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Autore: xKibaz    30/03/2017    1 recensioni
Una lotta incandescente pervade i due branchi della Grande Valle da sempre.
Marx, figlio del branco dell'Ovest, sarà colui che dovrà affrontare le dure leggi del branco per raggiungere il drastico cambiamento al quale ambisce. Ma prima, dovrà cambiare se stesso.
Genere: Avventura, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Zed mi piombó addosso per l'eccitazione, quindi io reagii altrettanto, e diventammo un groviglio di zampate, morsi giocosi e code dimenanti. Fummo subito pronti a partire, eravamo eccitati, volevo scoprire il mondo, conoscere altri lupi, diventare finalmente parte di un branco. Notai che la mamma aveva un'espressione abbastanza preoccupata, io la guardai drizzando le orecchie, e avvicinandomi le leccai il naso scuro. Sapevo di stare per affrontare una dura prova, arrivare alla Quercia rossa, per un cucciolo di solamente una luna e poco piú, non è per niente facile; ma dovevo farlo, dovevo dimostrare di esser degno, in quanto Lupo Rosso. Volevo rassicurarla, io ero pronto.

Per raggiungere il ritrovo avremmo dovuto attraversare l'intera Foresta di Abeti, per poi arrivare alla pianura, e rientrare nel territorio del branco, situato lungo l'Acqua Rapida. Sarebbe stato piú facile, e magari meno faticoso raggiungere il ritrovo seguendo semplicemente il fiume, ma fu deciso di dover passare dall'interno in quanto sarebbe stato piú sicuro per noi cuccioli.
Mi voltai indietro a guardare quella che fino ad allora era stata la mia tana, il mio luogo di nascita, la stavo abbandonando. Ammetto che provai un po' di nostalgia nonostante la odiassi perchè mi teneva nascosto tutti gli odori, la luce, la neve, gli alberi e chissà quante altre cose. Mi sentivo libero.

I nostri genitori, davanti a noi, annusavano il percorso, tenevano ben dritte le orecchie e la coda, con una postura fiera, e noi rimanemmo dietro i loro passi.
Tanti nuovi odori mi inebriavano il naso, che quasi mi bruciava, suoni e rumori che il mio udito inesperto non era ancora capace di comprendere, e mi sentivo piuttosto confuso. Cercavo di tenere il passo guardandomi continuamente intorno. Esseri piumati volavano sopra la mia testa, da un albero all'altro, altri più piccoli zampettavano e sgattaiolavano sotto le mie zampe per nascondersi sotto la neve, era tutto cosí strano, nuovo, ma soprattutto eccitante, fu come se tutto intorno a me si fosse risvegliato per mostrarmi l'intero mondo nel quale avrei vissuto da quel momento in poi. Camminammo per un po' tra gli Abeti ricoperti di neve. Io saltavo nelle orme lasciate da mamma e papà per rendermi più facile -e magari divertente- il cammino, ad ogni passo sprofondavo nella neve, era abbastanza faticoso.

Quando finalmente attraversammo la Foresta, il Grande-cerchio-caldo cominciò a picchiare i nostri musi, i rami degli alberi fino a quel momento ci avevano protetto dai suoi raggi; cominciai a sentire la stanchezza e sentii le mie zampe appesantirsi sempre di piú, avrei voluto accucciarmi e infilarmi sotto la neve e giocarci. Nonostante il freddo, mi sentivo accaldato e tenevo la lingua a penzoloni per prendere fiato... non avevo nessuna intenzione di fermarmi e magari restare indietro. Affondavo il naso nella neve, e ne mangiavo addirittura un po' alla volta, gelandomi i dentini di conseguenza, lo facevo per rinfrescarmi.
«Non ce la faccio più» Miya cominció a lamentarsi sbuffando.
«Ho fame» aggiunse poi Kaze che uggiolava fastidiosamente.
Tutti cominciarono a lamentarsi, anche il mio stomaco. Eravamo tutti piuttosto affamati. Zed mi stava accanto, mi guardava in silenzio, continuando a camminare, ed aveva lo sguardo stanco e il respiro affannato, proprio come me. Dovevamo proseguire, o avremmo perso di vista la strada e saremmo diventati cibo per corvi o simili cerca-carogne.

All'improvviso Aka si accasciò a terra sfinita e rimase a pochi passi dietro di noi.
«Coraggio Aka, non devi mollare adesso!» La incoraggiai raggiungendola; provai a spingerla con il muso, ma lei continuava ad appesantirsi, aveva le orecchie appiattite e gli occhietti semichiusi. La tiravo per la coda, le mordicchiavo le orecchie, le spostavo il muso con leggere zampate... uggiolai preoccupato. Riprovai a tirarla per la collottola ma non voleva saperne di alzarsi, stava in silenzio. Le giravo intorno, e le leccavo continuamente il muso per tenerle il tartufo umido. Non potevo lasciarla al suo destino. Mi accucciai di fronte a lei poggiando il muso tra le zampe, cercavo il suo sguardo, e dimenavo la coda.
Mi rimaneva solo una cosa da fare: dovevo cercare aiuto, ma non sapevo come.
I primi tentativi furono scarsi. Provai e riprovai, ma sembravo tutt'altro che un lupo, mi sentivo goffo, e non avevo fiato. Riuscivo solamente a produrre dei ridicoli versi fastidiosi. Calai le orecchie e sedetti accanto ad Aka. Mi sentii tremendamente inutile, cominciai ad arrabbiarmi con me stesso.
Che razza di lupo sarei stato se non fossi riuscito ad aiutare un compagno?
Guardai nuovamente mia sorella che cercava di rialzarsi, aveva capito che la stavo aiutando, e finalmente decise di collaborare. Le sue zampine tremolanti mi diedero il coraggio che avevo perduto. Sorrisi.
Mi fermai un attimo, presi un bel respiro a pieni polmoni, e subito mi lasciai andare, senza pensarci troppo.
Quello fu il canto più potente che avessi mai potuto fare, lo sentii attraversarmi il cuore. Un ululato, il mio primo vero ululato. Mamma siamo qui! Una, due, tre volte.
Mi accucciai ad aspettare. Poggiai il muso sulla spalla di Aka. Il vento cominciò a fischiare tra i rami degli alberi in lontananza, era l'unico suono che riuscivo a captare. Non potevo più aspettare, dovevo andare avanti. Se avessi seguito le tracce sarei riuscito ad arrivare a destinazione e Aka, beh, sarei tornato a riprenderla, pensai.
Avanzai sulle morbide collinette di neve in cerca di tracce, il tempo scorreva. Trovai le impronte dei miei fratellini, fui subito eccitato e quindi proseguii a passo svelto e muso basso.

Camminai fin quando le tracce non diventarono meno visibili e sentivo la neve meno morbida, ma gli odori erano piú forti e nitidi. Così capii che finalmente ero nel territorio del branco; a quel punto dovevo trovare la Quercia rossa.
Tra i tanti odori dovevo captare quello da seguire, e non fu per niente facile. Girovagai per un po' ma continuavo a trovarmi sempre al punto di inizio, e le tracce erano confuse. Ero un cucciolo solo, in un territorio sconosciuto, esposto a qualunque tipo di attacco, me ne resi conto, ma stranamente non ero agitato, anzi rispetto alla situazione, ero abbastanza tranquillo. L'istinto era il mio migliore amico.
Lasciai perdere le tracce e cominciai a correre verso est, quella era la direzione opposta da dove ero venuto, quindi istintivamente pensai che era l'unica strada da proseguire.
Ero stanco, sfinito dalla corsa e dalla fame, le mie zampe erano congelate che quasi ne persi la sensibilità, ma niente poteva fermarmi: prima sarei arrivato e prima sarei potuto tornare indietro a prendere Aka.

Qualcosa bloccò di colpo la mia corsa, non potei proseguire. Era qualcosa di immenso e rumoroso. Ero giunto a quella che era l'Acqua-rapida.
La testai con la zampina, un lungo brivido mi salì lungo la la spina dorsale fino ad arrivare alla punta della coda, che quasi la sentii congelare. Era fredda e pungente proprio come la neve, e mi rimaneva attaccata al pelo! Ne bevvi un po' affacciandomi dalla sponda goffamente... mi inzuppai mezzo muso. Il mio riflesso nella trasparenza dell'acqua, mi face sobbalzare e indietreggiai di colpo. Risi di me stesso e guardai nuovamente il mio viso voltando le orecchie.
Ripresi il cammino lungo l'Acqua-rapida, il Grande-cerchio-caldo stava per calare, e io stavo perdendo la forza e la speranza di sopravvivere, fu la prima volta che cominciai a preoccuparmi per me stesso. Ululavo disperato e continuai a correre per chilometri.
Poi un enorme albero comparve all'orizzonte. Subito notai che era diverso da tutti gli altri. Fino ad allora avevo visto alberi bassi, alcuni spogli, striminziti e sempre in gruppo. Quello era da solo ma era imponente e maestoso. Le sue foglie erano diverse da quelle degli Abeti, la sua "testa" aveva una sfumatura che si avvicinava a quella del mio manto. Ce l'avevo fatta.

   
 
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