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Autore: Writer96    28/03/2017    7 recensioni
Remus Lupin era appena stato zittito da uno che era passato dal fissare un muro al fissare uno scaffale in legno. Grandioso.
«Prongs»
«Non ti azzardare a dirmi che sono io a disturbare il tuo studio, Remus. Non ci provare»
«Stai fissando uno scaffale»
«Se vogliamo essere precisi – James si girò a guardare Remus, quasi affaticato dal dover spiegare all’amico un concetto per lui tanto semplice – sto fissando lo spigolo di quel libro di Trasfigurazione che sporge rispetto agli altri»
«Perché ti distrae?» chiese Remus, ignorando il perché stesse portando avanti quella conversazione spontaneamente. Nessuno sano di mente avrebbe continuato a parlare con James di certe cose.
Nessuno sano di mente, in effetti, sarebbe stato amico di James Potter, si appuntò mentalmente Remus.
«Tutto in questa stanza sembra impegnarsi per distrarmi. Quel maledetto muro, quello spigolo del libro, persino quelle sedie laggiù mi stanno distraendo. Io vorrei davvero studiare, Remus, sinceramente, ma questa stanza non fa altro che distrarmi»
Happy Birthday, JPott
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Remus Lupin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Another brick in the wall
by Writer96



Erano passati diciassette minuti dall’ultima volta che Remus aveva controllato, ma il ragazzo sapeva, con una certezza quasi matematica, che se avesse sollevato lo sguardo, avrebbe trovato James esattamente nella stessa identica posizione in cui l’aveva lasciato.
Prese un pezzo di pergamena e con delicatezza lo infilò nel libro, per tenere il segno prima di chiuderlo – lui non era come una di quelle orribili persone, tipo Lily Evans, che facevano le orecchie agli angoli delle pagine dei libri e, Merlino ce ne scampi e liberi!, sottolineavano con l’inchiostro interi paragrafi - e controllare se il suo pensiero fosse giusto.
James aveva gli occhi puntati sul muro di fronte a lui, le sopracciglia aggrottate come se fosse completamente e totalmente focalizzato su ciò che stava osservando. Il libro di Incantesimi giaceva sotto le sue mani, storto e aperto sulla stessa pagina che, Remus avrebbe potuto giurarlo, era aperta anche quarantotto minuti prima. Una penna d’oca stava in bilico tra l’indice e il medio di James, come se il ragazzo fosse in procinto di usarla da un momento all’altro, e una pozza scura di inchiostro si allargava mano a mano che il liquido gocciolava dalla punta della penna inutilizzata.
100 punti a Grifondoro, Moony.

«State avendo una conversazione molto coinvolgente?»
«Uh?» rispose con intelligenza James, staccando brevemente gli occhi dal muro per portarli su Remus. Ci mise un po’ a mettere a fuoco la figura dell’amico, sbattendo le palpebre così violentemente che Remus si trovò a domandarsi da quanto tempo, esattamente, James tenesse gli occhi sbarrati.
«Tu e il muro, intendo. O qualunque altra cosa ci sia oltre il muro. O davanti.» spiegò Remus, cercando di non notare quanto poco logico suonasse il suo discorso, visto che, a parte un dannato muro, davanti a James non c’era nessuno.
E no, nemmeno a Hogwarts, la magica ed intensa Hogwarts, i muri avevano l’abitudine di parlare con le persone. Neanche con James, che pure era una delle persone più chiacchierone sulla faccia della Terra.

«Il muro?»
«Il muro»
«Di cosa diavolo stai parlando, Moony?» chiese James, con un’aria di sufficienza che spinse Remus a contare fino a quindici, prima di rispondere. James aveva parlato come se fosse stato lui – Remus!- a fare una cosa assurda o completamente fuori contesto. Tipo passare gli ultimi cinquanta minuti a fissare un muro vuoto.
«Stavi fissando il muro, James. Eri così concentrato che mi stavo chiedendo se, sai, ti stesse spiegando lui il capitolo di Incantesimi che dovresti, teoricamente, star studiando in questo momento »
James abbassò gli occhi sul libro, seguendo lo sguardo di Remus, e sollevò le sopracciglia in un gesto di muta sorpresa, quasi fosse sorpreso di trovare quell’oggetto lì, proprio sotto le sue mani.
«Io sto studiando, Moony» replicò poi, cercando di sorridere con nonchalance.

Negare -negare, sempre, negare nonostante tutto, negare fino alla morte- era la tattica preferita da Sirius.
Quel ragazzo sarebbe stato in grado di negare anche la sua presenza nella stanza nel momento stesso in cui la negava - Per inciso, era davvero successa una cosa simile. Durante il loro secondo mese di permanenza a Hogwarts. Davanti a una McGranitt alquanto stupita di trovarlo alle tre di notte fuori dal dormitorio. “Io non sono qui, professoressa. Non sono assolutamente qui”. Roba da non crederci.
Negare, dunque, era la tattica preferita di Sirius Black per evadere da ogni situazione e, come ogni cosa che era tipica di Sirius Black, era diventata tipica anche di James Potter. Ovvio. Quei due sembravano essere interscambiabili in ogni singolo lato del loro carattere.
Ma in questa precisa tattica, James aveva un punto debole che invece mancava, incredibilmente, a Sirius: mai, in tutta la sua vita, Potter sarebbe riuscito a resistere allo sguardo-di-profonda-accusa di Remus Lupin.

«Stavi fissando il muro. Non si chiama studiare, quello» precisò Remus, sollevando le sopracciglia in un gesto minaccioso che era il risultato di anni e anni di pratica.
«Sì, invece. Stavo studiando il muro» replicò James, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Come se questo sistemasse tutto.
«Buon Godric, James, e il dannato muro cosa avrebbe a che fare con il compito di Incantesimi che avremo tra due giorni?»
«Oh, assolutamente niente» rispose James, con serietà e vaga indignazione, prima di girarsi di nuovo verso il muro e riprendere a fissarlo.
Remus rimase a fissare l’amico per circa un minuto. Non riusciva a muovere un muscolo, o ad articolare un pensiero tanto semplice ed immediato come “James sta sparando stronzate. Ora, torniamo a studiare”, né, del resto, riusciva a capacitarsi della conversazione appena avuta con il suo migliore amico.
Avrebbe dovuto imparare a scegliersi con più cura gli amici, pensò, scuotendo la testa.

«Mi stai fissando, Moony?»
«Mi sto chiedendo quanta stupidità riesca, esattamente, ad entrare in un cervello umano prima che esso esploda» borbottò Remus, cogliendo il sorrisetto che solcò di sfuggita le labbra di James.
«Falso»
«Falso?»
«Buon Godric – lo scimmiottò James, ghignando apertamente nel farlo – Certo che è falso, Remus. Ti stai palesemente chiedendo perché io continui a fissare il muro»
Se Remus avesse potuto strangolarlo, lo avrebbe fatto seduta stante. Ma c’erano alcune cose -Azkaban, la terribile delusione di Sirius, la difficoltà nello spiegare il perché di un crimine tanto efferato a qualcuno che non avesse preso parte attiva a quel siparietto- che gli impedivano di farlo, purtroppo.

«Perché continui a fissare il muro, James?» chiese infine, dopo aver riflettuto sul fatto che assecondare James era sempre molto più facile che ignorarlo.
«Mi distrae» spiegò il ragazzo semplicemente.
C’era qualcosa di maniacalmente contorto nella mente di James, si ritrovò a pensare Remus. Doveva esserci, doveva, sul serio, una spiegazione per tutto quello che passava in quella testa sepolta dalla matassa di capelli scuri e disordinati. Non era umanamente possibile che certi pensieri fossero formulati da qualcuno il cui cervello funzionava come quello di tutti gli altri esseri umani.
«Ti distrae»
«Moony, oggi pomeriggio hai come la tendenza a ripetere ossessivamente ogni mia parola. Sei sicuro che vada tutto bene?»
«Oh, certo, Prongs. Tu stai fissando quel maledetto muro da un’ora e io sono quello strano. Io. Io che mi sono imparato i quindici modi diversi per i quali l’esecuzione di un gesto sbagliato della bacchetta nella formulazione dell’incanto Proteus può portare a conseguenze catastrofiche perché è su questo che verterà il nostro compito di Incantesimi di dopodomani, mentre tu fissavi un maledetto muro… vuoi davvero insinuare che sia io quello strano
La voce di Remus rasentava l’isterico. Dovette accorgersene anche Madama Pince, perché, stranamente, non lo ammonì per aver alzato troppo la voce. Era una donna saggia, del resto, Remus gliel’aveva sempre riconosciuto.

«Moony, dovresti placarti» continuò sardonicamente James, un sopracciglio sollevato che si confondeva con un ciuffo di capelli poggiato sulla fronte.
L’omicidio, continuava a ripetersi Remus, non è una cosa buona.
«E poi, non capisco perché ti infastidisca tanto il fatto che io fissi il muro. Sì, d’accordo, sto guardando il muro. Sono perfettamente consapevole di ciò che faccio. Perfettamente» continuò James, annuendo a se stesso in una maniera tanto compita quanto folle.
Remus avrebbe voluto ribattere con qualcosa. Qualsiasi cosa, in effetti, ma era come se la sua bocca si fosse improvvisamente seccata, senza lasciargli la minima possibilità di ribattere. O di articolare un qualsivoglia pensiero compiuto.
«Visto? Non sai darmi una spiegazione del perché ti disturbi il fatto che io stia fissando un muro. Voglio dire, in tutta franchezza, non sono neanche rumoroso, nel farlo. Ti lascio studiare in pace. Pensa se ci fosse stato Sirius, al posto mio»
Sirius. Sirius era un buon argomento di conversazione, decise Remus, ancora incapace di rispondere alla domanda di James ma altamente desideroso di dire qualcosa, perché davvero, non poteva continuare a fare la figura dell’idiota davanti a uno che aveva passato sessanta minuti a fissare un muro in silenzio.

«Dov’è Sirius?- gracchiò qualche secondo dopo, cercando di mantenere un’espressione neutrale – Il compito di Incantesimi ce l’avrà anche lui, dopodomani»
«A quanto ho capito, lui e Peter oggi avevano intenzione di fare una Caccia-A-Mrs-Purr. Hai presente, no, quando si trasformano entrambi e fanno impazzire quella gatta correndo su e giù per i corridoi?»
Remus avrebbe davvero dovuto imparare a scegliersi con più cura gli amici.
«So cos’è una Caccia-A-Mrs-Purr, Prongs, per Merlino, sono un Malandrino anche io, ti ricordo! C’ero anche io la prima volta che Sirius e Peter l’hanno sperimentata la prima volta. C’ero anche io, e non stavo fissando un muro, in quel momento!»
«Stai di nuovo diventando isterico, Moony»
«Magari non ho mai smesso di esserlo. Magari»
«…E anche sarcastico. E’ terribile quando combini questi due lati del tuo carattere»
Il fatto che fosse stato James a chiudere la conversazione lasciò Remus ancor più perplesso e vicino all’omicidio di quanto non fosse già prima. Avrebbe davvero voluto ribattere, ma James si era voltato di nuovo, aveva girato a caso una pagina del libro e poco dopo aveva spostato lo sguardo su uno degli scaffali in legno, rimanendo fisso in quella posizione.
Remus Lupin era appena stato zittito da uno che era passato dal fissare un muro al fissare uno scaffale in legno. Grandioso.

«Prongs»
«Non ti azzardare a dirmi che sono io a disturbare il tuo studio, Remus. Non ci provare»
«Stai fissando uno scaffale»
«Se vogliamo essere precisi – James si girò a guardare Remus, quasi affaticato dal dover spiegare all’amico un concetto per lui tanto semplice – sto fissando lo spigolo di quel libro di Trasfigurazione che sporge rispetto agli altri»
«Perché ti distrae?» chiese Remus, ignorando il perché stesse portando avanti quella conversazione spontaneamente. Nessuno sano di mente avrebbe continuato a parlare con James di certe cose.
Nessuno sano di mente, in effetti, sarebbe stato amico di James Potter, si appuntò mentalmente Remus.

«Tutto in questa stanza sembra impegnarsi per distrarmi. Quel maledetto muro, quello spigolo del libro, persino quelle sedie laggiù mi stanno distraendo. Io vorrei davvero studiare, Remus, sinceramente, ma questa stanza non fa altro che distrarmi»
Remus boccheggiò qualche istante, sforzandosi con tutto se stesso per non scoppiare a ridere, istericamente e sonoramente, nel bel mezzo della Biblioteca.
«E ora anche tu ti ci metti, per distrarmi. Allora dillo, che non vuoi che io studi per questo maledetto compito» continuò imperterrito James, fissando in maniera spudorata Remus dritto negli occhi.
Si fece tutto improvvisamente molto chiaro, quasi nel cervello di Remus fosse scattata una scintilla che aveva messo sotto una nuova, potente luce tutta la scena. Era tutto dolorosamente e perfettamente chiaro, a quel punto.

James dovette accorgersi dei pensieri dell’amico, perché ghignò leggermente, sollevando un angolo della bocca e si tolse gli occhiali, con gesti pratici ed esperti.
Era una maledetta trappola. Una maledettissima trappola in cui Remus era caduto senza battere ciglio, a peso morto, come un frutto maturo in primavera.
«Tu non avevi alcuna intenzione di studiare»
«No, infatti»
«E non hai nemmeno intenzione di lasciarmi studiare in pace»
«Perspicace»
«Ma non volevi che la colpa ricadesse direttamente su di te»
«Un genio, non trovi?»
Ci era riuscito ancora una volta. Quel maledetto ragazzo con troppi capelli era riuscito, ancora una volta, a prendersi gioco di Remus e ad ottenere esattamente ciò che voleva. Se non fosse stato troppo impegnato nel tentativo di non urlare, fare gesti plateali o anche solo imprecare pesantemente, Remus si sarebbe congratulato con James e le sue tecniche folli che rasentavano la genialità.

«Hai almeno provato a studiare?»
«Il compito è dopodomani, Remus» rispose James. Per quanto Remus lo conoscesse come le sue tasche, non aveva davvero la minima idea di quello che James volesse dire con quella sua risposta all’apparenza del tutto illogica. Probabilmente, era un tranello anche quello. Faceva parte del piano.
«Ne deduco che, se io proverò a continuare a studiare, tu ti metterai a fissare un qualche altro oggetto nella stanza fino a quando non mi avrai fatto saltare ogni singolo nervo e mi avrai condotto sull’orlo di un esaurimento nervoso»
«Tralasciando il fatto che tu sei già sull’orlo di un esaurimento nervoso, sì, è esattamente quello che intendo fare se tu ti azzardi a riaprire quel libro. Potrei anche decidere di mettermi a fissare te, ora che ci penso. Dopotutto, anche tu mi stai distraendo»

Remus rimase in silenzio, ancora una volta, davanti all’espressione assolutamente seria e consapevole di James. Fece quattro respiri, contò fino a cinquanta e poi, continuando a non proferire parola, con una lentezza esasperata, iniziò a radunare le proprie cose sparpagliate sul tavolo e a riporle con cura nell’usurata borsa di pelle che pendeva a lato della sua sedia. Non si azzardò a guardare James neanche una volta, perfettamente consapevole dell’espressione che doveva albergare in quel momento sulla faccia dell’amico: un misto di orgoglio, divertimento e, perché no, anche compassione.
Continuò a trincerarsi dietro al suo muro di silenzio perfetto anche mentre attraversavano la Biblioteca, passavano davanti ad un’assorta Madama Pince e uscivano dalla stanza con i passi che rimbombavano nel corridoio. Fu solo quando si trovarono in cima alla rampa di scale che Remus si decise a parlare di nuovo.

«Avrebbero dovuto metterti in Serpeverde»
Si sarebbe voluto girare per vedere l’espressione di James -probabilmente alquanto offesa e scandalizzata – ma resistette all’impulso e imboccò le scale continuando a guardare dritto davanti a sé, un sorrisetto trionfante che gli piegava l’angolo sinistro della bocca. Sentì James prendere rumorosamente fiato e, prima che potesse parlare, si voltò per trafiggerlo con gli occhi scuri.
«Non una parola. E se ti azzardi a prendere più di me al compito…»
La minaccia si perse, velata, mentre James scoppiava, inevitabilmente, a ridere.





Writ's Corner
Ok, questa storia giace nel mio pc da tipo i secoli dei secoli. Ma aspettavo un evento in particolare -il 27 Marzo- per pubblicarla. Peccato che non avessi fatto i conti con il mio Wi-Fi che a quanto pare odia me e il mio tentativo di pubblicare ogni volta che ho uno stralcio di tempo.
Anyway, spero che vi piaccia. Io ridevo da sola, mentre la scrivevo.
E buon compleanno, JPott <3



Ps: Ricordatevi di fare un salto alla nuova long, che, se tutto va bene, dovrebbe essere aggiornat venerdì. E di seguirmi su Wattpad. E di dare un'occhiata anche a "L'amore ai tempi del primo bacio", perchè aggiornerò pure quella <3
   
 
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