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Autore: Arsax    28/03/2017    1 recensioni
Non sapevo come eravamo arrivati a questo, sapevo solo che faceva male. Molto male. Non riuscivo a sopportare tutto ciò. Era come se mille lame gelide mi trafiggessero il cuore, e non solo figurativamente.
Come si era arrivati fino a quel punto? Noi due, sotto il potente e scrosciante bacio della pioggia, aggrovigliati in una danza mortale. Piantai i miei occhi nei suoi e pensai che forse era il destino a volere tutte quelle cose. Tutto quel sangue e tutto quel dolore. Tutta quella morte.
Abbandonai la testa all'indietro guardando le nuvole nere sopra di me e lasciando che la pioggia lavasse via ogni mio dolore e che mi baciasse per l'ultima volta.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 4


Tornai a casa stanca e dolorante. Zio Wilhelm mi aveva messa KO un sacco di volte, mentre cercava di capire a che livello di combattimento fossi. Nonostante fosse esile, zio Wilhelm aveva una forza e una velocità straordinarie, fuori dal comune, ma gli avevo comunque dato del filo da torcere e si era complimentato più e più volte con me.
Al tavolo della cucina, trovai mio padre e mia madre intenti a sfogliare un sacco di libri dall'aria molto vecchia, le copertine consumate e con le pagine ingiallite.
-Oh, bentornata Serena. Sei pronta per un'intensa lezione di storia e politica vampiresca?- mi chiese mia madre sorridendomi entusiasta.
In realtà ero ben lontana dall'essere pronta. Le uniche cose che desideravo fare in quel momento erano un lungo bagno caldo e mettermi nel letto per non svegliarmi mai più, ma dovetti fare uno sforzo.
Volevo che i miei genitori fossero rispettati nel mondo oscuro dei vampiri. Volevo che fossero tutelati in qualche modo. Ero preoccupata perché zio Wilhelm mi aveva detto che i mezzosangue potevano essere distrutti senza un regolare processo e questo mi metteva molta più agitazione addosso. Dovevo proteggerli, a tutti i costi.
-Certo. Prendo un quaderno e arrivo.- risposi con un sorriso stanco e tirato.
Nonostante fossi abituata ad ascoltare i miei genitori parlare di storia e politica, in un intricato intreccio di epoche diverse e storie di sangue versato inutilmente per il volere delle alte caste sociali, la storia e la politica dei vampiri erano più sanguinarie e corrotte rispetto a quelle dell'uomo. Non pensavo potesse esistere qualcuno di più sanguinario, sadico e violento dell'uomo, ma questo prima di venire a conoscenza che il mondo dei vampiri era reale.
Molte delle nozioni della storia dell'uomo si intrecciavano con quella dei vampiri. Ad esempio la Santa Inquisizione, che aveva torturato e ucciso migliaia di innocenti nel tentativo di condannare gli eretici e le streghe, aveva distrutto migliaia di vampiri ed era stato uno dei momenti più bui non solo della storia umana, ma anche di quella dei vampiri. Un altro esempio era Dracula, o più correttamente Vlad III di Valacchia, detto l'Impalatore, un mezzosangue impazzito che voleva dimostrare a tutti i vampiri di essere all'altezza della ferocia sanguinaria tipica della sua razza.
La politica invece era piuttosto facile. Per ogni reato grave la pena era la distruzione immediata, però i metodi di giudizio erano decisamente arretrati. Tutto girava attorno a: sangue sul paletto, testimoni oculari, voci di corridoio e torture. Era alla pari della Santa Inquisizione.
Astrid e Marius avevano provato a cambiare queste metodologie così arretrate e medievali, ma erano stati distrutti prima di completare l'opera.
-Ci sono anche molti vampiri che preferiscono farsi giustizia privata. Basta trovare qualcuno che sia disposto a testimoniare in tua difesa, ovviamente in cambio di un compenso, oppure comprare direttamente l'intera giuria.- concluse mio padre.
-E poi dicono che l'Italia è un paese corrotto. Non hanno visto il mondo dei vampiri, questo è certo.- esclamai e i miei genitori si misero a ridere.
-In effetti non hai tutti i torti.- ammise mia madre.
-E' facile la storia dei vampiri, ma soprattutto la politica. È tutto un enorme 'pena: la distruzione'. Basta uno starnuto di troppo e si distruggono a vicenda.- affermai sarcastica.
-Non è una cosa buona, lo sai?- chiese mia madre lievemente preoccupata.
-Invece sì, perché è più veloce, ci sono meno rotture di scatole e tutti vivono felici e contenti in un mondo fatto di arcobaleni e unicorni viola.- risposi nuovamente sarcastica, strappando qualche risolino ai miei genitori.
-La distruzione ci sta come pena- iniziai più seriamente.- soprattutto se i vampiri vivono in eterno, ma ciò non giustifica l'assenza di prove concrete o la giuria venduta al miglior offerente. C'è bisogno di prove tangibili per affermare l'innocenza o la colpevolezza di qualcuno. Questa non è giustizia, questa è una barbarie senza senso. La tortura poi può estorcere confessioni false e... non ne voglio nemmeno parlare.- conclusi storcendo il naso.
I miei genitori mi guardarono sorridendo come se fossero fieri di me e sperai vivamente di non deluderli mai.

Passai una settimana pienissima, dividendomi tra università, lezioni di "tuttologia" con zio Wilhelm, lezioni di storia e politica con i miei genitori e studio di rumeno e tedesco da autodidatta. Non ebbi mai tempo per i miei hobby, perché tornavo a casa sfinita e mi buttavo sul letto subito dopo cena. Fortunatamente per me, era arrivata la sessione estiva di esami e, visto che mi ero già preparata prima per gli esami, avevo tempo da dedicare ai miei studi per diventare una buona sovrana e per me stessa.
Mentre stavo ripassando le coniugazioni verbali in tedesco, mi squillò il cellulare facendo partire la sigla dell'anime "HighSchool of the Death".
-Pronto?
-Allora? È così che ci si comporta? Va bene che Mirko ti ha mollata e sei depressa per questo, ma isolarsi così tanto non va bene!- mi rimproverò amichevolmente Erica.
Mi sbattei una mano sulla fronte con un po' troppa violenza e mi procurai un bel bernoccolo. Da quando zio Wilhelm era entrato a far parte della mia vita, avevo involontariamente escluso tutti i miei amici da essa, Erica compresa.
-No, non mi sto isolando. È solo che in questa settimana sono stata molto presa da un sacco di cose da fare. Non era mia intenzione ignorarvi, mi dispiace.- risposi sinceramente dispiaciuta.
-Tranquilla. Stai cercando di riempirti la giornata per non pensare a lui, vero? Ti capisco perfettamente.
Non era esattamente corretto. Il caso aveva voluto che zio Wilhelm e la separazione da Mirko capitassero nello stesso periodo. Le lezioni che mi stavano dando mio zio e i miei genitori, non mi facevano pensare ad altro se non a impegnarmi per diventare una buona sovrana, ma facevano anche in modo che Mirko fosse l'ultimo dei miei pensieri e questa era una cosa ottima.
Non potevo di certo dire ad Erica che ero una principessa vampiro, anche se mi sarebbe piaciuto tanto, perché probabilmente non avrebbe capito e nella migliore delle ipotesi, mi avrebbe considerato una pazza.
-E' vero- mentii. -mi sono impegnata in tante cose per non pensare a lui, ma non voglio isolarmi da voi. Ora che l'università è momentaneamente finita, avrò più tempo da dedicarvi, ve lo prometto.
Erica ridacchiò divertita.
-Lo so. Allora, che cosa stai facendo di così impegnativo da dimenticarti della tua bellissima, simpaticissima e bravissima migliore amica, della quale non puoi fare a meno altrimenti saresti perduta?
Scoppiai a ridere per il tono teatrale col quale l'aveva detto.
Sto studiando per diventare sovrana di un manipolo di succhiasangue, imparando la politica, la storia, l'etichetta e come distruggere un vampiro. Non è meraviglioso?
-Sto studiando rumeno e tedesco.
-Ma per quale motivo?- mi chiese confusa.
-Sai che i miei genitori non sono i miei genitori naturali, no?
Avevo raccontato ad Erica che i miei genitori mi avevano adottata e che ero di origine rumena e svizzera, che poi avevo scoperto essere un errore, dato che ero rumena e austriaca. Avevo raccontato soltanto poche nozioni, anche perché pensai che sarebbe rimasta scioccata dagli "strani rituali" che i miei genitori compivano e che in quel periodo avevo capito non essere quello che pensavo. Parte della mia storia la sapeva solo lei, perché era un segreto che custodivo gelosamente e non volevo che diventasse di dominio pubblico, attirando sguardi di pietà e imbarazzi. Andrea e Paolo Serafini mi avevano cresciuta, amata ed erano in tutto e per tutto i miei genitori. Fine della storia.
-Vuoi riavvicinarti alle tue origini?- mi chiese cautamente.
-Sì, diciamo di sì.
-Sai i cognomi dei tuoi genitori? Magari posso fare qualche ricerca per aiutarti, se ti va ovviamente...
Non volevo che si immischiasse troppo, perché c'era il rischio che scoprisse che i miei genitori erano dei vampiri e una regola sottintesa, ma molto importante, che sia mio zio che i miei genitori mi avevano detto per non compiere errori, era: "non rivelare la tua vera identità agli umani". Era anche una delle leggi più importanti di quelle che avevo studiato e inutile dire che la pena per questo reato fosse la distruzione immediata.
-Vorrei affrontare questa cosa da sola. Appena me la sentirò te ne parlerò, però posso dirti che ho conosciuto uno zio. Si chiama Wilhelm e mi sta spiegando molte cose.- risposi e lei comprese perfettamente.
Io ed Erica eravamo due pettegole di proporzioni bibliche, ma quando una delle due non se la sentiva di parlare di argomenti privati e delicati, nessuna delle due insisteva. Lasciavamo all'altra la libertà di scegliere se parlarne o meno. Avevo rivelato quella piccola informazione perché me la sentivo e anche perché sapevo che non si sarebbe impicciata.
-Wow! Sono veramente contenta per te! Senti... visto che sei libera, che ne dici di venire a prendere un caffè al bar dove lavoro? Domani mattina alle nove, ci stai?- mi propose allegramente.
-Ci sto! Mi libero dagli impegni e ci sono.
Alle nove sarebbero iniziate le mie solite lezioni con zio Wilhelm, ma se avessi rimandato al pomeriggio, non sarebbe morto nessuno.
-Ci conto, eh.

Non appena entrai nel bar, non molto distante dalla mia facoltà, trovai un cappuccino e un cornetto al cioccolato pronti su uno dei tanti tavoli liberi.
-Buongiorno, stronza! Come te la passi?- mi chiese Erica scherzosamente.
-Bene, e tu brutta bastarda?
Ci amavamo molto. Ridacchiammo e visto che non c'era nessuno nel bar, a parte noi, Erica si sedette al tavolo con me, chiacchierando del più e del meno, ridendo e scherzando. Uscimmo a fumarci una sigaretta (ai vampiri veniva il tumore ai polmoni?) ed Erica mi squadrò da capo a piedi.
-Ti vedo più allegra e più decisa. Sono contenta di vederti così.- affermò.
-Non voglio più stare a crogiolarmi nel dolore, anche se mi fa ancora male. Voglio andare avanti e pensare a me stessa in questo momento. Non voglio farmi abbattere da uno stronzo qualunque.
-Così mi piaci!
In lontananza vedemmo arrivare un paio di persone e non appena si fecero più vicine, vedemmo che erano Mirko e la Barbie con la quale se la stava spassando in quel periodo, mano nella mano.
Ecco, parli del diavolo...
Ci vide e nonostante i nostri sguardi talmente carichi di veleno da uccidere gli abitanti di un piccolo paesino, decise di entrare nel bar.
Erica spense il mozzicone di sigaretta con rabbia, entrò e mostrando il suo sorriso più falso del repertorio, si rivolse a loro.
-Cosa desiderate?
-Due caffè macchiati e due cornetti.- rispose Mirko guardandola divertito e con sguardo di sfida.
Erica andò a preparare i caffè mentre io mi sedetti al tavolo, sfogliando il manuale di rumeno. Erica mi fece cenno di guardarla e vidi che stava sputando abbondantemente nei loro caffè. Cercai di non ridere per non attirare l'attenzione di quei due ed Erica glieli servì con un sorriso sornione stampato sulle labbra.
Li guardammo bere il "caffè-sputacchioso", come l'avevamo chiamato tempo addietro, e sghignazzammo tra di noi. Finiti i caffè, Mirko e la Barbie si misero a pomiciare davanti a noi e io dovetti raccogliere tutto il mio autocontrollo per non prenderlo a pugni, così come Erica.
Lo stava facendo apposta per farmi perdere il controllo e fargli una scenata galattica, oppure per farmi scappare dal bar in preda al pianto, ma ciò non sarebbe successo. Non gliela avrei data vinta.
Dopo venti minuti che si stavano facendo la pulizia dentale a vicenda con le lingue, Erica portò lo scontrino al tavolo, cosa che non aveva mai fatto, e si rivolse a loro con voce soave.
-Ecco a voi il conto.
I due si staccarono scocciati, Mirko lasciò una banconota da venti euro sul tavolo e, senza aspettare il resto, si avviarono verso la porta borbottando.
-Ciao Mirko, divertiti.- gli dissi con un sorriso allegro stampato sulle labbra.
Mi guardò scioccato. Non si aspettava che gli avrei parlato e lui, conoscendomi, sapeva bene che quando stavo male o qualcuno mi feriva, lo ignoravo completamente ribollendo di rabbia, ma quella mossa l'aveva spiazzato.
-Chi è quella?- sentì bisbigliare la Barbie all'orecchio di Mirko.
Lui ignorò la domanda e uscirono senza nemmeno salutare.
-Ma guarda te questo brutto pezzo di merda!- sbottò Erica e io scoppiai a ridere di gusto.
-E' un idiota e hai ragione quanto mi dici che è stato un bene che se ne sia andato. Come ti ho detto prima, in questo momento voglio solo pensare a me stessa.
Erica mi fece un lungo applauso, urlandomi più volte "Brava!" nell'orecchio. Era vero, io volevo pensare soltanto a me stessa, ad essere una buona sovrana e onorare la memoria di Astrid e Marius. I colpi bassi e infantili che il mio ex-ragazzo cercava di tirarmi, erano l'ultimo dei miei problemi, soprattutto perché avevo una gatta da pelare ben più grossa: i Lovinescu.

-Guarda qui, ho una sorpresa per te.- annunciò zio Wilhelm, tenendo in equilibrio un paio di scatoloni molto grossi. -Li ho fatti spedire qui dalla residenza principale dei Von Ziegler, a Vienna.
Aprì uno degli scatoloni e vidi che c'erano molte altre scatole più piccole e dalla forma allungata. Zio Wilhelm ne prese una e me la porse. La aprii e dentro trovai... un ventaglio?
Lo tirai fuori con delicatezza e lo aprii, osservandone attentamente ogni dettaglio. Era di un intenso color azzurro ghiaccio, con all'estremità una sottile striscia argentata. Il disegno raffigurava un groviglio unico di fiocchi di neve, elaborati nei minimi dettagli e diversi uno dall'altro per forma e grandezza.
Immaginai che nelle altre scatole ci fossero altri ventagli, ma non riuscivo a capire. Guardai mio zio con sguardo confuso.
-I paletti sono armi micidiali, le uniche in grado di distruggere un vampiro, ma non puoi andare alle serate di gala con un paletto incastrato nel corsetto.
-Quindi dovrei difendermi da un vampiro armato di paletto con un ventaglio di seta?- chiesi scettica.
Erano davvero molto belli, ma non riuscivo a capire come potessi contrastare un attacco improvviso. Non potevo cercare di salvarmi facendo vedere ad un mio ipotetico aggressore quanto fossero belli i miei ventagli!
Mio zio prese il ventaglio dalle mie mani, lo lanciò con forza facendolo roteare velocissimamente e questo andò a piantarsi con decisione nel muro. Rimasi di sasso, spostando gli occhi sbarrati da mio zio al ventaglio e viceversa.
Zio Wilhelm sorrise e andò a recuperare il ventaglio, che si staccò dal muro a fatica.
-Questi non sono semplici ventagli, ma armi letali. Hanno rinforzi molto robusti e guarda l'estremità del ventaglio, la striscia d'argento.
Mi porse nuovamente il ventaglio, lo osservai attentamente come mi aveva detto e notai che la sottile striscia d'argento non era altro che un insieme di piccole lame d'acciaio affilatissime, costruite in modo talmente minuzioso e preciso da farle sembrare semplici e innocui ornamenti.
-Anche tua madre sapeva difendersi, ma con discrezione. Aveva ordinato su commissione moltissimi ventagli letali presso il miglior artigiano del Giappone. Tutti questi sono appartenuti a lei.
Ero piacevolmente sorpresa da quella scoperta. Avevo avuto un'idea simile a quella di mia madre, ovvero imparare l'arte del combattimento per non essere presa alla sprovvista. Ma allora...
-Contro Catalin Lovinescu non ce l'ha fatta. Ha lottato con tutte le sue forze, ma non è stato sufficiente.- mi disse come se mi avesse letto nella mente. -Questi ventagli non bastano a distruggere un vampiro, come ti ho detto, ma possono aiutare a indebolirlo e a rallentarlo. Tua madre non sapeva usare il paletto e non ha avuto speranze contro di lui.
Guardò quel ventaglio meraviglioso con nostalgia, studiandolo e accarezzandone ogni centimetro.
-Questo glielo avevo regalato io quando si è sposata con Marius. Mi aveva sempre usato come cavia durante i suoi allenamenti e mi ha insegnato ad usarli, nonostante non mi servissero.- iniziò a raccontare con un sorriso amaro sulle labbra. -Ora sarò io ad insegnare a te.
Annuii con decisione e in quel momento fui sicura al cento per cento di voler intraprendere la strada che il destino aveva scelto per me.
-Zio, ho deciso che voglio diventare una sovrana. Voglio onorare la memoria dei miei genitori e renderti fiero di me.- dissi con decisione.
-Sapevo che eri pronta, l'ho capito la prima volta che sono venuto a casa da voi.- rispose sorridendomi.
-Io non l'avevo ancora capito, ma ora lo so e voglio seguire questa strada. Forza, cominciamo la lezione.- affermai decisa, prendendo un ventaglio bianco con pizzo nero, ma zio Wilhelm me lo tolse dalle mani.
-Puoi farti male. Sono tutti estremamente affilati e non puoi iniziare da questo! Dovrai iniziare con quest'altro.- affermò passandomi un ventaglio di legno con scritto "Turin", venduto nei negozi come souvenir. -Forza, cominciamo.

Mi procurai parecchi lividi alle braccia, nonostante avessimo iniziato con esercizi base su come maneggiare un ventaglio. Sembrava una danza tradizionale giapponese, ma tutto ciò serviva per intimidire e distrarre l'avversario.
Il ventaglio mi cadde di mano per la decima volta e mio zio, perseverante e paziente, continuò a darmi consigli su come migliorare, ovviamente parlando in tedesco e in rumeno. A fine giornata, avevo la testa che mi scoppiava e le braccia doloranti e con tanti lividi, ma sapevo maneggiare piuttosto bene un ventaglio per distrarre il mio avversario.
-Molto bene! Sono veramente contento, hai fatto passi da gigante in una sola lezione.- mi elogiò zio Wilhelm. -Ce l'hai nel sangue, proprio come tua madre.
Fece per abbracciarmi, ma si bloccò con le braccia aperte. Alla fine mi dette una pacca sulla spalla, intimorito da non sapevo cosa.
Ci rimasi un po' male, ma forse era combattuto tra il trattarmi come una principessa o come sua nipote, così lo abbracciai d'impeto, senza dargli tempo di protestare. Mi strinse forte, un po' impacciato, e provò a farmi delle carezze sulla testa.
-Lo sai che una principessa non abbraccia i suoi sottoposti?- mi chiese con voce strozzata, ma capii lo stesso che gli faceva piacere.
-E' vero, però una principessa può abbracciare un membro della propria famiglia.- gli risposi sorridendo, con la testa poggiata sul suo petto.
Poggiò il mento sulla mia testa e mi strinse più forte, godendosi ogni attimo di quell'abbraccio.
-Quando sei nata non volevi stare nemmeno per un secondo tra le mie braccia, e adesso non riesco più a staccarti.- scherzò zio Wilhelm.
Scoppiai a ridere e lo lasciai andare. Ci guardammo con complicità e affetto e poi provò a ritornare nei panni del mentore.
-In pubblico è meglio se non ci scambiamo segni di affetto. Gli altri vampiri potrebbero scambiarli per segni di debolezza e non vogliamo che tu sembri debole ai loro occhi.- mi avvertì a malincuore.
-Lo terrò a mente.
-Hai fatto grossi passi in una sola settimana, entro tre sarai perfetta. Ora è meglio se torni a casa, altrimenti Paola e Andrea mi mangiano vivo se ti faccio fare ritardo.- disse ridacchiando.
Quell'abbraccio improvviso lo aveva in qualche modo sbloccato, infatti sembrò molto più sereno e rilassato. Ero contenta di averlo conosciuto e gli ero grata per tutto l'impegno che metteva nell'insegnarmi ad essere una sovrana vampiro impeccabile. E soprattutto gli ero grata di avermi dimostrato il suo affetto nei miei confronti.
-Ho ancora una domanda zio.- mi bloccai sulla porta.
-Dimmi pure.
-Quanti anni hai?
-Ne ho centocinquantatré.
-Davvero? Sei un vecchietto!
Zio Wilhelm scoppiò a ridere di gusto.
-Tua madre ne aveva quattro più di me, per questo mi usava molto spesso come cavia per le sue lezioni con i ventagli.
-E' un bene che l'abbia fatto, così adesso mi puoi insegnare.

Tornata a casa, dovetti sorbirmi l'ennesima lezione di storia e politica. Avevo la testa da tutt'altra parte e non riuscivo a smettere di pensare ai Lovinescu. Mi incutevano un certo timore, nonostante non li avessi ancora visti dal vivo, ma mi bastavano le storie che mi raccontavano i miei genitori e mio zio. Però dovetti ammettere che ero piuttosto curiosa riguardo a Stefan Lovinescu.
Finita la lezione, mi buttai sul letto e accesi il portatile. Mentre aspettavo che il mio lento e giurassico portatile si accendesse, presi la foto che mi aveva dato mio zio Wilhelm la sera che ci eravamo conosciuti. Non mi concentrai molto sui miei genitori, dato che ormai sapevo riconoscere i loro volti fra mille, ma sui Lovinescu.
Quell'uomo raffigurato nella foto era bellissimo, con occhi neri e uno sguardo freddo e calcolatore, molto alto e mi parve di averlo già visto da qualche parte, ma non ricordavo dove. La donna invece era l'opposto, messi vicini sembravano il sole e la luna. Aveva i capelli biondi, i tratti del viso molto dolci e due meravigliosi occhi azzurro ghiaccio, ma il suo sguardo era pieno d'amore mentre guardava il proprio figlioletto di due anni. Quel bimbo era un amore, sembrava un bambolotto che tentava con tutte le sue forze di sembrare un guerriero, ma le guance paffute e arrossate lo tradivano. Sembrava avere lo sguardo molto maturo, nonostante avesse quasi tre anni, come se sapesse con certezza ciò che gli stava accadendo attorno.
Quel bambino era il mio promesso sposo, un Lovinescu che era cresciuto e che era diventato un uomo, un vampiro. Sicuramente era sanguinario come tutta la sua famiglia, ma quella foto mi fece solo fare un "oh" di tenerezza, per quanto era carino.
Il mio portatile si decise ad accendersi e andai su internet, digitando "Stefan Lovinescu". Doveva avere quasi tre anni in più di me, quinci circa venticinque. Apparvero molti articoli in rumeno, ma non c'erano foto che lo raffigurassero. Grazie al dizionario e al traduttore trovato su internet, riuscii a decifrare l'articolo, il quale parlava di una serata chiamata "Il ballo delle debuttanti" al quale la famiglia Lovinescu aveva partecipato. Parlò anche di Stefan, ma solo per un paio di righe, affermando quanto Stefan fosse affascinante e come ogni debuttante gli fosse caduta ai piedi.
Internet non riuscì a darmi altre notizie, se non altri articoli su altre serate di gala alle quali i Lovinescu avevano partecipato. Non trovai nulla nemmeno su Facebook! Decisi di interrompere le ricerche e di lasciar perdere il mio promesso sposo.
Spensi il computer e provai a dormire, ma la curiosità che provavo nei suoi confronti non mi fece chiudere occhio fino alle prime luci dell'alba.

Angolo autrice.
Buonasera a tutti! Eccoci ad un nuovo capitolo della mia storia e vedo che ho già qualcuno che la segue; vi ringrazio per averla messa tra le seguite. Fatemi sapere cosa ne pensate con un commento e sarò ben felice di rispondervi.
L'allenamento continua, ma ancora non si sa niente del promesso sposo della nostra Serena. Sarà spietato come la sua famiglia? Cosa succederà quando si incontreranno al ballo di gala? Serena riuscirà a diventare una buona sovrana e a non combinare pasticci?
Lo saprete nel prossimo capitolo. Un bacione a tutti!
Arsax <3
  
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