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Autore: NonSoCheNickMettere2    27/03/2017    0 recensioni
Missing moment di “L’apprendista Sith 2” – Quando dalla credenza di casa spuntano fuori i suoi due giocattoli, Luke ha l’occasione d’iniziare un legame amichevole con la sua sposa e d’interrogarsi sulle motivazioni che hanno portato Darth Vader a donarglieli.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Skywalker, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'L'apprendista Sith'
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L’apprendista Sith (interludio): Giocattoli per un piccolo Sith

DICHIARAZIONE STANDARD
L’universo di Star Wars appartiene ai legittimi proprietari. Ho scritto questa fanfiction solo per divertimento e senza fini di lucro. I nomi Asha e Ujjain sono presi dal mondo reale, ma sono stati scelti solo perché qui suonavano bene e non hanno alcuna attinenza con persone reali e fatti accaduti; ogni eventuale rassomiglianza è, pertanto, casuale.

SPECCHIETTO PER IL CONTEST “Oggetti e giocattoli dimenticati... o ricordati?” DI Biancarcano
Autore su ffz e su efp: NonSoCheNickMettere2
Fandom: Star Wars
Titolo: Giocattoli per un piccolo Sith
Oggetto utilizzato: una scatola con percorsi per le palline e un modellino in scala di un Tie fighter (entrambi utilizzabili solo con la Forza!)
Come è stato utilizzato l’oggetto: Mentre Luke mostra come ci giocava da bambino, i giocattoli gli danno l’occasione d’iniziare un legame amichevole con la propria sposa e d’interrogarsi sulle motivazioni che hanno portato Darth Vader a donarglieli.
Parte esplicativa: Questa storia è un missing moment della mia serie What if? “L’apprendista Sith”. Per chi ha letto la serie, questo missing moment s’inserisce nella seconda storia (“La Morte Nera”), subito dopo la fine del capitolo 4. Per chi non ha letto la serie, le seguenti informazioni sono indispensabili per seguire questa fiction:
Darth Vader scopre Luke quando ha tre anni e l’alleva duramente come apprendista Sith. Nonostante sia cresciuto privato d’affetto e sottoposto a una rigida disciplina, a vent’anni Luke non è ancora interamente passato al Lato Oscuro e quando vede il primo test della Morte Nera, viene preso da tali rimorsi di coscienza che decide di rubarne i piani e passarli all’Alleanza Ribelle. Nel frattempo, per ragioni di alleanze politiche, Palpatine obbliga Luke a sposarsi con Asha, una principessa del sistema indipendente di Ujjain, che il ragazzo non ha mai visto neanche in ologramma. La scena di questo missing moment si colloca il giorno successivo alle nozze. Luke ha consegnato da poche ore i piani rubati a Leia e ha appena avuto una discussione con Asha, manifestandole apertamente il fatto che non avrebbe voluto sposarsi. Però, poi, i due neo-sposi si sono chiariti e Luke ha capito che, nonostante il modo in cui sono stati forzati alle nozze, Asha è ben disposta verso di lui e rappresenta la sua unica occasione per iniziare un rapporto amichevole con qualcuno.

Giocattoli per un piccolo Sith

Luke era semidisteso sul divanetto del suo appartamento e contemplava gli eventi della giornata. L’enormità del tradimento che aveva appena portato a termine iniziava a pesare sulla sua coscienza e l’aveva colto un intenso senso di malessere. Non poteva evitare di chiedersi se non avesse sbagliato a consegnare i piani della Morte Nera alla senatrice Organa. Aveva seguito il suo istinto senza pensarci troppo. Ma se fosse stato scoperto, le conseguenze sarebbero state terrificanti. Non c’era alcun dubbio su come sarebbe stata eseguita la sua condanna a morte. Il vivido ricordo dell’ultima volta che Palpatine aveva usato i fulmini della Forza su di lui lo fece tremare e un brivido inteso lo percorse da capo a piedi. Chiuse gli occhi e respirò profondamente. Doveva seppellire quei pensieri il prima possibile, scordandosi ciò che aveva fatto. Non poteva permettersi di rimuginarli, perché, prima o poi, com’era naturale, le sue barriere mentali avrebbero avuto un qualche momento di cedimento e se la sua paura fosse stata troppo in superficie, Vader l’avrebbe facilmente intercettata.

Il rilassamento che si era obbligato a provare, lo rese più consapevole di quanto lo circondava e notò come non si fosse ancora fermato un istante il rumore, proveniente dalla sua camera, di cassetti che si aprivano e si chiudevano. Si voltò distrattamente verso la porta, anche se non riusciva, in realtà, a vedere molto da quella prospettiva. Quanti vestiti Asha era riuscita a infilare dentro lo scarso mobilio? Ma, soprattutto, quanti ne sarebbero rimasti fuori? Perché, quando Luke aveva visto le valigie, non aveva avuto alcun dubbio che non c’era abbastanza spazio libero per tutta quella roba. Si era anche chiesto se tutte le donne avessero bisogno di tanti vestiti, ma, pensando ai vari abiti sontuosi che aveva potuto vedere nei ricevimenti di corte, pareva che almeno quelle di un certo rango sì e non aveva fatto commenti.

Oltretutto, in quel momento si sentiva anche in colpa per il pessimo inizio che era riuscito a dare alla loro relazione. Dirle il primo giorno dopo le nozze che non l’avrebbe voluta sposare era stata una gaffe imperdonabile e, anche se – tutto sommato – la loro discussione si era conclusa bene, voleva in qualche modo rimediare. Perciò, l’aveva lasciata libera di fare e disfare in camera come più le aggradava e stava ora resistendo all’impulso di andare a controllare cosa stesse combinando nella stanza, che per diciassette anni era stata esclusivamente sua.

«Non ci riesco, sai!», commentò a un certo punto Asha dall’altra stanza.

«Uhm?», grugnì Luke, non capendo di cosa stesse parlando.

Lei apparve sulla soglia con un paio di abiti appoggiati su un braccio. «Non ce la faccio proprio a far stare tutto in quei pochi cassetti sotto il letto», spiegò, scuotendo leggermente il capo.

Come volevasi dimostrare, pensò lui e si sollevò per sedersi in modo più composto. «Anche se il letto è matrimoniale, in realtà si tratta di una camera singola», le spiegò. «Le nozze sono state arrangiate così in fretta che non c’è stato nemmeno il tempo di pensare a questo tipo di problema».

Lei annuì e si voltò verso la stanza alle sue spalle, come se stesse considerando qualcosa. «Ci sarebbe spazio per aggiungere un armadio», valutò infine e si voltò di nuovo verso di lui con aria interrogativa.

Luke scrollò le spalle: sembrava una richiesta ragionevole. «Domani vedrò di procurarne uno», acconsentì immediatamente. Ma, poi, gli venne un’altra idea. Entrando in casa, si era ripromesso di provare a far funzionare il loro matrimonio, nonostante il modo in cui era stato obbligato ad accettarlo. Farle sentire che quella era anche casa sua era di sicuro un buon inizio, perciò si corresse: «Anzi, perché non lo vai a scegliere tu?»

Il viso di lei s’illuminò di felice stupore. «Posso, davvero?», chiese entusiasta.

«Ma certo», rispose lui, contento della sua reazione. «Abiti qui adesso, no? Sono sicuro che hai più gusto di me in fatto di arredamento».

Asha sorrise leggermente imbarazzata. «Spero di fare una scelta che piaccia anche a te». Poi, sembrò ripensare a qualcosa e aggiunse: «Avrei anche alcune cose che negli armadi della camera non vanno bene».

«Tipo?» Il giovane Sith non riusciva a immaginare niente.

«Bottiglie, soprammobili, libri, ologrammi… cose così», spiegò la donna.

Lui accennò con il capo alla credenzina del salotto. «A parte un cassetto, è praticamente vuoto. Puoi metterli lì».

Lei annuì. Quindi, tornò nella camera da letto solo per riapparire immediatamente in salotto con in mano una borsa e portarla verso il mobile.

Luke si alzò e andò anche lui davanti alla credenza. Aprì il primo cassetto a sinistra e le mostrò il contenuto. «Questo non va toccato, perché qui tengo il notepad e le spade».

Al termine «spade», Asha diede un’occhiata curiosa all’interno e poi il suo sguardo corse interrogativo verso il fianco di lui.

Era così abituato a portare la spada che non la sganciava mai dalla cintura, nemmeno in casa. «Sono di tipi diversi e, poi, è sempre meglio averne di scorta in caso di necessità», rispose, senza elaborare troppo, alla sua domanda inespressa. «Perciò ne ho tre». Richiuse il cassetto. «Per il resto, metti pure dove ti pare».

La donna aprì una delle ante e commentò: «Qui ci sono altri due oggetti».

«Ah, sì! È vero, me n’ero dimenticato», fece ammenda il giovane Sith. «I miei giocattoli».

«Giocattoli?!», rise divertita lei.

«Mmh», confermò Luke, sorridendo. Tirò fuori una scatola di legno per mostrargliela.

«È recente?» chiese Asha osservandola. «Sembra nuova».

«Veramente è qui da sempre», ripose lui e abbassò lo sguardo malinconico. «Penso che sia stata messa qui quando è stata arredata la stanza, perché mi ricordo di averci giocato fin da piccolo».

«Ma che gioco è?» Gli occhi della donna non lasciavano la misteriosa scatola.

«Un percorso per palline». Il giovane Sith aprì uno sportello, rivelando una copertura inamovibile di plastica trasparente, che permetteva di vedere all’interno della scatola, ma non di toccare ciò che vi si trovava dentro. Sotto di essa, erano fissati due livelli di gioco, anch’essi trasparenti, su cui erano tracciate delle linee rosse, che definivano dei percorsi intervallati da piccole buche. Queste mettevano, quindi, in collegamento un livello con l’altro, permettendo di far par passare da su a giù le tre palline colorate che al momento si trovavano sul fondo della scatola.

«Ah!», mormorò lei, elaborando mentalmente il possibile funzionamento. «Ma non capisco: le palline salgono con un meccanismo? Oppure c’è una leva per muovere i livelli?»

«No», scosse il capo Luke, «non c’è alcun meccanismo esterno per controllare il percorso».

«E allora come fai a giocarci?»

«Con la Forza».

Asha alzò lo sguardo verso di lui, sgranando gli occhi. Non aveva capito e lui non se ne stupì: da quanto si erano detti durante quel giorno, aveva compreso che lei aveva una qualche idea di cosa fossero i Sith e dei loro poteri, ma era molto vaga.

«Vieni», la invitò, sedendosi al tavolo e appoggiandovi la scatola al centro.

Lei prese l’altra sedia e si sedette di fronte a lui.

Il Sith fissò le tre palline e iniziò a controllarle. Le fece salire sul primo livello e, facendo compiere loro percorsi diversi e complessi, le spostò ripetutamente da un piano all’altro.

La donna fissava affascinata le sfere muoversi e, di tanto in tanto, lo guardava negli occhi, cercando di capire la relazione tra lui e il movimento del gioco. «Le controlli con il tuo pensiero?», chiese infine.

«Sì», annuì lui.

«E com’è?»

«Com’è cosa?». Luke non capì la domanda.

«Cosa senti?», elaborò lei. «Cosa prova la tua mente?»

Il giovane Sith non seppe rispondere immediatamente: vi era così abituato che non ci aveva mai pensato. Continuando a muovere le palline, provò a rifletterci. «Quando ero piccolo era faticoso, mi richiedeva molta concentrazione. Però, era una sfida sempre nuova vedere se potevo controllare più di una pallina e provare percorsi nuovi. Ora è facile: è una di quelle attività che fai in automatico e nello stesso tempo ti rilassano. Mentre lo fai, non pensi a niente in particolare, ma a tutto in generale». Si chiese se quella spiegazione avesse un senso per chi l’ascoltava.

Asha sembrò afferrare l’idea e annuì seria. «Insomma, un po’ come ricamare».

«Non ho proprio idea», ghignò Luke sorpreso, «non ho mai provato a ricamare». Divertito, s’immaginò cos’avrebbero commentato Palpatine e Vader a quell’analogia sacrilega. Pensare a suo padre lo portò a riflettere sul perché possedesse quel gioco. «Forse mi è stato dato per la sua funzione didattica».

«Per allenarti con la Forza, intendi?», chiese conferma lei.

Lui annuì, continuando a seguire con gli occhi i percorsi che stava facendo percorrere alle palline. Era diverso tempo che non ci giocava più e si era dimenticato quanto fosse tutto sommato divertente.

«E il modellino?», chiese Asha, voltandosi verso l’altro giocattolo, che si trovava ancora dentro il mobile.

Luke lasciò andare le palline, che caddero sul fondo della scatola, e si alzò per andare alla credenza. Prese in mano il giocattolo e l’osservò quasi affettuosamente. Ritornò, quindi, a sedersi davanti alla donna, appoggiando la navicella sopra la scatola di legno. «È un modello in scala di un Tie fighter».

Asha annuì, ma era evidente che non sapeva molto di navi. Sicuramente, però, aveva già visto quel caccia in giro, ne avevano alcuni persino lì nell’hangar di casa. «Questo invece è molto rovinato», osservò, notando le numerose ammaccature e gli innumerevoli graffi, che ricoprivano in ogni dove il vecchio modellino.

«Era molto difficile da manovrare all’inizio», spiegò il giovane Sith, sorridendo al ricordo. «Non riuscivo a controllarlo bene e mi è caduto tantissime volte…», rise apertamente ora, «…per non parlare di quante volte è andato a sbattere contro il muro!»

Inclinando il capo per osservare meglio i dettagli di costruzione, ma senza osare toccarlo, la moglie gli chiese: «Ha un telecomando per volare?»

Lui scosse il capo.

«Come…?»

«Sempre con la Forza», la interruppe, prevenendo la sua domanda e per spiegarsi meglio, senza ulteriori commenti, prese con la mente il controllo del modellino, facendolo decollare dal tavolo.

«Wow!», Asha sobbalzò di sorpresa e seguì con gli occhi il piccolo Tie fighter volteggiare nella stanza.

Anche Luke guardò in alto, per controllare il percorso del suo veicolo, con la stessa attenzione che avrebbe tenuto durante una vera guida. Sentiva lo sguardo di sua moglie spostarsi ripetutamente, con ammirazione crescente, tra lui e il veicolo in volo. Inorgoglito dalla reazione di lei, fu preso dall’improvviso desiderio di vantarsi. Con l’atteggiamento sicuro di chi la sa lunga, spinse il veicolo a volare sempre più raso alle pareti, per farlo infine scendere in picchiata, salvandolo all’ultimo momento dall’impatto al suolo con una vorticosa risalita a spirale.

La donna applaudì, ridendo apertamente all’incredibile spettacolo del controllo che il giovane Sith poteva esercitare su un’inerme pezzo di latta. «Com’è questo?», chiese. «Cosa senti?»

Per poter rispondere alla domanda, Luke doveva diminuire la concentrazione riservata al movimento del modellino, perciò lo riportò in una semplice orbita circolare al centro della stanza. Continuando a guardare all’insù, cercò di capire cosa provasse. «Questo...» Come spiegare la sensazione di star volando davvero, anche mentre era seduto nel salotto di casa? «Questo ti fa sentire libero anche in prigione», affermò infine con gli occhi sognanti.

«Sei stato in prigione?», chiese Asha confusa.

Spiazzato, Luke le lanciò una veloce occhiata, ma riportò rapidamente lo sguardo di nuovo verso il caccia miniaturizzato, non volendo – non potendo – sostenere la sua aria interrogativa. Fece atterrare con delicatezza e precisione il modellino al centro tavolo, sopra la scatola di legno ancora fra di loro. Aveva davvero un tale aspetto da recluso che lei aveva immediatamente compreso la sua frase in modo letterale? La verità era che tutta la sua vita consisteva in una lunga e interminabile prigionia, sottoposta ai pericolosi capricci di Palpatine e all’ossessiva disciplina ferrea di suo padre. Ma non era il caso di dirglielo. L’aveva già spaventata abbastanza poche ore prima, quando l’aveva messa in guardia contro i complotti di Coruscant. Era inutile farla sentire insicura persino in casa sua. Perciò, rispose a sua volta in maniera letterale, sorridendo maliziosamente: «Un paio di volte per alcuni giorni».

La moglie fu sorpresa sia dalla risposta sia dalla noncuranza con cui ne parlava. «Per quale motivo?», pressò.

Il giovane Sith scrollò le spalle: «Qualche ritardo a rientrare alla base dopo dei permessi». Vedendo che non capiva, aggiunse: «Lavoro nell’esercito, devo seguire la disciplina militare anche per assentarmi».

Lei annuì, ma non era ancora convinta. «Niente eccezioni per il principe ereditario?»

Eccezioni per il principe…? Luke pensò che a Ujjain dovevano avere veramente le idee confuse su Lord Vader. Eppure, era ancora vivo, no? Il personale di quella base la considerava sicuramente una notevole eccezione. Ma questo non aveva alcuna importanza ora. Si era appena ripromesso di non spaventarla di nuovo e non l’avrebbe fatto. Scosse la testa, ridacchiando, e rispose: «No», con tono leggero.

Dallo sguardo divertito e complice di lei seppe che la sua sbruffoneria era stata ripagata. In fondo, qualsiasi ragazza provava un qualche interesse per il tipo che ogni tanto finiva nei guai.

Ma sbruffone fino in fondo Luke non era, perciò l’idea di poter arrivare a piacerle davvero lo fece arrossire leggermente e distolse lo sguardo verso il modellino. Fece scorrere l’indice sulla carlinga, accarezzandola delicatamente. Nonostante i segni delle numerose cadute, ne ammirò – non per la prima volta – la straordinaria qualità. Non si trattava di un pezzo prodotto in serie, ma dell’opera di un artigiano esperto. Entrambi i suoi giocattoli erano dei pezzi unici, concepiti appositamente per il divertimento di un bambino sensibile alla Forza, da qualcuno che sapeva come ci si poteva trastullare manipolando il campo energetico…

«Ci sei affezionato?»

La domanda distrasse Luke dai suoi pensieri e risollevò lo sguardo verso di lei.

«Sei molto affezionato a questi due giocattoli, vero?», chiese di nuovo Asha, osservandolo con curiosità.

Il giovane Sith non sapeva cosa rispondere. Ormai era cresciuto e, da qualche tempo, non ci giocava neanche più. Posò i suoi occhi sui due giocattoli, appoggiati uno sopra l’altro, cercando di capire cosa provasse effettivamente. Non li aveva ricevuti dentro un bel pacchetto regalo, non gli erano stati consegnati con un abbraccio e tenere parole. Erano stati semplicemente lasciati nella stanza, insieme all’arredamento. Certo, niente entrava in quell’appartamento senza l’approvazione di suo padre. La loro «funzione didattica» – come lui stesso l’aveva definita poco prima – poteva davvero spiegare perché lo scostante Sith avesse sentito l’esigenza di farglieli avere? In realtà, Luke non sapeva come fossero andate le cose; però, quando li osservava, non poteva fare a meno d’immaginare la sagoma di un uomo intento a fabbricare qualcosa di speciale per il proprio figlioletto. Si trattava di un’immagine difficilmente conciliabile con lo spietato addestramento, i continui ordini perentori, le punizioni draconiane. Era solo una sua fantasia? Un suo disperato bisogno d’intravvedere un sentimento laddove non si era mai apertamente manifestato? Eppure, la semplice presenza fisica dei due balocchi dimostrava tangibilmente che, in un qualche momento indefinito, il Sith doveva aver pensato a Luke come a un bambino bisognoso di giocare… «Sì», tentò di rispondere. Ma uscì strozzato e si rese allora conto che gli si era formato un groppo in gola. Si schiarì la voce e riprovò: «Sì, è vero, ci sono molto affezionato».

  
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