che non ti lasceremo mai scendere nell’Oltretomba da solo». Ero felice di saperlo, ma allo stesso tempo non avrei voluto mettere in pericolo la vita di nessun altro. Emma non l’avrebbe voluto e perciò neanche io.
«Stai dimenticando pirata», continuò Gold, «che per scendere là sotto hai bisogno del mio potere. Non sei più un Signore Oscuro ormai, ed io non aprirò di nuovo quella porta». E questo era proprio ciò che non volevo sentirmi dire. Che diavolo! Ero disposto a mettere a repentaglio solo la mia vita. Cosa gli sarebbe costato darmi una mano?  Aprire un dannato passaggio e poi richiuderlo non l’avrebbe danneggiato di certo.
Stavo per avventarmi sul Coccodrillo, per scaricare così un po’ di tensione, quando la baby Emma iniziò improvvisamente a piangere.
«Kill…». Era stato del tutto inaspettato, fino ad un attimo prima stava giocherellando con le mani di Henry ed in un secondo era scoppiata in un pianto disperato, balbettando incessantemente il mio nome. Se non avessi saputo che l’anima di Emma si trovava altrove, avrei pensato ad un gesto disperato per farmi capire che non dovevo andare. Ma quella non era la mia Emma, non c’era nessun significato nascosto, nessun messaggio celato; quella era solo la bizza di un bambino come tanti.
Sospirai e, contraddicendo alla mia volontà, mi diressi verso di lei. Mi accucciai e la presi in braccio, riconoscendo che purtroppo ero l’unico in grado di calmarla in poco tempo. Emma si sporse subito verso di me e appoggiò la testa sulla mia spalla continuando a singhiozzare. Le accarezzai la schiena con l’uncino cercando di tranquillizzarla e sentii il suo respiro rallentare fino a regolarizzarsi.
«Lo vedete», mormorai quando la bambina si fu calmata, «non è lei; non è la nostra Emma. Io l’ho vista, anche se è stato solo per pochi secondi. Lei è là e ha bisogno di essere salvata, per una volta ha bisogno di non essere lei la Salvatrice».
«Lo sappiamo questo», ribatte David brusco. «Siamo tutti preoccupati non c’è bisogno che tu ce lo dica».
«Killian quello che David vuole dire», intervenne Mary Margaret, «è che capiamo le tue ragioni e sappiamo che le tue intenzioni sono le migliori. Siamo d’accordo tutti su questo, ma…».
«Ma non mi appoggerete lo stesso», continuai io prima che potesse finire. L’avevo già compreso e sapevo anche cosa avrei dovuto fare a quel punto. Avevo ben chiara quale sarebbe stata la mia mossa successiva.
«Beh allora credo che sia inutile per me restare qua». Mi avvicinai a Biancaneve e le passai la piccola, che nel frattempo si era completamente calmata. Mary Margaret la prese e mi guardò con uno sguardo contrito, chiedendomi tacitamente di cambiare idea. Ma niente avrebbe potuto dissuadermi dalla mia decisione.
Uscii da quella casa come avevo già fatto una volta, ma in questo caso niente mi avrebbe fatto cambiare idea. Se loro non volevano aiutarmi, avrei trovato chi poteva farlo al loro posto. Sarei riuscito ad arrivare nell’Oltretomba anche senza di loro e una volta là avrei scoperto come tirare Emma fuori da quel dannato fiume e come rimettere la sua anima nel suo corpo.
Sapevo di non avere un piano e non ero arrabbiato con gli altri per aver scelto la strada più sicura. Riconoscevo la validità delle loro paure e anch’io capivo benissimo quanto stessi rischiando con quella mia assurda pretesa. Tuttavia loro non avevano visto lo sguardo di Emma; in quei pochi secondi in cui l’avevo rincontrata non ero rimasto sconvolto solo dalla vista di Milah, ma anche da ciò che avevo letto nello sguardo del mio cigno. Anche se non parlava, ormai riuscivo a capire la mia Swan semplicemente osservandola; avevo colto il suo sguardo e capito come realmente si sentisse senza che mi dicesse una parola. Era impaurita e le mancavo, esattamente come lei mancava a me, ed era sola. In realtà, visto che Milah era con lei, sapevo che non era propriamente sola, però capivo la sensazione. Anch’io mi sentivo solo senza di lei: potevo stare con la baby Emma, potevo stare con Henry e con tutti gli altri ma restavo comunque solo senza la mia metà.
Era per questo che le avevo lasciato l’anello di Liam: io avevo tante cose che mi permettevano di tenerla vicina in ogni istante, ma lei era sola in un mondo del tutto sconosciuto, senza niente che potesse ricordarle casa. Se era terribile per me, doveva essere centomila volte peggiore per lei. L’anello le avrebbe dato una parte di me, le avrebbe fatto trovare il coraggio che le serviva e le avrebbe fatto sapere che io non mi stavo arrendendo, ma che avrei lottato per lei fino all’ultimo respiro, fino a che non sarebbe stata di nuovo tra le mie braccia.
Anche se Emma rimaneva comunque la Salvatrice, nell’istante in cui i suoi stupendi occhi verdi si erano posati su di me, mi aveva chiesto tacitamente di aiutarla a salvarsi. Lei stava lottando, lo sapevo, non sarebbe stato da lei arrendersi, ma ciò richiedeva che anch’io facessi altrettanto e non mi arrendessi.
Restare qua a spulciare libri per me avrebbe solo significato arrendersi. Il tempo non era dalla nostra parte ed io dovevo tentare il tutto per tutto. Visto che per scendere nell’Oltretomba mi sarebbe servito l’aiuto di Gold, dovevo trovare qualcun altro che potesse garantirmi la soluzione per un portale con la giusta direzione. C’era solo una persona in tutta Storybrooke che poteva conoscere abbastanza cose da potermi aiutare e da essere abbastanza egoista da non impedirmi di affrontare un viaggio così pericoloso. Non mi piaceva l’idea, come non mi era piaciuta l’idea di coinvolgere il Coccodrillo, ma d’altra parte non vedevo alternative.
Per questo non persi tempo a vagare per le vie di Storybrooke, ma una volta uscito dal loft sapevo benissimo verso che direzione dirigermi. Arrivai a destinazione in poco tempo e senza esitare, e prima di cambiare idea, bussai a quella che era l’ultima porta a cui avrei pensato di bussare.
«Hook?». L’espressione sorpresa e il ghigno stupito della Strega Perfida mi fece capire che avevo fatto la scelta giusta. «Che diavolo ci fai tu qui?».
«Non avrei mai pensato di dirlo, ma… ho bisogno del tuo aiuto Zelena».
«Bene pirata, accomodati. È sempre un piacere sapere di essere indispensabile». Così dicendo mi fece passare e accomodare nella cucina della sua casa isolata. Ero certo che gli altri, anche se mi avessero cercato, non avrebbero mai potuto immaginare che io mi trovassi proprio là.
«Raccontami tutto», mi disse facendomi sedere al tavolo di fronte a lei. «E fai piano la piccola Robin dorme».
In poco tempo le spiegai quel poco che c’era da conoscere, che sapevo dove fosse Emma e che credevo che l’unica soluzione per il momento fosse scendere nell’Oltretomba. Zelena rimase zitta per tutto il tempo e, anche dopo che ebbi concluso, rimase in silenzio assumendo uno sguardo pensieroso.
«Non mi dire che anche tu sei d’accordo con gli altri?», proruppi esasperato dalla sua assenza di reazioni.
«Oh no, credimi Capitano, purché non coinvolga me o mia figlia, non mi interessa se tu hai intenzione di rischiare la tua vita scendendo nell’Oltretomba».
«E questo cosa significa? Mi aiuterai?». Era un sì o un no?
«Sì lo farò, anche solo per dare contro a mia sorella e dimostrarle che non ha sempre ragione».
«Pensi che Regina stia sbagliando?». Non ero sorpreso tanto dal fatto che avesse accettato di aiutarmi: ero andato lì per quello, sapevo di trovare un alleato abbastanza collaborativo. Ciò che mi stupiva era che mi stesse effettivamente dando ragione.
«Oh non ti allargare pirata», ribatté. «Credo che Regina abbia tutte le ragioni per non voler appoggiare la tua pretesa di andare nell’Oltretomba, ma credo anche che se volete avere una speranza di salvare Emma Swan sia proprio quella l’unica soluzione».
«Quindi che cosa proponi di fare?». Qual era la sua idea? Come avrebbe gestito la situazione?
«Beh credo di poter riuscire a farti arrivare là senza ucciderti e anche senza ricorrere al Signore Oscuro».
Beh se le sue parole fossero state vere e sincere sarebbe stato perfetto. «Parla strega».
«Non so se te lo hanno raccontato, ma io, Belle e la piccola Robin non siamo scesi nell’Oltretomba insieme gli altri. Noi non siamo state traghettate, siamo passate attraverso un portale».
«Credi di poter creare quel genere di portale?».
«Sì, ovvio. Sono una strega molto dotata», si vantò. «Tuttavia ci sono altre cose che non posso fare: non posso riportarti qui una volta che sarai laggiù, dovrai trovare da solo la soluzione, così come dovrai trovare da solo il modo di tirarla fuori dal fiume. Quello che ti propongo è un viaggio di sola andata, il mondo in cui tu tornerai qua a Storybrooke non sarà affar mio».
«Ci sto», accettai. «Non ti ho mai chiesto niente di più». Sapevo già che il ritorno non sarebbe stato compreso nel viaggio d’andata; ero a conoscenza del fatto che una volta là avrei dovuto affrontare molte difficoltà e molti pericoli. Anche se Ade era morto e non governava più l’Oltretomba, quello non era mai stato un bel posto. La missione che stavo per intraprendere non sarebbe stata una passeggiata, ma era giusto che corressi quei pericoli. Erano molte le incognite e poche le certezze, non sapevo se avrei trovato la soluzione di tutti i nostri problemi là sotto, ma potevo iniziare a cercarle. In più avrei ridotto la distanza che mi separava da Emma: il resto non aveva importanza. Sentivo che era quella la strada giusta.
Stavo per intraprendere quel viaggio da solo e ne ero felice. Non avrei chiesto a nessuno di accompagnarmi, di certo non a lei che aveva una figlia di cui occuparsi. Non l’avrei mai chiesto neanche agli altri, era quello che Regina non aveva capito: non chiedevo loro di rischiare la propria vita per una mia idea, avevo solo chiesto loro di appoggiare la mia decisione. Sapevo che l’unico che si sarebbe infuriato sapendo ciò che avevo fatto sarebbe stato Henry; non si sarebbe arrabbiato perché credeva la mia idea stupida, ma perché rischiavo il tutto per tutto per salvare sua madre senza coinvolgerlo. Ma era giusto così: era ciò che avrebbe voluto Emma. In fondo io ero l’unico che non aveva proprio più niente da perdere.
«Bene», affermai sorridendo. «Quando puoi cominciare?».
«Beh pirata», ammise Zelena soddisfatta. «Credo proprio che per intraprendere questo tuo assurdo viaggio dovremo fare prima una capatina alla cripta di mia sorella». Si alzò e mi invitò a seguirla con lo sguardo.
«Alla cripta di Regina?». Feci come mi aveva detto senza esitare. Non l’avrei certo distolta dall’aiutarmi tirando fuori il mio solito caratteraccio.
«Sì è giunto il momento di dilapidare un po’ la scorta di pozioni della mia amata sorellina». 


 
Angolo dell’autrice:
Buongiorno a tutti! Eccomi qua di nuovo.
Questo capitolo ha sorpreso un po’ anche me. Per quanto riguarda la parte di Euridice, l’avevo già immaginata e quindi alla fine è stata piuttosto facile da scrivere. Lei è riuscita a indicare a tutti la via d’uscita ed è riuscita anche a far capire ad Emma perché effettivamente sia finita lì, facendole riacquistare la sua magia.
Invece la parte di Killian è stata una vera e propria rivelazione: non avevo previsto l’intervento di Zelena, mi è uscito fuori mentre scrivevo. Non pensavo di farlo scendere nell’Oltretomba, il mio piano originario era piuttosto diverso, ma adesso ho cambiato idea e so con certezza cosa accadrà.
GRAZIE a tutti i lettori e i recensori. Grazie ancora una volta di seguire la mia storia!
Un bacio e alla prossima settimana.
Sara
 
  
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