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Autore: HumanWeakness    30/03/2017    5 recensioni
Dean e Castiel si conoscono da quando avevano quattro e cinque anni, sono cresciuti insieme e beh, le cose si fanno sempre complicate quando ci si ama da così tanto tempo.
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Dalla storia:
“Mi ami?” chiese, avvicinandosi.
“Dean...”
“Ti ho chiesto se mi ami. Si o no, Castiel.”
-
Human!Castiel Human!Dean Destiel!AU
Lunghezza: 8k (circa)
Attenzione! OOC per quanto concerne il personaggio di John Winchester.
Genere: Angst, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, John Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessuna stagione
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A tutti coloro che hanno l'amore sotto pelle
e ancora non lo sanno;
a tutti quelli che si sono già trovati
eppure non hanno ancora smesso di cercarsi.”

1998 - Lawrence, Kansas.



Era l'ora dell'intervallo, fuori pioveva e tutti i bambini giocavano nella palestrina dell'asilo, c'era chi costruiva fortini con i tappetini di gomma, chi si inseguiva gridando “ce l'hai”, chi stava con il muso attaccato alle finestre scommettendo su quale goccia avrebbe tagliato per prima il traguardo.

E poi c'erano Castiel e Dean.

Il primo se ne stava per i fatti suoi a giocare con i lego, l'altro invece si nascondeva nel suo piccolo fortino, uno che aveva costruito da solo e che usava per osservare gli altri da lontano.

Non si conoscevano ancora, ma durante l'intervallo tutte le classi si riunivano per dare ai bambini l'opportunità di fare amicizia fra di loro.

Dean aveva solo quattro anni, Castiel invece cinque, per lui era il suo ultimo anno prima di passare nella scuola dei grandi, dove avrebbe imparato a leggere e a scrivere e a fare quelle cose difficili con i numeri.

Con i sui capelli perennemente spettinati e gli occhioni blu, Castiel aveva fin da subito attirato l'attenzione di Dean, che lo osservava di nascosto attraverso una fessura del suo fortino: aveva la lingua incastrata fra i denti mentre tentava di incastrare i pezzettini di lego tra di loro. Dean rise quando, nel tentativo di incastrarne un gruppo tutti in una volta, gli esplosero davanti al viso.

Senza farsi notare, si avvicinò quatto quatto al bimbo di un anno più grande; una volta raggiunto si sedette di fianco a lui e gli sorrise, prese un po' di lego fra le mani e pazientemente li unì per formare una piccola casa – cosa l'altro stava cercando di fare poco prima.

“Ecco fatto” disse, porgendogliela.

“Grazie” rispose il bambino, con il broncio per non essere riuscito a costruirla lui stesso.

“Mi chiamo Dean” si presentò lui porgendogli la mano, come gli aveva insegnato il suo papà.

“Io sono Castiel” disse soltanto, guardandogli la mano in modo confuso. Cosa avrebbe dovuto farci con quella?

Dean rise ancora e ritirò la mano. “Sei buffo, voglio essere tuo amico.”

Castiel sorrise ed annuì, passandogli un po' di lego. “Aiutami a costruire la macchinina per Jeff, allora”.



2002 - Lawrence, Kansas.
(Dean 8 anni, Castiel 9)


Castiel era al quarto anno di elementari e Dean al terzo e, proprio come all'asilo, passavano sempre l'intervallo insieme.

Dean, oltre a Castiel, aveva anche altri amici ma nessuno di loro poteva essere paragonato a Cas. Lui era... il suo migliore amico, e avrebbe fatto di tutto per lui.

Anche se Castiel era di un anno più grande, era sempre stato Dean a prendersi cura di lui. Lo difendeva quando i bambini più grandi gli davano fastidio e gli dava sempre una parte della sua merenda quando gliela rubavano.

Proprio in quel momento Dean gli stava porgendo un pezzo della sua crostata di mele. Cas sorrise e l'accettò come al solito.

“Grazie Dee”

“Di niente Cas, ma potresti mangiare direttamente la tua se mi dicessi chi è quello che te la ruba”

“Non te lo dirò, finiresti solo nei casini... di nuovo. Per difendere me.”

Dean alzò gli occhi verdi verso il cielo, con uno sbuffo. Quattro anni e Castiel non aveva ancora capito che non importavano le conseguenze, lui l'avrebbe difeso sempre.

~

Due mesi più tardi, Dean venne sospeso per una settimana da scuola. Aveva scoperto che era Zachariah a rubare la merenda a Castiel... e niente, adesso non gliela rubava più.



2005 - Lawrence, Kansas.
(Dean 11 anni, Castiel 12)


Ogni tanto capitava che John Winchester dovesse andare fuori città per un po' di giorni a causa del lavoro, allora lasciava un certo quantitativo di soldi a Dean premurandolo di utilizzarli con parsimonia, per fare la spesa sia per lui che per suo fratello Sam durante la sua assenza. Dean rispondeva con un “sissignore” e rassicurava il padre, dicendogli che si sarebbe preso lui cura di tutto, ma.
Dean era comunque un ragazzino di soli undici anni, troppo piccolo per prendersi certe responsabilità e a volte capitava che spendesse i soldi troppo in fretta, in modo sbagliato e per le cose sbagliate.

Questa, era una di quelle volte.

Sam, Dean e Castiel erano al supermercato senza nemmeno un dollaro in tasca ma ognuno con uno zainetto ben stretto sulle spalle. Non era la prima volta che rubavano il cibo, era già successo e nessuno li aveva mai presi.

Presero del pane, delle uova, un po' di succhi, qualche litro di latte, dei pacchi di pasta e un po' di salse per il condimento. Poi si infilarono nel bagno del supermercato e bloccarono la porta. Iniziarono così a tagliuzzare tutte le confezioni per levare il codice a barre, le cose liquide invece le travasarono in delle bottiglie vuote che si erano portati da casa. Avevano tutti gli zaini pieni.

“Abbiamo dimenticato i cereali!” si lamentò Sammy.

“Voi uscite dalle porte, io vado a recuperare i cereali. Aspettatemi fuori, se invece sentite qualche allarme, correte. Okay?”

“Dean, no. Io vengo con te” protestò Castiel.

“Cas, non fare lo stupido e vai con Sam. In due saremmo troppo sospetti. Su, andate.”

Castiel sbuffò ma fece come gli era stato detto, anche se odiava l'idea di lasciare Dean da solo.


Dean osservò i due uscire dal supermercato senza alcun problema e sospirò di sollievo, poi si diresse al reparto in cui c'erano i cereali. Visto che sarebbe stato troppo sospetto tornare in bagno, decise che avrebbe tolto la busta di plastica dalla scatola proprio lì, in mezzo al reparto, e poi l'avrebbe nascosta velocemente nello zaino.

O almeno, questo era il piano.

Proprio quando stava per richiudere lo zaino, un uomo grosso e con una ricetrasmittente in mano gli urlò contro, correndo nella sua direzione.

“Hei ragazzino! Cosa pensi di fare?”

Dean si paralizzò per qualche secondo e poi iniziò a correre, poteva sentire il proprio cuore battergli in gola.

Proprio quando stava per cantar vittoria, con un piede già fuori dal supermercato, l'uomo riuscì ad afferrarlo per lo zaino, trascinandolo giù.


Castiel, da lontano, vide tutta la scena. Andò in panico.

“Sam, corri e avvisa Bobby, deve arrivare prima che chiamino tuo padre. Muoviti!” urlò contro il bambino più piccolo che annuì e scappò via. Sentì il respiro farsi pesante ed il cuore accelerare, ma non poteva fare niente per aiutare il suo amico quindi cercò di calmarsi. Si mise seduto sul marciapiede, ed aspettò.

Credette che l'ansia lo avrebbe ucciso quando, finalmente, vide il camioncino di Bobby entrare nel parcheggio, Sam seduto nei sedili posteriori che piangeva.

Appena accostò, Castiel gli corse incontro.

“Cosa diamine avete combinato?” chiese l'uomo, il tono severo ma che nascondeva una nota di preoccupazione. Era come un secondo padre per Sam e Dean.

“Dean” singhiozzò Castiel “non aveva più- non aveva più soldi per la spesa e allora dovevamo prendere qualcosa di nas- di nascosto. Ma l'hanno preso. È tutta colpa mia sarei dovuto restare con lui.”

Castiel non riusciva a smettere di singhiozzare.

“Smettila di piangere. Adesso entro e vedo se hanno già chiamato John. Tu resta qui con Sam.”

L'uomo si diresse verso le porte scorrevoli, nei movimenti si poteva avvertire un leggero tremore. Anche lui era consapevole del fatto che, in caso avessero già avvisato John, Dean non se la sarebbe passata per niente bene.

Castiel e Sam rimasero fuori dal negozio per quelle che sembrarono ore, invece erano solo una quarantina di minuti.

Ripresero a respirare quando videro i due uscire dal negozio. Dean aveva lo sguardo basso e Bobby l'aria preoccupata, teneva una mano sulla spalla del ragazzino, come a volerlo consolare.

“Salite in macchina, vi accompagno a casa. Anche tu Castiel” e poi non disse più niente.


Cas tentò di avvicinarsi a Dean ma lui si allontanò, andando a sedersi da solo nel posto di fianco al guidatore... non proferì parola per tutto il tragitto, nemmeno per salutare Castiel quando scese dall'auto.

Per un attimo il ragazzino temette che fosse arrabbiato con lui, ma quando lo notò tremare si rese conto che, in realtà, era solo terrorizzato.

In quel momento Castiel si rese conto che Bobby non era arrivato in tempo: avevano chiamato John.

~

Visto che le confezioni erano state rovinate, non c'era stato modo che potessero restituirle. Bobby, per permettere che rilasciassero Dean, dovette pagare il prezzo di ciascun prodotto che si trovava nel suo zaino. Non era molto ma Dean si sentiva comunque terribilmente in colpa.

C'era di positivo che gli avevano lasciato tenere tutta la spesa, ed in più aveva anche le cose che avevano preso Castiel e Sam, permettendogli così di preparare una cena decente per suo fratello.

Mentre mangiavano, entrambi i fratelli tremavano.

“Hanno chiamato papà, vero?” chiese Sam, la voce sottile, sull'orlo del pianto.

“Tranquillo Sammy, tu mangia, non sei nei casini” lo rassicurò Dean con il tono di voce più tranquillo che riuscì a falsare.

“Non avrei dovuto chiederti i cereali” frignò il più piccolo. Dean s'innervosì, odiava vederlo piangere.

“Senti Sam, non è colpa tua. Ok? Sono io che ho speso tutti i nostri soldi, sono io che ho rubato quelle cose e sono io ad essere stato beccato. Tu mangia e non preoccuparti. Papà non ti farà niente, non è arrabbiato con te.”

Sam sbatté i pugni sul tavolo. Aveva solo sette anni, eppure in alcuni casi sembrava così adulto.

“Non sono preoccupato per me, ma per te! Pure Castiel è preoccupato ed anche Bobby. Questo non è niente di buono. Papà se la prenderà con te!” ormai aveva la voce rotta dal pianto, gli occhi rossi gonfi di lacrime ed il naso che colava. Dean stava per rispondergli quando sentì una macchina parcheggiare. Deglutì, era arrivato.

“Sam, ascoltami: vai in camera tua, chiudi a chiave e non aprire per nessun motivo. Mi hai sentito?”

Il bambino provò a protestare ma poi Dean urlò: “vai!” facendolo scappare via. Sospirò quando sentì la chiave girare nella toppa della serratura. Sam era sistemato, ora toccava a lui.

Aveva il cuore che gli batteva a mille, la fronte sudata. Per alcuni secondi, desiderò di morire piuttosto che affrontare la furia di suo padre.

Sentì la portiera sbattere, il cancelletto stridere e poi chiudersi, la ghiaia scricchiolare. Poi i sentì i passi vicino alla porta, la chiave girare.

Quando vide la maniglia abbassarsi, per istinto Dean iniziò ad indietreggiare.

Stava succedendo. La porta si aprì, e suo padre sbucò da dietro.

Era calmo, non lo guardò nemmeno. Chiuse la porta e si tolse la giacca, appendendola sull'attaccapanni.

“Dean...” incominciò, il ragazzo si irrigidì ancora di più.

“Si signore?” rispose. Suo padre era stato un militare, gli aveva insegnato qualche nozione e sapeva che, in quelle circostanze, era meglio rivolgersi a lui in quel modo.

“Oggi mentre ero a lavoro ho ricevuto una chiamata...” continuò, era tutto troppo calmo. Dean però tremava lo stesso, sapeva che il peggio sarebbe arrivato da un momento all'altro.

“Lo so. Mi dispiace, non accadrà più” provò a giustificarsi.

“Oh no, no che non accadrà più. Dimmi Dean, dove sono i soldi che ti ho lasciato prima di andare via? Mh?”

Dean abbassò lo sguardo sul pavimento, le braccia rigide dietro la schiena, il labbro inferiore stretto tra i denti nel tentativo di scaricare la tensione.

“Rispondimi!” urlò John, facendo sobbalzare il figlio. Persino Sam, dalla sua stanza, ricominciò a tremare.

“Io- mi dispiace. Ho- ho fatto male i conti e non, non mi sono bastati. Mi dispiace” disse, le lacrime in bilico tra le ciglia.

“Come faccio a fidarmi di te se quando me ne vado combini casini del genere!? Eh?!” urlò ancora, avvicinandosi sempre di più.

Dean non rispose, serrò semplicemente gli occhi per non piangere.

“Cosa ne penserebbe la mamma di te?”

Quella frase fece così male che Dean il primo colpo neanche lo avvertì.

Non fece nemmeno in tempo a realizzare cosa stesse effettivamente succedendo quando si ritrovò la schiena contro lo stipite della porta, la nuca che pulsava di dolore.

“È così che ti ho cresciuto?” urlò più forte il padre.

Ancora, Dean non fece in tempo a realizzare la situazione che si piegò in due del dolore. Questa volta gli aveva colpito lo stomaco.

“È così che ripaghi quello che sto facendo per voi? Creando casini in giro?”


Un colpo alle costole, una tirata di capelli, un calcio sullo stinco.

Dean non si lamentò nemmeno una volta, sembrava quasi una scena violenta di un film muto.

Non gli si rivoltò mai contro, non ci pensò neanche a farlo, anzi, continuava a ripetersi che aveva ragione, che era stato irresponsabile, che se li meritava quei colpi. Lasciò che suo padre continuasse a colpirlo e quando finì, Dean era disteso per terra e non accennava a volersi alzare.

John, invece, andò verso la cucina e come se nulla fosse successo, prese un paio di bocconi dalla pentola piena di pasta che il ragazzino aveva preparato per il fratello e poi lanciò un mucchietto di soldi sul tavolo.

“Vedi di non sprecarli stavolta. Torno tra due settimane” disse e dopo aver afferrato la sua giacca, uscì di casa.

Dean si rialzò qualche minuto dopo e senza emettere un fiato pulì il sangue dallo stipite e lavò i piatti, nel tentativo di distrarsi.

Oltre la parete della cucina c'era Sam chiuso nella sua stanza, che ascoltava attentamente quello che succedeva dall'altra parte. Quando fu sicuro che suo padre se ne fosse andato, uscì dalla camera ed andò ad abbracciare Dean, che gli diede un bacio sulla testa e gli strofinò la spalla. “Va tutto bene Sammy, sto bene. Davvero. Ora vai a dormire che domani hai scuola, su” lo spinse gentilmente verso la sua camera e Sam annuì, decidendo di fare come gli era stato detto ma.

“Papà ha torto. La mamma sarebbe orgogliosa di te” disse, gli occhioni fermi su quelli del fratello, come a fargli capire che non stava scherzando.

Dean annuì e basta, temendo che se avesse parlato sarebbe scoppiato in lacrime. Sam accennò un sorriso triste e poi si chiuse la porta alle spalle.


-

Dopo essersi disinfettato il taglio sulla nuca ed essersi fatto una doccia fretta, Dean andò a letto ma non riusciva proprio a prendere sonno. Continuava a rigirarsi e a sbuffare, gli faceva male ogni parte del corpo.

A distrarlo fuorono dei rumori provenienti dall'esterno, le foglie dell'albero fuori dal suo balcone frusciavano e poi sentì un tonfo, come se qualcuno si fosse buttato. Ci fu un lamento e sorrise, calmandosi, sapeva perfettamente chi era.

La porta-finestra le balcone venne scostata, e poi sentì il rumore di un paio di scarpe che venivano lanciate da qualche parte nella stanza buia. Era di spalle quando Castiel alzò le coperte e vi si infilò sotto con lui, lo abbracciò senza dire niente e Dean non osò lamentarsi dei lividi sul petto che gli dolevano terribilmente: voleva che Cas continuasse ad abbracciarlo. Dopo pochi minuti si addormentarono entrambi.



2009 - Lawrence, Kansas.
(Dean 15 anni, Castiel 16)


A me non sembra una grande idea.”

Dai Cas, fidati. Sarà divertente.”

Dean aveva avuto l'idea geniale di invadere il campo da football della loro scuola. Di notte fonda. Quando nessuno ci sarebbe dovuto essere. Giusto perché fumare erba nel parco non era già abbastanza rischioso, “ci manca la botta di adrenalina” diceva. Castiel temeva che sarebbe morto d'ansia.

Bastò solo un salto oltre la recinzione per farli entrare dentro.
Un salto verso l'espulsione, per meglio dire. Cas non riusciva a smettere di pensarci.

L'area era avvolta nell'oscurità, le luci erano tutte spente e c'erano soltanto la luna e qualche stella a dare un po' di luminosità a quel posto.

Corsero più vicini al centro e poi si sdraiarono sull'erba. Il campo doveva essere stato irrigato da poco perché si poteva sentire la freschezza del terreno premere contro la pelle.

E cosa dovremmo fare ora?”

Guardare le stelle, parlare di cose profonde. Sai, le solite stronzate da film.”

Smettila di fare il coglione. Tira fuori la canna piuttosto, so che è tutta la sera che aspetti di fumartela.”

Dean rise per quanto illogico fosse quel ragazzo: aveva la media più alta di tutta la scuola, si preoccupava dell'espulsione e nonostante la sua insistenza, non aveva mai saltato un giorno di scuola per andare in giro a divertirsi, eppure non si faceva problemi a farsi una canna – come se fumare erba non rientrasse nei criteri presi in considerazione per un'espulsione.

Ma Castiel aveva comunque ragione, moriva dalla voglia di fumare; così senza protestare tirò fuori tutto il necessario dalla tasca dei jeans.

Bastarono pochi tiri e dopo qualche minuto ogni ansia legata alla paura di essere scoperti era svanita, i nervi – soprattutto quelli di Castiel – si erano rilassati e anzi, ridevano indicando le stelle.


Quella è calliope.”

Come?”

Calliope, la costellazione.”

Dean, si chiama Cassiopea e non ci sono abbastanza stelle visibili per formare una costellazione stanotte.”

Sei pignolo pure da fatto. Poi scommetto che neanche sai com'è fatta 'sta Cassiopea.”

E allora Castiel si girò verso di lui, gli occhi di entrambi liquidi e arrossati. Portò una mano vicino allo zigomo sinistro di Dean e con un dito iniziò a tracciare una specie di zig-zag, fingendo di collegare le lentiggini fra loro. Aveva la lingua incastrata fra i denti per la concentrazione, proprio come quando era bambino.

Nonostante il tocco fosse leggero, Dean lo sentiva perfettamente e si tese sotto la sua mano. Nel corso della loro amicizia una cosa come lo spazio personale non era mai veramente esistita, eppure a Dean venivano i brividi ogni volta che Castiel lo sfiorava.

Il respiro di entrambi si fece affannoso, il cuore accelerò e, se possibile, le loro pupille si fecero ancora più dilatate. Castiel poteva sentire il suo stomaco contorcersi in una morsa.


Dovrebbe essere più o meno così” sussurrò una volta finito di tracciare le linee della costrellazione.

Dean annuì in silenzio, il fiato sospeso, lo sguardo fisso sulle labbra dell'amico. Anche Cas era come imbambolato e tutto, intorno a loro, sembrò come sparire.


Diamine, quella roba doveva essere davvero forte.

La mano di Cass era ancora sulla guancia di Dean, solo che ora la stava accarezzando lentamente con il pollice. Con una lentezza quasi estenuante iniziarono ad avvicinarsi, le labbra a pochi millimetri e gli occhi che stavano per chiudersi. Era solo questione di secondi e poi...

Chi c'è là?”

Quando sentirono la voce e videro la torcia del vigilante, entrambi spalancarono gli occhi e balzarono in aria.

Merda, corri!” Dean afferrò Castiel per la giacca e iniziò a correre verso il bordo del campo trascinandoselo dietro. Si buttarono contro la recinzione e con uno slancio saltarono entrambi dall'altra parte, poi iniziarono a correre per le strade.

Il cuore che batteva all'impazzata e la voce del vigilante in sottofondo li spronava solo ad andare più veloce.


Svoltarono in un vicolo e tentarono di riprendere il respiro, sapendo che tanto non potevano essere seguiti troppo lontano dalla scuola.

Quando si accorsero che il pericolo era scampato si scambiarono uno sguardo, e forse un po' per l'erba, forse un po' per l'adrenalina che ancora pompava nelle vene, scoppiarono entrambi in una risata rumorosa, ridendo quasi fino alle lacrime.

Smisero solo per riprendere fiato un'altra volta.

Wow, dobbiamo assolutamente rifarlo!”

Sei fuori di testa.”

Tanto lo so che infondo mi adori.”

La tua vanità farebbe invidia pure a Cassiopea.”

Sappiamo entrambi che ho ragione.” Dean era incredibilmente vicino e gli aveva sussurrato all'orecchio; l'odore di fumo e muschio bianco che impregnavano i suoi vestiti invase le narici di Castiel, che inspirò profondamente beandosi del suo profumo.

Una ventata d'aria fresca li sovrastò e come per magia, bastò a farli rinsavire. Risero imbarazzati e si allontanarono l'uno dall'altro, iniziando ad incamminarsi verso casa.

Lungo il tragitto, scorsero un Sam undicenne che piangeva seduto su una panchina. Dean perse subito la spensieratezza di poco prima e gli corse incontro. Castiel lo seguì a ruota.

Sammy. Cosa è successo? Cosa fai qui fuori?” la preoccupazione era palpabile nella voce del fratello, gli occhi apprensivi erano già alla ricerca di qualche ferita.

Ru- Ruby” disse soltanto. Dean roteò gli occhi. Ruby era la ragazzina più grande a cui Sam faceva la corte.

Cosa ha fatto adesso quella putt-”

Dean!” lo riprese Castiel, prima che finisse la frase. “Non puoi parlare così di una tredicenne.”

Il ragazzo dagli occhi verdi sbuffò, rivolgendosi di nuovo verso il fratellino. “Bene. Allora, cosa ha combinato questa adorabile signorina, questa volta?”

Il sarcasmo era più che palese. Castiel alzò gli occhi al cielo.

Io le avevo chiesto di- di uscire e lei, lei aveva accettato ma- ma non si è presentata allora sono, sono andato a casa sua per vedere se era tutto ok e quando sono arrivato lei- ho visto dalla finestra che lei era con due, due ragazzi e la stavano- lei si faceva palp-”

Ma che puttana!”

Dean si voltò verso Castiel, sconvolto. “Ah, quindi se lo dici tu va bene?”

No ma viste le circostanze l'età mi sembra insignificante.”

Dean stava per replicare quando Sam li interruppe “la volete smettere di litigare e dirmi cosa dovrei fare, per favore?”

Il piccolino aveva gli occhi gonfi per le lacrime.

Te lo dico io cosa devi fare, brucia la casa di quella stronz-”

Dean!” s'intromise di nuovo Castiel, sospirando di frustrazione “senti Sam, Ruby non è la ragazza adatta a te. Devi trovare qualcuno che ti apprezzi per quello che sei e che non ti dia per scontato. Sai, qualcuno su cui puoi contare sempre e che sai ti guarderà sempre le spalle”

Castiel dovette sforzarsi davvero molto per non rivolgere il suo sguardo all'amico, ci pensò Sam a dare voce ai suoi pensieri.

Come fate tu e Dean?”

Si ma devi trovarne una con cui puoi anche scopar- Ahia! Ma sei scemo?” Dean, di nuovo, non finì la frase. Stavolta perché Castiel gli aveva tirato un pugno sulla spalla.

'Sta' zitto. Fai schifo in queste cose.

Sam, quello che tuo fratello voleva dire è che tra me e lui c'è un... legame diverso. Tu comunque devi trovare qualcuno che voglia qualcosa di più serio di quello che potresti avere da una come Ruby. Come quella ragazzina, Jessica. Sai, quella che ti ha portato i biscotti a casa e che ti continua a chiedere ripetizioni di matematica: in realtà è solo una scusa per stare più tempo con te, la sua.”

Sam s'illuminò.

Dici? Pensi che io le piaccia?”

Certo! Tu prova a chiederle di uscire e vedi come va. Lascia stare quella Ruby.”

Grazie Cas!” il ragazzino gli buttò le braccia al collo, facendo uno di quei sorrisi sinceri, di gioia allo stato puro. Dean lo vedeva raramente così.

Tornarono tutti insieme a casa Winchester, Sam andò subito a letto, ancora felice per quello che aveva scoperto su Jessica. Castiel e Dean invece si buttarono sul divano, entrambi con una birra in mano.

Grazie per quello che hai fatto con Sammy. Raramente lo vedo felice da quando... sai, da quando è successa quella cosa a papà.”

È un ragazzino dolcissimo, è fortunato ad averti” gli sorrise Castiel, poi si schiarì la gola “Ehm, a proposito di tuo padre... ancora non avete notizie?”

No. Si rifiuta di prendere le medicine e di andare in cura. Da quando è scappato non si è fatto più sentire. Non sa nulla nemmeno Bobby. Non sappiamo nemmeno se sta bene, se è ancora vivo oppure se è-” si bloccò, gli angoli degli occhi che iniziavano a bruciare.

John Winchester non era il migliore dei padri, litigava spesso con sua moglie e a volte se ne andava di casa per qualche giorno. Ma l'amava, come amava i suoi figli. Quando lei morì in quell'incendio lui cambiò repentinamente, iniziò a bere, a diventare manesco e viaggiava molto. Lasciava Sam e Dean da soli per settimane dicendo che aveva dei “casi” da risolvere, dicendo che c'entravano con la morte di Mary. Lui prima che lei morisse faceva il meccanico, quindi Dean non aveva la benché minima idea di cosa fossero quei casi di cui parlava, o da dove prendeva i soldi per pagare le spese dal momento che aveva lasciato il suo vecchio lavoro.
Finché, una sera, John raccontò tutto a Dean. Iniziò parlare di demoni, demoni che avevano ucciso Mary, poi di lupi mannari e vampiri e wendigo ed altre creature strane, di mostri che si nascondevano nell'ombra e che lui sosteneva di combattere.


In quel momento Dean capì quanto la morte di sua madre aveva cambiato suo padre, facendolo ammalare.

Con le lacrime agli occhi disse di credergli, poi una volta che John si addormentò chiamò Bobby, raccontandogli tutto. Insieme lo portarono in una clinica psichiatrica dove gli diagnosticarono la schizofrenia.

John finse di accettare il trattamento, ma appena gli concessero un minimo di libertà scappò via e da allora non ebbero più sue notizie. Era passato quasi un anno, ormai.

Dean stava male, si incolpava di non averlo capito prima, di non aver fatto niente per aiutarlo.


Castiel lo abbracciò, tentando di dargli conforto.

Vedrai che sta bene, prima o poi si farà vivo e lo convinceremo ad entrare in cura.”

È colpa mia. Avrei dovuto fare qualcosa prima che fosse troppo tardi” pianse sulla sua spalla.

No Dean. Non è colpa tua, e non è troppo tardi. Sistemeremo le cose, te lo prometto.”

E proprio come quando erano più piccoli, si misero nel letto a dormire insieme, Cas che lo abbracciava da dietro dando a Dean quel senso di protezione di cui aveva bisogno.

Dean non riusciva proprio ad immaginare la sua vita senza Castiel. Era come il suo angelo custode.




2010 - Lawrence, Kansas.
Primavera. (Dean 16 anni, Castiel 17)



Se aveste chiesto a Castiel quali erano stati i migliori momenti della sua vita, vi sareste accorti che in ognuno di essi persisteva la presenza di un certo ragazzetto dagli occhi verdi e le lentiggini sul ponte del naso.

E molti di quei momenti non sarebbero nemmeno stati così belli, se non ci fosse stato Dean in essi.

Castiel non era eterosessuale, lo sapeva ormai da anni ed aveva già fatto coming-out con la sua famiglia, che lo aveva accettato senza problemi. Persino i suoi fratelli maggiori, che erano quelli con cui aveva un rapporto più freddo e discostato, avevano mostrato supporto.

Eppure non era mai riuscito a confidarlo a Dean, anche se aveva la sensazione che, infondo, lui sapesse.

Sdraiato a pancia in su sul suo letto, Cas ripensò a quella sera, quella di qualche mese fa, nel campo da football e a più tardi, sulla strada. Se si concentrava abbastanza, poteva ancora sentire l'odore dell'erba e del muschio bianco invadergli le narici.

E okay, erano entrambi fatti e il ricordo di quella notte poteva essere un po' distorto, ma Dean lo stava per baciare. Glielo aveva letto negli occhi, che voleva baciarlo. Se solo non fossero stati interrotti... l'avrebbe fatto sul serio? E poi? Cosa sarebbe successo?

Non riusciva a smettere di tormentarsi.

No, Castiel non era per niente eterosessuale, eppure dentro di sé era consapevole che ciò che lo tratteneva dal fare coming-out con Dean, non era il fatto che fosse gay, ma che fosse profondamente innamorato di lui.

Non sapeva come o quando era successo. Semplicemente, un giorno si era reso conto che tutto quello che lo rendeva felice, si riconduceva inevitabilmente a Dean.

Senza che lui se ne rendesse conto, senza che lui potesse evitarlo, Dean gli era entrato sotto pelle e non poteva più farci niente.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, qualsiasi pur di vederlo felice.

E ormai si era rassegnato all'idea che per lui non poteva essere nient'altro che un amico... fino a quella maledetta sera.

Castiel sorrise fra le lacrime, forse aveva ancora una speranza.



2 Novembre, 2010 - Lawrence, Kansas.
(Dean 16 anni, Castiel 17)


Era l'ultimo anno di Castiel alle superiori. L'ultimo, e poi sarebbe dovuto partire da qualche parte per il college. Non aveva idea di cosa volesse fare e la sola idea di allontanarsi dalla sua città... da Dean, lo terrorizzava a morte.

Non aveva ancora trovato il coraggio di dichiararsi ed onestamente, non era nemmeno sicuro che l'avrebbe mai fatto. Dean si era fidanzato da qualche mese con una ragazza, Lisa, e sembravano felici – non voleva rovinare tutto.


Per distrarsi dai suoi problemi sentimentali, e viste anche le pressioni dei suoi genitori, Castiel decise di dare un'occhiata ai siti di alcuni Collage nelle vicinanze. Stava guardando alcune università di Kansas City quando il suo cellulare cominciò a squillare.

Afferrò il telefono e vide il nome di Dean lampeggiare. Rispose subito.

Dean? Come mai chiami a quest'ora? È successo qualcosa?”

Tu mi ami?”

Castiel rimase spiazzato, dalla voce di Dean si poteva chiaramente capire che era ubriaco.

Dean. Dove sei? Perché sei ubriaco?”

Non cambiare argomento. Tu. Mi. Ami.?

Perché sai, tutti quelli che mi amano se ne vanno. Prima Mary, poi John, anche a Lisa ho fatto del male. Non mi parla più sai? È come se le avessero cancellato il ricordo di me. E tutto per cosa? Perché sono un fottuto casino.”


Dean, smettila. Dimmi dove sei che ti vengo a prendere”

Casssssstiel, sei sempre gentile con me. Ma tra poco mi lasci pure tu, non è vero? Vai al colleeeeege.”


Lo sai che non andrò lontano. Ora dimmi dove ti trovi, dannazione!”

Mia madre non sarebbe fiera di tutto questo, ho lasciato andare via papà. Non è vero mamma?

Improvvisamente, Castiel si ricordò che giorno era.

Il due novembre. L'anniversario della morte di Mary.


Resta. Dove. Sei. Ti sto venendo a prendere.”

Whoo, come un super ero-” Castiel chiuse la chiamata e corse fuori casa, salì in macchina e si diresse verso il cimitero.


Normalmente sarebbero stati quindici minuti di macchina, ma Castiel ce ne mise solo cinque ignorando tutti i semafori rossi ed i segnali stradali.

Una volta arrivato, corse al cimitero e trovò Dean seduto davanti alla lapide di sua mamma. Circa tre bottiglie di whisky vuote intorno a lui.

Dean, dannazione!” urlò, correndogli incontro. “Alzati su, andiamo via.”


N-No! Non lascio mia mamma qui, non di nuovo!” protestò. Castiel si guardò intorno frustrato e capendo che non c'era modo di smuoverlo da lì, decise di assecondarlo e si sedette di fianco a lui.

Avresti dovuto chiamarmi, idiota, non ridurti così.”

Lisa mi ha lasciato” disse solo, fissando un punto impreciso del prato e staccando qualche filo d'erba a caso.

In altre circostanze, Castiel sarebbe stato quasi felice di questa notizia ma vederlo ridotto così male... non sopportava quella vista e quasi come se fosse stato un riflesso incondizionato, iniziò ad odiare Lisa per aver ferito Dean. Il suo Dean.

Mi dispiace Dee” disse, abbracciandolo ma Dean lo allontanò da sé; Castiel cercò di ignorare la fitta di dolore data da quel gesto.

Traballante, Dean si alzò dal terreno, stringeva una quarta bottiglia di whisky ancora mezza piena che Castiel prima non aveva notato.


Mi ha mollato qualche giorno fa. Sai cosa mi ha detto? Che devo fare chiarezza. Cosa diamine vorrebbe dire?”

Stava piangendo, Cas riprovò ad avvicinarsi non sapendo bene cosa dire ma l'amico si allontanò per la seconda volta.

Ancora, provò a nascondere la fitta di dolore che sentì al petto.

Non sono gay” disse. Castiel si paralizzò sul posto. “Non sono gay, lo sai questo?” continuò.

Castiel boccheggiò, perché glielo stava dicendo come se lo stesse incolpando di qualcosa?

Io- certo Dean. Lo so.”

Ok” si passò una mano sul viso, tranquillizzandosi “ok” ripeté, poi lasciò cadere la bottiglia di whisky e lo baciò.

Castiel restò immobile, non sapendo esattamente cosa fare.

Quello era ciò che aveva sempre voluto, ciò che immaginava la notte prima di addormentarsi e per cui aveva pregato così tanto ma.
Non era così che lo voleva. Non in un cimitero, non nell'anniversario della morte di sua madre e soprattutto non quando era in quelle condizioni.

Lottò contro se stesso e lo allontanò. “No Dean, non così.”

Dean lo guardò con gli occhi spalancati, resi lucidi dall'alcol. Erano mai stati così verdi e così... rotti?

Mi ami?” chiese, avvicinandosi.

Dean...”

Ti ho chiesto se mi ami. Si o no, Castiel.”

Sì.

Sì, Dean. Ti amo.”

Castiel non avrebbe mai immaginato che dirlo gli avrebbe fatto così male.

Allora baciami. Ti prego.”

Ma lui non lo fece, scosse invece la testa e lo guardò dispiaciuto. Si avvicinò a lui e gli prese il viso tra le mani, ogni movimento sembrava una coltellata.

Se domani ancora lo vorrai, chiedimelo e ti bacerò. Dannazione, ti bacerò ogni secondo della mia esistenza, se è quello che realmente desideri.
Ma non chiedermelo adesso, perché non è quello che vuoi. Sei ubriaco e sconvolto ed io tengo troppo a te per rovinare tutto in questo modo. Mi hai capito?”

Dean lo fissò per un paio di secondi poi premette le labbra in una linea dura ed annuì, facendo qualche passo indietro. Senza neanche guardare raccolse la bottiglia di whisky da terra e ingollò la maggior parte dell'alcol che ne rimaneva, schioccò la lingua e con rabbia lanciò la bottiglia contro una lapide, i pezzi di vetro esplosero tutti intorno.

Bene” disse “non baciarmi. Non mi importa. Troverò qualcun altro a cui piacerò pure da ubriaco.”

Dean...”

No, non ci provare. Hai avuto la tua occasione figlio di puttana. Io adesso me ne vado, tu prova a seguirmi e ti faccio uscire il fottuto cervello dalle orecchie, intesi?”

Voltandosi di spalle, iniziò a camminare dalla parte opposta.

Castiel lo guardò andare via, rimanendo paralizzato.

~

3 NOVEMBREil giorno dopo.

[Dean, sono passato da te ma non c'eri. Dove sei?]

13 NOVEMBREundici giorni dopo.


[Sono giorni che non vieni a scuola, stai bene?]

17 NOVEMBREquindici giorni dopo.

[Dean, mi sto preoccupando]

25 NOVEMBREventitré giorni dopo.


[Dean, mi dispiace. Ti prego richiamami]

1 DICEMBRE ventinove giorni dopo.


[Vedo che a scuola mi eviti, perché fai così?]

7 DICEMBRE trentasei giorni dopo.

[Fingiamo che non sia successo niente ti prego.]



16 DICEMBRE
quarantacinque giorni dopo.

[Mi manchi, possiamo parlare?]


23 DICEMBRE
cinquantadue giorni dopo.

[Dean ti prego, sto impazzendo]

25 DICEMBREcinquantaquattro giorni dopo.


[Buon natale, Dean]

31 DICEMBRE/1 GENNAIO sessanta/sessantuno giorni dopo.


[Buon anno, vorrei che fossi qui.]

2 GENNAIOsessantadue giorni dopo.

[Non riesco più a chiamarti, hai bloccato il mio numero?]

7 GENNAIO sessantasette giorni dopo.

[Non riesco più a inviarti nemmeno i messaggi, che cazzo Dean. Non puoi fare così.] INVIO NON RIUSCITO

12 GENNAIO settantadue giorni dopo.

[Non è giusto. Ti prego ho bisogno di te.] INVIO NON RIUSCITO

22 GENNAIO ottantadue giorni dopo.

[Dean, ti prego. Sono passati mesi.] INVIO NON RIUSCITO

4 FEBBRAIOnovantacinque giorni dopo.

[… Ti amo.] INVIO NON RIUSCITO

Dopo quella sera, passarono giorni, settimane, mesi eppure Dean non rispose mai alle chiamate e ai messaggi di Castiel. Nemmeno una volta, nemmeno per sbaglio.

Lo evitava a scuola, faceva mentire a Sam dicendogli di dire che non era in casa, persino Bobby si era trovato nelle condizioni di nasconderlo.

Castiel alla fine afferrò il concetto: Dean non voleva sapere più niente di lui.

Si chiese dove aveva sbagliato, quale parte esattamente era andata storta per rovinare un'amicizia come la loro. Un'amicizia che durava da quando avevano quattro e cinque anni. Un legame talmente profondo che consideravano entrambi indistruttibile.

Ma la sopravvivenza, alla fine, ebbe la meglio. Si arrese e, verso marzo, smise di scrivergli, di cercarlo, cercò persino di smettere di pensarlo ma quello... beh, non era così facile.

Ricominciò a farsi la barba, a frequentare i corsi extracurricolari, a passare del tempo con la sua famiglia e poi, finalmente, arrivò l'estate.

Arrivò l'estate e Castiel ricevette la lettera d'ammissione al Kansas City Community College.

Arrivò l'estate, e Castiel partì. Fece una festa con la sua famiglia, festeggiò con qualche compagno di corso, si rifiutò di partecipare a quella cavolata del ballo scolastico e semplicemente si lasciò tutto alle spalle.

Mentre con la macchina usciva da Lawrence, diede un'ultima occhiata nella direzione dove si trovava la casa di Dean e pianse per l'ultima volta.

3 Marzo 2011, Kansas City – Kansas City Community College, sera tardi.


La vita al Campus, dopo tutto, non dispiaceva per niente a Castiel.

Con il tempo aveva trovato il suo equilibrio e si era creato la sua routine riuscendo persino a farsi qualche amico. Aveva addirittura un lavoro!

Era soddisfatto di come gli stavano andando le cose ed anche un po' orgoglioso per come le stava gestendo.

Peccato che soddisfatto ed orgoglioso non fossero proprio sinonimi di “felice”.

Nonostante avesse cambiato città, compagnia, routine e tutto ciò che era possibile cambiare della sua vita, di notte ancora veniva perseguitato da bellissimi e tormentati incubi su un ragazzo con gli occhi verdi.

Ci aveva provato, aveva provato di tutto ma ormai gli era entrato sotto pelle, era come avere il suo nome tatuato nelle ossa senza nessun modo per rimuoverlo.

Non importa con quante persone uscisse, con quanta gente tentasse di ricominciare; lui continuava a cercarlo tra la folla, nei più piccoli gesti di tutti quelli che incontrava.

Lo cercava di giorno e lo trovava di notte, quando abbassava la guardia e i ricordi potevano riemergere indisturbati per tormentarlo.

Erano tutti ricordi felici, eppure lui nel riviverli si sentiva così triste.

Gli mancava e a volte si chiedeva se era lo stesso anche per lui. Se anche lui di notte abbracciava il cuscino, fingendo che fossero ancora insieme. Se anche lui sorrideva nostalgico, quando qualche ricordo tornava in superficie...

Toc!

Castiel fece un balzo, distraendosi dai suoi pensieri, quando sentì qualcosa colpire la finestra. È il vento, si disse per tranquillizzarsi.

Sobbalzò ancora, quando sentì un altro colpo, ed un altro, ed un altro ancora.

Toc! Toc! Toc!

Prendendo coraggio, si alzò ed andò a vedere. Aprendo lentamente l'anta della finestra, sbirciò fuori.

Ouch!” si lamentò, quando qualcosa lo colpì in viso “ma che cavolo?!” chiese irritato, guardando giù.

Porca puttana, scusa Cas!”

No, non era possibile...


...Dean?” disse in un sussurro, aprì del tutto la finestra e si sporse all'infuori per vedere meglio.

Stava succedendo sul serio?

Dean Winchester era lì, sotto la sua finestra. L'aria disperata e il sorriso imbarazzato.


Hei Cas. Come... come va?”

Castiel sbatté le palpebre un paio di volte, come a voler dimostrare a se stesso che non era tutto frutto della sua immaginazione. Poi, quando realizzò cosa stava succedendo, sentì tutta la nostalgia, tutta la malinconia provata in quei mesi trasformarsi in rabbia.

Cosa ci fai qui?” chiese freddamente, ignorando la sua domanda.

Possiamo parlare? Ti prego”

No Dean. Non possiamo. Hai avuto un sacco di tempo, un sacco di occasioni per parlare. Ora è troppo tardi” rispose Castiel, le lacrime agli angoli degli occhi.

Gli era mancato, si, ma non poteva dargliela vinta così facilmente. Lui non poteva spuntare un giorno a caso, quando più gli aggradava, e cavarsela con un “hei, come va?”

Non dopo tutto quello che gli aveva fatto passare nei mesi precedenti. Non dopo essere sparito senza una spiegazione, dopo che gli aveva confessato di amarlo.

Stava per chiudere la finestra quando sentì Dean urlare.

Aspetta! Aspetta ti prego io- lo so, Cas. Ti ho trattato male e non mi merito niente, lo so – davvero. Ma- io, non sono bravo in queste cose... senti, voglio solo parlarti. Puoi, puoi scendere per favore? Poi se ancora non vorrai sentirmi me ne andrò, giuro.”

Castiel serrò gli occhi e ingoiò il groppo che gli si era creato in gola. Annuì lentamente e poi chiuse la finestra “ci parlo e poi lo mando via” disse a se stesso.

Dean sospirò, nervoso. Non aveva un piano, né un discorso preparato. Semplicemente, a un certo punto, la mancanza di Castiel era diventata talmente insopportabile che non poteva non fare niente. Quindi era corso dal fratello di Castiel, Gabriel, e lo aveva implorato di dirgli in che college si trovava, aveva corrotto la signora della segreteria per sapere il dormitorio e aveva lanciato sassolini contro ogni finestra, prima di trovare la sua.

Trattenne il sospiro quando lo vide uscire dall'edificio e andare nella sua direzione. Aveva i pantaloni del pigiama e una maglia nera, i piedi scalzi. Era bellissimo, persino più di quanto Dean ricordasse.

Eccomi” disse, freddo. Dean deglutì.

Già, eccoti.”

Non aggiunse altro, restò a fissarlo per qualche secondo, ancora incredulo. Dopo tutta la corsa a perdifiato per raggiungerlo, averlo lì davanti per davvero gli sembrava un sogno.

Castiel iniziò a sentirsi a disagio, inarcò le sopracciglia e “allora?” chiese “cosa vuoi?”

Mi dispiace” iniziò Dean, perché prima di ogni cosa sapeva di dovergli delle scuse “mi dispiace” ripeté “ti ho trattato malissimo e non sarei dovuto sparire in quel modo.”

No. Non avresti dovuto.”

Si stava davvero sforzando ad essere così freddo, da quando era sceso l'unica cosa che voleva veramente fare era abbracciarlo e affondare il naso nella sua felpa. Ma non lo fece, rimase composto e distaccato; ancora troppo ferito per lasciarsi andare.

La verità è che ero spaventato. Anzi, terrorizzato” disse, poi prese un respiro profondo e andò avanti “non riuscivo a capire cosa stava succedendo e ti ho allontanato pensando che sarebbe stata la cosa migliore ma è stato solo come attraversare l'inferno, in realtà. Non mi sto lamentando, so che quello che è successo è stato tutto colpa mia; sto solo mettendo in chiaro il fatto che so di essere un coglione.”

Castiel annuì senza guardarlo negli occhi, le braccia strette intorno al corpo come a proteggersi, la mente in bilico tra il baciarlo e il prenderlo a schiaffi.

Dean si passò la lingua tra le labbra e continuò.

Vadi io- Lisa... Lisa mi aveva lasciato pochi giorni prima di quella sera perché- ... avevo detto il tuo nome mentre facevamo sesso. Mi aveva lasciato dicendomi che dovevo fare chiarezza e sbattendomi in faccia il fatto che forse potevo provare qualcosa per te. Ed ero così confuso, non mi importava nemmeno del fatto che mi avesse lasciato, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare eri tu e cosa provavo per te, se era amiciza o... qualcos'altro. Poi è arrivato l'anniversario della morte di mia mamma e stavo così male, e tu in quel periodo ti eri allontanato e sentivo di non poterti parlare, sentivo che la nostra amicizia stava cambiando e non sapevo cosa fare... e mancava così poco prima che ti trasferissi per il college quindi sono andato fuori di testa ed ho bevuto tutta la collezione di liquori di mio padre e... e ti ho chiamato.
Quando mi hai detto di non volermi baciare, quella sera, mi sono sentito rifiutato mentre il giorno dopo, quando ho capito le tue vere ragioni, ero talmente imbarazzato per quello che era successo e per come mi ero comportato, che non avevo nemmeno il coraggio di guardarti negli occhi. Così ti ho evitato per giorni, e poi i giorni sono diventati settimane e mesi e io ero sempre più confuso perché se una parte di me voleva venirti a cercare per chiederti di baciarmi, un'altra parte mi diceva che io non ero gay, che ti volevo solo come amico e dopo che avevi ammesso di amarmi io... non potevo farti questo, quindi ho preferito lasciarti andare.
Ma ora mi sono reso conto di quanto stupido io sia stato.
Non ce la faccio Castiel, non ce la faccio a lasciarti andare. Tutta la mia vita è stata uno schifo, sempre. Prima la morte di mia madre, poi mio padre che va fuori di testa, e Sammy che rischiava di cadere in depressione, poi tutte le spese ed i soldi che non bastavano mai e... tutto il resto. Non importava dove mi girassi, era sempre tutto una merda. Tutto, tranne te. L'unica cosa bella, l'unica cosa che mi ha fatto andare avanti in tutti questi anni sei sempre stato tu, Cas. Sempre e solo tu.
E io non so se sono gay, bisex o qualsiasi altra cosa, non mi importa nemmeno ad essere onesti, so solo che voglio stare con te perché ti amo. Ti amo e mi dispiace se ci ho messo così tanto a capirlo ma ti amo dannatamente tanto e non voglio, non ce la faccio a vivere la mia vita con la consapevolezza di aver mandato a puttane tutto senza nemmeno aver provato a sistemare le cose.
Non ti sto chiedendo di metterti con me ora e subito, ma solo di darmi un'altra possibilità per dimostrarti che posso renderti felice tanto quanto tu rendi felice me. Io- ti amo, ok? Ti amo...”

Le ultime due frasi le pronunciò sottovoce, come se lo stesse ripetendo a se stesso piuttosto che a Castiel. Ormai aveva il viso coperto dalle lacrime e la voce tremante. Quando alzò lo sguardo verso Cas, lo trovò rosso in viso, il labbro inferiore incastrato tra i denti e gli occhi lucidi, rossi, rivolti verso il cielo notturno. Non si dissero nulla per qualche secondo, finché Castiel non decise di rivolgergli uno sguardo arrabbiato, poi lo spinse.

Sei un idiota!” urlò, e lo spinse ancora “tu non hai idea di cosa diavolo mi hai fatto passare. Tutto questo tempo ho creduto che fosse colpa mia!” pianse, guardandolo ferito “e sai qual è la cosa peggiore? Che nonostante tutto ho ancora voglia di baciarti. Che l'unica cosa che vorrei fare, adesso, è andare a dormire abbracciato a te, come quando eravamo piccoli. Perché per quanto tu sia un figlio di puttana, io non riesco a smettere di amarti.”

Stava piangendo e lo guardava con così tanto odio che non poteva che essere amore. Perché non si può detestare qualcuno così tanto, se prima non lo si ha amato con ogni singola molecola del proprio corpo.

Baciami, Cas. Ti prego” implorò, e Castiel non gli diede nemmeno il tempo di sbattere le ciglia che si buttò sulle sue labbra, le mani che gli stringevano il viso, i pollici che gli accarezzavano piano le guance e la lingua che si fece spazio tra i denti. Si baciarono tra le lacrime mentre il vento primaverile gli scompigliava i capelli.

Si staccarono soltanto quando sentirono My Heart Will Go On risuonare nell'ambiente, si scambiarono uno sguardo confuso e poi si voltarono verso l'origine del suono.

Trovarono, affacciato alla finestra della stanza di Castiel, un ragazzo biondo tutto sorridente con uno stereo sottobraccio mentre con l'altra mano rivolgeva alla coppia un pollice in su, e mimava con le labbra un “dateci dentro!

Castiel alzò gli occhi al cielo. “Balthazar! Spegni quella cosa ed esci dalla mia camera!” urlò al ragazzo, senza però riuscire a trattenere una risata.

Balthazar sbuffò, poi spense lo stereo e chiuse la finestra dietro di sé, ridendo e lasciando di nuovo soli Castiel e Dean che si scambiarono uno sguardo e risero, per poi baciarsi di nuovo.

Allora, mi perdoni?” chiese Dean, la sua fronte premuta contro quella di Castiel.

Ti perdono” acconsentì l'altro, sorridendo.

Passarono il resto della notte sdraiati sull'erba a guardare le stelle e indicando le costellazioni, poi parlarono e risero e scherzarono come ai vecchi tempi. L'unica differenza era che ora, se avevano voglia di baciarsi, potevano farlo.


Fine.


Hei!

Grazie a chiunque sia riuscito ad arrivare fino alla fine di questa... cosa, e grazie anche a chi ha provato ad iniziarla, senza però finirla. Apprezzo il tentativo, davvero.

Comunque, scrivo da molto ma non sono mai riuscita a finire sul serio niente, ho tipo ventimila progetti abbandonati sul mio pc. Questa è la prima vera e propria One Shot che inizio, finisco e pubblico, quindi se vi è piaciuta sentitevi pure liberi di lasciare un commento! E se non vi è piaciuta, beh lasciatemi un commento comunque e aiutatemi a migliorare dandomi la vostra opinione :)


Grazie ancora per la lettura!

-Vee.






   
 
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